Educazione al multimediale RAI Educational

Lezione n. 08

L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità digitale

di Fabio Ciotti

Argomenti associati:
Facendo clic su questa icona si aprirà la scheda di approfondimento
Clic qui Il movimento del "post-organico"
Clic qui Internet e le nuove frontiere della letteratura creativa
Clic qui Le Biblioteche digitali: una breve rassegna
Clic qui Charles Baudelaire
Clic qui Walter Benjamin
Clic qui George P. Landow
Clic qui Michael Joyce
Argomenti trattati nella lezione 08:

 

 


Premessa

VC blocco 1 'Arte e tecnologia'La letteratura, le arti visive, la musica, il teatro, ed in generale qualsiasi forma di espressione artistica, sono dei fenomeni comunicativi. Esse usano i linguaggi della comunicazione quotidiana, come le parole i suoni o le immagini, per produrre dei messaggi che hanno, o cui viene attribuito, un valore estetico. Che cosa sia esattamente questo valore estetico, poi, e se appunto esso sia una qualificazione che noi destinatari attribuiamo ad un oggetto (fisico o virtuale che sia), o piuttosto un alcunché di oggettivamente esistente, è tema di discussione secolare tra artisti, filosofi e studiosi.

Ma nelle prossime pagine non di questo ci occuperemo, non direttamente almeno. Ciò che invece cercheremo di mettere in evidenza è che se consideriamo l'arte (anche) un fenomeno comunicativo, allora ci possiamo attendere che le trasformazioni nei mezzi tecnici e nei modi della comunicazione interessino anche la comunicazione artistica.

Non a caso il titolo di questa dispensa richiama e "attualizza" quello di un fondamentale saggio scritto dal filosofo e critico letterario (ma queste etichette non rendono certo ragione della ricchezza intellettuale della sua opera; si veda comunque al riguardo la scheda a lui dedicata) Walter Benjamin nel 1936: L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica. In questo scritto Benjamin si pone a ragionare proprio sul rapporto tra arte e tecnologie comunicative. Naturalmente lo fa prendendo in considerazione quelli che al suo tempo erano i nuovi media comunicativi, la fotografia ed il cinema.

Figura 1 - Walter Benjamin
Figura 1 - Walter Benjamin

Sulla base di questa analisi, Benjamin si rende conto di come la comparsa sulla scena, a far data dalla metà dell'ottocento, di nuove e sempre più raffinate tecnologie di rappresentazione e comunicazione stava modificando tanto il modo di fare arte quanto la concezione stessa di che cosa sia l'arte ed il suo ruolo nella società. L'intera storia dell'arte e della letteratura del nostro secolo, caratterizzata da un susseguirsi di avanguardie e di successivi ritorni all'ordine, si può interpretare alla luce di questo rapporto.

Non ci possiamo addentrare fino in fondo nei meandri del pensiero benjaminiano, né intendiamo affrontare un compiuto discorso teorico sui problemi del fare artistico. Piuttosto, assumendo come spunto le intuizioni del grande pensatore tedesco, cercheremo di gettare uno sguardo su quanto oggi sta avvenendo nell'ambito della ricerca artistica (laddove "arte" va inteso nel senso più esteso del termine) quando questa entra in contatto con le nuove tecnologie digitali della comunicazione. Infatti, la "digitalizzazione dell'arte" sotto molti punti di vista porta alle estreme conseguenze molti dei processi innescati dalla produzione e riproduzione meccanica dell'arte studiati da Benjamin.

Un altro ambito in cui il rapporto tra arte e tecnologie propone temi di riflessione e sperimentazione assai interessanti e stimolanti è quello della conservazione e della diffusione delle opere d'arte, o più in generale dei beni culturali del passato e del presente. L'uso dei nuovi media nel campo dei beni culturali, infatti, è un settore che in questi anni sta destando grande attenzione sia da parte dei soggetti tradizionalmente interessati alla conservazione del patrimonio culturale, sia da parte delle istituzioni nazionali e sovranazionali, sia, infine, da parte di importanti gruppi del mondo imprenditoriale.

Tanto interesse, oltre che da irrinunciabili motivazioni culturali, è sollecitato anche dal fatto che proprio nel nesso tra beni culturali e nuove tecnologie sono riposte grandi aspettative di crescita economica. Soprattutto, nel momento in cui l'industria delle comunicazioni sta realizzando un sistema di comunicazione globale e capillare, il problema di cosa mettere dentro questa poderosa infrastruttura comunicativa diventa pressante: e sono in molti a credere che il patrimonio culturale sarà parte importante dei contenuti delle nuove reti della comunicazione globale. Ne consegue che dall'incontro tra beni culturali e tecnologie potranno nascere molte opportunità di sviluppo economico, e dunque di lavoro e di qualificazione nel prossimo futuro. In questo contesto, un paese come l'Italia, che conserva tra i suoi confini il settanta per cento del patrimonio culturale dell'umanità, potrà giocare un ruolo centrale. Ma potrebbe anche correre il rischio di divenire terra di conquista: per evitare questa evenienza, un ruolo centrale sarà svolto dalla formazione di una nuova figura intellettuale, a cavallo tra la formazione umanistica, tra la conoscenza dei testi e delle arti, e la formazione tecnologica e scientifica, la conoscenza dei computer e dei nuovi media. Proprio con questo spirito abbiamo cercato di progettare e realizzare il nostro corso.

back


Arte e tecnologia

Il rapporto con la tecnologia ha avuto sempre un ruolo importante nello sviluppo dell'attività artistica. Nel corso dei secoli tuttavia sia la forma di questo rapporto, sia la consapevolezza che di esso hanno avuto i protagonisti della ricerca artistica, hanno avuto un alterno andamento. Se, ad esempio, nel Rinascimento moltissimi grandi artisti erano anche valenti "tecnologi" (basti pensare alla figura paradigmatica di Leonardo da Vinci), nei secoli successivi la separazione tra sapere tecnico-scientifico e sapere artistico si è andata sempre più divaricando, fino ad arrivare alla netta scissione tra questi due domini delle attività umane sancita dal romanticismo. Tuttavia proprio nel momento in cui il movimento romantico giunge al suo culmine lo sviluppo della tecnologia subisce un'accelerazione drammatica, con l'avvento della società industriale, da un lato, e la comparsa dei primi strumenti tecnici di comunicazione e di rappresentazione dall'altro. Di fronte a questi cambiamenti l'ideale della natura "assoluta" e "separata" dell'arte, propugnata dai romantici, entra in crisi.

In parte questa crisi è determinata dalla urgenza di rappresentare la nuova realtà sociale, squassata da profonde trasformazioni e da aspri conflitti; una realtà che si impone come oggetto del fare artistico e letterario, dando inizio alla stagione del realismo. Ben presto, gli intelletti più acuti si rendono conto che il cambiamento è assai più profondo di quanto non fosse avvenuto nei secoli precedenti. Lo sviluppo tecnico, infatti, inizia ad investire anche i mezzi di produzione e riproduzione della comunicazione e della rappresentazione, dando vita a nuove forme di produzione e diffusione del lavoro intellettuale ed artistico. La fotografia, l'industria editoriale, con la conseguente nascita della cultura di massa, la riproduzione meccanica del suono ne sono degli esempi tipici. In questo nuovo contesto sia la funzione sociale dell'artista, dello scrittore e dell'intellettuale, sia il loro modo di "lavorare", sono messi in questione; in definitiva ad essere messa in questione è la natura e la funzione stessa dell'arte nella nascente società industriale.

La consapevolezza di questa crisi, naturalmente, non viene conseguita subito e da tutti i protagonisti della vita intellettuale. Ma ben presto si delineano le due risposte di fondo che ad essa si è cercato di dare: alcuni artisti ed intellettuali esprimono uno sdegnoso rifiuto della tecnologia e dell'intera modernità, e scelgono la strada dell'irrazionalismo o dell'idealismo. Altri invece, specialmente a partire dal primo decennio del nostro secolo, ne sono profondamente attratti, assumendo la tecnologia nell'immaginario artistico, e spingendosi in molti casi fino ad utilizzare le macchine stesse nella sperimentazione di nuove forme di espressione.

Un ruolo centrale nel dibattito sul rapporto tra arte e tecnologie viene giocato dalla fotografia prima e dal cinema poi. Non a caso queste due tecnologie della comunicazione sono state al centro di una lunga controversia circa la loro natura "artistica". Pochi anni dopo l'introduzione della fotografia, nella metà del secolo scorso, il grande poeta francese Charles Baudelaire, che era anche un valente critico e teorico dell'arte, scrive: "Se alla fotografia si permetterà di integrare l'arte in alcune delle sue funzioni, quest'ultima verrà ben presto soppiantata e rovinata da essa, grazie alla sua naturale alleanza con la moltitudine".

