Voto elettronico: ultima frontiera della democrazia?

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Voto elettronico: in America la voglia cresce

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Voto elettronico: in America la voglia cresce

Il pasticcio della Florida ha sottolineato come in America votare sia ancora un procedimento a bassa tecnologia. Ma intanto, nonostante i rischi, esperti e cittadini si dicono favorevoli al voto elettronico.

di Stefano Salimbeni e Wanda Marra

Ormai in America con il computer si può fare praticamente tutto: dalle operazioni più complesse, come giocare in borsa o effettuare transazioni bancarie, a quelle più comuni come pagare le bollette o fare gli acquisti di Natale. Ma c'è un luogo in cui l'hi tech non è ancora entrata: l'urna elettorale. Il pasticcio della Florida è l'esempio più recente e più drammatico di quanto in America votare sia ancora un procedimento a bassa tecnologia: schede da perforare, spesso stampate in maniera ambigua, voti che arrivano per posta dopo dieci giorni, conteggi sbagliati di centinaia di unità. Negli Stati Uniti, inoltre, la registrazione alle liste non e' automatica. E come se non bastasse, si vota di martedì. Tutti motivi che alimentano la scarsa affluenza alle urne, male cronico della democrazia americana.

Cambierebbe qualcosa se invece si potesse votare da casa cliccando su un mouse? Due terzi dei navigatori americani si sono detti favorevoli. Ma e' possibile garantire risultati precisi mantenendo la segretezza del voto? Secondo il professor Silvio Micali, docente di criottografia al prestigioso Mit (Massachusetts insititute of technology) di Boston, è possibilissimo, a patto di decentralizzare la gestione dei dati: "Occorre, ed è tra l'altro possibile ottenerla, una mini rete di circa un centinaio di computer, della cui onestà bisognerebbe fidarsi. D'altra parte, nel caso non fosse onesta, non si potrebbe più credere neanche alle istituzioni dello Stato; a quel punto sarebbe meglio emigrare. Se si riesce a credere che la maggioranza è onesta, si avrebbe la certezza, a questo punto matematica, sia della segretezza, sia della correttezza di un'elezione. Io stesso, con un' infrastruttura stabilita e con un giusto protocollo, voterei tranquillamente su Internet".

A livello locale, un esperimento di voto su Internet è già stato fatto: in Arizona, durante le primarie democratiche del marzo scorso, 40mila elettori si sono espressi elettronicamente. In questa prima elezione digitale della storia il numero dei votanti è aumentato del 600 per cento rispetto a 4 anni prima, con picchi di affluenza soprattutto tra i neri e gli indiani americani. A gestirla è stata election.com, una start-up di New York che spera di ospitare presto, sul proprio sito, l'elezione del Presidente.

Si tratta di un esperimento destinato ad avere un seguito. Secondo una ricerca svolta dalla Gartner Group, a partire dalle prossime presidenziali, che si svolgeranno nel 2004, diversi Stati Usa forniranno ai propri elettori dei sistemi per votare online. Già oggi, negli Stati Uniti il popolo di Internet è tra i più attivi politicamente e l'88 per cento degli utenti si è recato alle urne. Tuttavia c'è ancora parecchio lavoro da fare. Sempre secondo Gartner Group, il 66 per cento dei cittadini è preoccupato dagli attacchi hacker sui siti governativi, il 55 per cento teme possibili abusi sui propri dati personali e il 59 per cento non si sentirebbe tranquillo nell'affidare il proprio voto alla posta elettronica. Comunque il 70 per cento dei cittadini Usa ritiene che investire soldi pubblici nell'e-government, cioè in sistemi telematici per avvicinare i cittadini alla politica, debba essere una priorità.

A sottolineare i rischi, sia tecnici che politici, che si corrono col voto elettronico, è Jean Camp, docente di politica informatica all'Università di Harvard, autrice del libro Rischi e fiducia nel commercio elettronico: "La Rete è globale, dunque è un sistema poco sicuro, potenzialmente esposto ad interferenze elettorali provenienti dal mondo intero. Inoltre se si votasse su Internet, alieneremmo un numero enorme di votanti, in particolare quei gruppi che in passato hanno dovuto lottare per ottenere il diritto di voto come i neri del sud o gli indiani americani". In questo senso, però, l'esperimento dell'Arizona è incoraggiante e spinge ad espandere il sistema in tutti i cinquanta Stati. Secondo la Camp succederà presto: "Penso che si terranno votazioni sperimentali fin dalla prossima tornata elettorale. Spero che almeno scelgano gente competente per gestirle: se penso a quello che hanno fatto in Florida con le schede cartacee, non voglio immaginare cosa riuscirebbero a combinare degli amministratori inesperti con lo schermo di un computer".

D'altra parte, sono proprio le notizie dalla Florida a stimolare la voglia di voto elettronico di molti americani. È opinione diffusa che se fosse stato tutto computerizzato, si sarebbero evitati i problemi che hanno caratterizzato le ultime elezioni e sarebbe stato più facile trovare i responsabili di una situazione come quella che si è appena verificata. Inoltre, il voto telematico potrebbe facilitare molti di coloro che vivono nelle isolate zone rurali, lontano dai seggi, e che proprio per questo spesso rinunciano al voto. Senza pensare alla comodità per chi si trasferisce da una città all'altra.

La Rete, dunque, appare sempre di più uno strumento che rende la vita più semplice e più rapida: qualità di cui, nell'incertezza sul nuovo Presidente, si sente più che mai il bisogno.