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Il futuro del PC si chiama Qubit

Cristina Pini

Dopo la forte crisi del mercato dei personal si progettano computer quantistici e il bio-pc

La crisi del mercato dei PC non colpisce più solo gli Stati Uniti, ma si sta estendendo a tutto il mercato mondiale, mostrando un calo progressivo delle vendite dell'1,6per cento. E' quanto rivelato da uno studio di IDC - International Data Corp, società di ricerca specializzata sulla Information Technology -, secondo il quale le vendite dei PC scenderanno a 129,6 milioni rispetto ai 131,7 milioni dello scorso anno. Tracollo attribuibile al rallentamento dell'economia mondiale o alla saturazione del mercato dei personal computer?
Anche sul fronte delle vendite dei semiconduttori non è andata meglio. A confermarlo un rapporto di Gartner-Dataquest, che afferma che nel 2001 si è rilevato un calo del 33per cento nelle vendite di chip - vale a dire dai 227 miliardi di dollari del 2000 ai 152 miliardi di dollari del 2001- quasi una conferma che l'anno appena trascorso ha segnato inesorabilmente una brusca caduta delle vendite connesse ai personal computer.
Una via di uscita all'impasse del calo delle vendite dei computer, sempre a sentire gli analisti di mercato, si potrà prevedere nella seconda metà di quest'anno, ma solo se ci saranno significative riduzioni nei prezzi piuttosto che rilevanti innovazioni tecnologiche.

Ma il futuro dei computer sta per essere invaso da significativi rinnovamenti tecnologici, innovazioni fino a poco tempo fa relegate esclusivamente nelle nostre più immaginose fantasie, ma da anni allo studio concreto nei laboratori di tutto il mondo. Computer quantistici e computer basati sul DNA, i probabili candidati a divenire la prossima generazione dei calcolatori?

Alla fine dell'anno scorso ha fatto scalpore la notizia, pubblicata dall'autorevole rivista scientifica Nature, che riportava la recente realizzazione da parte di alcuni ricercatori IBM, del primo - semplice - prototipo di calcolatore quantistico. Il primo prototipo di "quantum computer" avrebbe eseguito la fattorizzazione del numero 15, attraverso l'Algoritmo di Shor - un metodo per la fattorizzazione numerica - sviluppato nel 1994 dallo scienziato Peter Shor proprio per dimostrare le potenzialità del calcolo quantistico nella fattorizzazione di grossi numeri. Per l'attuazione di questo esperimento i ricercatori si sono serviti di quantum bit - o qubit -, molecola progettata in maniera tale da funzionare sia come processore che come memoria, composto da 7 atomi.

E' dai primi anni Ottanta dello scorso secolo che gli scienziati pensano a un computer che invece di funzionare alternativamente in una serie di 1 e di 0 (acceso/spento, on/off), agisca in base a un sistema fisico assolutamente differente, il sistema quantistico. Piuttosto che ammettere un bit alla volta (un segnale alla volta), seguendo così le leggi della fisica classica, il computer quantistico si basa su aggregazioni di memoria che contengono molti bit (che possono essere nello stato 0 e 1 e in tutti gli stati risultanti dalla loro combinazione), tutti nello stesso momento; e dove il singolo atomo, che si sposta tra diversi stati quantistici riuscirebbe a eseguire contemporaneamente numeri piuttosto elevati di operazioni, raggiungendo così velocità di calcolo esponenzialmente superiori a quelle dei computer tradizionali.

Il risultato ottenuto nei laboratori dell'"IBM Almaden Research Center" di San José, rafforza la crescente consapevolezza che i computer quantici potrebbero - in un prossimo futuro - essere in grado di risolvere incognite così complesse che persino il più potente supercomputer, lavorando per milioni di anni, non arriverebbe a risolvere. E il pensiero che il computer del futuro, probabilmente, sarà frutto della celeberrima metafora del gatto di Schroedinger - che doveva essere necessariamente vivo e morto e tutte e due le cose insieme nei diversi mondi generati dalle diverse situazioni nel quale il gatto si venisse a trovare - e del principio di sovrapposizione degli stati quantici, non può che lasciarci perplessi

Sempre alla fine dell'anno scorso il gruppo di ricerca che afferisce allo Weizmann Institute (www.weizmann.ac.il) di Rehovot in Israele, ha dichiarato di essere riuscito a sviluppare con successo un microscopico computer, in cui le cui sequenze di bit (gli 1 e gli 0 dei computer elettronici) sono rappresentati da sequenze di DNA manipolate da specifici enzimi in grado di effettuare i calcoli.
La grande novità, quindi, rispetto ai computer tradizionali è che nei "DNA computer" le informazioni vengono processate e memorizzate all'interno di strutture molecolari, al limite della strutturazione di un organismo vivente.
La ricerca sul DNA computing ebbe inizio nel 1994, ad opera dello scienziato Leonard Adelman della University of Southern California, il quale arrivò ad introdurre per primo il concetto dell'utilizzo del DNA - al posto del silicio -, risolvendo così i problemi di calcolo e di logica combinatoria, ma che non risolse la sequenza di 0 e di 1 su cui lavorare per ottenere la codificazione di un programma. Il bio-pc realizzato nei laboratori di Rehovot, appare essere proprio un nanocomputer programmabile - le cui biomolecole risultano talmente piccole da risultare inutilizzabili una alla volta - capace di agire in un ambiente biochimico che agisce attraverso input e output molecolari.
E mentre in un computer tradizionale risultava essere fondamentale la commistione di 0, di 1 e di silicio, nel futuristico bio-pc elementi fondamentali sono le molecole artificiali di DNA a doppia elica e due enzimi - che interagiscono con il DNA stesso - presenti nel sistema biologico.

Fino a qualche tempo fa esistevano dei precisi limiti fisici per la miniaturizzazione infinita dei processori attuali e il mondo del silicio - che da più di trent'anni segue le previsioni di Gordon Moore, secondo il quale il numero di transistor che è possibile concentrare in un chip raddoppia ogni 12-18 mesi e il suo progressivo downsizing - era limitato dalla fisica tradizionale.
Applicando le nuove teorie relative al DNA e al Quantum computing, forse riusciremo ad assistere a una contaminazione, sempre più reale, fanta-biologica fino ad ora solo ipotizzata nei racconti di Science Fiction.