La Playstation, un oggetto d'arte
Severino Cesari, presidente di Adnkronos Libri,
presenta "Il grande libro della PlayStation", appena
pubblicato dalla casa editrice. Riconosciuto ufficialmente dalla
Sony Computer Entertainement Italia e costato due anni di lavoro, il
libro è un affascinante viaggio ludico e letterario alla scoperta
della storia e dei segreti della consolle piu' venduta al mondo.
Perché
un libro sulla playstation?
Il compito di un editore è quello di interpretare i fenomeni, e
due anni fa ci siamo accorti che la PS non era solo un fenomeno
commerciale e importantissimo nel mondo dei videogiochi, ma anche un
grande fenomeno culturale: e su questo ancora non c'era un libro.
Allora, per un grande fenomeno culturale potevamo fare un grande
libro. Un film come Matrix, sarebbe impensabile senza un certo tipo
di sfondo, di sfondi più veri del vero, di movimenti di
combattimento che vengono dal mondo dei videogiochi e della PS.
Questo vale anche per la musica e la letteratura.
Qualcuno ha parlato di Playstation come di un'opera d'arte,
cosa ne pensa?
La PS è diventata un oggetto d'arte, perché lo è. Voi potete
prendere Tomb Raider, metterlo nel videoregistratore, e tenere
acceso il televisore e basta, senza nemmeno giocarci, ed è più
bello di un quadro d'arte contemporanea. Tanti critici lo fanno, lo
sanno. I giochi della PS sono momenti d'arte spesso migliori della
espressioni della cosiddetta arte contemporanea.
Come risponde a chi accusa i videogiochi di favorire
comportamenti anti-sociali?
Se un ragazzo rimane dieci ore da solo a giocare, la colpa sarà
probabilmente dei genitori che lo lasciano lì dieci ore da solo, e
questo è un altro problema. Invece, se un genitore si siede accanto
a suo figlio e gioca con lui, sarà un momento bellissimo, ludico ma
anche di socializzazione vera, perché insieme daranno corpo a un
fantasma, le loro paure, e le combatteranno. Mio figlio mi ha detto
una cosa bellissima quando aveva ancora sei anni. Io ero un po'
preoccupato, stava giocando con un gioco molto violento e gliel'ho
fatto notare. Mi ha risposto: "Babbo, la violenza è nelle
strade, io sto combattendo contro me stesso"
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