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Lezione n. 03

Reti e telecomunicazioni

di Fabio Ciotti

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Premessa

VC blocco 1 'Telecomunicazioni e reti di computer'La "rivoluzione digitale", i cui contorni stiamo cercando di delineare in questo corso, poggia su due pilastri ideali. Il primo è costituito dal computer, ed in particolare dal personal computer, di cui abbiamo parlato nelle dispense precedenti. Il secondo è costituito dalle telecomunicazioni ed in particolare dalle telecomunicazioni digitali, che saranno il tema di questa e della prossima dispensa.

L'incontro tra telecomunicazioni e computer avviene piuttosto tardi nella storia di entrambe le tecnologie (anche se i computer esistevano da soli venti anni). I primi esperimenti in questo campo, infatti, risalgono agli anni Sessanta. Ma questo incontro ha dato luogo ad alcune delle innovazioni più importanti nella storia della tecnologia, e specialmente negli ultimi venti anni ha impresso un enorme impulso all'industria di entrambi i settori. Oggi la convergenza tra questi due mondi è un dato acquisito, tanto che si parla comunemente di Information and Communication Technology (tecnologie dell'informazione e della comunicazione) come di un tutto unico.

Un'area di particolare interesse in questo ambito è quella che si occupa dell'interconnessione tra computer, che spesso viene indicata con il termine telematica. Il termine deriva dalla composizione del prefisso "tele-" con "(infor)matica", informatica a distanza. La telematica, infatti, si occupa della trasmissione di informazione a distanza tra sistemi informatici, mediante reti di computer.

Una delle caratteristiche più notevoli di cui gode l'informazione archiviata in formato digitale è la grande facilità di movimento. Un insieme di bit, infatti, può essere spostato con pochissimo dispendio di energia, a differenza di quanto avviene con l'informazione archiviata su uno dei tradizionali supporti materiali. Sfruttando questa grande mobilità dei bit, una rete telematica ci consente di trasmettere e ricevere dati da un computer ad un altro, posto che essi siano stati opportunamente collegati.

Questa capacità produce delle conseguenze molto interessanti. In primo luogo i computer, una volta collegati, possono scambiarsi dati e condividere risorse, distribuendo così il carico dell'elaborazione e dell'archiviazione delle informazioni. In secondo luogo essi, da puri strumenti di elaborazione dei dati, diventano veri e propri strumenti di comunicazione tra esseri umani. Proprio in questa capacità di comunicare informazioni in formato digitale mediante i computer risiede il cuore dell'attuale rivoluzione tecnologica.

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Cosa è la telecomunicazione

Come di consueto, iniziamo fissando il significato dei termini che stiamo utilizzando. Del computer e della digitalizzazione abbiamo parlato ampiamente nelle lezioni precedenti. La nuova espressione che incontriamo nella nostra trattazione è "telecomunicazione".

Una semplice analisi etimologica di questo termine ci consegna un primo significato. Il prefisso tele- (che viene dal greco têle, lontano) viene usato nel linguaggio scientifico tecnologico con il significato di "a distanza". Dunque telecomunicazione significa "comunicazione (di informazioni) a distanza". Tuttavia, questa definizione è alquanto generica. Da una parte, a ben vedere, ogni comunicazione implica una distanza (Sul concetto di comunicazione torneremo nella dispensa 6, dove cercheremo di darne una definizione un po' più rigorosa). Dall'altra, se per distanza intendiamo uno spazio tale che sia al di fuori della nostra percezione immediata, dovremmo includere anche la posta dall'ambito della telecomunicazione e, perché no, i libri: non ci permettono forse di mandare informazioni a distanza? L'introduzione di un nuovo concetto in una disciplina ha senso se esso permette di individuare con precisione una classe di oggetti o di concetti dotati di particolari caratteristiche. Dobbiamo dunque raffinare la nostra definizione.

Diciamo allora che siamo in presenza di un sistema di telecomunicazione se il trasferimento di informazioni nello spazio avviene mediante il trasporto di energia e non di materia. Questa precisazione ci consente di delimitare e descrivere in modo unitario un insieme di tecnologie (sviluppatesi a partire dalla fine del Settecento) che vanno dal telegrafo e, passando per il telefono, giungono fino alle comunicazioni satellitari.

In tutti questi sistemi di comunicazione a distanza, infatti, il trasferimento di informazione avviene attraverso il trasporto di flussi di energia come la corrente elettrica o le radiazioni elettromagnetiche di varia frequenza, attraverso un mezzo che può essere fisico (un cavo) o immateriale (lo spazio in cui si propagano le onde radio). Al contrario la posta richiede il trasporto fisico di "piccole porzioni di materia", le lettere.

I sistemi di telecomunicazione presentano molti vantaggi rispetto alle altre tecnologie di trasferimento delle informazioni sub specie materiale. Pur avendo una portata molto ampia (pensiamo alle comunicazioni con le lontanissime sonde in giro per il nostro sistema solare), sono molto veloci: l'energia, infatti, viaggia molto più rapidamente della materia, ed in alcune forme è in grado di superare molti ostacoli (in particolare le onde radio a bassa frequenza). Queste caratteristiche li rendono atti alla comunicazione a distanza in tempo reale, sia in modalità unidirezionale (come la radio e la televisione) che bidirezionale (come il telefono). Nella dispensa 6 torneremo ad occuparci di comunicazione unidirezionale e bidirezionale.

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Come viaggiano le informazioni

La telecomunicazione, abbiamo detto, consiste nella trasmissione di informazione da una fonte A ad una destinazione B, mediante il trasporto di energia elettrica o elettromagnetica. Affinché questo trasporto abbia luogo sono necessarie alcune condizioni.

In primo luogo dovremo avere un apparato di trasmissione da una parte e uno di ricezione dall'altra. Il primo avrà la funzione di inviare il flusso o gli impulsi di energia, il vettore dell'informazione, ed il secondo quello di riceverli. Poi avremo bisogno di un canale attraverso il quale il flusso o gli impulsi di energia possano viaggiare senza subire attenuazioni o distorsioni eccessive. Il principio è simile a quello dei canali idrici, che hanno la funzione di indirizzare il flusso di acqua e di impedire che si disperda sul territorio. Le telecomunicazioni sono un caso particolare del fenomeno della comunicazione. Nella sesta dispensa approfondiremo questo tema e vedremo i modelli teorici che individuano i fattori della comunicazione.

Ma queste condizioni non sono sufficienti. Infatti, affinché avvenga un trasferimento di informazione dobbiamo fare in modo che l'energia trasportata lungo il canale rappresenti l'informazione alla fonte. Abbiamo imparato che esistono due modalità di rappresentazione dell'informazione: analogica e digitale. Dunque, anche nella telecomunicazione la trasmissione di informazioni può avvenire può assumere un di queste due forme. Si noti che non esiste un vincolo obbligatorio tra la forma di rappresentazione dell'informazione alla fonte e la modalità di trasmissione: è possibile, infatti, usare un sistema di trasmissione digitale per inviare informazione analogica alla fonte e viceversa.

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La trasmissione analogica

Alla base del concetto di analogico, come sappiamo, c'è l'idea di somiglianza e di continuità. Una rappresentazione analogica insomma, cerca di riprodurre alcune caratteristiche del fenomeno rappresentato segnalando ogni loro minima variazione. Lo stesso avviene nella trasmissione analogica di informazioni.

In modo un po' più formale (ogni tanto è necessario usare un linguaggio preciso e tecnico!) possiamo dire che nella trasmissione analogica si stabilisce un rapporto continuo tra il fenomeno rappresentato ed il suo vettore, tale che per ogni variazione di stato nella fonte si ha una variazione di stato nel vettore.

Cosa intendiamo? Prendiamo un caso concreto, ad esempio il telefono. Come saprete il suono è una vibrazione, che genera nell'aria dei movimenti ondulatori in qualche modo simili a quelli della superficie marina. Quando parliamo al telefono queste vibrazioni, o onde sonore arrivano al microfono della cornetta, che è in grado di convertirle in variazioni di potenziale elettrico; queste generano a loro volta una corrente variabile lungo il filo, che giunge fino all'altro apparecchio, dove avviene il processo inverso. Si noti che ogni variazione di frequenza delle onde sonore è direttamente proporzionale ad una variazione di potenziale elettrico: esattamente come vogliono i principi della trasmissione analogica.

Figura 1 - La trasmissione analogica
Figura 1 - La trasmissione analogica

Anche la radio e la televisione tradizionale usano un sistema di trasmissione analogica, che mette in corrispondenza diretta i suoni e la luce catturati da microfono e telecamere con le onde elettromagnetiche inviate dalle antenne. Naturalmente il processo di conversione è molto più complicato. Infatti, in questi casi bisogna trasmettere contemporaneamente nello stesso canale di trasmissione elettromagnetico vibrazioni sonore o emissioni di luce che hanno diverse frequenze ed intensità. Si fa ricorso dunque a tecniche come la modulazione di ampiezza e la modulazione di frequenza, che consentono di trasmettere una maggiore quantità di segnali su un singolo canale di trasmissione.

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La trasmissione digitale

Sappiamo bene che cosa è la codifica digitale. Ebbene, come possiamo facilmente immaginarci, la trasmissione digitale consiste proprio nella trasmissione di informazioni in formato digitale, nella trasmissione di bit.