Figura 2 - Charles Baudelaire
Figura 2 - Charles Baudelaire

Che cosa muove il fondatore della poesia moderna ad una critica così radicale ed apocalittica? Una lunga tradizione della cultura occidentale, ereditata e sintetizzata dal romanticismo, aveva ipostatizzato una visione del fare artistico come attività creativa (e dunque ineffabile) svolta da un individuo eccezionale, dotato di poteri superiori. L'opera d'arte dunque doveva essere un oggetto unico ed irripetibile. Nel momento in cui un apparato tecnico si sostituisce alla mano dell'artista nel produrre immagini, questa visione dell'arte viene radicalmente messa in dubbio. L'unico mezzo per riaffermarla consiste nella negazione dell'attributo di "arte" a queste nuove forme di rappresentazione. Ma se esse non sono arte, e se d'altra parte la loro diffusione sociale è inarrestabile, allora è l'arte stessa ad essere prossima all'estinzione. Così Baudelaire da un lato cerca di riaffermare una visione romantica dell'arte, sostenendo che la sostituzione della mano di un artista con uno strumento tecnologico di rappresentazione avrebbe reso superflua la capacità creativa; ma dall'altro si rende conto che la nuova società industriale e le nascenti tecnologie della comunicazione sono il frutto di un processo di trasformazione profondo ed ineluttabile, e dunque è costretto a profetizzare la fine dell'arte.

Il poeta francese, d'altronde, difficilmente avrebbe potuto reagire in maniera diversa. Egli ha vissuto quella transizione proprio nel suo momento iniziale, e non poteva che dare forma alle grandi contraddizioni da essa generate. Dobbiamo aspettare, infatti, quasi un secolo perché questa posizione venisse superata definitivamente, grazie all'opera di Walter Benjamin, che, non a caso, ha amato profondamente Baudelaire, e ne è stato uno dei più grandi interpreti.

Come abbiamo già accennato nella premessa, il critico e filosofo tedesco ha consegnato le sue riflessioni su questo tema nel saggio L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, oltre che su altri scritti forse meno noti, ma di pari valore (nel libro che contiene la traduzione italiana de L'opera ne sono raccolti diversi). La tesi centrale di Benjamin è che la disponibilità di strumenti tecnici che permettono di produrre e di riprodurre gli oggetti artistici porti finalmente a compimento il superamento della concezione idealistica dell'arte. Quella concezione per cui l'arte è un'attività sacrale che l'artista, individuo eccezionale, pratica in piena solitudine; e di conseguenza l'opera d'arte è un oggetto unico ed irripetibile, che trae il suo valore dal suo essere hic et nunc:

Ciò che vien meno è insomma quanto può essere riassunto con la nozione di «aura»; e si può dire: ciò che vien meno nell'epoca della riproducibilità tecnica è l'«aura» dell'opera d'arte. Il processo è sintomatico; il suo significato rimanda al di là dell'ambito artistico. La tecnica della riproduzione, così si potrebbe riformulare la cosa, sottrae il riprodotto all'ambito della tradizione. Moltiplicando la riproduzione, essa pone al posto di un evento unico una serie quantitativa di eventi. E permettendo alla riproduzione di venire incontro a colui che ne fruisce nella sua particolare situazione, attualizza il riprodotto. Entrambi i processi portano a un violento rivolgimento che investe ciò che viene tramandato - a un rivolgimento della tradizione, che è l'altra faccia della crisi attuale e dell'attuale rinnovamento dell'umanità. Essi sono strettamente legati ai movimenti di massa dei nostri giorni.[1]

La riproducibilità elimina l'aura dall'opera d'arte, ma non per questo ne mina la funzione estetica. Piuttosto, sostiene Benjamin, la ridefinisce in relazione alle mutate condizioni storiche ed alla nascita della società di massa. In questo nuovo contesto sociale la fruizione dell'opera d'arte diventa tanto un'esigenza quanto un'opportunità collettiva. Per questo, a suo avviso, il fondamento dell'arte passa dalla sfera del sacro e del rito a quella della politica e della comunicazione sociale. In questa tendenza si collocano sia i primi grandi autori dell'allora nascente cinematografia, sia alcuni tra i movimenti delle cosiddette avanguardie storiche (pur tra loro molti diversi). Possiamo ricordare, il futurismo italiano (dove convergono tuttavia non pochi tratti di irrazionalismo simbolista e di neo-idealismo), il dadaismo, il movimento razionalista che si raccoglie intorno alla Bauhaus di Walter Gropius (vedi filmato).

Figura 3 - Stati d'animo: addii, Umberto Boccioni
Figura 3 - Stati d'animo: addii, Umberto Boccioni

Alcune riflessioni contenute in nell'opera di Benjamin possono apparire oggi datate. Tuttavia, se si guarda allo sviluppo dell'attività artistica dal secondo dopoguerra, ci si rende conto di come gli assunti basilari del suo pensiero siano tuttora validi. In primo luogo il nesso tra arte e tecnologie di comunicazione di massa è divenuto l'asse centrale di gran parte della sperimentazione artistica. In secondo luogo il concetto di opera d'arte si è ulteriormente desacralizzato, integrando al suo interno una serie di attività e fenomeni comunicativi sempre più vasta, e di conseguenze rendendo sempre più labili i confini tra arte "colta" e cultura della comunicazione di massa (intesa sia come comunicazione che si rivolge ad un pubblico di massa sia come comunicazione che proviene da un numero sempre più esteso di emittenti). In terzo luogo ogni nuovo strumento tecnico di produzione e riproduzione è stato assunto nell'ambito dell'attività artistica, portando con sé nuova capacità espressive e nuovi modi di vedere e rappresentare, così come la fotografia ed il cinema avevano fatto a suo tempo. Ed infine tutti questi processi, intersecandosi con il mutare delle condizioni storico politiche hanno portato ad una socializzazione (non diremmo più oggi massificazione per via dei connotati negativi assunti da questo termine) dell'attività estetica, sia sul versante della fruizione sia su quello della produzione.

In questo senso possiamo dire che la rivoluzione digitale, anche nel campo della comunicazione artistica, si inserisce dialetticamente in un processo di trasformazione storico, da una parte introducendo grandi innovazioni (soprattutto formali e tecniche) ma dall'altra portando a compimento alcune tendenze le cui origini affondano nella genesi della modernità.

back


Immagini digitali e ambienti virtuali

VC blocco 2 'Immagini digitali e ambienti virtuali'Fino a pochi anni fa le applicazioni dei computer nell'ambito della produzione e manipolazione di immagini erano assai rare e primitive (è questo un tema già esaminato nella prima dispensa). Oggi invece lo sviluppo di funzionalità grafiche è uno dei settori di punta dell'informatica. I moderni computer, anche i normali personal che ognuno di noi può avere in casa, possono dunque trasformarsi in veri e propri strumenti creativi, grazie ai tanti programmi e strumenti per l'elaborazione grafica oggi disponibili. Ve ne sono di semplici, che permettono di disegnare e colorare usando come tela lo schermo del computer, e come pennello il puntatore del mouse. E naturalmente ve ne sono di più complessi, capaci di creare animazioni ed effetti grafici sofisticati. Fino ad arrivare a potenti computer nati unicamente per aiutare la creazione di immagini e filmati digitali, che vengono usate ad esempio nella produzione di spettacolari effetti speciali per il cinema.

Figura 4 - Uri Dotan, Hummingbird, immagine digitale di sintesi
Figura 4 - Uri Dotan, Hummingbird, immagine digitale di sintesi

La versatilità e la duttilità dei computer nella creazione di immagini hanno attratto moltissimi artisti sin dagli anni '70. Queste prime sperimentazioni, grazie allo sviluppo della grafica computerizzata, si sono moltiplicate nel decennio successivo, fino a costituire una vera e propria corrente espressiva autonoma nell'ambito delle arti visive, che viene denominata computer art.

Molti dei protagonisti della computer art sono arrivati alla creazione digitale di immagini partendo dalle sperimentazioni fatte con gli strumenti di videoregistrazione sin dagli anni '60 e '70 (nella quinta dispensa abbiamo fatto cenno ai lavori di Myron Kruger in questo senso). Tuttavia, se video arte e computer art sono accomunate dal fatto di avere come risultato immagini (fisse o assai più spesso in movimento) prodotte mediante un apparato tecnologico, esiste tra loro una differenza profonda. La videocamera è un dispositivo analogico che entra in rapporto immediato con la realtà che riprende. Nel video è la realtà con la sua forma che diventa rappresentazione. Per questo il momento della generazione dell'immagine, la ripresa, richiede la presenza dell'artista, il suo occhio dietro la telecamera.

