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Intervista a Alberto Abruzzese, contro la censura il Rete

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"L'interattività sulla Rete assomiglia alla comunicazione interpersonale, difficile censurarla"

Intervista a Alberto Abruzzese che ha firmato un appello contro la censura il Rete

La Rete è accusata di avere di avere un effetto moltiplicatore rispetto alla pedofilia. È possibile conciliare la libertà di espressione con la censura?

Se si ripercorrono le tappe della storia dei media, ad esempio, se si torna alle prime fasi del telefono si scoprirà che si dicevano le stesse cose. Ogni volta che nasce un nuovo mezzo di comunicazione nasce la paura che cadano i confini che si erano precedentemente stabiliti. Tanti anni fa si avvertivano i bambini che se andavano a giocare sotto casa avrebbero corso un pericolo. Questo bisogno di controllo somiglia a quello che anima la Rete. C'è molta retorica, c'è una cattiva cultura, ma bisogna ragionare sulla serietà del problema. Quindi, invece di ragionare sul controllo tout court, caratteristica della società di massa, si deve ragionare su cosa vogliamo controllare. Sicuramente il nesso immediato che è stato stabilito tra Internet e la pedofilia nasce dalla mancanza di una saggia riflessione sulla Rete e sulla tecnologia, che hanno due lati: da un lato favoriscono la comunicazione, dall'altra possono presentare dei rischi. Allo stesso modo bisogna dare più spazio alla riflessione sulla pedofilia, invece di dar voce al solo al pensiero determinato dalla paura, dallo sconcerto, dall'orrore per fenomeni di questo tipo. E' importante anche riflettere su come si è evoluto il rapporto tra comunicazione e pedofilia lungo tutta la storia della civiltà soprattutto su come tanti fenomeni devono essere analizzati all'interno di un corpo socio-antropologico in continua trasformazione.

Gli internauti sostengono che deve essere il popolo della Rete a decidere che cosa mettere in Internet. Lei è d'accordo?

Sulla rete si agita lo stesso conflitto che ha caratterizzato la prima fase di costruzione della società di massa. Ci sono forti identità e un impulso all'espansione che ha in sé anche qualcosa di anarchico. Ma i nuovi territori, una volta che vengono invasi, hanno bisogno di nuove regole. Lo spirito della frontiera americana, costituita da personaggi dubbi, da avventurieri, ha poi costruito l'America, un paese che ha conservato in sé questa doppia anima, irrazionale e razionale, disordinata e ordinata. Stiamo iniziando una nuova storia, una nuova America. E' giusto che chi abita le Reti pretenda di poter decidere di se stesso e dei propri contenuti. E' vero anche che, essendo la società organizzata oltre che per comunità, anche per reti sociali, si debba cercare di riflettere su come rendere compatibile la libertà con alcuni problemi sollevati dalle relazioni umane.

Lei ha firmato un appello contro la censura il Rete, dopo che il comune di Roma ha chiuso sul suo sito le pagine di AvanaNet e The Thing Roma. Perché?

Sono episodi che potevamo aspettarci e probabilmente ne accadranno di altri. Manifestano la difficoltà di controllare un processo in cui la visibilità delle informazioni e delle relazioni sociali sta passando dal grande cono di luce televisivo alla rete. Per governare la Rete, si tende ad usare gli stessi criteri che hanno dettato le regole del controllo dello schermo. Ma Internet ha una qualità molto diversa, con la quale è difficile confrontarsi: questo produce fretta, scarsa riflessione e paura. Riflettiamo sulla definizione di Reti Civiche, che è composta di due termini: "Rete" e "Civiche". Il termine "civiche" rimanda al cittadino, che in qualche modo culturalmente appartiene molto di più al sistema delle comunicazioni di massa che all'universo della Rete, portatore di una cultura nuova. Per trovare i legittimi e necessari strumenti di controllo, che pensino ed agiscano in maniera diversa dal passato, è necessario percepire ciò che di profondo c'è nella Rete.

Questo problema della censura c'è sempre stato. Secondo lei può assumere delle colorazioni particolari rispetto alla Rete?

La caratteristica della censura per quel che riguarda il cinema e la televisione era quella di essere uno strumento meccanico, esattamente come la cultura dei mass-media: quello che le istituzioni e le autorità ritenevano non legittimo far vedere era semplicemente tagliato e oscurato. L'idea di fondo è che una data immagine è prodotta e distribuita per tutti, anche se magari poi in realtà viene vista solo da determinate categorie, a seconda della fascia oraria, del ceto e così via. La Rete pone una questione totalmente diversa: se da un lato rende molto più facile sfuggire a un controllo generale, perché non è un mezzo generalista, allo stesso tempo può responsabilizzare i soggetti ed esercitare delle forme di autocensura. In altri termini l'interattività della rete può funzionare sia per liberarsi, sia per controllarsi. Direi che è la forma di comunicazione più vicina a quella che è la comunicazione interpersonale. È difficile, a meno che non mi mettano dei microfoni dentro casa, capire se io sto parlando di pedofilia in un certo modo. Si tratta di qualcosa di clamorosamente innovativo rispetto alla dimensione che abbiamo vissuto fino ad oggi. La Rete somiglia alle lettere che ci si scambiava, chiuse e con il francobollo. E quando ci sono stati regimi autoritari, forti, questi si servivano di servizi che aprivano le lettere e le leggevano, oppure mettevano microfoni dentro le case. E' chiaro che ci sono dei contrasti enormi, ma credo che oggi chi si occupa di etica dovrebbe pensare all'etica, chi si occupa di politica, dovrebbe pensare alla politica e chi si occupa dei linguaggi, dovrebbe pensare ai linguaggi.