Corso 4 - Il computer per insegnare ed apprendere

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Modulo 1: Le Nuove Tecnologie per la Didattica
Modulo 2: II nuovi media cambiano le abitudini di insegnanti e studenti
Modulo 3: La didattica delle discipline scolastiche e i nuovi media
Modulo 4: L'apprendimento a distanza

Il computer per insegnare ed apprendere
di Lauro Colasanti

 

Prima dispensa

Le Nuove Tecnologie per la Didattica

Sommario degli argomenti

  • Introduzione (1)

  • Tecnologie didattiche e tecnologie per la didattica (2)

  • Le tecnologie per la didattica (3)

  • Le nuove tecnologie e i modelli didattici (4)

  • Lo studio dei nuovi media e con i nuovi media (5)

  • Il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (6)

 
Video

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Esercizi di autovalutazione

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Introduzione

Il nostro breve corso su Didattica e Nuovi Media si articola in quattro lezioni: ognuna di esse comprende circa 30 minuti di video, una dispensa come questa, e un modulo di esercizi e di test di autovalutazione, che vi permetteranno di capire se avete assimilato i concetti fondamentali della lezione.



Figura 1 - I nuovi media a scuola

In questa dispensa cercheremo, come prima cosa, di chiarire i concetti di tecnologia didattica e di tecnologia per la didattica e stabiliremo una prima classificazione degli strumenti per l'insegnamento. Successivamente esamineremo come le nuove tecnologie modificano, o aiutano a modificare, i tradizionali modelli di insegnamento. Poi ci occuperemo del problema di stabilire quale sia la migliore collocazione dello studio dei nuovi media all'interno dei curricoli scolastici attuali. Infine esamineremo le iniziative prese dal Ministero della Pubblica Istruzione per introdurre le nuove tecnologie nella didattica.

Tecnologie didattiche e tecnologie per la didattica

Definire che cosa si intende con il termine "tecnologie didattiche" non è affatto semplice, come potrebbe dapprincipio sembrare (particolarmente utile per il suo carattere introduttivo al tema delle tecnologie didattiche è il saggio di Giorgio Olimpo, Nascita e sviluppi delle tecnologie didattiche in Tecnologie Didattiche. Metodi e strumenti innovativi per la didattica, a cura di V. Midoro, G. Olimpo, D. Persico, Menabò Edizioni, 1996). Gli stessi addetti ai lavori usano il termine con significati spesso differenti. Le due definizioni più usate sono:

  1. l'uso della tecnologia (i mezzi) nella didattica e

  2. l'applicazione delle scienze del comportamento alla didattica.

La prima riguarda l'analisi e l'utilizzazione degli strumenti tecnologici più appropriati per favorire l'apprendimento dei discenti. Quello che chiameremo tecnologie per la didattica. La seconda riguarda la progettazione e la valutazione sistemica di modelli di apprendimento utilizzando le conoscenze derivate dalle teorie psicologiche, evolutive e comportamentali. Quello che chiameremo tecnologie didattiche. Ovviamente le due definizioni sono in stretta correlazione: all'interno della progettazione e realizzazione di un modello di apprendimento si utilizzeranno delle tecnologie per la didattica. E quindi, la seconda definizione è quella più ampia e comprensiva.

Si è usato molto il termine "tecnologie didattiche", o "educational technology", in ambiente anglosassone a partire dalla seconda metà degli anni '50, sotto la spinta del comportamentismo skinneriano che proponeva di estendere gli studi sperimentali sul comportamento condizionato degli animali anche ai processi di apprendimento degli esseri umani. Nacquero così molti studi sull'istruzione programmata e sull'utilizzazione di macchine per l'apprendimento. Secondo il comportamentismo, le conoscenze e le abilità di un individuo si possono ridurre all'insieme delle risposte date da quell'individuo all'insieme complesso degli stimoli che il suo ambiente gli offre. L'apprendimento umano, quindi, si può ridurre all'induzione di comportamenti desiderati, attraverso un rinforzo positivo.



