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Verso l'era digitale della tv interattiva

Eleonora Giordani

Il Garante per le comunicazioni ha approvato il regolamento per il passaggio alla trasmissione digitale terrestre nel 2006. Le novità della tv interattiva, tra entusiasmi e preoccupazioni per l'antitrust

Il televisore non sarà più soltanto un elettrodomestico che manda in onda film, documentari e tg ma un vero e proprio terminale interattivo con il quale si naviga in Internet, si scelgono programmi da un catalogo, si fa la spesa, si compiono operazioni bancarie e si accede a una serie di servizi sociali. E tutto ciò in un futuro abbastanza prossimo: entro il 2006, quando il sistema radio-televisivo italiano passerà dalla tecnologia di trasmissione analogica a quella digitale terrestre. Questa metamorfosi è stabilita dalla legge 66 del 25 marzo 2001 , approvata dal governo Amato alla fine della passata legislatura. Come per l'analogico, anche per il digitale spetta all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni stabilire i piani di assegnazione delle frequenze e le regole del nuovo mercato: dopo mesi di attesa (era previsto per il 30 giugno scorso) finalmente il 15 novembre l'Authority ha approvato e pubblicato il regolamento che fa entrare nel vivo il discorso sul digitale terrestre.

Cosa cambierà? Dal punto di vista tecnico, il segnale elettrico attraverso cui passano suoni e immagini smette di essere elaborato in forma continua e viene invece misurato, "campionato" ad intervalli fissi, secondo regole matematiche precise, e quello che viene trasmesso è il risultato di queste misure. In altre parole, nei vecchi sistemi televisivi analogici come il Pal, Secam o Ntsc il segnale segue in modo analogo, proporzionale all'andamento naturale, le variazioni di luminosità, colore, intensità di suono. Nel digitale invece queste variazioni seguono un ordine matematico, quindi la trasmissione è un flusso costante di numeri, espresso in codice binario, usando cioè due soli simboli, lo zero e l'uno: il linguaggio dei computer.
Inoltre questo tipo di segnale non arriverà solo dal satellite, ma da antenne sulla terra ferma e via cavo. Quindi, collegandosi alla rete telefonica, con i televisori si potrà navigare sul web esattamente come si fa oggi con il personal computer. Per passare al digitale non è necessario buttare via la vecchia tv, ma serve un'interfaccia: si chiama set-top-box, è un adattatore che darà ai televisori la capacità di memorizzare e elaborare dati e agli utenti la possibilità di interagire e accedere ai nuovi servizi.

L'Italia è il primo paese europeo ad affrontare la conversione, anche se il parlamento europeo ha già stabilito gli standard tecnici di riferimento: Dvb (Digital video broadcasting) per la trasmissione televisiva e Dab (Digital audio broadcasting) per la radio. Difficoltà tecnica della materia, quindi, e previsione di un mercato che ancora non esiste: questi i motivi che hanno portato a ritardare il varo del regolamento secondo il Garante per le comunicazioni Enzo Cheli, che presentando il lavoro lo ha definito un "anello di raccordo" verso una nuova legge quadro che porterà il sistema a regime.

Con 42 articoli, in 30 pagine, il regolamento dell'Authority disciplina il mercato della tv del futuro, ma si tratta solo di un primo passo. Fino al 2004 le emittenti potranno richiedere al Ministero delle Comunicazioni un titolo che le abiliti alla sperimentazione di trasmissioni in tecnica digitale, poi, dopo sei mesi dall'approvazione del piano nazionale delle frequenze tv digitali, potranno fare domanda per la licenza definitiva. Uno dei principi guida del regolamento è la netta distinzione tra le due figure di operatore di rete (chi ha gli impianti di trasmissione) e fornitore dei contenuti (un editore puro, che pagherà i servizi tecnici per trasmettere all'operatore di rete), con le relative responsabilità. Le licenze vengono entrambe rilasciate dal ministero delle Comunicazioni. Dal punto di vista del mercato, la principale caratteristica della trasmissione digitale terrestre è la moltiplicazione dei canali: le frequenze disponibili si moltiplicheranno, i canali nazionali saranno tra 40 e 50 e questo apre nuovi scenari antitrust. Nella fase sperimentale, i fornitori di rete hanno l'obbligo di affittare ai fornitori di contenuti il 40 per cento dello spazio. Per la fase a regime invece ci sarà l'obbligo di trasmettere i programmi dei nuovi operatori, come accade nelle telecomunicazioni.

Il digitale terrestre dovrebbe sostituire l'attuale tv analogica nel 2006. Nonostante i tempi della conversione siano scanditi per legge, il condizionale e' d'obbligo perché già si parla di troppo ottimismo nelle previsioni. Durante il convegno annuale della Federazione Radio Televisioni (Frt) che si è tenuto a Roma il 28 novembre, non è mancata la polemica sull'argomento.

Per il ministro delle Comunicazioni Maurizio Gasparri, per il passaggio alla tv digitale terrestre la data del 2006 ereditata dal precedente governo è forse troppo azzardata "ma saremo tra i paesi a partire prima e meglio. Ci sono risorse che possono essere impiegate, ma ora siamo ancora nella fase in cui bisogna capire cosa serve". Gasparri ha comunque chiesto al ministro delle Infrastrutture Pietro Lunardi di inserire nella legge -obiettivo che sarà presentata entro la fine dell'anno, il settore delle nuove tecnologie legate allo sviluppo della fibra ottica, dell'Umts e del digitale terrestre.

"Lasciatecela fare" ha detto rivolgendosi idealmente al mondo politico il direttore generale di Confindustria Stefano Parisi, per cui la tv digitale terrestre rappresenta una grande occasione di crescita non solo per il settore radiotelevisivo ma anche per quelli collaterali, per le banche e il commercio in genere.
Il presidente della Rai, Roberto Zaccaria ha dichiarato che la televisione pubblica avvierà regolarmente la sperimentazione "anche se con meno risorse e meno investimenti di quanto avrebbe potuto fare se l'affare Rai Way fosse andato in porto". Più pessimista il presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, per il quale la scadenza del 2006 è troppo ravvicinata e stima che non ci siano "risorse sufficienti per 50 tv generaliste ai livelli del palinsesto odierno".

Comunque una cosa sembra chiara: nel futuro digitale, Rai e Mediaset avranno impianti che teoricamente permetteranno la messa in onda di molti più canali tv nazionali, ma potranno utilizzare solo il 20 per cento della loro capacità trasmissiva, offrendo alla concorrenza dei fornitori di contenuti lo spazio rimasto inutilizzato. Ad approfittarne potrebbero essere soprattutto le emittenti locali, che hanno tempo fino al 31 dicembre di quest'anno per chiedere al ministero delle Comunicazioni i contributi per l'adeguamento degli impianti. Con la speranza che la nuova tv interattiva interattive non si limiti alle solite televendite di tappeti.