Ghezzi: la webcam è democratica
Intervista al critico Enrico Ghezzi, ideatore
di "Blob"
In cosa consiste il fascino delle webcam?
Le immagini delle webcam sono la cosa più affascinante che oggi
si possa vedere su uno schermo. Questa "cosa" è più
avanzata, più interessante, intensa, nella sua bassa intensità, di
tutto quello che si vede in tv. Non perché lo azzeri ma perché di
colpo fa diventare più importante quello che non si vede di quello
che si vede. Il senso delle webcam è di aver riportato a una scala
meno immaginario-tecnologica, più domestica, la constatazione che
siamo in diversi miliardi. Visivamente, quindi in modo più
sensibile, ci fanno sentire addosso il fruscio di 50 mila, 5
milioni, 5 miliardi di "webvite". Di fatto, quello di cui
ci parla il webcasting è che, in un certo senso, ognuno di noi,
semplicemente vivendo, scrive. È ciò che i più grandi scrittori
filosofi dell'ultimo secolo, da Kafka a Proust a Joyce a Benjamin,
dicono: siamo scrittura, visione, d'altri o nostra.
Qual è il rapporto tra webcam e tv?
La possibilità per chiunque di andare in rete, di essere visto
da 50 mila o 50 milioni di persone, credo che semplicemente riporti
a quello che è la tv, un mezzo banalmente democratico. Vediamo
apparire in televisione meteore, effimere eternità, gente che
conosciamo, telecronisti, psicologi che diventavano "lo
Psicologo", persone miracolate: tutta la tv che conta si basa
su questo, sul fatto del comune, del medio, che diventa importante.
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