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"L'interattività di Internet cambierà i riti della politica"

Intervista a Emma Bonino: l'elezione dei 25 membri del Comitato del partito Radicale on line vuole essere un modo per dare al mondo della Rete una responsabilità e una possibilità di decisione politica

Di Marta Mando'

In che modo l'uso di Internet può cambiare la politica e la partecipazione democratica?

Credo sostanzialmente in due modi. Uno è già più usato, anche se in modo sciatto, poco creativo: cioè quello di vedere Internet e i siti dei partiti e delle organizzazioni politiche come uno strumento aggiuntivo di informazione rispetto ai mezzi tradizionali. L'altro invece è un uso più creativo anche se più difficile: si tratta di prendere decisioni attraverso Internet. Noi ci proviamo con le elezioni online. Il tentativo è di sfruttare l'essenza di Internet: l'interattività. È questo che fa la differenza. È più faticoso perché bisogna rispondere alle domande dei cittadini e perché implica un mutamento della stessa organizzazione del partito, così come accade nelle imprese: quelle che usano Internet hanno subito una sostanziale trasformazione nel modo di organizzarsi, di decidere, di pensare.

Dunque, quale sarà il primo cambiamento nella partecipazione dei cittadini e degli elettori?

Oggi la stragrande maggioranza degli iscritti di qualunque partito o organizzazione politica scopre i delegati da un giornale o da un congresso, domani con Internet non sarà più cosi. Questo vuol dire che le decisioni non saranno più prese nel chiuso del comitato nazionale o nell'incontro con i partiti della coalizione. Gli iscritti di un'organizzazione politica pretenderanno invece di essere informati prima, nonché interpellati. Questo vuol dire rimettere in discussione il funzionamento tradizionale dei partiti.

Crede che il voto elettronico porterà ad allargare la partecipazione, evitando l'astensionismo, gli errori e i brogli?

Penso proprio di sì. Penso soprattutto a un voto telematico, quindi non solo fatto per scheda elettronica nelle cabine, ma via Internet. D'altra parte abbiamo avuto una conferma dal Cancelliere Schroeder, che ha dichiarato che nei prossimi mesi la tecnologia dovrà essere prestata alla politica e quindi il voto telematico diventerà una realtà anche se non esclusiva. In aggiunta alla firma digitale, tutto questo servirà alla democrazia diretta, ad esempio alla raccolta delle firme per i referendum. Tutto questo rappresenta una trasformazione. D'altra parte Internet muta i modi di vivere, di pensare di viaggiare e di lavorare, non si capisce perché non dovrebbe mutare i riti della politica.

Non c'è il rischio che una larga parte dell'elettorato anziano o con bassa scolarizzazione che non usa il computer e Internet venga tagliato fuori dalle elezioni elettroniche? E quindi in concreto che chi non conosce le nuove tecnologie non possa partecipare alla politica?

Nessuno pensa, soprattutto in un paese come il nostro con oggi circa 10 milioni di utenti, ad un utilizzo esclusivo di queste tecnologie. Peraltro neanche l'industria pensa a campagne pubblicitarie solo via Internet. Tuttavia 10 milioni su un totale di 40 milioni di persone, non rappresenta un dato élitario, anche se comprende una quota di minori che diventeranno elettori domani. Nei paesi industrializzati, c'è un fenomeno crescente di nonni che sono interessati e curiosi verso il computer. Come è accaduto per tutti gli strumenti, c'è bisogno di un tempo. Ad esempio il fax all'inizio non era molto usato. La tecnologia non è una cosa misteriosa, ma uno strumento che ci cambia la vita.

Un uso diffuso dei mezzi elettronici che ci permetterà con un clic di dare un voto, non rischia di togliere la rappresentanza politica e il valore dei partiti?

No. Credo che avverrà l'inverso. Probabilmente i mezzi elettronici sono un grande strumento per saltare tutta una serie di cinghie di trasmissione, come le organizzazioni di categoria, o i sindacati, che hanno avuto nel nostro Paese un ruolo di cosiddetta intermediazione. Questo non significa affatto eliminare il bisogno della mediazione politica dei partiti, ma li obbliga certamente a riformularsi e rimettersi in discussione.

Con l'entrata in vigore della legge Bassanini, che consente l'uso della firma digitale, sarà più facile organizzare consultazioni popolari e referendum. In Rete il Partito Radicale ha promosso una campagna di richiesta al Governo per la legalità delle elezioni politiche, riferita alla firma digitale e al voto elettronico. Quali saranno le conseguenze di queste innovazioni? Avete pensato di organizzare i prossimi referendum via Rete?