In questo caso, dunque, le informazioni della fonte, che possono essere già in formato digitale, oppure che vanno digitalizzate al momento della trasmissione, sono veicolate in forma di bit. Ogni bit viene codificato mediante uno o più impulsi discreti e discontinui del vettore, che sono denominati elementi del segnale. Naturalmente allo zero corrisponde una codifica ed all'uno ne corrisponde un'altra. Dal punto di vista pratico si possono utilizzare diversi generi di segnali: due livelli distinti di tensione elettrica, ad esempio, oppure due frequenze di emissione elettromagnetica, o ancora due impulsi luminosi emessi da un laser. Dipende ovviamente dal sistema di trasmissione che viene utilizzato.

Esistono diversi modi in cui viene effettuata la codifica dei bit alla fonte mediante gli elementi del segnale. Nel caso più semplice, ad ogni bit corrisponde un singolo segnale: allo zero corrisponde un livello basso di tensione elettrica, e all'uno un livello alto. Una codifica come questa, però può facilmente generare errori, dovuti ad esempio ad interferenze elettriche che trasformano i segnali corrispondenti a uno in segnali zero e viceversa. Per questa ragione nei sistemi di telecomunicazione digitale reali, si usano schemi più complessi, che associano coppie o triple di elementi del segnale ad ogni bit. Questi sistemi di codifica più complessi presentano infatti dei vantaggi in termini di capacità di ricostruzione del segnale e di individuazione e controllo degli errori di trasmissione. Se vi interessa approfondire l'argomento, potete leggere il capitolo 4 del libro Comunicazioni tra computer che vi segnaliamo in bibliografia. Attenzione però: si tratta di un libro piuttosto difficile, e dunque va studiato con molta buona volontà.

Una delle caratteristiche più rilevanti di un sistema di trasmissione digitale è la velocità di trasmissione, ovvero la quantità di informazione digitale che un canale è in grado di trasmettere nell'unità di tempo. Come sapete, l'unità di misura dell'informazione in formato digitale è il bit. Conseguentemente, la grandezza della velocità di trasmissione si misura in bit al secondo (abbreviato in bps). La velocità di trasmissione di un canale digitale è proporzionale all'ampiezza dell'intervallo di frequenze elettriche o elettromagnetiche che vi possono essere veicolate, detta larghezza di banda. Per questo spesso i due termini sono usati in modo intercambiabile.

I sistemi di trasmissione digitale hanno iniziato a diffondersi solo negli ultimi tre decenni, ma oggi stanno progressivamente sostituendo i tradizionali canali analogici in tutte le aree delle telecomunicazioni.

Le ragioni di questa "migrazione" sono molteplici. In primo luogo i costi delle tecnologie digitali sono diminuiti con un ritmo assai sostenuto, rendendo economicamente appetibile la conversione dei vecchi impianti. In secondo luogo l'enorme diffusione dei computer prima nelle tradizionali aree commerciali e scientifiche, e poi nel mercato di massa, ha posto all'ordine del giorno l'integrazione di tutte le tecnologie in un'unica piattaforma digitale, in grado di offrire servizi interattivi e ogni sorta di altro "ben di Dio" digitale (torneremo su queste tematiche nella settima dispensa). In terzo luogo la trasmissione digitale delle informazioni consente una maggiore efficienza e qualità nella comunicazione, poiché è meno soggetta ai disturbi che si possono verificare lungo il canale di trasmissione, e soprattutto perché consente di utilizzare una serie di tecniche per la correzione degli errori. Infine la trasmissione digitale garantisce una sicurezza ed una riservatezza quasi assoluta della comunicazione, poiché le informazioni digitali possono essere facilmente sottoposte a processi di cifratura che ne impediscono l'intercettazione.

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Modulazione e codifica

Abbiamo già rilevato come sia possibile utilizzare un sistema di trasmissione digitale per inviare informazione analogica alla fonte e viceversa. In effetti, questo tipo di transizioni avviene assai spesso nelle attuali reti di telecomunicazione. Ad esempio, la linea telefonica adotta in gran parte un sistema di trasmissione misto, digitale tra le centrali e analogico da queste all'utenza. Ma anche la televisione digitale trasmette spesso immagini che sono riprese e che viaggiano fino alle antenne di trasmissione satellitare mediante apparati analogici (così come i segnali digitali sono riconvertiti in immagini analogiche per essere visualizzate sui comuni televisori).

Questo avviene per diversi motivi. In primo luogo le tecnologie digitali nell'ambito delle telecomunicazioni sono state introdotte solo negli ultimi tre decenni; in secondo luogo la loro utilizzazione richiede investimenti notevoli, i cui oneri vengono distribuiti nel tempo dalle industrie del settore; ed infine bisogna ricordare che la maggior parte delle fonti di informazione sono analogiche (ad esempio la nostra voce) e quindi vanno digitalizzate, almeno nel momento in cui entrano per la prima volta in un processo di telecomunicazione.

Naturalmente, per rendere possibile il passaggio da informazioni analogiche a digitali, o viceversa, è necessario eseguire una conversione dei segnali. La conversione da digitale ad analogico si chiama modulazione/demodulazione. In sostanza si tratta di modificare (o modulare) alcuni parametri del segnale che trasporta l'informazione (detto portante) in modo tale da codificare opportunamente gli 1 e 0 della fonte; in particolare i parametri che possono essere modulati sono frequenza, ampiezza o fase del segnale analogico. Alla destinazione avviene il processo inverso, che permette di estrarre dal segnale modulato la codifica binaria originale. Purtroppo un segnale modulato che viaggia lungo una linea è soggetto a notevoli interferenze. Questo limita la banda passante effettivamente utilizzabile, ovvero la quantità di bit che può essere trasmessa nell'unità di tempo lungo il canale.

I primi apparecchi in grado di svolgere l'operazione di modulazione e demodulazione risalgono ai primordi della telematica, intorno alla fine degli anni cinquanta. Essi furono battezzati modem (contraendo i due termini) e non superavano i 300 bps. I modem attuali più veloci sono riusciti a raggiungere la velocità di 56 Kbps, anche se tale velocità è teorica, e soprattutto può essere raggiunta solo in un verso di trasmissione. Siamo infatti ai limiti fisici che questa tecnologia è in grado di conseguire.

Il processo inverso di conversione, la codifica da analogico a digitale, lo conosciamo già. Nell'ambito delle telecomunicazioni il sistema di codifica più utilizzato si chiama Pulse Coded Modulation (PCM), modulazione a codifica di impulsi. Si tratta di un sistema di "campionamento" del segnale analogico: l'onda che lo rappresenta viene segmentata e per ogni segmento si calcola l'ampiezza media del segnale. Questa sequenza di numeri viene poi codificata con il sistema binario e dunque trasformata in impulsi digitali. Parallelamente al modem, l'apparato che effettua questa codifica/decodifica si chiama codec.

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Telecomunicazioni e computer

L'incontro tra il mondo dei computer e quello delle telecomunicazioni risale alla prima metà degli anni sessanta. In quel periodo, infatti, comincia a diffondersi l'esigenza di condividere le risorse informatiche. Occorre dire che in quegli anni i computer erano affatto diversi dai nostri piccoli e comodi personal da scrivania. Il microchip era stato appena inventato e non era ancora utilizzato per costruire computer, che invece si basavano su transistor o perfino su valvole. Ne risultavano oggetti che andavano dalle dimensioni di un armadio a quattro ante a quelle di un intero appartamento, e che costavano una quantità di dollari di pari volume! La condivisione delle risorse informatiche si presentava dunque come una questione assai pressante, specialmente per gli enti di ricerca ed i laboratori universitari che non ricevevano finanziamenti governativi diretti.

Un primo passo in questa direzione era stata la diffusione dei terminali remoti, collegati ad un computer centrale attraverso dei cavi. Talvolta questi collegamenti coprivano grandi distanze. Era questo il caso del sistema SAGE, il cuore del sistema di difesa antimissilistica degli Stati Uniti all'epoca della Guerra Fredda. SAGE era costituito da 24 centri radar sparsi in tutto il territorio del paese, collegati ad un gigantesco elaboratore collocato nel New Jersey. Ma in questo caso non si trattava di condivisione. I terminali erano infatti delle semplici unità di input e output (monitor e tastiera), che non avevano nulla da condividere: tutto il carico di elaborazione e di archiviazione dei dati gravava sull'elaboratore centrale.

Per ottenere una vera e propria condivisione era necessario far comunicare tra loro un insieme di computer, e fare in modo che i dati potessero viaggiare da uno all'altro, ed essere elaborati. Si trattava insomma di realizzare una sorta di rete, ai cui nodi fossero collocati degli elaboratori elettronici autonomi.

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Le reti di computer: cosa sono e a che servono

Un computer, come sappiamo dalla seconda lezione, è una macchina in grado di manipolare informazione rappresentata in forma digitale. Durante il normale funzionamento, i bit viaggiano incessantemente e velocemente tra le varie componenti interne di un computer, attraverso dei canali detti bus: dalla memoria alla CPU; dalla CPU alla scheda grafica; dalla scheda grafica, trasformati in segnali analogici, fuori, verso il monitor.