L'immagine generata dal computer è invece il risultato di una sintesi automatica che parte da un progetto astratto tradotto in una serie di operazioni computazionali. In questo caso dunque è un concetto che diventa rappresentazione ed assume una forma. Questa operazione è eseguita dal computer, indipendentemente dalla presenza dell'artista, e può essere riprodotta indefinitamente, ed in qualsiasi luogo. In questo senso la computer art eredita anche alcune delle istanze di un altro movimento delle avanguardie degli anni 60, l'arte concettuale, in cui l'atto estetico diveniva una operazione di progettazione intellettuale, e non una attività di manipolazione della materia.

Figura 5 - Un'opera concettuale di Hanne Darboven
Figura 5 - Un'opera concettuale di Hanne Darboven

Un secondo asse di sviluppo della ricerca artistica basata sull'impiego di tecnologie digitali è costituita da una variegata serie di sperimentazioni che sono state complessivamente etichettate come arte interattiva o arte virtuale, visto l'uso di sistemi di realtà virtuale che spesso le caratterizza. Si tratta di una linea di ricerca che, a differenza della computer art, si allontana radicalmente dalla modalità comunicativa su cui si è fondata la grande tradizione delle arti visive. La computer grafica e l'animazione digitale, infatti, per quanto si possano rivelare suggestive ed innovative, non si differenziano radicalmente dall'arte visiva tradizionale. In fondo, esse producono rappresentazioni di fronte alle quali lo spettatore si deve porre in un atteggiamento di contemplazione. Certo, il senso di queste rappresentazioni è frutto del coinvolgimento intellettuale ed emotivo di chi le osserva. Ma la sua posizione rimane sempre quella dello spettatore. Detto in altri termini, la forma dell'opera d'arte è data una volta e per tutte dall'artista, e il fruitore può "solo" riempire di senso questa forma.

Nell'arte interattiva invece l'opera non è più un oggetto finito, ma un ambiente o un dispositivo in grado di reagire agli stimoli del fruitore. Come nella computer art, anche in questa tendenza della sperimentazione artistica quello che conta è il progetto. Ma in questo caso si tratta di un progetto aperto, che prevede espressamente l'intervento del fruitore, e gli conferisce la facoltà di entrare in modo attivo nella costruzione dell'esperienza artistica. Insomma, il fruitore in questo caso non solo è in grado di contribuire alla formazione del senso di un'opera, ma anche alla costituzione della sua forma significante (sul concetto di significante e di senso ci siamo soffermati nella sesta dispensa).

Figura 6 - Tavoli, una installazione interattiva del gruppo Studio Azzurro
Figura 6 - Tavoli, una installazione interattiva del gruppo Studio Azzurro

Verso questa frontiera si muovono alcuni artisti che, ereditando anche in questo caso idee ed esperienze delle avanguardie degli anni '60, sperimentano l'uso della realtà virtuale o di installazioni interattive a fini estetici. Nel primo caso, mediante le tecnologie della realtà virtuale, vengono creati spazi astratti in cui il fruitore può muoversi con una modalità percettiva completamente immersiva. Nel secondo caso invece l'opera consiste di ambienti reali che, mediante l'uso di schermi, display o proiettori, sistemi di interfaccia ambientali e sensori di movimento, vengono popolati da immagini e suoni generati da espliciti atti volontari del fruitore o da suoi movimenti involontari, e con cui egli può interagire.

Un'ultima tendenza nel campo delle arti digitali è la cosiddetta Internet art o Web art. Come ci si può facilmente immaginare, si tratta di sperimentazioni che puntano ad un uso estetico delle tecnologie di rete. Sebbene in queste sperimentazioni l'aspetto della comunicazione grafica e visiva sia un elemento preponderante, esso tuttavia si integra anche con altre forme di comunicazione, non ultima quella verbale. Anche in questo caso l'elemento dell'interattività e del coinvolgimento dei fruitori nel farsi stesso dell'operazione artistica è centrale, e spesso sfrutta le capacità intrinseche di questo strumento di comunicazione di fornire ambienti cooperativi, sia in tempo reale (come i MUD e i chat; si vedano al riguardo le dispense 4 e 5) sia in modalità asincrona.

Figura 7 - La pagina Web IO_DENCIES questioning urbanity (Knowbotic Research) vincitrice del Prix Ars Electronica 1998
Figura 7 - La pagina Web IO_DENCIES questioning urbanity (Knowbotic Research) vincitrice del Prix Ars Electronica 1998

È molto difficile descrivere a parole questo tipo di sperimentazioni artistiche. Se desiderate avere una idea dei progetti che sono stati portati avanti in questo campo potete consultare il sito del Prix Ars Electronica (http://web.aec.at Esci da MediaMente). Si tratta del sito ufficiale dell'omonimo prestigioso premio internazionale di arti digitali. Il concorso è diviso in varie sezioni dedicate ad altrettante aree di ricerca artistica (comprese quelle che abbiamo visto in queste pagine). Da ciascuna sezione potrete trovare i riferimenti e gli eventuali collegamenti ai vincitori delle passate edizioni, tra cui quelli della sezione .net, dedicata appunto alla Internet art.

back


La letteratura digitale

VC blocco 3 'La letteratura digitale'Tra tutte le forme di espressione estetica, la letteratura è quella che da maggior tempo è stata sottoposta alla "riproducibilità tecnica". L'invenzione e la diffusione della stampa, infatti, risalgono alla metà del quindicesimo secolo. Come sappiamo (vi abbiamo accennato nella sesta lezione), l'introduzione della stampa determinò una serie di importanti conseguenze sia sul piano sociale sia su quello culturale. In questa sede ci interessa soprattutto il suo ruolo nella formazione dell'idea moderna di testo letterario.

Il testo letterario costituisce per molti versi l'esempio paradigmatico di testo lineare: raccontare una storia, anche in forma orale, richiede necessariamente di misurarsi con la natura lineare (o sintagmatica) dell'espressione linguistica. Potremmo affermare che il racconto nasce proprio dall'esigenza di mettere in ordine la complessità dell'esperienza vissuta, grazie alla linearità del linguaggio.

Ma, se la linearità dell'espressione sembra essere elemento costitutivo dell'atto narrativo, non potremmo dire altrettanto dell'idea che un testo letterario sia un oggetto unico ed immodificabile, consegnato una volta per tutte, nella sua forma definitiva, dall'autore. Anzi, prima della diffusione della stampa, questa concezione del testo era assai rara. I testi letterari, infatti, venivano letti perlopiù in pubblico, quando non erano recitati a memoria. Per tutto il medioevo questa forma di "esecuzione" del testo fu anzi del tutto prevalente. E sia la lettura pubblica sia la recitazione rendevano il testo un oggetto "fluido", che poteva essere modificato tanto nel tessuto linguistico quanto nella trama. Nuovi personaggi potevano fare la loro comparsa, nuove vicende potevano complicare la vicenda originale. Tutta la tradizione del romanzo cavalleresco si basava su questo tipo di esecuzione. E questa tradizione permane fino al tardo seicento in una forma espressiva che di tale tradizione ereditava molte caratteristiche, il teatro dell'arte.

Ma la natura "fluida" dei testi non era limitata solo al momento della loro fruizione sociale. Anche la riproduzione manoscritta dei testi non era mai una semplice trascrizione, almeno fino al periodo umanistico. I copisti, infatti, che in molti casi erano uomini di cultura quando non autori essi stessi, durante la copia modificavano il testo originale in molti modi, sia consciamente sia inconsciamente. Spesso accanto alla copia inserivano glosse e commenti, che con il passare di mano si fondevano con l'originale; o, come avvenne per la tradizione lirica siciliana, traducevano il testo originale dalla sua forma linguistica di origine a quella del loro territorio, per facilitarne la diffusione.

È solo con l'avvento della stampa che il testo assume la forma di un oggetto linguistico stabile. A nessuno oggi verrebbe in mente di prendere, ad esempio, un esemplare dei Promessi Sposi, e modificarne il finale: Don Rodrigo si salva dalla peste, uccide Renzo e sposa con la forza Lucia, che per la disperazione si suicida il giorno delle nozze.