Tutti i cittadini sanno che nelle prossime elezioni politiche, ogni lista che si presenti deve raccogliere le firme per presentarsi, anche se è già presente in Parlamento e anche se si tratta del Partito del Presidente del Consiglio. Abbiamo alle spalle l'esperienza documentata delle Regionali, dove c'è chi ha raccolto in poche ore tremila firme autenticate e vistate. Questo pone quantomeno qualche dubbio che la magistratura non ha colto, tranne alcune procure che stanno indagando. Autorizzare la firma digitale permette di controllare che non ci siano doppioni, visto che si può firmare solo per una lista. Secondariamente evita i brogli. Tuttavia non deve essere un mezzo esclusivo. Semplicemente, la firma digitale consente lo stesso adempimento di legge, ma con una tecnica che non è semplicemente quella dello scrivano fiorentino del 1880. Il fatto che si è costretti ancora ad usare il banchetto, come unica possibilità, è la rappresentazione visiva della discrepanza tra come si sviluppa la società e i riti della politica. Non nego affatto la raccolta delle firme, discuto i dettagli, sebbene importanti, della politica; quindi le tremila firme necessarie in una città di milioni di abitanti come Roma e le 1500 ad Asti, dove per raccoglierle bisogna far firmare pure le galline. Riguardo al prossimo referendum radicale online, dipende da moltissime cose, per esempio c'è la legge istitutiva. Ma anche lì dipenderà da fin dove si deciderà nel nostro paese di utilizzare la firma digitale a fini politici e non solo a fini commerciali.

Cosa ne pensa della pubblicità elettorale in Rete? Può funzionare?

Può funzionare solo se non si perde di vista l'essenza della Rete. Ribadisco fino alla nausea che l'essenza della Rete, a differenza di tutti gli altri strumenti, è l'interattività, dopodiché si possono mettere i banner pubblicitari come si fa sui quotidiani, ma questo è l'uso minore della Rete. La campagna elettorale online si può fare a condizione che non si viva la Rete come un doppione della carta stampata.

Può dare una definizione sintetica di democrazia elettronica?

Gli stessi valori essenziali della democrazia fatti con un'altra tecnologia.

L'elezione dei 25 membri del Comitato del partito Radicale ondine, sullo stampo delle Primarie di stampo nord americano. Quali i motivi di questa scelta e quali le conseguenze per la linea del partito?

Il motivo essenziale è quello di dire: "mi spiego con un esempio". Come Partito siamo in Rete da tanto tempo, dal' 86, abbiamo fatto due anni fa "il convegno lungo un mese", nel quale abbiamo molto discusso di tecnologie applicate ai diritti dei cittadini e alle forme di organizzazione politica. Abbiamo visto aprirsi siti dei partiti online, per le scorse elezioni regionali. Ma in realtà per noi Internet è più di questo. Abbiamo pensato di metterci in gioco e di provare come potrebbe funzionare. Se un partito vuole andare in Rete, è bene che nei suoi organi dirigenti ci sia anche chi ha una conoscenza e un utilizzo in profondità di Internet. Volevamo nei nostri organi dirigenti persone che abitano il mondo della Rete più di quelli che, come me, lo abitano per necessità, in modo superficiale. Ci pareva che quel mondo dovesse avere una responsabilità o una possibilità di decisione politica. Ci siamo infilati in un mare magnum di problemi anche tecnici (il sistema identificativo, la privacy, il sistema delle liste), ma sono sicura che questa esperienza servirà anche ad altri.

Voi siete all'avanguardia della prassi politica online. Crede che le altre forze politiche vi seguiranno? Ci sarà maggior responsabilità e dibattito attraverso la Rete?

Credo che questo trend sarà inarrestabile, anche se le resistenze saranno molte e lo sviluppo sarà relativamente lento. Ma anche l'impatto politico della televisione è stato sottovalutato per lungo tempo dai partiti. Si è passati, poi, dall'indifferenza quasi snobistica alla lottizzazione.

Quale esperienza avete tratto da questa scelta di eleggere 25 membri del Comitato del Partito Radicale online?

Si cominceranno a trarre le file, quando questi 25 membri arriveranno nel comitato. Bisognerà capire i loro valori e le loro esigenze, che magari saranno gli stessi rispetto ai nostri, ma soprattutto le loro modalità. Si vedrà a partire dalle prime scelte che il comitato dovrà fare, a cominciare dal 15 dicembre. Per me il tentativo di risolvere alcuni problemi, di garantire l'attinenza di queste elezioni, senza modelli di riferimento, ha rappresentato soprattutto una grande sfida intellettuale.

Non crede che sia un rischio, soprattutto politico, avere scelto di non mettere nessun tipo di filtro per l'ammissione delle liste?

Magari. Voglio dire che dall'invenzione della doppia tessera ci saremmo sempre augurati di essere occupati da istanze altre.

Da cosa è dettata questa linea antica del Partito?

Dal fatto che ogni cittadino è troppo complesso per essere rappresentato completamente da un partito politico. Per esempio, gente di destra si è schierata con noi sulla legalizzazione dell'aborto. Un partito non è una Chiesa, ma uno strumento di lavoro per i cittadini, che possono essere d'accordo su una posizione, ma avere una posizione più laica rispetto a ondate clericali che si vedono all'orizzonte.