Una rete di computer estende questa "capacità di circolazione" dei bit per consentire la trasmissione di informazione in formato digitale tra diversi computer, e distribuire così il compito della sua elaborazione. I vantaggi apportati da questo collegamento sono molteplici. Un computer che fa parte di una rete può accedere alle risorse informative (programmi o dati) residenti su altri computer, oppure utilizzare alcune periferiche (stampanti, fax) ad essi collegate. È persino possibile realizzare dei "programmi modulari", i cui componenti "girano" su computer diversi collegati mediante una rete (in genere ci si riferisce a questo tipo di programmi con il termine di "applicazioni distribuite"). In genere questo tipo di applicazioni distribuite si basano su una cosiddetta architettura client-server. Che cosa significa?

In modo intuitivo possiamo dire che in questo tipo di applicazioni i compiti di elaborazione dei dati sono distribuiti tra i due moduli del programma in modo non simmetrico: il server gestisce l'archiviazione definitiva dei dati, le funzioni relative alla ricerca di particolari dati nell'archivio e l'invio dei dati richiesti al client; questo invece controlla la rappresentazione dei dati all'utente ed eventualmente la loro modifica e manipolazione interattiva: si tratta insomma del modulo di interfaccia con l'utente (per il concetto di interfaccia rimandiamo alla quinta dispensa).

Come avviene per il singolo computer, anche una rete telematica ha componenti fisiche, l'hardware, e componenti logiche, il software. Le componenti hardware di una rete sono costituite (oltre che dai computer, ovviamente) dai canali e dagli apparati di trasmissione mediante i quali i computer vengono fisicamente collegati, e lungo i quali viaggiano i segnali della comunicazione. Tali canali possono essere cavi di varia natura (cavi metallici, fibre ottiche) o sistemi di radiocomunicazione (ponti radio a microonde, antenne e satelliti). In genere una rete di computer vera e propria adotta dei sistemi di comunicazione integralmente digitali. Non di rado, tuttavia, vengono usate anche infrastrutture analogiche, come la rete telefonica, associate a dispositivi di modulazione e demodulazione (modem).

Le componenti logiche di una rete telematica sono invece i programmi di gestione del collegamento e del traffico dei dati, tecnicamente denominati protocolli. Essi svolgono diverse funzioni, che vanno dall'instradamento dei dati tra i vari nodi di una rete, alla correzione degli errori di trasmissione, fino alla coordinazione dei rapporti tra i moduli di una "applicazione distribuita".

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Tipi di rete

Nel corso degli anni sono stati sviluppati diversi sistemi per realizzare e gestire la comunicazione tra computer. Di conseguenza esistono diversi tipi di rete, ognuna con i suoi protocolli e le sue infrastrutture hardware. Si parla dunque di rete Ethernet, di rete Token Ring, di rete ATM, di rete FDDI, e così via siglando. Ma nell'ambito della telematica vengono adottati anche dei criteri più generali per classificare le reti di computer.

Una delle distinzioni più comuni è basata sull'estensione fisica della rete. Da questo punto di vista si distinguono due classi: rete locale o LAN (da Local Area Network) e rete geografica, o WAN (da Wide Area Network).

Una rete locale, è una rete dall'estensione limitata (che non supera le poche centinaia di metri) e che in genere è collocata interamente dentro un solo edificio. Si tratta delle reti che vengono utilizzate negli uffici, nelle aule attrezzate delle scuole, nei centri di ricerca e nelle università al fine di condividere risorse e di scambiarsi messaggi. Talvolta una rete locale si estende su aree più vaste, spesso collegandosi ad altre reti locali: in questo caso si parla di reti dipartimentali.

La tecnologia più diffusa per realizzare LAN si chiama Ethernet, una delle tante meraviglie uscite da quella fucina di creatori dell'informatica contemporanea che si concentrò all'inizio degli anni 70 al centro di ricerca PARC della Xerox, nella città di Palo Alto. Essa fu sviluppata da un allora giovane ricercatore, Bob Metcalfe, che aveva ricevuto il compito di trovare un modo per collegare tra loro le stazioni di lavoro ALTO, i primi computer basati su un sistema operativo a icone e finestre (altra geniale invenzione nata al PARC e diffusasi solo dieci anni più tardi con la commercializzazione del primo Macintosh da parte della Apple).

Una rete geografica, o rete estesa, invece, è una rete distribuita su distanze molto grandi. Queste reti connettono computer, o più spesso intere reti locali, collocati ad esempio nelle varie filiali di una banca, o nelle differenti sedi di un'azienda. Possono coprire aree che vanno dai pochi chilometri di un'area metropolitana (in questo caso sono dette MAN, Metropolitan Area Network) fino alle distanze intercontinentali delle grandi reti aziendali e finanziarie e di Internet, la rete geografica per eccellenza.

Un altro criterio di classificazione delle reti di computer riguarda la forma o "topologia" delle reti. L'immagine più comune che abbiamo di una rete è quella di un insieme di fili che si intrecciano a formare maglie. Ogni punto di intersezione forma un nodo dal quale partono più segmenti di filo. La più comune forma definita da questo intreccio è quella di una serie di maglie quadrate o romboidali, come quella delle reti metalliche di recinzione. Le reti di computer condividono con il concetto comune di rete molti aspetti: abbiamo anche qui dei nodi, dai quali si dipartono segmenti di cavi che vanno ad altri nodi. Ma la configurazione di questi elementi può variare molto. In effetti le reti di computer vengono suddivise in varie classi proprio in relazione alla loro "topologia", ovvero alla forma della rete. Da questa forma dipende anche il modo in cui i bit viaggiano da un nodo all'altro.

Da questo punto di vista si distinguono generalmente le seguenti categorie di rete: reti a maglie o reti distribuite, reti a stella, reti a bus, reti gerarchiche, reti ad anello.

Figura 2 - Diverse topologie di rete telematica

Le reti a maglie o reti distribuite sono reti in cui ogni singolo nodo è collegato con molti altri nodi, al limite con tutti (quest'ultima topologia fornisce la massima efficienza, ma rende estremamente complicata e costosa l'aggiunta di nuovi nodi alla rete). In una rete distribuita i messaggi vengono inoltrati da un nodo all'altro scegliendo uno dei molti percorsi disponibili. La scelta del percorso può avvenire in modo dinamico, secondo le condizioni di traffico della rete. Si noti che in ogni caso il percorso di un messaggio impegna solo un sottoinsieme dei nodi disponibili, e ciascuno per un tempo limitato. Inoltre, le reti distribuite, grazie alla ridondanza dei collegamenti tra i nodi, offrono un alto livello di affidabilità. Infatti l'interruzione di un collegamento o la rottura di un nodo non pregiudica la funzionalità complessiva del sistema. Per queste la topologia distribuita si presta alla costruzione di grandi reti geografiche con moltissime nodi.

Le reti a stella, come la definizione lascia supporre, sono basate su un nodo centrale (detto hub) al quale sono connessi tutti gli altri nodi periferici. La comunicazione tra due nodi viene mediata sempre dal nodo centrale. Questo tipo di configurazione è utilizzato spesso nelle reti locali. Una topologia ibrida tra rete a stella e rete distribuita (detta anche rete a stella interconnessa) caratterizza invece la rete telefonica: essa infatti è costituita da una costellazione di centrali locali, alle quali afferiscono le linee degli utenti, a loro volta collegate tra loro.

Nelle reti a bus tutti i nodi sono collegati a un cavo lineare (bus), come gli affluenti di un fiume, mediante delle diramazioni cui sono collegati i computer. In alcuni casi le reti a bus possono avere come diramazioni dei bus secondari, assumendo una topologia ad albero. In questo tipo di rete tutti i nodi condividono un medesimo canale di trasmissione, ed inoltre ogni messaggio viaggia sempre in tutte le direzioni. Questo comporta dei notevoli problemi di controllo della trasmissione, e comunque limita l'uso della topologia alla realizzazione di reti locali, dove il numero di nodi è limitato. Una dei sistemi migliori per gestire questi problemi è alla base della tecnologia Ethernet sviluppata da Metcalfe.

Le reti ad anello infine, sono costituite da una serie di nodi interconnessi in modo da formare un anello chiuso. A differenza delle precedenti reti a bus, in queste reti i dati viaggiano sempre nella stessa direzione da un nodo all'altro finché non giungono al nodo destinazione. Questo limita i problemi di congestione ma rende meno efficiente l'utilizzo della rete (ogni nodo rifiuta nuovi messaggi finché non ha terminato di ritrasmettere il precedente) e soprattutto può generare dei dati che circolano indefinitamente lungo l'anello. Per evitare queste evenienze sono state sviluppate diverse tecnologie, delle quali la più efficiente è la rete token ring, che ha avuto una discreta diffusione nell'ambito delle reti locali.

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Dove viaggiano le informazioni

Affinché le informazioni codificate possano viaggiare lungo una rete telematica, o più in generale lungo un qualsiasi sistema di telecomunicazione, è necessario un mezzo di trasmissione che colleghi il trasmettitore ed il ricevitore. Tale mezzo può essere un cavo metallico (normalmente in rame), su cui viaggia una corrente elettrica, una fibra ottica che conduce un impulso luminoso, o un'onda elettromagnetica che viaggia attraverso l'etere. Ciascuna di queste soluzioni presenta vantaggi e svantaggi, sia dal punto di vista tecnico (larghezza di banda, resistenza ai disturbi, distanza massima raggiungibile) sia in termini di costi e manutenzione.

