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Greenpeace e il cibo transgenico

di Paola Favaro

GreenpeaceAttraverso una campagna internazionale, chiamata Gmo, Genetical Modificatedd Orgs, iniziata nel giugno '96, Greenpeace, ha preso una posizione netta e determinata contro gli organismi geneticamente modificati, ritenendoli un rischio non necessario per l’ambiente, per le economie rurali e soprattutto per la salute dei consumatori.

Immagine dell'azione dimostrativa organizzata da Greenpeace nel marzo 1998 nel corso del Paris Agriculture show, Francia: PRESERVIAMOCI DAL MAIS TRANSGENICO “Ci sono prove che il cibo transgenico può trasferire nell’uomo la resistenza agli antibiotici e che può provocare allergie - ha detto Alessandro Giannì responsabile della campagna biodiversità per Greenpeace Italia. I cibi manipolati geneticamente sono concepiti in modo per essere più resistenti, meno esposti cioè agli agenti esterni. Per questo motivo una volta ingeriti possono provocare delle resistenze del fisico agli antibiotici che il corpo non sarebbe più in grado di assorbire. Inoltre il cibo transgenico può provocare allergie. Faccio un esempio: se nella soia viene innestato un gene della noce brasiliana, e un individuo, allergico a quest’ultimo alimento, mangia questo tipo di soia avrà come risultato un attacco allergico”.
Dunque se da una parte, secondo Greenpeace, ci sono già prove dei danni che gli alimenti transgenici possono provocare, dall’altra non ci sono garanzie che le produzioni transgeniche rappresentino una reale opportunità per rispondere ai fabbisogni elementari dei paesi in via di sviluppo.

Campagne contro la manipolazione genetica“Il problema non è quello della produzione di cibo - ha detto ancora Giannì - l’India in teoria produce abbastanza cibo per sfamare gli Indiani, ma sappiamo che ci sono parecchie persone in India che soffrono la fame semplicemente perché non hanno i soldi per comprarsi da mangiare e questo surplus alimentare va ai paesi ricchi che hanno i soldi per comprare. Per questo motivo non si capisce come le biotecnologie possano risolvere un problema che è più di distribuzione delle risorse che di produzione. E’ poi evidente che con enormi investimenti economici ed il sistema della brevettazione delle risorse si corre il rischio di sistemi monopolistici. Mettere le mani su questo tipo di risorse agricole significa che si può controllare un paese, che non c’è neanche più bisogno delle armi e delle bombe. Dunque dietro il controllo degli alimenti non c’è solo una questione economica ma, direi, essenzialmente, politica e strategica”.

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