Mercoledi' 7 febbraio 2001
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Regole nuove per nuove professioni

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Regole nuove per nuove professioni

"Quando mancano le regole non vince mai chi ha di meno, chi è più giovane, o chi cerca una sfida. Vince chi già c'è, che ha il denaro e stronca gli altri". A colloquio con l'onorevole Giuseppe Giulietti, responsabile della comunicazione per i DS, che auspica più garanzie e "flessibilità intelligente" per tutelare i professionisti della notizia online.

È in atto un'evidente trasformazione nel giornalismo, quali sono le conseguenze?

Penso che in genere i cambiamenti siano benefici. I cambiamenti veri fanno soffrire in politica, nella vita, nelle professioni. Io ne sono un grande sostenitore. Poi, si trova un equilibrio: quando il giornalismo passò alle prime gazzette, quando cambiò il modo di andare in tipografia, quando arrivarono i primi computer, si pensò alla fine del giornalismo. Sono tutte sciocchezze. Quando ci sono cambiamenti, ci sono modifiche, si trovano nuovi equilibri che nascono dalla lotta, dal confronto, dai contratti. Mai avere paura del cambiamento. Tutti quelli che vogliono imbrigliare il mondo, finiscono stesi a terra.

La figura del  giornalista deve evolversi per lavorare nei new media, allargando le vecchie competenze . Sono tutti disposti a rimettersi in gioco?

E' soprattutto chi ha ormai tanti anni alle spalle che fa fatica ad adeguarsi. Cambia proprio tutto un universo concettuale: sei nato con i vecchi alfabeti, con la tua penna e ad un certo punto ti cambia il mondo attorno. Però, secondo me, il sentiero è quello. I nuovi giornalisti devono abituarsi a cacciare la notizia in mille modi diversi. Sapendo tuttavia che serve sempre l'indagine sul terreno, perché se nessuno più andasse a scavare, a interrogare le cose, il mondo sarebbe meno libero. Insomma, ci vogliono tante reti ma anche tanti cacciatori di notizie, che non si muovano solo in Rete ma portino le loro sensazioni in giro per il mondo. Io penso che le due cose convivranno.

Lei è favorevole o contrario all'abolizione dell'ordine dei giornalisti?

Io sono favorevole a tutto quello che libera gli accessi alle professioni. Non credo molto nelle corporazioni, agli ordini; credo in donne e uomini che liberamente competono, perché questo crea più lavoro. Spero che si arrivi ad una società senza ordini professionali, una società di eguali. Quindi bisognerebbe abolire non solo l'ordine dei giornalisti ma anche tante altre corporazioni. In Italia, ciascuno vuole abbattere la corporazione del vicino. Io sono per abbattere l'idea di corporazione in generale.

Questo lavoro spesso non contempla una messa in regola tradizionale. Quale futuro professionale si profila per chi intraprende la strada del giornalismo online?

Le nuove forme di organizzazione del lavoro non possono prescindere da regole nuove. Non può svolgersi tutto tra chi ha i soldi e chi si vende: questo è un ritorno all'Ottocento. Se la Rete è modernità, ha bisogno di meno regole, ma di regole chiare e certe, per cui se ho un lavoro, devo avere anche alcune garanzie. Anche perché in Rete ci sono alcuni signori che stanno facendo i miliardi, allora è giusto che paghino anche questi giovani. Così come è necessario che la Rete sia più libera, affinché nascano anche nuovi gruppi editoriali formati da ragazzi. La legge sulla editoria, per la prima volta, se dovesse essere approvata, non offre solo soldi alle grandi aziende consolidate, ma offre soldi a giovani che vogliono fare giornali online.

Molti giovani si trovano a lavorare anche secondo nuove esigenze orarie rispetto al passato. Questo va regolamentato?

Ci deve essere una flessibilità intelligente che non può essere solo la flessibilità di chi possiede, nel senso che licenzia gli altri. Flessibilità significa oggi un orario di lavoro diverso, adattato ai nuovi modi della professione del giornalista, che talvolta non ha più bisogno di frequentare assiduamente le redazioni ma comunica prevalentemente via Internet. La soluzione nascerà dal confronto, anche a livello parlamentare. Dobbiamo evitare di mettere tante norme e puntare al confronto tra le parti tra gli imprenditori e nuove forme di impresa per fare in modo che queste nuove forme di lavoro trovino un equilibrio. Quindi nulla di pesante, ma sicuramente alcune regole. Quando mancano le regole non vince mai chi ha di meno, chi è più giovane, o chi cerca una sfida. Vince chi già c'è, che ha il denaro e stronca gli altri. Un minimo di regole vuol dire più libertà, più lavoro, più offerta.