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I mezzi di trasmissione

Il più diffuso mezzo di trasmissione è la coppia intrecciata di cavi, o doppino ritorto. Si tratta di una coppia di fili in materiale conduttore di elettricità (in genere il rame) intrecciati l'uno con l'altro, in modo tale da ridurre gli effetti delle interferenze. Questa soluzione è adottata sia in applicazioni telematiche, sia soprattutto nei tratti delle reti telefoniche pubbliche che arrivano fino all'utente, il cosiddetto "ultimo miglio".

Figura 3 - Schema di una coppia intrecciata
Figura 3 - Schema di una coppia intrecciata

 

Figura 4 - Un cavo a coppia intrecciata per reti Ethernet e Fast Ethernet
Figura 4 - Un cavo a coppia intrecciata per reti Ethernet e Fast Ethernet

Purtroppo la coppia intrecciata, rispetto ad altri mezzi, è molto sensibile al rumore. Questo ne limita sia la banda passante, che la lunghezza massima oltre la quale il segnale diventa inutilizzabile. Per distanze di poche centinaia di metri, ed usando cavi schermati, si possono raggiungere velocità massime di 10 Mbps. Su distanze maggiori le prestazioni diminuiscono notevolmente: i cavi della rete telefonica che collegano le utenze alle centraline con tratti non superiori al paio di chilometri possono arrivare fino a 8 Mbps, ma solo in una direzione, e solo grazie allo sfruttamento intensivo delle tecniche di compressione dei dati. Naturalmente prestazioni migliori possono essere ottenute unendo in un unico cavo una serie di doppini: ad esempio la rete Fast Ethernet, un'evoluzione della tradizionale rete Ethernet, usa un cavo composto da 4 coppie su cui riesce sviluppare una banda passante di 100Mbit.

Un altro mezzo di trasmissione molto diffuso sia nelle reti locali di computer sia nella televisione via cavo, è il cavo coassiale. Si tratta di un cavo rotondo composta da vari strati: al centro c'è un di un filo di rame (di diametro variabile), ricoperto da uno strato di materiale isolante, a sua volta rivestito da un conduttore a maglia, il tutto all'interno di una guaina isolante. Rispetto al doppino, questo tipo di cavo presenta una maggiore resistenza al rumore, ed offre un'ampiezza di banda più elevata: si va dai 140 Mbps su distanze brevi ai 20 o 30 Mbps per tratti di alcune centinaia di metri.

Figura 5 - Schema di un cavo coassiale

 

Figura 6 - I connettori BNC di un cavo coassiale per reti Ethernet
Figura 6 - I connettori BNC di un cavo coassiale per reti Ethernet

I mezzi di trasmissione che abbiamo visto finora veicolano i segnali sotto forma di una piccola corrente elettrica. Ma l'elettricità non è il solo veicolo possibile per il trasferimento di segnali. Sotto molti punti di vista sono assai più efficienti le radiazioni elettromagnetiche. In particolare due sono i tipi di radiazioni elettromagnetiche usate nei sistemi di comunicazione telematica.

La prima è la luce visibile, che viene utilizzata nelle fibre ottiche. Come il termine lascia immaginare, le fibre ottiche si basano sulla conduzione di impulsi di luce. Possiamo immaginare una fibra ottica come un sottilissimo tunnel (della dimensione di un capello!) rivestito di specchi, in grado di intrappolare un fascio di luce e di condurlo, attraverso una sequenza di riflessioni, da un capo ad un altro.

Per essere più precisi, la trasmissione di un impulso luminoso all'interno attraverso un conduttore si basa su un particolare tipo di rifrazione (anche se viene denominato "riflessione interna totale"). Come forse saprete, la rifrazione è la deviazione subita da un raggio di luce nell'attraversare il confine tra due mezzi trasparenti diversi. Un classico effetto di questo fenomeno, che compare in tutti i libri scolastici di fisica, è l'illusione che una matita immersa in un bicchiere d'acqua si spezzi proprio in corrispondenza della superficie del liquido. L'angolo di questa deviazione si chiama indice di rifrazione. Ora, se un raggio proviene da un mezzo con l'indice di rifrazione maggiore, e se il suo l'angolo di incidenza (ovvero l'angolo con cui il raggio di luce incontra il confine tra i due mezzi) è minore di un certa grandezza, esso non riesce più ad attraversare il confine tra i due mezzi e viene riflesso totalmente. In questo modo è possibile intrappolare un raggio luce dentro un cavo.

Un fibra ottica infatti è composta da un nucleo in vetro o plastica con un alto indice di rifrazione (detto core) rivestito da un materiale con un indice di rifrazione leggermente minore (detto cladding), il tutto ricoperto da un materiale opaco che isola la fibra dalla luce esterna. In queste condizioni tutti i raggi di luce che colpiscono il confine tra i due mezzi con un angolo inferire ad un certo valore vengono riflessi. Gli impulsi luminosi, emessi da un laser, viaggiano dunque dentro la fibra a "zigzag" fino al capo opposto dove sono raccolti da un sensore detto fotodiodo (una specie di cellula fotoelettrica) e trasformati in impulsi elettrici.

Figura 7 - Schema del funzionamento di una fibra ottica

I vantaggi apportati da questa tecnologia, messa a punto solo negli anni 70 (sebbene i principi fossero già noti sin dagli anni 50), sono enormi. A differenza dei cavi metallici, una fibra ottica può trasportare enormi quantità di informazioni codificate mediante impulsi di luce per lunghissime distanze. Oggi la banda passante di una singola fibra (un capello!) arriva fino a 2 ,5 miliardi di bit (il prefisso per indicare valori dell'ordine del miliardo è "giga", abbreviato "G") al secondo! E naturalmente i cavi in fibra ottica che vengono posati effettivamente sono composti da un fascio di fibre. Per farci un'idea della quantità di informazioni che possono passare attraverso tali canali di telecomunicazione, pensate che una banda passante di 1,7 Gbps permette di trasmettere un milione di conversazioni telefoniche contemporanee. E in sede sperimentale sono state sviluppate delle fibre che arrivano alla velocità stratosferiche di 100 Gbps!

Con questi numeri la fibra ottica si candida ad essere il mezzo di trasmissione ideale per il villaggio elettronico digitale, in cui video a richiesta e commercio elettronico dovrebbero essere all'ordine del giorno. Ma ci sono delle controindicazioni: i costi di installazione. Il passaggio ad un sistema di comunicazione capillare interamente in fibra ottica comporterebbe la sostituzione di tutti i preesistenti cavi in metallo. Se per le lunghe distanze e per i collegamenti transoceanici questa sostituzione ha un rapporto costi/benefici vantaggioso, questo non è più vero per il collegamento degli utenti finali. La transizione dell'ultimo miglio alla fibra ottica ha dei costi così alti che poche compagnie telefoniche sono disposte ad affrontare, specialmente in vista di guadagni incerti (il caso italiano, con la chiusura del progetto di cablatura nazionale "Socrate" da parte della Telecom Italia è un esempio di questa difficoltà).

Una possibile soluzione potrebbe venire da un mezzo di trasmissione già ampiamente adottato nell'ambito delle telecomunicazioni: le onde radio. A differenza della luce e dell'elettricità, le onde radio non hanno bisogno di essere trasmesse all'interno di cavi, poiché possono viaggiare per lunghe distanze attraverso lo spazio. Grazie a questa caratteristica le onde radio rappresentano oggi il veicolo preferenziale del sistema delle telecomunicazioni mondiali: radio, telefonia mobile e in parte anche telefonia fissa si basano appunto sulla trasmissione di onde radio a varia frequenza. Non deve stupire dunque che esse possano essere usate anche per collegare tra loro computer.

I sistemi di telecomunicazione a onde radio sono basati su diverse tecnologie, a seconda delle esigenze che debbono soddisfare. I collegamenti terrestri per distanze non molto elevate (ad esempio tra due edifici non distanti) adottano antenne paraboliche a microonde di bassa potenza, in grado di creare un cosiddetto "ponte radio". Per distanze geografiche invece sono necessari apparati di trasmissione assai più potenti e costosi.

La necessità di impianti molto potenti è determinata anche dai forti disturbi cui sono soggetti i segnali radio che viaggiano lungo la superficie terrestre. Un problema di cui non soffrono le trasmissioni radio satellitari. Un satellite artificiale per telecomunicazioni è in effetti una stazione ripetitrice a microonde, in grado di ricevere e trasmettere verso molte stazioni sulla superficie. In genere tali satelliti sono posti su un'orbita detta "geostazionaria", a circa 36.000 Km di altezza. Tale orbita consente di assumere la medesima velocità angolare di rotazione della terra e al contempo di bilanciare l'attrazione gravitazionale: ne consegue che il satellite rimane "parcheggiato" su una perpendicolare, ed è in grado di funzionare da ripetitore per una determinata area del pianeta.

Figura 8 - La comunicazione satellitare
Figura 8 - La comunicazione satellitare

I satelliti geostazionari vengono utilizzati nell'ambito delle telecomunicazioni con tecnologie analogiche sin dagli anni 60. Da circa dieci anni è in atto una massiccia transizione verso le comunicazioni satellitari digitali, che coinvolge in primo luogo la televisione, e che potrebbe in futuro costituire la base per una infrastruttura telematica planetaria. Già oggi è possibile la ricezione di dati mediante una semplice antenna parabolica (identica a quelle adoperata per la televisione satellitare) con una velocità di 400 o 500 Kbps. Tuttavia il processo inverso è ancora impossibile. Infatti per inviare un segnale a microonde verso un satellite geostazionario è necessario sviluppare una notevole potenza (e di conseguenza utilizzare un'antenna parabolica con un diametro dell'ordine delle decine di metri).

