Tema 13 aprile 1999
Biotecnologie alimentari
di Elena Capparelli e Antonio Leonardi
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LONDRA BOCCIA IL CIBO TRANSGENICO, "Vogliamo sapere prima che effetti
avrà sull'uomo".
Così titolava il 16 Marzo scorso Repubblica
riprendendo una notizia apparsa sui giornali inglesi. In Inghilterra il cibo manipolato
geneticamente viene messo sotto accusa e in seguito alle proteste dei consumatori, il
governo inglese, si accorda con le grandi multinazionali che producono e distribuiscono
prodotti transgenici, per sospendere le vendite per un periodo di tre anni, periodo nel
quale le aziende dovranno accertare l'innocuità di questi cibi per la salute umana. Ma
davvero, i cibi transgenici rappresentano un pericolo? Oppure, al contrario, rappresentano
un'opportunità per rispondere, ad esempio, ai problemi dei paesi in via di sviluppo?
Facciamo un salto indietro per capire le origini delle manipolazioni genetiche applicate
ai cibi.
E' il 1976 quando viene quotata in borsa, la prima azienda biotecnologica. Si
tratta della Genetech, una piccola società
californiana. Qualche anno dopo, nel 1982, si realizza il primo esperimento di
manipolazione del Dna di una pianta per ottenere prodotti più rigogliosi, più resistenti
e meglio conservabili. In pochi anni da esperimento di laboratorio l'ingegneria genetica
diventa business globale: il fatturato mondiale del mercato degli alimenti transgenici è
di 800 milioni di dollari nel '94, 1416 miliardi di lire.
Nel duemila arriverà a 16 mila miliardi di lire, e nel 2005 probabilmente sarà di 57
mila milairdi di lire. La scelta di applicare le biotecnologie all'agricoltura si diffonde
a macchia d'olio, a partire da alcuni paesi che sono i leader nel settore. In primo luogo
gli Stati Uniti, a cui appartengono, oggi, il 70% delle colture mondiali, e poi
l'Argentina e l'Australia. Nel Dicembre 1996 le superfici coltivate con piante manipolate
geneticamente erano 2,8 milioni di ettari, nel 1998 30 milioni e per il 2000 si dovrebbero
raggiungere i 60 milioni di ettari. L'alimento di cui esistono più colture è il
mais-transgenico.
Ma qual è il paese che ha sperimentato il maggior numero di coltivazioni transgeniche? La
Cina, impegnata nella ricerca in questo campo dal 1986: il suo governo spende trenta
milioni di dollari l'anno in questo settore. Tra le cause della fortuna dei cibi
transgenici ci sono i vantaggi di tipo commerciale: il "super mais" può dare fino a tre raccolti
l'anno, le coltivazioni di riso modificato fanno risparmiare in media 100.000 lire
l'ettaro. In Europa, Italia e Francia sono in testa nei programmi di ricerca sulla
manipolazione genetica degli alimenti. Insieme i due paesi coprono il 50% delle
sperimentazioni totali. Nel nostro paese, dal 1990 sono state avviate 210 esperimenti su
colture transgeniche e sono 16 le piante su cui è stata autorizzata la sperimentazione.
Tra queste ci sono anche molti ingredienti della classica cucina mediterranea come
zucchine, melanzane e olive.
La produzione dei prodotti transgenici ha vissuto tre fasi: la prima é servita a
preparare piante più resistenti agli erbicidi e agli insetti, la seconda dovrebbe
potenziare la produzione, la terza dovrebbe servire ad aumentare le resistenze ai batteri
e virus.
Quest'ultimo aspetto in particolare è stato denunciato da Greenpeace come elemento
estremamente pericoloso per la salute dell'uomo. Ingerendo questi tipi di alimenti il
corpo diventerebbe più resistente ai virus ma anche agli antibiotici. Greenpeace ha anche
segnalato il pericolo di allergie che i cibi transgenici possono provocare.
Insieme alle
associazioni ambientaliste, sono in molti a pensare che bisogna essere cauti come Dario Fo ed Umberto Eco che hanno firmato un
Manifesto che afferma la necessità del progresso ma soprattutto l'importanza di maggiori
e più severi controlli prima di immettere questi prodotti sul mercato.