Figura 2 - Lo psicologo G.B. Skinner

Gli psicologi cognitivisti, successivamente, criticarono questo approccio di Skinner e ritennero che non si debba puntare l'attenzione solo al comportamento, ma anche ai processi interni, agli stati mentali, che permettono ad un soggetto di compiere determinate azioni. Quindi nella progettazione di ambienti di apprendimento non si deve puntare solo al raggiungimento di determinati obiettivi didattici, ma si deve tener conto soprattutto del loro aspetto qualitativo, della loro flessibilità e trasferibilità in altri contesti. Dal filone cognitivista è sorto il costruttivismo.

I costruttivisti mettono l'accento sull'impegno attivo da parte dei discenti, sulla loro capacità a costruirsi organicamente una propria conoscenza. In breve, per i costruttivisti il sapere viene visto come un costrutto personale, realizzato tramite un'attività in collaborazione con altri e sempre dipendente da un determinato contesto.

Comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo sono le teorie psicologiche che maggiormente hanno influenzato il campo di studi delle tecnologie didattiche. Il nostro corso ha come scopo quello di offrire una panoramica sugli attuali strumenti didattici informatici, multimediali e telematici (le tecnologie per la didattica) e di descrivere alcune esperienze della loro utilizzazione nelle varie discipline scolastiche; e quindi non ci soffermeremo a lungo sull'analisi dei vari modelli di apprendimento (le tecnologie didattiche). Ciononostante il discorso si sposterà spesso su quest'ultimo punto perché è impossibile discutere sui pregi e difetti delle nuove tecnologie applicate alla didattica senza far riferimento alle modificazioni che inducono, o favoriscono, nei modelli di apprendimento.

Le tecnologie per la didattica

L'insieme delle tecnologie per la didattica è costituito da tutti quegli strumenti hardware o software, da tutte quelle tecnologie, che possono essere utilizzate per facilitare l'apprendimento degli studenti e l'insegnamento da parte dei professori; anche se possono essere state inizialmente inventate con altri fini. Qualsiasi processo di apprendimento - qualunque sia la sua strategia o modello psicologico - si serve di qualche tecnologia, di qualche strumento didattico. La semplice penna, la scrittura, il libro, la stampa, la lavagna, o anche le tavolette di cera, ecc., sono degli strumenti didattici. Quando parliamo di tecnologie per la didattica, quindi, non dovremmo pensare solo, per esempio, al videoregistratore o al computer.

Ci sono vari modi per descrivere e classificare gli strumenti didattici. Si potrebbe scegliere un criterio cronologico ed elencarli in ordine di invenzione o introduzione nei processi educativi. Si potrebbe allora parlare di strumenti tradizionali per la didattica e in questo gruppo potremmo includere i quaderni, la lavagna, i libri, le carte geografiche, ecc.. Sono ancora oggi i mezzi più utilizzati nella didattica quotidiana delle nostre scuole, ma sono stati introdotti nelle aule scolastiche da molti decenni, se non secoli. Oppure di strumenti più recenti per la didattica, tecnologie che malgrado siano state inventate molti anni o decenni fa, ancora oggi non sono usati molto spesso nei normali processi educativi. Stiamo pensando alla televisione, al cinema, ai registratori video o audio, ai proiettori di lucidi o diapositive, ecc.. Oppure di tecnologie digitali per la didattica, i computer, i CD, le reti telematiche, ecc.; tutti quei mezzi sia hardware sia software che la rivoluzione digitale ha introdotto in ogni aspetto della nostra vita e che stanno faticosamente entrando anche nelle aule scolastiche, promettendo di modificare profondamente i processi di apprendimento degli studenti.

Si potrebbero classificare anche in base alla loro maggiore o minore diffusione nei tipici processi educativi oppure in base all'età che i loro utilizzatori in genere hanno. Noi preferiamo privilegiare un modo (cfr. Vittorio Midoro, Il museo delle tecnologie didattiche in Tecnologie Didattiche. Metodi e strumenti innovativi per la didattica, a cura di V. Midoro, G. Olimpo, D. Persico, Menabò Edizioni, 1996) che mette bene in luce uno dei pregi maggiori delle tecnologie digitali e multimediali; ossia la loro capacità di accompagnare in modo "naturale" e "graduale" lo sviluppo cognitivo del bambino, di non introdurre una rigida cesura tra le attività svolte a scuola - la realtà scolastica -, con la vita in cui fino a allora era immerso e continua ad essere immerso fuori delle mura scolastiche - la "realtà" tout court.