Una soluzione potrebbe venire dall'uso di una rete di satelliti a bassa quota (inferiore ai 50 Km). In primo luogo i costi di lancio per questi satelliti sono assai minori rispetti a quelli richiesti per mandare qualcosa a migliaia di chilometri di altezza. Inoltre la loro vicinanza alla superficie permette di ridurre notevolmente la potenza necessaria per l'invio di segnali, e dunque consentirebbe la diffusione di apparati ricetrasmittenti "domestici".

L'unica difficoltà posta da questa tecnologia è costituita dalla necessità di cambiare satellite appena il precedente esce dallo specchio di visibilità, poiché le basse orbite non sono geostazionarie. Tuttavia, tecnologie di sincronizzazione simili sono oggi ampiamente utilizzate nelle radiocomunicazioni terrestri (ad esempio nelle reti telefoniche cellulari) e non dovrebbero esserci difficoltà eccessive ad estenderle alla comunicazione satellitare. Molti operatori nell'industria delle informazione e delle telecomunicazioni hanno mostrato un notevole interesse verso questo sistema di trasmissione, e diversi progetti (più o meno sperimentali ed avveniristici) sono stati avviati in questa direzione.

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Interfacce tra rete e computer

Abbiamo detto che una rete telematica è fisicamente costituita da un insieme di computer e da una determinata infrastruttura di comunicazione. Ma per far funzionare il tutto c'è bisogno di un terzo elemento: dei dispositivi di interfaccia che consentano la connessione di ciascun computer ai corrispondenti terminali della rete. Sul concetto di interfaccia ci soffermeremo nella dispensa 5. Le interfacce di rete variano in relazione al particolare tipo di mezzo di trasmissione che si sta utilizzando.

La più semplice interfaccia di rete è il modem. Come abbiamo già avuto modo di vedere, il modem è un dispositivo che permette di collegare due computer mediante una normale linea analogica, come quelle della tradizionale telefonia. Poiché i computer rappresentano l'informazione in formato digitale, essi non possono utilizzare direttamente una linea analogica come canale di trasmissione.

Figura 9 - La vista anteriore di un modem esterno
Figura 9 - La vista anteriore di un modem esterno

Il modem rende possibile questa comunicazione trasformando il flusso di segnali digitali in un flusso di segnali analogici e viceversa mediante i processi di "modulazione" e "demodulazione". Ovviamente, per collegare in questo modo due computer occorre dotarli entrambi di un modem. Il flusso di bit in uscita dal computer trasmittente passa attraverso il modem, dove viene trasformato in un segnale analogico. Quando arriva al modem del computer ricevente, il segnale analogico subisce il trattamento inverso, ritrasformandosi in una catena di bit, che il computer può tranquillamente manipolare.

I modem possono essere collegati al computer in vari modi. I modem esterni, i più diffusi, si presentano come piccole scatole di plastica, dotate di una presa telefonica e di una presa di tipo seriale. Questa si collega al computer mediante un apposito cavo che si inserisce nella porta seriale, in dotazione su tutti i moderni personal computer. Di recente sono comparsi modem che adottano un nuovo tipo di porta presente nei computer più evoluti, la porta USB (Universal Serial Bus), che ha delle caratteristiche di velocità ed efficienza maggiori rispetto alla tradizionale seriale. Infine esistono anche dei modem interni, che possono essere inseriti direttamente in uno degli slot di espansione presenti sulla piastra madre del computer (di piastra madre e schede di espansione abbia già parlato nella seconda dispensa).

Figura 10 - La parte posteriore di un modem esterno con porta seriale e ingresso per cavo telefonico
Figura 10 - La parte posteriore di un modem esterno con porta seriale e ingresso per cavo telefonico

D'altra parte, la scarsa velocità della porta seriale non è certo un grande problema per i modem. A causa dei limiti intrinseci alla comunicazione analogica su doppino ritorto (che è il tipo di cavo, lo ricordiamo, usato dalla rete telefonica) la velocità di trasmissione di un modem non può essere troppo alta. Attualmente i migliori permettono di ricevere dati con una banda passante teorica di 56 Kbps, e di inviare a 32 Kbps.

I limiti di velocità dei modem sono bilanciati dalla opportunità che essi offrono di collegare un computer ad una rete sfruttando l'infrastruttura telefonica, l'unica rete ad avere una diffusione capillare, fino alle abitazioni private. In genere si tratta di connessioni temporanee, che si prolungano fintanto che l'utente ha necessità dei servizi di rete (anche perché in molti paesi la tariffa per l'impiego delle linee telefoniche è calcolata in base al trascorrere del tempo).

Per raggiungere velocità più elevate è necessario utilizzare una sistema interamente digitale, come ISDN (che arriva fino a 128 Kbps). Le interfacce per l'accesso ISDN si chiamano Terminal Adapter, ma poiché il loro aspetto esterno è simile a quello dei modem analogici, nel linguaggio comune ci si riferisce loro come "modem ISDN".

Figura 11 - Terminale ISDN
Figura 11 - Terminale ISDN

Se invece si deve collegare un computer in modo permanente ad una rete digitale ad alta velocità (locale o geografica) è necessario utilizzare una scheda di rete. Si tratta di una scheda, contenente i microprocessori che gestiscono l'accesso alla rete, che va inserita in uno degli slot di espansione della piastra madre, in modo simile alle schede che controllano il video o lo scanner, o altri dispositivi di input ed output. Sulla parte esterna è dotata di speciali prese, nelle quali vanno inserite le spine (o plug) dei cavi di collegamento. In genere si tratta di prese per cavi coassiali (dette prese BNC) o di prese per cavi ritorti (dette prese RJ45), che sono molti simili alle prese usate negli impianti telefonici più recenti (RJ11).

Figura 12 - Scheda di rete dotata di vari tipi di porte
Figura 12 - Scheda di rete dotata di vari tipi di porte

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Una questione di protocollo

Fino ad ora abbiamo parlato delle tecnologie hardware che costituiscono una rete. Ma, come abbiamo detto, esse non sono sufficienti al suo funzionamento: sono infatti necessari anche degli appositi software che consentano ai computer di utilizzare adeguatamente queste infrastrutture hardware, e che soprattutto li mettano in grado di comunicare.

Una rete telematica infatti è uno strumento di comunicazione. Uno strumento di comunicazione tra computer, in primo luogo, e tra gli uomini che usano i computer in secondo. Naturalmente i due soggetti in campo, computer e uomini, hanno esigenze diverse, spesso contrastanti, che occorre tenere presenti per fare in modo che la comunicazione vada a buon fine. Le tecnologie software su cui si basa un rete di computer devono rispondere con la massima efficienza a queste esigenze.

Il problema principale in un processo di comunicazione è la definizione di un linguaggio comune ai diversi attori in gioco, che, nel nostro caso, sono in primo luogo i computer. E i computer, come ben si sa, pur usando tutti lo stesso alfabeto - il codice binario - 'parlano' spesso linguaggi differenti e incompatibili. Fuori di metafora, computer diversi usano sistemi operativi, codici di caratteri, strutture di dati, che possono essere anche molto diversi. Per permettere la comunicazione tra l'uno e l'altro è necessario definire delle regole condivise da tutti. Questa funzione, nell'ambito della telematica, viene svolta dai protocolli.

L'adozione di questo termine nel gergo informatico risale alle origini delle rete Internet (tema su cui torneremo). Nel mondo diplomatico per "protocollo" si intende una serie di regole di comportamento e di etichetta rigidamente codificate, che permettono a persone provenienti da diversi universi culturali di interagire senza creare pericolose incomprensioni. Protocolli sono detti anche gli accordi o i trattati internazionali. Ebbene, i protocolli di comunicazione definiscono le regole comuni per manipolare e inviare i bit tra i computer collegati in una rete, in modo indipendente da ambienti operativi ed architetture hardware di tali computer. In particolare essi devono svolgere le seguenti funzioni:

  • utilizzare in modo efficiente il mezzo di trasmissione della rete
  • gestire l'istradamento (routing), ovvero l'invio dei dati da un computer all'altro
  • garantire con la massima sicurezza il buon fine della comunicazione ed effettuare il controllo e la soluzione di eventuali errori
  • permettere il funzionamento di servizi di rete di alto livello, utilizzabili dall'utente (ad esempio lo scambio file, o l'invio e la ricezione di messaggi di posta elettronica)

Come si vede si tratta di funzioni diverse che si collocano su vari livelli gerarchici: per instradare i dati occorre sapere inviare segnali codificati attraverso i cavi; per controllare che un certo messaggio sia arrivato a destinazione integro, ed eventualmente correggere gli errori, bisogna prima far viaggiare il messaggio da un nodo all'atro. Per questa ragione i protocolli telematici sono spesso suddivisi in vari livelli operativi, a formare una sorta di pila di servizi. Ogni strato si occupa delle sua mansione (ovvero elabora i dati in entrata o in uscita) e poi li passa allo strato seguente nella gerarchia. Naturalmente, questo "passamano" procede in un verso al momento dell'invio, e nell'altro al momento della ricezione.