Naturalmente la lettura non è un processo passivo, tutt'altro (lo abbiamo già ricordato nella settima dispensa). Leggere significa collaborare con il testo, riempirlo di significato, arricchirlo della nostra esperienza, delle nostre aspettative, dei nostri interessi, della nostra cultura. Ogni lettura, insomma, è diversa dall'altra. Per questo i grandi romanzi e la grande poesia non esauriscono il loro fascino nel tempo. E però la libertà del lettore inizia solo al di qua della pagina. La lettura non può fare a meno di seguire il tessuto di parole, frasi, capitoli ad essa consegnata. Contro questa fissità della pagina scritta si scontra anche l'universo dell'immaginazione dello scrittore: la scrittura è una trasformazione dal molteplice, dal complesso, all'unico, al lineare.

Alcuni grandi scrittori nel corso dei secoli hanno cercato di infrangere questi limiti, inseguendo il sogno di scrivere un romanzo infinito, una storia che contenesse tante possibili storie, che ad ogni lettura riservasse al lettore un nuovo svolgimento. Pensiamo alle complicate vicende che si intrecciano nell'Orlando Furioso dell'Ariosto, alle peripezie del Don Chisciotte di Cervantes, alla tortuosità del Tristram Shandy di Lawrence Sterne. O per arrivare ai grandi scrittori del novecento all'Ulisse e al Finnegnas Wake di James Joyce, ai racconti di Jorge Luis Borges, al nostro Italo Calvino, con i suoi Se una notte d'inverno un viaggiatore e Il castello dei destini incrociati.

Tuttavia, in tutti questi grandi romanzi, il tentativo di superare l'idea di una trama unitaria e lineare ha riguardato l'ordine interno della narrazione, e non ha mai introdotto una reale non-linearità nell'operazione di lettura. In effetti possiamo pensare, in un'opera di narrativa, a diversi livelli di "ordine", che stabiliscono una complessa rete di relazioni: l'ordine della lettura, quello che porta il lettore da pagina uno alla fine del libro; l'ordine della trama (o, come la definiscono gli studiosi di narratologia, fabula), quello in cui gli eventi narrati si dispongono secondo la loro sequenza temporale "naturale"; l'ordine della narrazione, o intreccio, quello secondo cui l'autore dispone all'interno del testo i fatti della trama che intende raccontare. Quest'ultimo ordine non è necessariamente lineare: l'autore può introdurre nella narrazione dei flashback o delle anticipazioni, un giallo può ad esempio iniziare dal delitto, e raccontare solo in seguito gli avvenimenti che hanno spinto il colpevole a commetterlo. Ma il livello della lettura, il patto tacito stipulato fra autore e lettore sul percorso di lettura del libro, è in genere lineare. Solo pochissimi autori fortemente sperimentali hanno cercato di sfidare anche questa convenzione, decostruendo (nel vero senso del termine) la forma materiale dell'oggetto libro, con tutte le difficoltà che tale operazione comporta.

L'avvento delle nuove tecnologie digitali della scrittura ha finalmente consentito la generalizzazione di queste forme di sperimentazione. In particolare ci riferiamo a quel genere di testo digitale multilineare denominato ipertesto, di cui ci siamo occupati nelle precedente dispensa. Si tratta come sappiamo di un sistema testuale costituito da una serie di brani, collegati tra loro da molteplici percorsi diversi, che il lettore è libero di esplorare determinando egli stesso l'ordine della lettura. Queste possibilità, come ci si può aspettare, hanno attirato l'attenzione di alcuni scrittori e poeti, e di molti teorici della letteratura.

I primi tentativi di creare dei cosiddetti "ipertesti creativi" risalgono alla fine degli anni ottanta. Ma il primo "iper-romanzo" che ha goduto di una certa notorietà e successo è Afternoon, a story, composto dallo scrittore statunitense Michael Joyce nel 1990 e pubblicato dalla Eastgate System. Questo lavoro ha un titolo quasi provocatorio. Infatti in questa opera ipertestuale di storie ce ne sono molte e non esiste né un inizio, né una fine, almeno non nel senso in cui un tradizionale romanzo su carta finisce. In quella che sembra essere la base narrativa della vicenda narrata il protagonista, Peter, crede di avere visto l'auto della sua precedente moglie distrutta. Ma su questa base "realistica" si dipanano molteplici percorsi della memoria, dell'immaginazione, visti dai punti vista variabili dei vari personaggi. Naturalmente la novità di Afternoon non risiede nella complessità della trama, o meglio dei vari ordini di trama che, per quanto articolati siano, non si avvicinano nemmeno ad alcuni romanzi di avanguardia. Ma piuttosto nel fatto che la costruzione dell'intreccio e del discorso narrativo, a partire da tale trama, viene messa nelle mani del lettore. Siamo noi lettori, infatti, che potremo scegliere come proseguire il percorso di volta in volta, attivando uno dei vari collegamenti ipertestuali che ciascun brano contiene.

Figura 8 - Una schermata dell'ipertesto Twelve Blue di Michael Joyce
Figura 8 - Una schermata dell'ipertesto Twelve Blue di Michael Joyce

A questo primo lavoro di Michael Joyce (che è stato anche il primo ipertesto a finire dentro una prestigiosa antologia cartacea), ne sono seguiti molti altri, pubblicati su supporti fissi e su Web. Intorno alla Eastgate si è creata una vera e propria scuola che si raccoglie intorno alle figura carismatiche dello stesso Joyce (che ha pubblicato anche Twilight: A Symphony e su Web Twelve Blue, all'indirizzo http://www.eastgate.com/TwelveBlue Esci da MediaMente) e di Stuart Moulthrop, altro autore di fiction ipertestuale (Victory Garden, e su Web Hegirascope, nonché altre sperimentazioni che si possono trovare sul suo sito all'indirizzo http://raven.ubalt.edu/staff/moulthrop Esci da MediaMente) e professore universitario. Tra gli autori più interessanti ricordiamo Shelley Jackson, che con il suo "cyberfemminista" Patchwork Girl ha riscosso il maggiore successo di critica e di pubblico dopo Afternoon, e Tim McLaughlin autore di Notes Toward Absolute Zero, nonché teorico e fotografo di successo. Sulla scena più strettamente underground si muove invece Mark Amerika, che ha scritto anche diversi romanzi "cartacei" di rilievo, e che anima la rivista elettronica ALT-X (http://www.alt-x.com Esci da MediaMente), dalla quale si può accedere al suo progetto ipertestuale Grammatron.

Figura 9 - Una schermata da Grammatron di Mark Amerika
Figura 9 - Una schermata da Grammatron di Mark Amerika

Ma, di fronte a questo fiorire di iniziative, titoli, autori, sorge spontanea una domanda: che tipo di esperienza estetica ci fornisce la narrativa ipertestuale? Si tratta veramente di qualcosa che possiamo continuare a chiamare narrativa o non ci troviamo piuttosto di fronte a una forma di espressione letteraria affatto nuova?

Diciamo subito che una risposta esaustiva a questi interrogativi non può rientrare nei limiti di questa dispensa. Ci troviamo di fronte ad un genere letterario che da una parte ci chiede di abbandonare una serie di convenzioni che si sono consolidate nel corso di secoli e secoli, e dall'altra sembra invece riconfermarle seppure in forme diverse. Ad esempio, a ben vedere, se è vero che un ipertesto narrativo fornisce al lettore una molteplicità di possibili percorsi narrativi, è altrettanto vero che ogni singola lettura è ineluttabilmente un processo lineare. In effetti, l'opinione degli studiosi di tali fenomeni al riguardo è divisa. Per alcuni, non è affatto un caso che la maggior parte della nostra produzione letteraria sia strettamente associata a una concezione fondamentalmente lineare del testo. Un romanzo come Guerra e pace non potrebbe probabilmente essere scritto in forma di ipertesto. In casi di questo genere, l'autore vuole prendere per mano il lettore e condurlo attraverso un percorso predefinito, piuttosto che lasciarlo libero di scegliere fra più direzioni e più percorsi alternativi.

Questa scelta è del resto comprensibile da diversi punti di vista: pensate ad esempio alla questione della costruzione dei personaggi. In un romanzo, l'autore fa emergere il carattere, la natura dei personaggi che mette in scena, anche attraverso le loro azioni. Nei Promessi sposi, Don Abbondio è esitante e spaventato, e queste caratteristiche si riflettono, ad esempio, nel suo comportamento davanti ai bravi. Se Manzoni avesse lasciato aperte al lettore due strade, una in cui Don Abbondio si comporta come effettivamente fa nei Promessi sposi, e un'altra in cui invece affronta coraggiosamente e a viso aperto i bravi, la conseguenza non sarebbe stata solo quella di avere due proseguimenti diversi della narrazione, ma anche quella di avere due caratterizzazioni completamente diverse di Don Abbondio, due personaggi diversi. Quello della caratterizzazione dei personaggi è uno dei grandi problemi degli ipertesti letterari: se in linee di sviluppo diverse ai personaggi si fanno fare cose diverse, diventa difficilissimo per l'autore 'dominare' una complessità che evidentemente non riguarda solo la struttura della narrazione, le sue diramazioni, ma anche la coerenza psicologica dei personaggi inseriti nella narrazione stessa.