Potremmo allora dividere gli strumenti didattici in quattro gruppi in base ad una progressione logica della comunicazione didattica:

  1. il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono scene cinetiche;

  2. il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono immagini statiche;

  3. il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono testi orali e scritti;

  4. il gruppo dei mezzi multimediali.

Questa progressione è dettata dall'ipotesi che la conoscenza proceda dal particolare al generale, dal concreto all'astratto, dal semplice al complesso, dalla cinetica alla statica, dagli eventi alle idee. Nel primo gruppo, troviamo quelle tecnologie, come il cinema e la televisione, che riproducono le scene cinetiche dal vivo in tempo reale. In questo gruppo possiamo elencare: televisori, video-registratori, video-proiettori, video-cassette, cine-proiettori, film, documentari, ecc.

Sembra che questi mezzi di comunicazione siano quelli che meglio colgano la realtà, le relazioni spazio-temporali tra gli eventi. Ma a ben vedere non sempre sono adatti a riprodurre le idee, le relazioni logiche tra i fatti, a farci comprendere a fondo quello a cui stiamo assistendo. Malgrado ciò, quasi tutti questi mezzi possono riprodurre le stesse scene più volte o in tempo falsato (accelerato, rallentato). Ciò permette di soffermarsi meglio su una determinata sequenza, di intervenire nel flusso della realtà stessa, di comprendere meglio dei particolari. Ancora di più, tramite un 'fermo immagine' è possibile produrre una immagine statica.

Così entriamo nel secondo gruppo, quello delle tecnologie che riproducono in modo statico la realtà. In questo gruppo possiamo inserire i proiettori di diapositive, il disegno, la pittura, la lavagna luminosa, la lavagna d'ardesia, ecc. Ma anche all'interno di questo gruppo possiamo stabilire una progressione dal concreto all'astratto. Al primo posto ci sono le fotografie, poi i disegni dal vero, i quadri, poi il disegno industriale, architettonico, infine gli schemi, i diagrammi. Man mano che andiamo avanti la realtà viene riprodotta in maniera sempre più astratta, vengono messe in luce sempre di più solo le caratteristiche che stanno a cuore al comunicante.

Il disegno ideografico ci fa rapidamente entrare nel terzo gruppo quello delle tecnologie che riproducono il linguaggio orale e scritto. Qui il rapporto con la realtà è solo convenzionale, dipendente interamente dalla cultura, è un modo di comunicare molto astratto e sofisticato. In questo gruppo troviamo la lavagna, il libro, il quaderno, i registratori audio, ecc.

Nel quarto gruppo ci sono le tecnologie digitali e multimediale, quelle tecnologie che sono in grado, grazie alla codificazione binaria di numeri, testi, immagini, suoni, filmati, di utilizzare in un unico formato tutte le modalità di comunicazione viste finora. In questo gruppo troviamo i computer, i CD, gli ipertesti, le reti telematiche e i vari software.

Spieghiamo meglio il senso di questa classificazione. Nella pratica scolastica corrente i bambini vengono subito messi a contatto con tecnologie molto astratte e sofisticate come la scrittura e il disegno; senza considerare che la realtà in cui sono immersi è una realtà plurisensoriale, in continuo movimento, che coinvolge il loro corpo e la loro mente in modo molto più assorbente e coinvolgente. Sarebbe quindi più opportuno iniziare il loro percorso di formazione dalla riproduzione, dall'analisi, dalla manipolazione di scene cinetiche e sonore, per poi introdurre pian piano gli alunni verso le tecnologie più astratte, complesse e unidimensionali.