Ad ogni strato di servizi di rete corrisponde un determinato software che deve essere installato su ogni computer interconnesso. Naturalmente non tutti gli strati devono essere presenti su tutti i computer: alcune funzioni possono essere delegate interamente ad un singolo nodo, o alcuni servizi di alto livello possono essere assenti da uno o più nodi.

Come abbiamo già detto, oggi esistono diversi tipi di rete, che adottano protocolli diversi. Spesso è possibile far comunicare reti diverse usando dei sistemi di contatto (gateway), in grado di "parlare" entrambi i protocolli, oppure costruendo sopra i protocolli originari degli ulteriori protocolli di interconnessione. È quanto avviene nel caso della più famosa rete di computer oggi esistente la rete Internet.

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Una rete particolare: Internet

VC blocco 2 'Una rete particolare: Internet'Nelle pagine precedenti abbiamo affrontato vari aspetti teorici della telematica, imparando cosa è e come funziona un rete di computer. Fino a pochi anni fa, le reti di computer erano argomento specialistico per studenti e cultori di informatica, e la loro trattazione non compariva nemmeno nei manuali di informatica generale universitari. Ma oggi proprio intorno alla prodigiosa espansione di una rete telematica ruota gran parte della rivoluzione digitale, sia nei suoi aspetti tecnologici sia in quelli simbolici e pubblicistici. Questa rete si chiama Internet.

È alquanto difficile riuscire a dare una definizione esaustiva e chiara di Internet in poche parole. Nel fenomeno Internet infatti convergono aspetti tecnologici, comunicativi e socioculturali. Secondo il livello di astrazione che scegliamo, possiamo dare alla rete una diversa definizione. In questa dispensa, in cui ci occupiamo di tecnologie telematiche, ci soffermeremo soprattutto sul primo livello, rimandando alla successiva un ulteriore approfondimento.

Dal punto di vista tecnico, dunque Internet è un rete di reti telematiche (una inter-rete, in inglese inter-net), che collega in tutto il mondo migliaia di reti, basate su tecnologie ed infrastrutture diverse, grazie ad un insieme di protocolli comune denominato TCP/IP.

I computer collegati ad Internet in modo permanente ed attraverso delle linee di trasmissione dedicate vengono detti host. Oltre agli host veri e propri, moltissimi computer si collegano alla rete in modo temporaneo. Si tratta di collegamenti che vengono effettuati mediante linee telefoniche commutate (sia analogiche sia digitali). Gran parte di questi collegamenti temporanei sono effettuati da utenti domestici, utenti cioè che si collegano alla rete Internet dalle loro abitazioni private.

I principi teorici e le tecnologie con cui Internet funziona, ma anche le norme e i valori a cui si sono ispirati i suoi creatori, ne hanno permesso uno sviluppo decentrato e periferico che ha portato alla creazione di uno spazio di comunicazione planetario, variegato ed orizzontale. Oggi la rete collega milioni di computer distribuiti su tutto il pianeta, che quotidianamente si scambiano miliardi di bit di informazioni, e che vengono utilizzati da decine di milioni di persone per lavorare, studiare, fare acquisiti, giocare. Le stime numeriche relative alla diffusione della rete vanno prese con estrema cautela. Ma, anche se accogliessimo le ipotesi più riduttive, Internet è il mezzo di comunicazione che si è diffuso più rapidamente nella storia dell'umanità. Grazie alla sua diffusione ed alle sue caratteristiche comunicative la rete potrebbe cambiare radicalmente i modi e le forme della comunicazione sociale a tutti i livelli.

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La storia di Internet

La successione di eventi, progetti, idee e protagonisti che, nel corso di trenta anni, hanno portato allo sviluppo di Internet nella sua forma attuale, rappresenta uno dei capitoli più affascinanti nella storia della tecnologia. Come gran parte delle innovazioni tecnologiche nel settore delle telecomunicazioni e dell'informatica, anche le origini di Internet si collocano nel terreno della ricerca militare.

Tutto ebbe inizio a Washington nel 1966, quando Bob Taylor, allora dirigente di un ufficio della Advanced Research Projects Agency (ARPA), propose al suo direttore il finanziamento di un progetto volto a consentire la comunicazione e lo scambio di risorse tra i computer dei vari laboratori universitari finanziati dall'agenzia. L'ARPA, voluta dal presidente Eisenhower, era un'agenzia del Dipartimento della Difesa americano, che aveva lo scopo di finanziare la ricerca di base nel campo delle tecnologie innovative. Siamo in piena Guerra Fredda, e l'amministrazione americana, dopo lo shock causato dal lancio del primo Sputnik, si era resa conto che la competizione con l'Unione Sovietica, sia sul piano militare sia su quello civile, passava anche e soprattutto attraverso lo sviluppo tecnologico.

Tuttavia, se è vero che il progetto della rete ARPA nacque in questo contesto storico, la diffusa opinione che essa dovesse fungere da strumento di comunicazione sicuro tra i centri di comando militari nell'evenienza di una guerra nucleare è frutto di equivoci ed esagerazioni. In realtà l'obiettivo perseguito da Bob Taylor era di aumentare la produttività e la qualità del lavoro scientifico, permettendo ai ricercatori universitari di comunicare e di condividere le risorse, in particolare quelle informatiche, a quei tempi costosissime e di difficile manutenzione.

Parte dell'equivoco circa le origini belliche della rete deriva dal fatto che nella stesura delle specifiche Larry Roberts, un giovane e brillante informatico chiamato da Taylor per sovrintendere all'esecuzione dell'iniziativa, riprese una serie di idee elaborate da Paul Baran all'inizio degli anni 60.

In quel periodo Baran, ingegnere ed esperto in telecomunicazioni, lavorava presso la Rand Corporation, un'azienda californiana che vendeva tecnologie ai militari sin dalla seconda guerra mondiale. Tra i vari progetti di cui si occupò alla Rand, ve ne fu uno dedicato alla progettazione di un sistema di telecomunicazione in grado di resistere ad un eventuale attacco nucleare. Lavorando su questo problema, Baran si persuase che la migliore soluzione era una rete distribuita. In particolare il modello di Baran prevedeva che ciascun nodo fosse collegato ad almeno altri quattro nodi, e che nessun nodo avesse la funzione di concentratore, come avveniva per la rete telefonica. In questo modo ogni nodo poteva continuare a lavorare, ricevendo, elaborando e trasmettendo informazioni, anche nel caso in cui alcuni fra i nodi vicini fossero stati danneggiati. L'assenza di un nodo centrale inoltre eliminava ogni possibile obiettivo strategico, la cui distruzione avrebbe compromesso il funzionamento dell'intera rete. Per fare in modo che il sistema potesse individuare immediatamente un collegamento alternativo, era necessario utilizzare uno strumento più intelligente di una semplice centrale di commutazione telefonica; Baran pensò che gli elaboratori digitali erano i migliori candidati a tale scopo.

Oltre alla idea di una rete decentrata e ridondante, Baran ebbe anche un'altra intuizione geniale: piuttosto che inviare un messaggio da un nodo all'altro come un unico blocco di bit, è meglio dividerlo in molte parti che possono viaggiare attraverso più percorsi verso la destinazione, dove vengono ricomposti. Una idea simile era stata elaborata in Inghilterra da Donald Davies, che aveva pensato di chiamare le parti di messaggio "pacchetti" (packet). Tutte queste idee e intuizioni teoriche, rimaste inascoltate per molti anni, furono riprese da Larry Roberts e costituirono le linee guida del progetto Arpanet.

La fase esecutiva del progetto Arpanet prese il via nel 1969. Dopo una gara di appalto alla quale parteciparono i grandi colossi dell'industria informatica del tempo, la realizzazione della infrastrutture hardware e software venne assegnato alla Bolt Beranek and Newman (BBN), una piccola ma innovativa azienda molto nota in quegli anni. Nell'autunno di quello stesso anno vennero attivati i primi due nodi della rete, che collegavano i due computer dello Stanford Research Center e della University of California (UCLA).

Se la BBN si occupava delle infrastrutture hardware, lo sviluppo dei protocolli per far funzionare effettivamente la rete venne invece delegato ad un gruppo di specializzandi e giovani ricercatori delle prime università coinvolte nel progetto. Essi costituirono il Network Working Group (NWG).

La giovane età dei protagonisti e lo spirito dell'epoca fece sì che il lavoro del NWG assumesse un tono informale e collaborativo. In ossequio a questo spirito, i primi documenti ufficiali del gruppo furono battezzati Request for Comment (RFC), richiesta di commenti, denominazione che è rimasta ancora oggi ad indicare le specifiche tecniche della rete. Ma soprattutto ogni idea, risorsa e strumento che veniva elaborato dai primi "utenti-creatori" della rete entrava subito in circolo e diveniva una ricchezza comune. Questo spirito collaborativo e aperto ha determinato lo sviluppo della rete negli anni successivi e ha favorito la libera circolazione delle innovazioni.

Nel 1972 Arpanet contava già trentasette nodi, e la crescita negli anni seguenti la rete seguì un ritmo impetuoso, parallelamente allo sviluppo di nuovi protocolli. Il primo, rudimentale, protocollo di comunicazione tra host fu battezzato NCP (Network Control Protocol); sulla sua base vennero sviluppati il File Transfer Protocol (il protocollo per il trasferimento di file), il protocollo Telnet (per l'emulazione di terminale), e soprattutto i primi rudimentali sistemi di posta elettronica.

