E tu, che "tecnofobo" sei?

Eleonora Giordani

Il computer non morde, vi aiutiamo a misurare "il mal di Rete". Siete tecnofobi ansiosi o vati della tecnologia?

Il computer nuovo troneggia sulla scrivania e aspetta solo un vostro piccolo gesto per farvi entrare da protagonista nel nuovo millennio. Almeno così vi hanno assicurato, nell'ordine: il nipote che a otto anni già parla come un professore di informatica, il collega perfido che ha imparato l'altroieri ma vi prende in giro perché non sapete mandare una e-mail e il venditore che vi ha rifilato, con linguaggio incomprensibile ma molto persuasivo, l'ultimo modello di desktop-multimediale-interattivo-e-parlante, troppo sofisticato anche per un ricercatore di fisica quantica. Ecco il futuro a portata di mano, finalmente non sarete più tagliati fuori! Eppure non osate allungarla, quella mano, per accendere di nuovo l'oggetto delle meraviglie. Una sorta di timor panico, accompagnato da nausea e sudori freddi di rito, vi immobilizza. Il pensiero corre all'ultima volta in cui ci avete provato, quando sono apparse sullo schermo una moltitudine di frasi intimidatorie e frustranti che nella vostra mente assumevano la forma di un'unica frase lapidaria: siete degli incapaci.

Se la cosa può consolarvi, questi sintomi hanno un nome: tecnofobia, e prima o poi li hanno provati anche personaggi illustri e per niente stupidi.
Un esempio su tutti potrebbe essere quello del grande campione di scacchi Gary Kasparov, che non ha mai più voluto giocare contro Deep Blue, il supercomputer di Ibm che lo sconfisse nella storica partita dell' 11 maggio 1997. Forse sullo spirito agonistico, sul gusto del fuoriclasse per la sfida, prevalse allora un umanissimo senso di smarrimento, di paura, per tutto ciò che di inquietante e misterioso si nasconde dietro l'alta tecnologia e che noi non riusciamo a capire, a misurare, a tenere sotto controllo. "Ho avuto la sensazione di essere di fronte ad un tipo di intelligenza al quale non ero abituato, dall'altra parte della scacchiera ho avvertito la presenza come di una mente aliena", ha dichiarato Kasparov subito dopo l'abbandono. E l'idea che i cervelli elettronici diventeranno un giorno migliori dei nostri e controlleranno il mondo è stata anche alimentata da filoni letterari e cinematografici di ogni tipo.

Volete mettervi alla prova? Prendetelo come un gioco e rispondete alle domande che si trovano nei test che calcolano il livello di ansia, attitudini e sensazioni rispetto all'uso dei computer e delle tecnologie elettroniche.

Secondo gli psicologi americani che hanno iniziato a studiare il fenomeno a metà degli anni 80, questo nuovo disturbo dell'era industriale è soprattutto una reazione causata dalla paura di cadere in una sorta di "disgrazia sociale", un sentimento di inadeguatezza che provoca angoscia, tensione, difficoltà nei processi comportamentali e di apprendimento. Larry Rosen e Michelle Weil, i due studiosi autori del volume Technostress hanno individuato tre tipologie di utenti intimoriti dagli strumenti hi-tech: Il Tecnofobo Ansioso, Il Tecnofobo Cognitivo e L'Utente Imbranato.

Il grado di misurazione della tecnofobia si basa su un test elaborato nel 1987 chiamato Cars (Computer anxiety rating scale) e sperimentato per la prima volta su un campione di 270 studenti di psicologia. Il modello ha subito negli anni vari adeguamenti dovuti ai cambiamenti socio-culturali e ancora oggi figura a volte tra le prove psicoattitudinali proposte ai dipendenti di alcune aziende, alle matricole prima dell'iscrizione al college e perfino agli scolari più giovani.

Questo tipo di autovalutazione va considerato comunque con beneficio d'inventario. "Il test mi sembra troppo trasparente, è facile capire la chiave di interpretazione che sta dietro le domande" commenta Enzo Spaltro, lo psicologo che dagli schermi televisivi ha sottoposto gli italiani a centinaia di test e cui abbiamo chiesto di commentare la griglia del Cars. "Sarebbe più attendibile un sistema in cui l'elemento computer sia diluito e non centrale. Questo si può fare per esempio rovesciando la situazione di partenza. Cioè, invece di chiedere ad una persona quanta ansia le provoca l'idea di rompere il computer impartendogli un comando sbagliato, bisognerebbe elaborare una frase del tipo 'quando sento che sto per commettere un errore cosa faccio per controllarmi?' e, tra le risposte possibili, 'spengo il computer e lascio l'ufficio' dovrebbe figurare insieme a 'cerco di impegnarmi di più', oppure 'chiedo consiglio ad un amico'".

Ma come rimediare se ci si scopre tecnofobi? Niente paura, gli esperti indicano una soluzione ispirata prevalentemente dal buon senso. L'ansia diminuisce man mano che aumenta la pratica con gli strumenti e il modo migliore per prendere confidenza è fare un passo alla volta, magari sotto la guida di formatori specializzati. Tenendo comunque ben presente il fatto che, nel peggiore dei casi, la macchina probabilmente non risponderà ai vostri comandi, ma certo non vi prenderà a morsi. E se vi sembra troppo semplice, siete già sulla via della guarigione.