Le nuove tecnologie digitali ci offrono la possibilità, a costi abbastanza limitati, di costruire degli ambienti di apprendimento multimediali e multisensoriali in cui i bambini possono addestrarsi ad una progressiva astrazione. Ambienti in cui le varie modalità di comunicazione possono essere integrate tra loro, producendo qualcosa che non è la semplice somma delle parti. Le nuove tecnologie, inoltre, non sono sentite come qualcosa di estraneo dai bambini di oggi; sono presenti ovunque nelle loro case e nei loro giochi; con esse i bambini si trovano a loro agio; i video giochi, la televisione, il computer costituiscono per loro degli interlocutori vivi con cui dialogare, apprendere e divertirsi. Gli adulti non dovrebbero considerarle come nemiche dell'apprendimento, della riflessione, dello studio. Se utilizzate in modo appropriato all'interno dei processi di apprendimento possono costituire degli alleati preziosi per gli insegnanti. Non bisogna pensare, comunque, che il computer possa sostituire completamente il libro o il quaderno. Questi strumenti tradizionali, e la loro tradizionale utilizzazione, saranno sempre indispensabili e insostituibili. Si dovrebbe pensare più ad un'integrazione che ad una sostituzione.

Le nuove tecnologie e i modelli didattici

Ma è possibile introdurre i nuovi media nella scuola senza modificare i modelli didattici tradizionali e gli obiettivi didattici che l'istituzione scolastica tradizionalmente si dà?



Figura 3 - Un laboratorio di informatica

Siamo convinti che le nuove tecnologie favoriscano delle strategie d'insegnamento basate molto di più sull'approccio costruttivistico; in cui i ragazzi sono chiamati ad essere gli attori principali del processo di apprendimento; in cui è fondamentale una costruzione personale e attiva del proprio sapere a partire dai propri bisogni e dalle proprie motivazioni; in cui non si ascolta passivamente la lezione dell'insegnante e poi si ripassa lo stesso argomento sul manuale nel chiuso della propria stanza, ma si collabora attivamente e continuamente con i compagni e gli insegnanti; in cui il contesto in cui si studia è fondamentale e in cui la valutazione non è qualcosa di separato dal loro fare quotidiano.

In un tale modello didattico il ruolo dell'insegnante si modifica profondamente; il docente cessa di essere la fonte principale delle informazioni; diventa sempre di più un "facilitatore", un consigliere, un organizzatore del lavoro altrui. Il problema con cui si scontrano gli studenti di oggi non è quello di "avere" le informazioni, ma quello di recuperarle, renderle attive, strutturarle, riflettere su di esse in modo critico. Le conoscenze specifiche che l'insegnante ha nella sua disciplina diventano meno importanti, mentre acquistano maggiore importanza le sue capacità metodologiche e didattiche generali.

Lo spazio della tradizionale lezione frontale, di conseguenza, si restringe notevolmente ed aumenta quello dei lavori di gruppo, dei percorsi individualizzati, delle ricerche personali e di gruppo. Un modello d'insegnamento collaborativo e costruttivo sarebbe ovviamente possibile anche utilizzando gli strumenti didattici tradizionali; ma le nuove tecnologie lo rendono più agevole e più naturale; e gli studenti sono più motivati e portati più facilmente a prendere l'iniziativa. Con le nuove tecnologie è abbastanza facile creare degli ambienti virtuali, delle simulazioni, che aiutino lo studente a sviluppare il pensiero critico; perché è messo nella condizione di poter verificare le proprie conoscenze agendo in contesti 'concreti', di formulare delle ipotesi che possono essere messe immediatamente alla prova. Non dobbiamo, quindi, pensare alle nuove tecnologie come a degli strumenti "neutri", che si possono affiancare agli altri per continuare a perseguire gli stessi obiettivi con le stesse metodologie.

Molti hanno sostenuto - e tra gli altri, per esempio, Papert, Maragliano, Abruzzese - che i nuovi media potranno dispiegare tutte le loro potenzialità solo dopo che si sia messo in crisi l'attuale modello scolastico, con la sua tradizionale metodologia e la sua rigida compartimentazione tra le varie discipline scolastiche.