Pur riconoscendo la fondatezza di questo tipo di osservazioni, si potrebbe tuttavia sostenere che esse non si applichino a ogni tipo di letteratura. È quanto pensano, ad esempio, eminenti studiosi di questo campo come George Landow e David Kolb. Come essi rilevano, la moderna scrittura ipertestuale, piuttosto che alla tradizionale scrittura narrativa, si avvicina a certe esperienze di sperimentazione letteraria in cui convergono poesia e racconto, come quelle dei surrealisti, o del movimento francese dell'Oulipo: tutti casi in cui il lavoro di costruzione testuale usa metodi combinatori; e si capisce bene che la costruzione combinatoria e quella ipertestuale possano essere particolarmente vicine. Mentre essa meno si adatta alla creazione di testi narrativi veri e propri, che hanno alla base del loro funzionamento e del loro fascino proprio quel processo dialettico con cui il lettore deve continuamente confrontare i molti mondi possibili da lui evocati nel corso della lettura con quello progettato dall'autore.

back


Nuove tecnologie e beni culturali

VC blocco 4 'Nuove tecnologie e beni culturali'Il rapporto tra le tecnologie informatiche ed il mondo dell'arte e della cultura non si limita esclusivamente all'ambito della produzione creativa. I nuovi media digitali, infatti, si rivelano dei preziosi strumenti anche nel settore della conservazione, dello studio e della diffusione del patrimonio artistico e culturale del passato.

Come si accennava nella premessa, il settore dei beni culturali ha tratto grande giovamento dall'introduzione delle nuove tecnologie digitali. In questo campo di sinergie si collocano interessi e protagonisti diversi. Da una parte la conservazione del patrimonio culturale, sia dal punto di vista del monitoraggio e della catalogazione, sia da quello della preservazione fisica e del restauro, si basa oggi su un notevole utilizzo dei computer e delle tecniche di calcolo, di grafica e di archiviazione digitale. Basti pensare alle varie operazioni di catalogazione dei beni culturali che sono in atto nel nostro paese, o ad operazioni di restauro e preservazione come quella effettuata sull'ultima cena di Leonardo nella cappella di S. Maria delle Grazie a Milano, dove l'ambiente è continuamente tenuto sotto controllo da un computer, al fine di ridurre al minimo i rischi di degrado dell'affresco.

Ma non meno importante è stato l'apporto dei nuovi media digitali sia nella ricerca scientifica sia nella divulgazione e nella didattica in ambito artistico. Basti pensare alla diffusione nel mercato dell'editoria elettronica dei titoli su CD-Rom dedicati all'arte. Dopo i giochi interattivi, questi titoli raccolgono la maggiore fetta di un mercato che, negli ultimi anni, ha peraltro avuto un notevole tasso di crescita. A riprova dell'interesse che genera questo mercato c'è la corsa alle acquisizioni dei diritti per la riproduzione da parte di colossi dell'informatica. Tanto per fare un esempio Bill Gates, patron della Microsoft, si è assicurato i diritti sulle riproduzioni dei quadri di musei come l'Ermitage di Pietroburgo e la National Gallery di Londra. C'è da dire che, almeno per ora, la maggior parte di questi prodotti ha un livello di qualità piuttosto basso, e mostra notevoli carenze sia dal punto di vista della progettazione concettuale sia da quello delle tecnologie adottate.

Nondimeno questo fenomeno sta a dimostrare come il settore dei beni culturali possa rivelarsi una fonte di investimento economico e dunque un motore di sviluppo e di conseguente occupazione. È a questo che ci riferivamo quando parlavamo dei molteplici interessi e protagonisti coinvolti dall'incontro tra tecnologie e beni culturali. Tradizionalmente in questo ambito hanno agito soggetti pubblici, che hanno operato in scarsità di risorse (con il conseguente danno che ne è derivato al patrimonio stesso) e in perdita economica costante.

Oggi anche grazie ai nuovi media è possibile modificare questa situazione, e trasformare la tutela e la diffusione del patrimonio culturale in un'attività economica produttiva, coinvolgendo anche soggetti privati negli investimenti necessari. Si badi, ciò non vuole assolutamente dire che si debba accettare un degrado della funzione scientifica e didattica delle istituzioni culturali e una svilente mercificazione della comunicazione culturale. Semmai, questo rischia di avvenire se le istituzioni che detengono il patrimonio non avviano una adeguata progettazione degli interventi in questo campo e se non stabiliscono precise indicazione sulla qualità degli stessi. Ma a sua volta questa funzione di promozione e controllo necessita di personale competente in entrambi i campi, sia in quello tecnologico sia in quello artistico e culturale. E dunque si ritorna ad un discorso che abbiamo fatto più volte nel corso di queste dispense e che torneremo a fare: affinché il circolo virtuoso si avvii veramente è necessaria una adeguata politica di formazione a tutti i livelli, sia quelli scolastici ed universitari, prima cioè che ci si affacci sul mercato del lavoro, sia quelli professionali, per coloro che oggi si trovano a dover gestire una importante fase di transizione.

back


Il museo virtuale

Tra i vari ambiti in cui si articola il campo di applicazione delle tecnologie digitali ai beni culturali, crediamo sia di particolare interesse quello dei musei virtuali. In generale con museo virtuale si intende una collezione di risorse informative che sono il prodotto della digitalizzazione di artefatti e beni artistici e culturali, accessibile mediante strumenti informatici. Dal punto di vista dei contenuti, un museo virtuale può essere costituito da trasposizioni digitali di quadri, disegni, diagrammi fotografie, video, ambienti tridimensionali, sia che essi costituiscano in sé e per sé beni primari, sia che invece siano delle riproduzioni di beni e reperti primari. Dal punto di vista dei sistemi di accesso, un museo virtuale può essere sia un sistema informativo disponibile on-line, mediante una rete telematica, sia un sistema accessibile localmente all'interno delle sale di un museo tradizionale.

Figura 10 - Il sito Web del Louvre di Parigi
Figura 10 - Il sito Web del Louvre di Parigi

Le sperimentazioni in corso in questo settore sono numerose. Ormai moltissimi musei reali si sono dotati di strumentazioni di supporto e di guida per gli utenti che si inseriscono all'interno delle sale e che forniscono informazioni ai visitatori, specialmente in occasioni di mostre ed iniziative speciali. Ma ancora più esteso è il numero di siti museali presenti sulla rete Internet, ed in particolare sul suo ambiente multimediale interattivo World Wide Web. Tali siti, realizzati di norma direttamente dai musei e dalle gallerie reali, permettono di visualizzare immagini digitalizzate delle opere e di consultare alcune informazioni di commento sulle stesse, oltre a fornire informazioni di servizio (collocazione del museo reale, orari di accesso ed in alcuni casi prenotazione o acquisto dei biglietti di accesso). Alcuni di questi siti hanno sperimentato anche tecnologie di visualizzazione tridimensionale (ad esempio è possibile visitare in questo modo la Galleria degli Uffizi Esci da MediaMente di Firenze). Tuttavia, gli attuali limiti di velocità delle rete Internet non permettono di distribuire immagini tridimensionali con una qualità tale da fornire una esperienza visiva di qualità adeguata (si veda al proposito quanto si è detto nella quinta dispensa a proposito di realtà virtuale in rete).

Figura 11 - La navigazione virtuale nel sito Web del Museo degli Uffizi
Figura 11 - La navigazione virtuale nel sito Web del Museo degli Uffizi

D'altra parte, almeno per ora il museo virtuale on-line non si pone assolutamente come alternativa al museo reale, del quale non può in alcun modo sostituire le funzioni. Piuttosto esso va immaginato come uno strumento che affianca le tradizionali istituzioni museali nella effettuazione delle loro funzioni didattiche ed espositive, oltre che come mezzo di promozione del museo stesso. La natura interattiva ed ipermediale del Web, infatti, si presta a fornire agli utenti tutte quelle informazioni di contesto che facilitano la comprensione storica di un reperto o di un quadro. A questo livello anche una tecnologia di ricostruzione virtuale di basso livello come quella consentita dal VRML può risultare utile per dare una idea, ad esempio, dell'ambiente originale in cui un reperto archeologico si collocava (informazione che risulta del tutto persa nella gran parte delle situazioni espositive dei musei, dove i reperti sono in genere affastellati all'interno di bacheche o teche), o dell'aspetto originale di siti archeologici di cui oggi non restano che poche vestigia.