"Io credo che la biogenetica, sia un programma di ricerca straordinario - sostiene
Dario Fo - che permetterà senz'altro in tempi non lontani di raggiungere dei livelli
altissimi per quanto riguarda soprattutto il problema della nutrizione e dell'aiuto a dei
popoli che hanno dei problemi, però insisto sempre sul particolare che bisogna andare
molto cauti. C'è un allegro andamento positivo nel valutare cose che sono frutta e
verdure. Ricorderò sempre quello a cui ho assistito in Africa. Fu fatta una grande
distribuzione di latte per dare la possibilità alle donne di allattare artificialmente.
Fu un disastro perché la ditta che produceva questo latte in polvere non si preoccupò di
gestirlo con coscienza. Il latte
materno contiene dentro di sé degli anticorpi che salvano il bambino da certe malattie
terribili, cioè non è solo nutrimento ma anche medicamento straordinario. Tolto questo
nutrimento meraviglioso i bambini sono morti a centinaia. Ecco queste leggerezze, il fatto
di non seguire la produzione e la distribuzione sono costanti purtroppo nella storia della
medicina e nella storia della produzione. Si guarda all'effetto immediato e non si bada
invece al problema della vita degli individui".
Oltre ai problemi legati alla salute dei consumatori, il cibo transgenico solleva anche
importanti questioni etiche ed economiche legate al ruolo primario e molto delicato che le
aziende hanno nella ricerca in questo settore. Secondo il Cardinal Ersilio Tonini, attento
osservatore delle problematiche legate al cibo transgenico, è importante trovare un
compromesso fra la necessità dei profitti che comunque rimane il fine ultimo
dell'investimento nella ricerca di un'azienda e la necessità di un controllo
etico-politico sulle applicazioni e uso dei prodotti:
"Dobbiamo supporre che per il fatto che le aziende ci guadagneranno la causa non
si debba fare? Senza profitto non si campa, e d'altra parte è il modo in cui si applica e
si reimpiega il profitto che bisogna controllare. Quindi, secondo me, occorre tanta
severità e tanta fiducia, e nel contempo bisogna avere il coraggio di far parlare tutti:
coloro che si buttano avanti e coloro che frenano. Abbiamo bisogno, in questo momento, di
avere, in un certo senso, una macchina lanciata, ma con i freni; tanto più forti sono i
freni, tanto più è forte il lancio della macchina".
Un'altra questione al centro del dibattito è quella legata al diritto o meno di essere
informati su ciò che si sta mangiando e il 25 marzo scorso una compagnia inglese, la Rhm
Technology, ha annunciato di aver pronto un test ad alta sensibilità per migliorare la
rilevazione della presenza di alimenti transgenici.
E a proposito di regole e progetti futuri, sembra che entro aprile sarà varato il
primo Piano di sviluppo in Italia per le biotecnologie. Il piano dovrebbe favorire, lo
sviluppo di tredici aree attraverso anche il potenziamento della Ricerca da parte di
Istituti di ricerca statali. Chiediamo su questo un parere ad Alfonso Pecoraro Scanio,
presidente della commissione agricoltura alla Camera, che è stata incaricata dal
Parlamento Italiano di studiare il problema:
"Noi abbiamo fatto un'indagine conoscitiva su tutta la materia delle biotecnologie e
il risultato unanime a cui è pervenuta la commissione è una grande preoccupazione sul
fatto di poter controllare queste sostanze una volta rilasciate nell'ambiente. Quando
parliamo di modifiche genetiche stiamo parlando di modifiche che possono essere non di un
solo gene, ma anche di molti geni addirittura di contaminazione fra regno vegetale e regno
animale.
Il settore pubblico deve essere in grado di valutare in posizione di assoluta indipendenza
i reali effetti di una sostanza geneticamente manipolata. Non ci vorremo trovare di nuovo
di fronte, come in passato è accaduto per alcune sostanze chimiche, a prodotti che
all'inizio sembravano innocui e che poi si sono rivelati nocivi.
Visto che ci troviamo davanti ad una situazione totalmente nuova il problema è quello di
avere una normativa più specifica e più dettagliata". |
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