Lo studio dei nuovi media e con i nuovi media

Quale collocazione dovrebbe avere lo studio dei nuovi media all'interno degli attuali curricoli scolastici? Possiamo individuare, a questo riguardo, tre possibili soluzioni, ciascuna delle quali presenta, come vedremo, vantaggi e svantaggi.

In primo luogo, è possibile prevedere una materia apposita, da aggiungere al curriculum didattico tradizionale. Una seconda possibilità è quella di riservare a tali argomenti uno spazio extracurricolare, all'interno delle ore di attività integrative previste nella maggior parte degli istituti scolastici. Infine, si può pensare di integrare in maniera 'distribuita' lo studio dei nuovi media all'interno del curriculum didattico esistente, prevedendo che un'introduzione al loro uso sia fornita contestualmente alle singole attività di studio nell'ambito delle diverse materie, in tutte le occasioni nelle quali tali attività comprendano l'impiego di strumenti multimediali.

La scelta fra queste diverse soluzioni può avere una ricaduta anche sulla selezione e sull'organizzazione delle attrezzature multimediali utilizzate all'interno della scuola: la scelta di rendere totalmente o parzialmente autonomi i cosiddetti media studies sembra infatti suggerire la concentrazione degli strumenti informatici e multimediali in un laboratorio separato, nel quale gli studenti si recheranno nelle ore dedicate allo studio di questa materia. D'altro canto, l'idea di uno studio 'distribuito' nell'ambito di più materie sembra presupporre la disponibilità degli strumenti informatici nelle singole classi, in modo da poterli utilizzare in ogni momento, nei vari contesti dell'attività didattica quotidiana. Dicevamo che le diverse soluzioni proposte presentano vantaggi e svantaggi. Prima di provare a delineare la nostra risposta, cerchiamo di capire meglio il perché, e di valutarli insieme.

Indubbiamente, un uso consapevole ed efficace del computer e dei nuovi media presuppone una comprensione dei principi tecnici e logici basilari del loro funzionamento, e quindi richiede una trattazione almeno parzialmente autonoma. Ciò soprattutto per evitare che il computer sia considerato come una sorta di 'oggetto magico' che si può utilizzare, ma i cui principi di funzionamento restano appannaggio esclusivo di una ristretta casta di esperti. Da questo punto di vista, la prima fra le soluzioni sopra prospettate può sembrare preferibile, anche perché riconosce alle tematiche di cui ci stiamo occupando un pieno diritto di cittadinanza all'interno del curriculum scolastico, considerandole come argomenti che devono ormai far parte integrante del bagaglio conoscitivo e di competenze fornito dalla scuola ad ogni studente.

D'altro canto, la 'segregazione' di questo tipo di studi all'interno di una singola materia rischia di far perdere di vista la portata globale che caratterizza la 'rivoluzione digitale', fornendo un facile alibi a resistenze e rifiuti, soprattutto per quanto riguarda l'uso dei nuovi media nello studio delle scienze umane. Si rischia cioè che, una volta previsto uno spazio istituzionale e autonomo per i media studies, gli insegnanti delle altre materie siano tentati di lavarsene le mani, rinunciando alla fatica - ma anche alla sfida e ai vantaggi - di un uso di strumenti didattici avanzati nell'ambito delle rispettive discipline.

La seconda fra le opzioni delineate, quella dell'inserimento dello studio dei nuovi media in spazi autonomi extracurricolari, ha indubbiamente il vantaggio della flessibilità organizzativa. Ma presenta un rischio, che sarebbe pericoloso sottovalutare: quello di presentare come facoltativi e dunque in qualche misura secondari insegnamenti che forniscono invece competenze ormai indispensabili per l'inserimento culturale e lavorativo dei giovani.