Non mancano, d'altra parte, applicazioni ad altissimo livello della realtà virtuale nel campo dei beni culturali. Sono state realizzate, infatti, alcune ricostruzioni virtuali di importanti monumenti e siti archeologici, che permettono ad un utente di averne una esperienza visiva completamente immersiva e ad altissima risoluzione, pressoché identica a quella che si avrebbe visitando realmente il sito originale. Queste applicazioni richiedono ingenti investimenti in termini economici e temporali, e necessitano di strumentazioni hardware di altissima potenza. Esse dunque possono essere utilizzate, almeno per il momento, solo in quei casi in cui le esigenze di conservazione impediscono l'esposizione al pubblico di un sito o di un reperto. A titolo di esempio, citiamo la ricostruzione virtuale della tomba di Nefertari in Egitto, del tutto inaccessibile poiché la presenza di un sia pur ristretto numero di visitatori danneggerebbe i magnifici affreschi parietali.

Figura 12 - Un'immagine della ricostruzione in 3D della tomba di Nefertari (Infobyte)
Figura 12 - Un'immagine della ricostruzione in 3D della tomba di Nefertari (Infobyte)

Ma come potete immaginare, in un futuro non troppo lontano queste tecnologie saranno molto meno costose e complesse, così come aumenterà la banda passante delle reti telematiche. Dalla convergenza tra reti ad alta velocità e realtà virtuale ad alta definizione potrà nascere il museo virtuale del futuro: un museo basato su sistemi di realtà virtuali collegati in rete che permetteranno al visitatore di consultare rappresentazioni virtuali ad altissima definizione di opere e reperti, e di accedere a tutto il contesto di notizie ed informazioni necessarie ad interpretarle.

back


La biblioteca digitale

Un'altra istituzione culturale fortemente interessata dall'introduzione delle nuove tecnologie digitali è la biblioteca. L'esigenza di un luogo deputato alla conservazione dei documenti testuali si sviluppò assai presto nella storia della civiltà occidentale. La più antica biblioteca di cui abbiamo notizia è quella realizzata nel suo palazzo a Ninive dal re assiro Assurbanipal nel VII secolo, dove erano conservate migliaia di tavolette; ma fu soprattutto nell'età ellenistica che si ebbe una fioritura di biblioteche con una struttura e una funzione simile a quella moderna. Alcune di esse sono entrate nella storia come quella di Pergamo, e soprattutto quella di Alessandria, che ospitava ben 700 mila volumi quando andò distrutta in un incendio. Anche Roma ebbe molte biblioteche, sia private che pubbliche, che si moltiplicarono soprattutto nell'età imperiale.

Nel corso dei secoli, le biblioteche hanno svolto una funzione fondamentale per la preservazione e per la diffusione della conoscenza, adeguandosi di volta in volta alle successive trasformazioni delle tecnologie di produzione e riproduzione dei documenti testuali. Molti di voi sanno che il patrimonio testuale dell'antichità è giunto a noi grazie all'opera fondamentale dei monaci medievali. Rinchiusi nelle possenti abbazie che i vari ordini avevano fatto edificare in tutta Europa, per secoli e secoli oscuri copisti riuscirono a tramandare migliaia di manoscritti antichi, copiandoli manualmente uno per uno, con pazienza e con costanza incredibili. All'interno degli scriptoria dei monasteri (così si chiamavano le sale della biblioteca in cui si effettuava la copiatura) all'incirca alla metà del XII secolo avvenne la prima rivoluzione del libro: con la sostituzione della costosa pergamena con la carta, e l'introduzione di una serie di apparati testuali (la scrittura corsiva, la divisione in paragrafi e l'indice dei contenuti) i libri divennero per la prima volta degli oggetti portabili.

Nel XV secolo, come sappiamo, l'introduzione della stampa determinò una ennesima "migrazione" del patrimonio testuale. Nel giro di pochi decenni, buona parte dei testi manoscritti fu "trasferita" sul nuovo supporto, grazie all'opera dei primi grandi stampatori. Non dovendo più prendersi cura della riproduzione dei testi, le biblioteche iniziarono ad occuparsi non solo della preservazione del patrimonio librario ma anche della sua catalogazione e diffusione, iniziando così ad assumere le caratteristiche che si sono consolidate nell'era moderna.

Da alcuni anni, come sappiamo, si sta verificando una ennesima trasformazione nei mezzi di produzione, archiviazione e disseminazione del sapere. In primo luogo l'evoluzione tecnologica nel settore dei nuovi media ha conferito ai supporti digitali lo status di possibili o probabili sostituti dei documenti materiali, sia nell'ambito della comunicazione linguistica (libro, nelle sue varie forme, rivista, giornale, rapporto, relazione, atto, certificato, etc.), sia in quello della comunicazione visiva (fotografia, pellicola, etc.) e sonora (cassetta, vinile). Il documento digitale, dunque - e si tratta di uno sviluppo sul quale ci siamo soffermati più volte, ad esempio nella settima dispensa - ha assunto una funzione autonoma dalla sua (eventuale) fissazione su un supporto materiale. In secondo luogo, lo sviluppo e la diffusione delle tecnologie telematiche in generale, e della rete Internet in particolare sta trasformando radicalmente le modalità di distribuzione e di accesso alle informazioni, e sta determinando la progressiva digitalizzazione e "telematizzazione" della comunicazione culturale (vedi in proposito le dispense tre e quattro).

A distanza di cinque secoli dall'introduzione della stampa, dunque, la convergenza tra diffusione dei documenti elettronici e sviluppo delle tecnologie di comunicazione telematica pone ancora una volta all'ordine del giorno una fondamentale opera di preservazione della conoscenza: la migrazione del patrimonio testuale dal mondo degli atomi a quello dei bit. In questo contesto si colloca le creazione delle biblioteche digitali.

Le prime pionieristiche esperienze nel campo delle biblioteche digitali sono quasi coeve alla nascita di Internet. Ma è soprattutto dall'inizio di questo decennio che si è assistito ad una notevole crescita quantitativa delle sperimentazioni ed ad uno sviluppo notevole del livello qualitativo di ciascun progetto. Tanta proliferazione rende difficile non solo qualsiasi tentativo di fornire un elenco esaustivo delle iniziative in corso (nella scheda "La biblioteche digitali: una breve rassegna" forniamo alcune indicazioni al riguardo), ma anche il compito di descriverne le caratteristiche, al fine di dare una definizione teorica del concetto di biblioteca digitale. In generale, per biblioteca digitale si intende una collezione di documenti digitali (sia prodotti mediante digitalizzazione di originali materiali, sia realizzati ex-novo) accessibile mediante canali telematici ed eventualmente affiancata da strumenti informatici per la catalogazione dei documenti stessi, e per la ricerca delle informazioni in essi contenute.

Figura 13 - Il sito del Women Writers Project, una biblioteca digitale realizzata alla Brown University
Figura 13 - Il sito del Women Writers Project, una biblioteca digitale realizzata alla Brown University

Se tutte le sperimentazioni di biblioteche digitali presenti su Internet rispondono in linea di massima a questa definizione generale, esse si distinguono sia per le modalità di accesso e di consultazione sia per il formato di memorizzazione elettronica dei testi elettronici in esse contenuti. Per quanto riguarda il primo carattere distintivo possiamo trovare (per una dettagliata discussione sulle tecnologie di rete usate rimandiamo alla quarta dispensa):

  • archivi statici, dai quali l'utente può prelevare testi memorizzati in vari formati digitali per poi utilizzarli sul suo computer; generalmente si basano su tecnologie di trasferimento dei file mediante protocollo FTP, o HTTP, eventualmente con la mediazione di pagine Web che svolgono la funzione di interfaccia utente (di norma sotto forma di catalogo ipertestuale)
  • archivi dinamici, consultabili direttamente on-line basati sulla tecnologia World Wide Web

La seconda distinzione, è relativa ai formati con cui i testi vengono archiviati alla fonte e distribuiti agli utenti (non necessariamente coincidenti). In questo caso si va dagli archivi che contengono:

  • testi in semplice formato testuale (ASCII o ISO Latin)
  • testi in formati generati da particolari software applicativi (che vengono detti formati proprietari)
  • testi codificati mediante opportuni linguaggi di marcatura come il linguaggio HTML (che come sappiamo è il linguaggio con cui vengono realizzate le pagine del Web) o con altre applicazioni di un particolare linguaggio denominato SGML

Bisogna dire che molte biblioteche digitali di concezione evoluta possono presentare tutte le modalità di accesso e di memorizzazione dei documenti.