La prima grande svolta nella storia della rete Arpanet avvenne nel 1973, quando Vinton Cerf e Bob Kahn sviluppano un nuovo protocollo per la comunicazione di base tra gli host: il TCP/IP (Transmission Control Protocol/Internet Protocol). TCP/IP implementava in modo semplice ed efficiente le idee di trasmissione a pacchetti in una rete decentrata, ma soprattutto permetteva facilmente di integrare in un unico ambiente comunicativo reti e mezzi di comunicazione diversi. Grazie al TCP/IP (la cui adozione su Arpanet venne completata ufficialmente nel 1984) l'originario sistema telematico progettato da Taylor e Roberts si andava trasformando in una inter-rete, una internet.

Infatti, dall'inizio degli anni 80 la National Science Foundation (NSF), un ente governativo preposto al finanziamento della ricerca di base, iniziò a sponsorizzare la costruzione di reti tra le università americane, e la loro connessione alla Arpanet. Nacquero così Csnet (Computer Science Network), BitNet (Because It's Time Network), Usenet. Nel 1983 l'amministrazione militare, per motivi di sicurezza, decise di dividere l'originaria Arpanet in due tronconi, uno militare (Milnet) e uno di ricerca. Nel 1985 la NSF, consapevole dei vantaggi per la ricerca scientifica portati dalla interconnessione, decise di costruire una nuova rete veloce che potesse fungere da backbone (spina dorsale) per l'intero sistema di internetworking accademico americano (che nel frattempo si era esteso anche verso l'Europa) e di darne accesso gratuito ai consorzi di università che a loro volta si fossero dotati di reti localizzate: nacque così Nsfnet. Essa costituì la infrastruttura portante di quell'insieme di reti che era divenuto Internet a tutti gli effetti. La "vecchia Arpanet", la cui gestione era divenuta troppo onerosa per l'Arpa, divenne così inutile: nel 1989, dopo venti anni di servizio, venne chiusa definitivamente.

Ma ormai anche la Internet accademica degli anni ottanta stava per lasciare il campo ad una nuova Internet, globale e trasversale. Le aziende private infatti cominciarono a mostrare interesse verso questo sistema comunicazione che ormai si estendeva in tutti i paesi occidentali e che iniziava a penetrare persino nel terzo mondo. Negli anni 90 questa transizione subì una accelerazione sempre maggiore: una serie di gestori privati di reti di telecomunicazione interessati a vendere ad altri privati l'accesso alla rete, cominciarono a costruire le loro, sempre più veloci. Nel 1997 anche la NSF decise di dismettere la gestione del suo backbone, che venne ceduta a un privato.

Nel frattempo nei laboratori del CERN di Ginevra stava maturando l'ennesima grande rivoluzione di Internet. Tim Berners Lee, con lo scopo di facilitare la comunicazione tra la comunità scientifica dei fisici, sviluppò un sistema per pubblicare sui nodi della rete documenti testuali interconnessi, battezzato World Wide Web. Agli inizi del 1993 Marc Andressen ed Eric Bina, dottorandi al National Center for Supercomputing Applications (NCSA) dell'Università dell'Illinois, svilupparono la prima interfaccia grafica per l'accesso ai documenti presenti su World Wide Web, il famoso Mosaic, e la distribuirono gratuitamente a tutta la comunità di utenti della rete. Grazie a Web e Mosaic, Internet, che per anni era stata uno strumento alquanto esoterico, diventò utilizzabile anche da utenti non esperti: la rete dopo esser arrivata negli uffici e nelle aziende, entrò finalmente anche nelle case.

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Come funziona Internet

Il successo di Internet e la sua diffusione planetaria sono dovuti in buona misura alle tecnologie su cui essa si basa. Poiché si tratta di tecnologie molto importanti, che hanno profondamente influenzato lo sviluppo delle telecomunicazioni, è importante cercare di capirne i tratti fondamentali.

Cominciamo con il concetto di interconnessione tra reti fisiche diverse. Abbiamo detto che Internet è una rete di reti telematiche. Per capire meglio che cosa si intende con questa affermazione utilizziamo una similitudine con una infrastruttura che ci è molto più familiare: la rete ferroviaria (vedi filmato). Possiamo dire che, in prima approssimazione, ciascuna sottorete che è parte di Internet è assimilabile ad una rete ferroviaria nazionale, e che Internet stessa può essere assimilata al sistema ferroviario mondiale (in realtà parlare di sistema ferroviario mondiale è una forzatura della realtà, ma stiamo facendo una similitudine!). Si noti che affinché i treni possano passare da una rete nazionale ad un'altra, è necessario che esse condividano le norme di costruzione dei binari (ad esempio lo scartamento, cioè la distanza tra i binari) e che gli enti ferroviari si accordino sugli orari in cui far passare i treni e così via: sono insomma necessarie delle norme comuni, dei protocolli.

Un altro aspetto importante di Internet è la sua topologia distribuita e la conseguente molteplicità di precorsi che i dati possono fare per arrivare da un nodo "A" a un nodo "B". Per afferrare questo aspetto, torniamo alla nostra metafora ferroviaria. Diciamo che le stazioni corrispondono ai nodi della rete. Ogni stazione di media grandezza è in genere collegata a più di una stazione, come ogni host di Internet è connesso con più host (naturalmente non tutti lo sono, come avviene per le stazioni ferroviarie). In questo modo se un viaggiatore volesse andare da Roma a Torino potrebbe prendere la linea che passa lungo la costa Tirrenica attraverso le stazioni di Grosseto, Livorno, Pisa e Genova; me se i posti sul treno fossero esauriti potrebbe passare per Milano lungo la linea che passa per Firenze e Bologna, e di lì andare a Torino. Potremmo complicare ulteriormente, se necessario, l'articolazione del viaggio, sebbene la rete ferroviaria non ci darebbe molte altre possibilità.

Figura 13 - I diversi percorsi ferroviari da Roma a Torino
Figura 13 - I diversi percorsi ferroviari da Roma a Torino

Internet funziona sullo stesso principio ma ha una struttura immensamente più complessa di quella di una rete ferroviaria e decisamente molto più trafficata. Su Internet è come se i treni transitassero senza soluzione di continuità, il che rende estremamente probabile l'intasamento di una linea e la conseguente ricerca di una strada alternativa per far giungere il passeggero a destinazione. Quindi può capitare che un dato prima di arrivare al destinatario faccia il giro di mezzo mondo!

Ma come fanno i computer delegati allo smistamento dei dati a trovare le strada giusta per ogni messaggio? A questo fine viene impiegato uno schema di indirizzamento dei computer collegati in rete. Ogni host è dotato di un suo indirizzo univoco, costituito da una sequenza di quattro numeri da 1 a 255; ad esempio 151.100.4. 2. La struttura di questo indirizzo viene usata per trovare la strada giusta. Per capire meglio lo schema di indirizzamento di Internet basta pensare alla struttura di un normale indirizzo postale. Lo scriviamo come nei paesi anglosassoni, con il numero civico prima: 2, Vicolo Stretto, Roma, Italia. Pensiamo ora al sistema postale: quando imbuchiamo una lettera questa arriva all'ufficio postale locale; se la lettera ha un indirizzo di competenza di un altro ufficio postale cittadino, sarà inviata a quell'ufficio postale, che si preoccuperà di recapitarla al destinatario. Naturalmente l'ufficio postale locale non conosce gli indirizzi di tutti gli altri uffici postali locali del mondo. Se una lettera è indirizzata ad esempio in Francia, l'ufficio locale la spedirà prima all'ufficio nazionale delle poste, che a sua volta manderà tutta la corrispondenza indirizzata alla Francia al suo omologo francese, il quale farà procedere la nostra lettera verso l'ufficio postale locale, che infine la recapiterà al destinatario. Anche su Internet esistono degli host particolari, detti router, che fanno le veci degli uffici postali, e si preoccupano di smistare i messaggi da un computer all'altro leggendo l'indirizzo di ciascun messaggio.

Ma i messaggi su Internet, a differenza delle lettere postali, non viaggiano tutti interi. Infatti, come sappiamo, essi vengono divisi in pacchetti, i quali vengono spediti autonomamente sulla rete. Ciascun pacchetto che fa parte di un determinato messaggio viene segnato con un numero d'ordine. Così quando arriverà a destinazione l'host potrà ricomporre il messaggio originario rimettendo in ordine tutti i pacchetti. Si noti che i singoli pacchetti possono anche prendere strade diverse, e che possono arrivare in un ordine diverso da quello originario. A sovrintendere alle operazione di indirizzamento dei computer e di istradamento e segmentazione dei messaggi su Internet sono i protocolli TCP/IP, sviluppati da Cerf e Kahn.

La modalità di invio dei messaggi in blocchi lungo una rete telematica si chiama commutazione di pacchetto. Infatti, "commutazione" è il termine tecnico usato per indicare il trasferimento di informazioni lungo una rete da un nodo all'altro. La commutazione di pacchetto si oppone ad un altro sistema di trasmissione in un sistema di telecomunicazione: la commutazione di circuito. Nella commutazione di circuito ogni volta che un nodo A comunica con un nodo B, occupa interamente il tratto di linea che lo collega ad esso finché l'intero messaggio non è passato. Il sistema telefonico è un tipico esempio di rete a commutazione di circuito: finché stiamo parlando con qualcuno nessuna altra conversazione può passare per quel tratto di circuito.

