Come utilizzare le tecniche informatiche per il governo?
Per i governi di tutto il mondo devono le
problematiche maggiori sono le stesse: l'accesso e l'
alfabetizzazione informatica
di Wanda Marra
Un tavolo multi-razziale sul palcoscenico dell'elegante e
composto Teatro San Carlo sembra il miglior biglietto da visita per
la sessione plenaria di introduzione al Global Forum, coordinata da
Vincenzo Vita, Sottosegretario del ministero delle Comunicazioni.
Dalle prime battute dei partecipanti emerge chiaramente quello che
appare essere il punto di forza di questo vertice internazionale: il
confronto tra esperienze e culture diversissime, sul piano non solo
teorico e programmatico, ma anche su quello delle azioni in corso,
dei programmi in via di realizzazione.
Di "opportunità digitale" in opposizione a
"barriera digitale" parla Yoshio Utsumi, Segretario
generale dell'Unione Internazionale per le Telecomunicazioni (Itu).
Se le nuove tecnologie, infatti, possono senza dubbio accrescere la
disuguaglianza e l'ingiustizia sociale, sono anche uno strumento per
abbatterle. I primi mezzi da mettere in campo sono tecnici: prima di
tutto fornire servizi telefonici a tutti, estendere le tecnologie
della comunicazione e dell'informatica. D'altra parte, il problema
dell'accesso è al centro degli interventi dei rappresentanti dei
vari Paesi. L'accesso si prefigura sempre di più come lo strumento
imprescindibile per la partecipazione sociale, democratica,
culturale.
La questione che pone Michel Sapin, il ministro francese per la
Funzione Pubblica e la Riforma dello Stato, è però un' altra:
"Le nuove tecnologie permettono di rafforzare o indeboliscono
il governo?". E risponde attraverso una serie di dualismi,
espressioni di una dialettica continua: grazie a Internet e alle
nuove tecnologie cresce il potere dei cittadini, ma anche la
capacità del governo di adattarsi, si accrescono uguaglianze e
disuguaglianze, omologazione e differenze. La metafora è efficace:
"In tutto il mondo usiamo lo stesso mouse, lo stesso click, per
cliccare sugli stessi tasti".
C'è chi fa filosofia e chi porta esempi concreti. Non si possono
non ascoltare le parole del vice-ministro cinese per la
Supervisione, Cheng Changzi, in rappresentanza di un gigante
informatico contraddittorio come la Cina. Il ministro evidenzia il
fatto che "tutti i governi del mondo devono affrontare le
stesse problematiche: come utilizzare le tecniche informatiche per
il governo?". Il piano cinese per l'e-government, almeno nelle
intenzioni, non trascura nulla e sembra delinearsi come un programma
di gestione e di controllo dall'alto: mentre 62 servizi (tra i
quali, per esempio, la dichiarazione dei redditi) sono disponibili
online, si sta lavorando all'informatizzazione dei sistemi doganali,
alla costruzione di sistemi di controllo per le transazioni online e
per la "trasparenza" nel lavoro (che si traduce anche
nella sorveglianza degli impiegati), alla creazione di siti web per
tutti i livelli governativi (province, città, comuni).
Mentre il ministro cinese conclude: "Nel mondo odierno il
digitale divide si acuisce e non si restringe", anche Graham
Stringer, Segretario parlamentare dell'Ufficio del Gabinetto del
Regno Unito, ribadisce che i primi obiettivi da raggiungere sono
l'uguaglianza dell'accesso e l'alfabetizzazione informatica: secondo
il programma del governo Blair, entro il 2001 tutti i cittadini
dovrebbero avere la possibilità di essere online.
Il confronto è iniziato: se sarà reale, e porterà dei frutti,
lo vedremo nei prossimi giorni.
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