I falsi in rete
Internet è sinonimo di informazione, ma non sempre di verità e
veridicità delle fonti. Un problema spesso sollevato ma che ha
monte una questione più ampia: che cos'è nell'epoca del digitale,
dove una copia è uguale all'altra, il concetto di falso? E come si
fa a distingue l'originale dal falso? E' successo ad esempio che si
spacciasse per un documento inedito, un trailer
del nuovo film di Star Wars di George Lucas che dovrebbe uscire
nelle sale solo nel 2002. A vederlo, ha tutte le caratteristiche del
movie di guerre stellari, in realtà è un falso, un "damn'
good fake", che tuttavia funziona per musica, stilemi narrativi
e montaggio. Non si tratta, del resto, di un unicum. La rete è un
buon posto dove trovare falsi, finzioni e ricostruzioni, copie e
manipolazioni. Anche quando Internet era poco più che un ritrovo
per accademici e scienziati il gioco era già iniziato, circolavano
bizarri documenti in cirillico che venivano spacciati come documenti
segreti del KGB.
La falsificazione, quindi, non è mai stata estranea alla rete.
Perché? In primo luogo il mezzo si caratterizza, per sua natura
come un linguaggio universale: manipolare, copiare, trasportare
informazione digitale è enormemente più semplice di trattare
informazioni analogiche. Tradurre ogni cosa in bit, in sequenze di 0
ed 1 cioè in catene numeriche dalla materialità molto effimera
mette in crisi il binomio falso-vero e spinge a ripensare le nostre
idee sull'autenticità e la falsità. Per comprendere il concetto di
falso nel mondo digitale, non basta, contrapporlo ad autentico: è
invece, necessario verificare se i concetti che tradizionalmente
associamo al falso in ambiti come quello dell'informazione,
dell'arte o della documentazione, trovino una nuova attestazione
ontologica nel contesto digitale e telematico.
La prima idea che tradizionalmente colleghiamo al concetto di
falsità è la mancata corrispondenza di qualcosa con la realtà dei
fatti. Quando Orson Wells ripropose per radio il suo celebre scherzo
sull'invasione extraterrestre basato sulla Guerra dei mondi, giocava
su questo registro e molto più tardi disse che se l'operazione
aveva funzionato era dipeso sostanzialmente da due fattori: da un
lato il fatto che la radio fosse un medium giovane, (con l'aggiunta
di essere l'unico medium di massa in grado di diffondere
informazione in tempo reale). Dall'altro che il pubblico non aveva
modo di verificare le fonti dell'informazione che riceveva. Ora per
Internet, valgono un po' entrambe queste considerazioni.
La rete, essendo un mezzo di comunicazione giovane vive de facto
in un regime di maggiore autenticità, sembra cioè che sia un
canale privilegiato, meno legato alle gerarchie che dominano il
mondo della comunicazione e quindi più in grado di parlarci delle
cose così come sono o meglio di svelare cose alle quali non avevamo
pensato. Anche l'idea dell'orizzontalità della comunicazione in
rete che funziona sulla creazione di lunghe catene di attribuzione
di fiducia viene spesso legata ad un senso di autenticità che altri
mezzi hanno smarrito. Del resto, oggi, è più facile credere ad un
individuo che ad un'istituzione o ad un marchio.
Il secondo aspetto di cui ci parlava Orson Wells vale a dire la
non verificabilità delle fonti in un tempo in cui la sola radio
dominava la scena sembra non persistere più. Oggi di fronte alla
proliferazione dei mezzi di comunicazione di massa un'operazione
come quella della guerra dei mondi non avrebbe possibilità di
prendere campo, men che meno su Internet. Tuttavia, Internet detiene
ancora un primato sull'informazione non ufficiale, rivelatoria cioè
di notizie estremamente preziosa ma molto poco verificabili. La
comunicazione, per fare un esempio, dei gruppi di studenti a
Belgrado nei giorni della contestazione. Quindi, per il tipo di
informazione originale che la rete è in grado di diffondere, anche
la non verificabilità delle fonti sembra un carattere assolutamente
congeniale ad Internet.
Una seconda idea che tradizionalmente colleghiamo al falso ci
viene dall'arte ed è quella di copia, di riproduzione che segue una
produzione che consideriamo, invece, originale. Nel regno del
digitale ogni copia è assolutamente identica all'originale, anzi la
distinzione stessa copia originale perde di valore, un'opera
digitale può essere tecnicamente riprodotta all'infinito senza
perdere nulla della sua natura. Allo stesso modo la copia pirata di
un programma può essere ritenuta un falso?
La rete sembra, dunque, sfuggire ai metodi tradizionali di
distinzione dell'originale dal falso. Ne' l'idea di verificabilità
ne' quella di riproduzione sembrano aiutarci. Se l'idea di copia in
un mondo digitale non è più in grado di distinguere l'originale
dal falso e se non abbiamo strumenti per operare questa scelta da
soli, per distinguere l'autentico dall'inautentico bisogna
rivolgersi altrove. Bisogna rivolgersi ad un'autorità garante, un
ente, un'istituzione o una persona che ci garantisca
dell'autenticità di qualcosa. Ma se questo è vero, c'è da
chiedersi se la proliferazione del falso su internet può essere
considerata come una resistenza del mezzo alle forme di autorità.
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