La commutazione di pacchetto (utilizzata per la prima volta proprio nella rete Arpanet, tra lo scetticismo degli allora esperti di telecomunicazione) si adatta molto bene al traffico dei dati su una rete con topologia distribuita. Essa infatti è molto efficiente nella gestione delle infrastrutture della rete, poiché consente di usare lo stesso tratto di cavo fisico per far passare molte comunicazioni diverse contemporaneamente, sia che provengano da più persone che operano sullo stesso computer, sia che provengano da più computer collegati a quel tratto di rete. Mai nessuno occuperà un certo tratto di rete fisica per intero, come invece avviene nella commutazione di circuito. Naturalmente tale efficienza è dovuta anche al fatto che nella comunicazione dati, normalmente, non è necessario avere una comunicazione in tempo reale, e gli eventuali ritardi di trasmissione non sono rilevanti.

Oggi i vantaggi di questo modo di commutazione per il trasferimento di dati in formato digitale è universalmente riconosciuto e tutte le tecnologie telematiche di recente concezione lo hanno adottato in una forma o l'altra. Ma trenta anni fa, quando i primi pionieri della telematica come Baran, Davies, Taylor e più tardi Cerf e Kahn ne elaborarono i principi teorici e ne implementarono su Arpanet il primo esempio funzionante, furono trattati come visionari o incompetenti dal grande establishment delle telecomunicazioni. Non sempre le innovazioni tecnologiche, per quanto geniali e funzionali, riescono ad imporsi quando gli interessi economici sono grandi e le attitudini culturali preesistenti sono profondamente radicate. Solo la tenacia dei pionieri della rete e una serie di fortunate condizioni storiche hanno permesso a queste intuizioni di divenire realtà.

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Conclusione: Il sistema nervoso del villaggio globale

VC blocco 3 'Il futuro delle telecomunicazioni'Con questa dispensa, in cui ci siamo occupati dei sistemi di telecomunicazione e delle reti telematiche, abbiamo ormai acquisito un bagaglio di conoscenze tecniche e teoriche sufficiente per capire le basi tecnologiche della rivoluzione digitale. Naturalmente non possiamo certo dire di avere esaurito l'argomento. Ma andare oltre, dare le conoscenze operative per diventare esperti informatici o competenti ingeneri delle comunicazioni, non è lo scopo di questa opera, e richiederebbe del resto un addestramento pratico all'uso delle macchine. Se vorrete, potrete approfondire gli argomenti trattati leggendo i libri che consigliamo nelle sezioni bibliografiche, o magari decidendo di intraprendere un corso di studi universitario.

In questa sede ci interessava fornire un retroterra minimo di conoscenze tecniche che ci permettesse di proseguire il nostro viaggio. E lo scopo del viaggio è capire come e perché le nuove tecnologie, i computer e le reti abbiano assunto una importanza così profonda nella nostra società, perché promettano (o minaccino, dipende dai punti di vista!) di modificare radicalmente la stessa vita quotidiana di ognuno di noi.

D'altra parte, il fenomeno che abbiamo di fronte non è certamente inedito. Nella storia dell'umanità le rivoluzioni tecnologiche hanno sempre avuto una funzione di cambiamento, anche quelle che oggi, a distanza di secoli o decenni, ci possono sembrare scontate. Per rimanere nell'ambito delle tecnologie della comunicazione, basti pensare all'invenzione della stampa, che ha contribuito a dare forma alla nostra cultura; o, arrivando a epoche più vicine a noi, all'invenzione della televisione.

Oggi questa scatola che emette immagini e suoni collocata su un mobile della cucina o del soggiorno ci appare come un naturale arredamento delle nostre case; siamo tanto abituati ad entrare in rapporto con essa, ci pare tanto naturale il fatto di arrivare a casa la sera, premere un pulsante sul telecomando e metterci a guardarla, che non riusciamo ad immaginare un mondo in cui la televisione fosse assente. E, se qualche amico asserisce di non vederla mai, o persino di non possedere un televisore per scelta, ebbene, lo giudichiamo un po' strano e piuttosto snob.

Ma basta tornare indietro di appena quaranta anni, per trovare un mondo in cui la televisione non esisteva, e la radio era diffusa nelle case dei pochi fortunati appartenenti ai ceti alti. E in quel mondo la vita passava veramente in modo diverso: il lavoro, il divertimento, la conoscenza, l'informazione erano vissuti in modo diverso. Sono bastati pochi anni per sconvolgere radicalmente quel mondo.

Attualmente ci troviamo in una situazione simile, con la differenza che la velocità del cambiamento è, se possibile, ancora più accelerata. Solo dieci anni fa il personal computer era un oggetto rarissimo persino negli uffici, mentre oggi la metà della popolazione degli Stati Uniti ne possiede uno. Solo cinque anni fa le reti di computer erano presenti in pochi dipartimenti universitari e all'interno di poche grandi aziende. Oggi 100 milioni di persone usano Internet, le reti di computer sono uno strumento di lavoro indispensabile nelle aziende, e persino gli artigiani usano Internet per promuovere le loro mercanzie o per venderle in ogni angolo del pianeta.

Le reti telematiche sono divenute insomma una delle infrastrutture fondamentali delle società avanzate, come le grandi arterie stradali e ferroviarie lo sono state nel passato. Importanti aspetti della vita economica, politica ed anche culturale si basano sulle comunicazioni digitali. Le aspettative di crescita economica, e dunque di occupazione e di benessere collettivo, per i prossimi anni sono riposte nello sviluppo dell'industria delle telecomunicazione e dell'informazione. Persino la comunicazione individuale, i rapporti interpersonali, passano e passeranno sempre più attraverso le reti.

Per queste ragioni è necessario sapere come funzionano le tecnologie (ed è quanto abbiamo cercato di fare fino ad ora, nei limiti che ci erano concessi); imparare ad usarle (ed è quanto faremo nella prossima dispensa, dove impareremo ad usare gli strumenti che Internet mette a disposizione di ogni di noi); ma anche e soprattutto cercare di allargare lo sguardo per capire dove e come stanno cambiando la società e la cultura in cui viviamo, cercare di interpretare il cambiamento ed in definitiva cercare di diventarne, per quanto possiamo, protagonisti. E questo cercheremo di fare con il resto del nostro corso.

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Esercizi

  1. Cercate di fare un elenco delle tecnologie di comunicazione inventate ed utilizzate dall'umanità fino ad oggi. Quali di esse vi sembrano rientrare nella definizione di telecomunicazione che abbiamo fornito nel testo?
  2. Il concetto di rete, oltre che in ambito telematico, è applicabile in molti altri contesti. Provate ad identificare quali sono le altre infrastrutture tecniche della società che sono descrivibili come reti. Cercate poi di individuare le caratteristiche che hanno in comune con le reti di telecomunicazione e quelle che invece le differenziano.
  3. Quali sono i motivi che hanno favorito la diffusione dei sistemi di comunicazione digitale?
  4. Immaginate di dover realizzare un'aula attrezzata con una rete di computer. Di che tipo di rete si tratta? Quali componenti hardware dovrete acquistare?
  5. Provate ad immaginare le conseguenze nel funzionamento complessivo delle rete causate dalla rottura di un nodo rispettivamente in: una rete distribuita; una rete a stella; una rete a bus; una rete ad albero; una rete ad anello. Quali sono i punti critici di ogni tipo di rete ( se ve ne sono?)
  6. Se doveste collegare tra loro le reti locali di due edifici posti a un chilometro di distanza l'uno dall'altro, quali mezzi di trasmissione potreste utilizzare?
  7. Che cosa è un indirizzo di rete? Perché è necessario che ogni computer ne abbia uno?
  8. Perché per far funzionare una rete sono necessari dei protocolli?
  9. Quali sono le differenze tra la commutazione di circuito e la commutazione di pacchetto? Perché questa ultima risulta più efficiente per le applicazioni di trasmissione dati?

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Alcuni riferimenti bibliografici

  • AA.VV., Computer Network, Etas Libri, 1991
  • Beauchamp, K. G., Poo, G-S., Comunicazioni tra computer, Jackson Libri, Milano 1998
  • Bozzo, M. La grande storia del computer, Dedalo, Bari 1997
  • De Sola Pool, I., Tecnologie senza frontiere. Le telecomunicazioni nell'era globale, Utet, Torino 1998
  • Green, J., La nuova frontiera delle comunicazioni, Mondadori, Milano 1998
  • Hafner, K., Lyon, M., La storia del futuro, Feltrinelli, Milano 1998
  • Huitema, C., E Dio creò Internet, Muzzio, Padova 1996
  • Mansell, R., Le telecomunicazioni che cambiano, UTET, Torino 1993
  • Mattelart, A., La comunicazione mondo, Il Saggiatore EST, Milano 1997
  • Salus, P., Casting the Net. From Arpanet to Internet and Beyond, Addison Wesley, 1996
  • Stefik, M., Internet Dreams. Archetipi, miti e metafore, UTET, Torino 1997
  • Tannenbaum, A. S., Reti di computer, Jackson Libri, Milano 1991

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