Prima di chiudere questo capitolo, vogliamo dedicare alcune riflessioni al problema della preservazione dei documenti digitali, che ci permettono di capire perché il problema del formato di memorizzazione è così importante. In una biblioteca "convenzionale" il problema della preservazione riguarda la conservazione di oggetti materiali deperibili (libri, periodici, incunaboli, manoscritti documenti d'archivio etc.) ed eventualmente il loro restauro. Nella biblioteca digitale invece preservare un documento significa - oltre alla conservazione su un qualche tipo di supporto digitale dei relativi dati, e alla verifica periodica della loro integrità - assicurarsi che esso sia "leggibile" mediante un qualche apparato software ed hardware. Ora, come forse saprete, la curva di invecchiamento delle tecnologie informatiche è assai rapida, ed impone il periodico aggiornamento di qualsiasi sistema informativo. Tuttavia, tale aggiornamento rende progressivamente inaccessibili le risorse informative generate mediante gli strumenti tecnologici divenuti obsoleti. Questo può portare ad una situazione che può sembrare paradossale. I libri a stampa hanno tranquillamente superato i cinquecento anni di vita mantenendo pressoché intatta la loro disponibilità alla lettura, e alcuni manoscritti risalgono ad oltre duemila anni fa. Un documento elettronico, che apparentemente sembra godere della massima "riproducibilità tecnica", rischia di divenire inutilizzabile nel giro di pochissimi anni.

La preservazione a lungo termine dei documenti digitali, pertanto, richiede l'adozione di sistemi di memorizzazione informatica dell'informazione che siano quanto più possibile indipendenti dai programmi e dai sistemi di archiviazione attualmente esistenti. Per questa la scelta di tali formati si presenta come una scelta strategica che va adottata con estrema cura e con una piena competenza dei problemi da essa implicati.

back


La questione del diritto d'autore

VC blocco 5 'Diritto di autore e cultura digitale'La creazione ex-novo o l'archiviazione di opere dell'ingegno su supporto digitale, e la loro diffusione mediante canali telematici, solleva una interessante questione: il problema del diritto di autore, o con la terminologia inglese, del copyright.

Il diritto di autore stabilisce che un autore detiene la proprietà delle opere di ingegno da lui prodotte. Questa proprietà può essere ceduta, ad esempio ad una casa editrice, per un certo corrispettivo in denaro. La casa editrice così acquisisce il diritto di riprodurre in esclusiva l'opera in questione. Nessuno altro può farlo, con nessun mezzo. Ecco perché fotocopiare un libro è un atto illegale.

Il riconoscimento legale del diritto di autore è stata una conquista legislativa molto importante, a cui si è arrivati solo all'inizio del secolo scorso. Esso, infatti, ha permesso agli intellettuali di vivere grazie ai proventi della loro opera, e dunque di affrancarsi dal rapporto di subordinazione che per molti secoli li legava ai vari potenti da cui venivano pagati. Ma sul diritto di autore si basa anche l'intero edificio dell'industria culturale e dell'editoria. Se chiunque potesse stampare un libro, o per venire a tempi più vicini a noi, riprodurre una videocassetta o replicare un videogioco, per poi venderli, i profitti dell'editore verrebbero meno.

Ora, la tutela del diritto di autore in quanto forma giuridica è chiaramente affidata all'istituzione giudiziaria: colui che replica un libro o un CD compie un atto illecito per cui può essere perseguito. Tuttavia dal punto di vista sostanziale questa tutela si è basata sulla natura tecnica dei sistemi di riproduzione delle opere di ingegno. Con questo intendiamo dire che la complessità e i costi del processo di riproduzione di un libro hanno di fatto reso assai difficile il fenomeno della "pirateria", e di conseguenza limitato il numero dei contravventori, che erano per questo facilmente perseguibili. Insomma, anche la legislazione sul diritto di autore si è basata sulla tecnologia della stampa. E nel corso degli anni la sua validità è stata estesa anche ai nuovi media che sono apparsi sulla scena: le pellicole cinematografiche, gli audionastri, le video cassette, i cd musicali. Ma, mentre si precedeva a questa estensione formale del diritto, la tecnologia rendeva sempre meno stabili i presupposti materiali su cui l'intero castello si sorreggeva: l'effettiva difficoltà di attuare una riproduzione illegale.

La polemica circa l'abuso delle fotocopie di libri, o della registrazione di cassette audio e video testimonia delle tensioni che questo sviluppo ha generato. Queste tecnologie, infatti, hanno reso assai più facile e poco costoso riprodurre illegalmente un'opera di ingegno e hanno fatto aumentare a dismisura il numero dei contravventori alla legge. Di conseguenza, la stessa applicabilità della legge è largamente venuta meno: sarebbe impossibile incriminare migliaia di persone, anzi milioni di persone che individualmente si danno a tali pratiche illegali (sebbene sia possibile perseguire coloro che lo fanno su "scala industriale": i service di copisteria o i venditori di casette illegali).

Nonostante queste tensioni, tuttavia, il sistema di tutela del diritto di autore è riuscito a reggere abbastanza bene all'impatto delle tecnologie di cui abbiamo parlato, soprattutto grazie al fatto che esse si basano su tecnologie di riproduzione analogica: e nella riproduzione analogica ogni operazione di copia introduce un degrado nella qualità tale da rendere la fruizione oggettivamente difficile o comunque esteticamente insoddisfacente. Per questo, dopotutto andiamo ancora a comperare libri piuttosto che accontentarci delle fotocopie o preferiamo acquistare videocassette originali o piuttosto che loro repliche illegali.

Ma le nuove tecnologie digitali modificano radicalmente questo quadro. La riproduzione digitale di un testo o di una immagine digitale è praticamente priva costi, è alla portata di chiunque sia in possesso di una semplice attrezzatura informatica e ciò che più conta non introduce nessun degrado: la milionesima copia di una sequenza di bit è esattamente identica alla prima, qualsiasi cosa tali bit rappresentino. Se poi si considerano le opportunità aperte dalla distribuzione telematica delle informazioni (e dunque delle opere di ingegno) ci si accorge che siamo di fronte ad un cambiamento radicale dei sistemi di circolazione della "merce sapere".

È chiaro che di fronte a queste nuove condizioni tecnologiche della produzione, riproduzione e diffusione di opere d'ingegno la legislazione del diritto di autore nata e pensata con la stampa risulta del tutto inadeguata. Infatti, sebbene quasi tutti i paesi, seguendo una consuetudine consolidata, abbiano esteso alle opere digitali le norme preesistenti, la effettiva tutela del diritto e la repressione dell'illecito risulta praticamente impossibile. Inoltre - e si tratta forse della considerazione di maggiore importanza - una cieca applicazione di norme modellate su un sistema tecnologico preesistente al "mondo dei bit" potrebbe avere l'unico e negativo effetto di frenare la libera circolazione delle idee e delle innovazioni.

Intorno a questi problemi si è sviluppato un vivace dibattito teorico, e si sono misurati non pochi tentativi di sviluppare adeguate tecnologie di protezione. Secondo alcuni, le mutate condizioni tecnologiche debbono portare a ripensare la forma e la stessa utilità del diritto d'autore, per sostituirlo con altre forme di tutela della paternità intellettuale e soprattutto con altre forme di remunerazione del lavoro intellettuale. Altri, invece, auspicano lo sviluppo di tecnologie di pagamento on-line che potrebbero permettere di costruire nella rete un sistema di distribuzione commerciale altrettanto efficiente di quello esistente nel "mondo degli atomi". Particolare interesse in questo senso lo rivestono i sistemi che consentirebbero ad un utente di effettuare dei "micropagamenti" nel momento in cui accede ad un documento o a una risorsa informativa. Altri ancora, infine, propongono soluzioni di compromesso che prevedano la gratuità dell'accesso alle informazioni per tutte le attività che non hanno fini di lucro, e la vendita nei casi di utilizzazioni commerciali, più facilmente individuabili e dunque perseguibili se basate su abusi ed illecite appropriazioni.