La terza fra le opzioni considerate prevede che lo studio dei nuovi media debba avvenire non già in spazi autonomi, ma all'interno del normale curriculum didattico. Così, ad esempio, una introduzione all'uso dei programmi di videoscrittura potrebbe avvenire nell'ambito dell'insegnamento di italiano, col vantaggio di presentare tale strumento informatico non in maniera 'tecnica' ed astratta, ma nel contesto nel quale la discussione della pratica della scrittura si inserisce in maniera più naturale e consapevole. Analogamente, la lezione di matematica potrebbe fornire il contesto nel quale imparare ad utilizzare programmi di calcolo, un addestramento all'uso dei fogli elettronici potrebbe accompagnare lo studio delle procedure di stesura e verifica di un bilancio, CD-ROM e strumenti multimediali potrebbero integrare la lezione frontale un po' in tutte le materie, ma in particolare nello studio delle lingue straniere e delle scienze, lo studio della musica potrebbe offrire l'occasione per avvicinare gli studenti agli strumenti di gestione informatizzata dei suoni, e così via. Come si è accennato, questo approccio si basa sull'idea che la rivoluzione digitale abbia una portata globale e una natura intrinsecamente trasversale, coinvolgendo potenzialmente tutte le discipline, tutti gli insegnanti.

D'altro canto, non ci si può nascondere che la 'distribuzione' su più discipline della formazione relativa ai nuovi media non manca di presentare problemi: innanzitutto, sembra presupporre un corpo docente uniformemente dotato delle competenze necessarie a utilizzare le nuove tecnologie in ambito didattico, e ad addestrare a propria volta gli studenti al loro uso. È inutile nascondersi, tuttavia, che la situazione non è così rosea. Inoltre, un approccio di questo genere sembra funzionale ad un addestramento all'uso dei nuovi media, ma sembra più difficile da conciliare con l'esigenza di uno studio, anche se introduttivo, dei principi alla base del loro funzionamento. Ognuna delle opzioni considerate presenta dunque vantaggi e svantaggi.

A ben guardare, una parte dei problemi deriva dalla potenziale confusione fra lo studio dei nuovi media e lo studio coi nuovi media, riferito trasversalmente a molte discipline. Si tratta di due aspetti evidentemente interconnessi, ma che sarebbe pericoloso confondere. Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, qual è allora la strategia che è preferibile adottare?

A costo di rischiare l'ovvietà, ci sembra che la risposta migliore alle esigenze di formazione all'uso dei nuovi media sia data da una strategia che integri elementi di tutte e tre le opzioni sopra delineate, cercando di massimizzarne i vantaggi e di limitarne, proprio attraverso l'integrazione, gli svantaggi specifici. Pensiamo così che occorra trovare uno spazio specifico per lo studio dei principi generali di funzionamento di alcune tecnologie fondamentali - in primo luogo il computer e le reti telematiche - e che questo spazio debba essere curricolare, per garantire anche in questo campo un minimo di uniformità nella formazione di base. D'altra parte, la pratica d'uso dei nuovi media non deve essere limitata a tale spazio curricolare specifico, ma deve attraversare trasversalmente l'insieme delle discipline scolastiche. L'idea di una 'distribuzione' dell'uso delle nuove tecnologie all'interno delle varie discipline non deve dunque in alcun modo essere sacrificata alla pur necessaria formazione specifica sui principi di base del loro funzionamento. Al contrario, fra queste due situazioni didattiche - spazio autonomo dedicato a un'introduzione ai principi di base delle nuove tecnologie, e in particolare di quelle digitali, e loro uso 'distribuito' all'interno dei singoli insegnamenti curricolari - dovrebbe svilupparsi una proficua collaborazione, nella quale al primo di tali ambiti è riservata la costruzione di una 'base comune' di competenze teoriche e pratiche sulla quale sviluppare poi le esperienze didattiche specifiche nelle singole materie.



Figura 4 - Reti di computer possono essere un valido
 supporto per la didattica

L'ipotesi di una integrazione fra la prima e la terza opzione qui delineata non ci deve far concludere che sia da accantonare la seconda fra le opzioni considerate, quella che suggerisce l'impiego di spazi didattici extracurricolari. Tali spazi possano, al contrario, essere molto utili per un approfondimento dell'uso delle nuove tecnologie e possono costituire la sede ideale per sperimentazioni particolarmente avanzate o innovative, per progetti specifici, o per avviare, anche nel campo dei nuovi media, forme di collaborazione fra la scuola e il mercato del lavoro. Purché si abbia chiaro che non di alfabetizzazione tecnologica si tratta, ma di approfondimenti, integrazioni, sperimentazioni che presuppongono tale alfabetizzazione, sotto forma di competenze di base fornite a tutti gli studenti nell'ambito degli studi curricolari.

