Regole nuove per nuove professioni
"Quando mancano le regole non vince mai chi ha di meno, chi
è più giovane, o chi cerca una sfida. Vince chi già c'è, che ha
il denaro e stronca gli altri". A colloquio con l'onorevole Giuseppe
Giulietti, responsabile della comunicazione per i DS, che auspica
più garanzie e "flessibilità intelligente" per tutelare
i professionisti della notizia online.
È in atto un'evidente trasformazione nel giornalismo, quali
sono le conseguenze?
Penso che in genere i cambiamenti siano benefici. I cambiamenti
veri fanno soffrire in politica, nella vita, nelle professioni. Io
ne sono un grande sostenitore. Poi, si trova un equilibrio: quando
il giornalismo passò alle prime gazzette, quando cambiò il modo di
andare in tipografia, quando arrivarono i primi computer, si pensò
alla fine del giornalismo. Sono tutte sciocchezze. Quando ci sono
cambiamenti, ci sono modifiche, si trovano nuovi equilibri che
nascono dalla lotta, dal confronto, dai contratti. Mai avere paura
del cambiamento. Tutti quelli che vogliono imbrigliare il mondo,
finiscono stesi a terra.
La figura del giornalista deve evolversi per lavorare
nei new media, allargando le vecchie competenze . Sono tutti
disposti a rimettersi in gioco?
E' soprattutto chi ha ormai tanti anni alle spalle che fa fatica
ad adeguarsi. Cambia proprio tutto un universo concettuale: sei nato
con i vecchi alfabeti, con la tua penna e ad un certo punto ti
cambia il mondo attorno. Però, secondo me, il sentiero è quello. I
nuovi giornalisti devono abituarsi a cacciare la notizia in mille
modi diversi. Sapendo tuttavia che serve sempre l'indagine sul
terreno, perché se nessuno più andasse a scavare, a interrogare le
cose, il mondo sarebbe meno libero. Insomma, ci vogliono tante reti
ma anche tanti cacciatori di notizie, che non si muovano solo in
Rete ma portino le loro sensazioni in giro per il mondo. Io penso
che le due cose convivranno.
Lei è favorevole o contrario all'abolizione dell'ordine dei
giornalisti?
Io sono favorevole a tutto quello che libera gli accessi alle
professioni. Non credo molto nelle corporazioni, agli ordini; credo
in donne e uomini che liberamente competono, perché questo crea
più lavoro. Spero che si arrivi ad una società senza ordini
professionali, una società di eguali. Quindi bisognerebbe abolire
non solo l'ordine dei giornalisti ma anche tante altre corporazioni.
In Italia, ciascuno vuole abbattere la corporazione del vicino. Io
sono per abbattere l'idea di corporazione in generale.
Questo lavoro spesso non contempla una messa in regola
tradizionale. Quale futuro professionale si profila per chi
intraprende la strada del giornalismo online?
Le nuove forme di organizzazione del lavoro non possono
prescindere da regole nuove. Non può svolgersi tutto tra chi ha i
soldi e chi si vende: questo è un ritorno all'Ottocento. Se la Rete
è modernità, ha bisogno di meno regole, ma di regole chiare e
certe, per cui se ho un lavoro, devo avere anche alcune garanzie.
Anche perché in Rete ci sono alcuni signori che stanno facendo i
miliardi, allora è giusto che paghino anche questi giovani. Così
come è necessario che la Rete sia più libera, affinché nascano
anche nuovi gruppi editoriali formati da ragazzi. La legge sulla
editoria, per la prima volta, se dovesse essere approvata, non offre
solo soldi alle grandi aziende consolidate, ma offre soldi a giovani
che vogliono fare giornali online.
Molti giovani si trovano a lavorare anche secondo nuove
esigenze orarie rispetto al passato. Questo va regolamentato?
Ci deve essere una flessibilità intelligente che non può essere
solo la flessibilità di chi possiede, nel senso che licenzia gli
altri. Flessibilità significa oggi un orario di lavoro diverso,
adattato ai nuovi modi della professione del giornalista, che
talvolta non ha più bisogno di frequentare assiduamente le
redazioni ma comunica prevalentemente via Internet. La soluzione
nascerà dal confronto, anche a livello parlamentare. Dobbiamo
evitare di mettere tante norme e puntare al confronto tra le parti
tra gli imprenditori e nuove forme di impresa per fare in modo che
queste nuove forme di lavoro trovino un equilibrio. Quindi nulla di
pesante, ma sicuramente alcune regole. Quando mancano le regole non
vince mai chi ha di meno, chi è più giovane, o chi cerca una
sfida. Vince chi già c'è, che ha il denaro e stronca gli altri. Un
minimo di regole vuol dire più libertà, più lavoro, più offerta.
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