Un fatto è certo: la soluzione che si darà al problema del diritto di autore per le opere d'ingegno digitali contribuirà in misura rilevante allo sviluppo della comunicazione artistica e culturale, ma al tempo stesso ne delimiterà i confini. È pertanto opportuno e auspicabile che tale soluzione, pur tenendo conto delle esigenze di tutela intellettuale ed economica dei soggetti coinvolti nella produzione e diffusione della cultura, si adatti ad un mezzo di comunicazione dove la libera espressione ed il libero accesso all'informazione sono state e potranno essere il fattore principale di sviluppo.

back


Conclusioni: la diffusione sociale della creatività

I temi che abbiamo affrontato in questa dispensa sono assai vasti e complessi. Cercare di rendere conto in poche pagine di come le nuove tecnologie influiscano tanto sulla creatività e sulla produzione artistica e culturale, quanto sulla preservazione e diffusione del patrimonio di idee opere e conoscenze da esse generato è impresa disperata. Non potevamo dunque pretendere di essere esaustivi. Abbiamo cercato di fornire degli esempi, di indicare delle tendenze. Per tutto ciò che abbiamo trattato superficialmente, e soprattutto per tutto ciò che non abbiamo trattato affatto (avremmo potuto parlare della musica digitale o del teatro digitale, o dell'editoria elettronica, e così via "elencando") non possiamo far altro che rimandare ai testi che indichiamo nella sezione bibliografica, ed alle tante informazioni che potrete trovare sulla rete Internet.

Crediamo però opportuno chiudere questa dispensa con alcune riflessioni di carattere generale. L'introduzione delle nuove tecnologie digitali, così come ha determinato una diffusione sociale della "facoltà di comunicare", sta favorendo una "diffusione sociale della creatività". Mai come oggi sia gli strumenti sia le competenze necessarie ad esplicare una attività creativa sono state alla portata di una vasta massa di persone. Si potrà obiettare circa il valore propriamente artistico di questa attività creativa; ma è un dato di fatto difficilmente contestabile che il sistema della produzione culturale risulterà notevolmente democratizzato, e che laddove esistano delle capacità queste avranno maggiori possibilità di emergere e di autovalorizzarsi.

Si badi, non vogliamo dire che tutti potranno divenire veri e propri artisti. Nel nuovo spazio digitale della comunicazione sociale la funzione trainante di intelletti e competenze specialistiche non viene affatto negata, anzi, semmai potrebbe essere esaltata dalla possibilità di esplorare nuove frontiere dell'espressione estetica. Piuttosto, quando parliamo di creatività diffusa ci riferiamo alla possibilità che sempre più persone avranno di introdurre elementi di creatività anche in ambiti che tradizionalmente la escludevano. Insomma se l'artista digitale continuerà a svolgere la sua funzione di produttore di mondi, spazi ed immagini strettamente estetiche, i progettisti multimediali, i designer, gli esperti di comunicazione, insomma le molte figure professionali legate alla produzione immateriale potranno e dovranno svolgere attività in cui le componenti di creatività e di sperimentazione comunicativa avranno un ruolo fondamentale.

Ed infine, non dobbiamo dimenticare che ognuno di noi avrà l'opportunità di sperimentare la propria creatività, magari facendosi la propria pagina Web personale, senza aspettarsi alcun ritorno, ma per il semplice desiderio e piacere di esprimere se stesso, in modo libero e gratuito.

back


Esercizi

  1. Partendo dal sito di Ars electronica potrete trovare numerosi link a siti web che sono il prodotto di una ricerca artistica innovativa basata sui linguaggi del Web. Provate a visitarne alcuni e cercate di individuare in che modo questi siti cercano di utilizzare le caratteristiche della comunicazione di rete (compresenza e cooperazione di linguaggi diversi, interattività, rapporto tra parola e immagine), e in che modo si differenziano, se lo fanno, da un normale sito informativo o pubblicitario.
  2. Provate a leggere varie volte (potrebbe essere un lavoro di gruppo) un romanzo ipertestuale d'autore - ve ne sono alcuni disponibili gratuitamente on-line, come vi abbiamo detto nella dispensa: in alternativa potrete acquistare uno dei titoli commerciali: in entrambi casi dovrete tuttavia avere una buona conoscenza dell'inglese. In italiano infatti esiste solo una traduzione di Afternoon, a Story - . Per ogni lettura cercate di fare una parafrasi e di individuare gli elementi fondamentali della trama. È possibile trarre una trama da ciascuna? Vi sono letture completamente inconcludenti e letture più "sensate"?
  3. Confrontando le varie letture, cercate di individuare se ci sono degli elementi ricorrenti, se insomma esiste una trama principale. In che modo tale trama si manifesta nei nodi dell'ipertesto? Esiste insomma una sequenza di lettura privilegiata che sembra corrispondere alla disposizione ottimale degli eventi narrati?
  4. Su Internet esistono diversi alcuni romanzi ipertestuali collaborativi, ai quali gli utenti possono aggiungere brani e intere sequenze (nella scheda "Internet e le nuove frontiere della letteratura creativa" potrete trovare alcuni indirizzi). Provate a partecipare ad uno di questi esperimenti di scrittura collettiva.
  5. Dopo aver visitato alcuni museo ondine, provate a progettare un sito museale: che tipo d informazioni e servizi vorreste offrire ai visitatori? Quale struttura dareste al vostro museo virtuale?

back


homepage

lezioni


lezione 01lezione 06
lezione 02lezione 07
lezione 03lezione 08
lezione 04lezione 09
lezione 05lezione 10

strumenti
filmati

biblioteca

autori

cerca

aiuto

Alcuni riferimenti bibliografici

  • Barilli, R., Il ciclo del postmoderno, Feltrinelli, Milano 1987
  • Basili, C., La biblioteca in rete, Editrice bibliografica, Milano 1998
  • Beatrice, L., Perrella, C., Nuova arte italiana. Esperienza visiva ed estetica della generazione anni Novanta, Castelvecchi, Roma 1998
  • Benjamin, W., Angelus Novus, Torino, Einaudi 1962
  • Benjamin, W., L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi 1966
  • Bolter, J. D., Lo spazio dello scrivere. Computer, ipertesti e storia della scrittura, Vita e pensiero, Milano 1993
  • Capucci, L. (a cura di), Il corpo tecnologico. L'influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facoltà, Baskerville, Bologna 1994
  • Capucci, L., Arte e tecnologie. Comunicazione estetica e tecnoscienze, Edizioni dell'ortica, Bologna 1996
  • Caronia, A., Il corpo virtuale. Dal corpo robotizzato al corpo disseminato nelle reti, Muzzio, Padova 1996
  • Costa, M. (a cura di), Nuovi media e sperimentazione d'artista, Edizioni scientifiche italiane, Napoli 1994
  • Costa, M., Il sublime tecnologico. Piccolo trattato di estetica della tecnologia, Castelvecchi, Roma 1998
  • D'ambrosio, M., Parrella, B., Web multimedia. La comunicazione multimediale dai graffiti a Internet: storia, strategie e tecniche, Apogeo, Milano 1998
  • De Micheli, M., Le avanguardie artistiche del novecento, Feltrinelli, Milano 1988
  • Dery, M., Velocità di fuga. Cyberculture a fine millennio, Feltrinelli, Milano 1997
  • Dorfles, G., Le ultime tendenze nell'arte d'oggi. Dall'informale al postmoderno, Feltrinelli, Milano 1984
  • Eco, U., Lector in fabula, Bompiani, Milano 1979
  • Hershman Leeson, L., Clicking In: Hot Links to a Digital Culture, Bay Press, Seattle 1996
  • Joyce, M., Of two Minds. Hypertext Pedagogy and Poetics, University of Michigan Press, Ann Arbor 1995
  • Landow, G. (a cura di), Hyper/text/theory, Johns Hopkins University Press, Baltimore 1994
  • Landow, G.P., L'ipertesto. Tecnologie digitali e critica letteraria, Bruno Mondadori, Milano 1998
  • Leary, T., Caos e cibercultura, Urra Apogeo, Milano 1995
  • Levy, P., Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli, Milano 1999
  • Murray, J., Hamlet on the Holodeck. The Future of Narrative in Cyberspace, Free Press, New York 1997
  • O'Donnell, J. J., Avatars of the Word, Harvard University Press, Cambridge (MA) - London 1998
  • Sistemi Intelligenti, Anno X, n. 2 agosto 1998
  • Stelarc, Da strategie psicologiche a cyberstrategie: prostetica, robotica ed esistenza remota, in Capucci, L. (a cura di), Il corpo tecnologico. L'influenza delle tecnologie sul corpo e sulle sue facoltà.

Note:

[1] Walter Benjamin L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi, 1966, p. 23.

torna a inizio pagina