Il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche

L'introduzione di nuovi strumenti didattici nelle scuole italiane è avvenuta negli ultimi due decenni in modo disomogeneo e parziale seguendo fondamentalmente due modalità.

Nella prima, molte scuole, di vario ordine e grado, hanno acquistato televisori, videoregistratori, film, documentari e proiettori per diapositive, soprattutto per la didattica delle materie umanistiche e in particolare per la storia e la storia dell'arte; oppure si sono dotate di laboratori linguistici analogici per la didattica delle lingue straniere. Nella seconda istituti tecnici e professionali, soprattutto quelli di indirizzo industriale, si sono provvisti di laboratori informatici utilizzati quasi esclusivamente per l'insegnamento della matematica e dell'informatica.

Per quanto riguarda più specificatamente l'introduzione delle tecnologie digitali, il Ministero della Pubblica Istruzione, negli anni '70 e '80, si è preoccupato soprattutto, attraverso alcune sperimentazioni e i piani nazionali d'informatica, di introdurre i computer negli istituti tecnici e professionali. Dall'inizio degli anni '90, invece, è maturata la convinzione che gli strumenti informatici, multimediali e telematici, potessero essere un valido supporto nella didattica di tutte le discipline.

Da tale convinzione è nato il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche (PSTD) 1997-2000, promosso dal MPI e di cui è responsabile l'ispettore Mario Fierli (cfr. il sito http://www.istruzione.it/multimed.htm dedicato al PSTD).

Il PSTD ha caratteristiche fortemente innovative rispetto alle precedenti iniziative ministeriali, perché non è pensato come un intervento né straordinario, né settoriale, né gerarchico. Nel giro di tre anni a tutte le scuole italiane, di ogni ordine e grado, è offerta la possibilità di dotarsi stabilmente di attrezzature multimediali, scelte liberamente da ogni istituto scolastico. Il ministero si limita a dare delle indicazioni generali e a stabilire le modalità per accedere al finanziamento (cfr. i siti http://www.istruzione.it/guida.htm e http://www.istruzione.it/docubase.htm).

Il PSTD si ripropone tre obiettivi fondamentali:

  1. promuovere negli studenti la padronanza della multimedialità sia come capacità di comprendere e usare i diversi strumenti, sia come adozione di nuovi stili cognitivi nello studio, nell'indagine, nella comunicazione e nella progettazione;

  2. migliorare l'efficacia dei processi di insegnamento-apprendimento e la stessa organizzazione della didattica sia per quanto riguarda le singole discipline sia per l'acquisizione di abilità di tipo generale;

  3. migliorare la professionalità degli insegnanti non solo attraverso la formazione, ma anche fornendo strumenti e servizi per il loro lavoro quotidiano.

Per l'aggiornamento dei docenti, il PSTD propone l'allestimento di una o due stazioni multimediali di lavoro in ogni scuola per permettere ai docenti di familiarizzarsi con le nuove tecnologie digitali e telematiche tramite il progetto 1A che prevede uno stanziamento di 12 milioni. Una volta che gli insegnanti abbiano acquisito una sufficiente dimestichezza con le nuove tecnologie le scuole possono accedere al finanziamento previsto dal Progetto 1B per introdurre la multimedialità nelle normali attività curricolari.

Nello stesso tempo il MPI si è impegnato a promuovere alcune sperimentazioni mirate con progetti speciali o pilota. Tra questi possiamo segnalare: il progetto POLARIS, MULTILAB, RETE, TELECOMUNICANDO, MUSE, ecc.

Accanto all'iniziativa pubblica, si è fatta sempre più consistente negli ultimi mesi anche la partecipazione di privati, aziende e singoli cittadini, che si stanno impegnando a 'passare' i loro computer, obsoleti per gli standard aziendali ma ancora validi in ambito didattico, alle singole scuole. La più conosciuta tra queste iniziative è quella promossa dal quotidiano LaRepubblica.