Il nostro breve corso su Didattica e Nuovi Media si articola in
quattro lezioni: ognuna di esse comprende circa 30 minuti di video, una dispensa
come questa, e un modulo di esercizi e di test di autovalutazione, che vi
permetteranno di capire se avete assimilato i concetti fondamentali della
lezione.
Figura 1 - I nuovi media a scuola
In questa dispensa cercheremo, come prima cosa, di chiarire i
concetti di tecnologia didattica e di tecnologia per la didattica e stabiliremo
una prima classificazione degli strumenti per l'insegnamento. Successivamente
esamineremo come le nuove tecnologie modificano, o aiutano a modificare, i
tradizionali modelli di insegnamento. Poi ci occuperemo del problema di
stabilire quale sia la migliore collocazione dello studio dei nuovi media
all'interno dei curricoli scolastici attuali. Infine esamineremo le iniziative
prese dal Ministero della Pubblica Istruzione per introdurre le nuove tecnologie
nella didattica.
Definire che cosa si intende con il termine "tecnologie
didattiche" non è affatto semplice, come potrebbe dapprincipio sembrare (particolarmente
utile per il suo carattere introduttivo al tema delle tecnologie didattiche è
il saggio di Giorgio Olimpo, Nascita e sviluppi delle tecnologie didattiche in Tecnologie Didattiche. Metodi e strumenti innovativi per la didattica,
a cura di V. Midoro, G. Olimpo, D. Persico, Menabò Edizioni, 1996). Gli stessi
addetti ai lavori usano il termine con significati spesso differenti. Le due
definizioni più usate sono:
-
l'uso della tecnologia (i mezzi) nella didattica e
-
l'applicazione delle scienze del comportamento alla
didattica.
La prima riguarda l'analisi e l'utilizzazione degli strumenti
tecnologici più appropriati per favorire l'apprendimento dei discenti. Quello
che chiameremo tecnologie per la didattica. La seconda riguarda la progettazione
e la valutazione sistemica di modelli di apprendimento utilizzando le conoscenze
derivate dalle teorie psicologiche, evolutive e comportamentali. Quello che
chiameremo tecnologie didattiche. Ovviamente le due definizioni sono in stretta
correlazione: all'interno della progettazione e realizzazione di un modello di
apprendimento si utilizzeranno delle tecnologie per la didattica. E quindi, la
seconda definizione è quella più ampia e comprensiva.
Si è usato molto il termine "tecnologie didattiche",
o "educational technology", in ambiente anglosassone a partire dalla
seconda metà degli anni '50, sotto la spinta del comportamentismo skinneriano
che proponeva di estendere gli studi sperimentali sul comportamento condizionato
degli animali anche ai processi di apprendimento degli esseri umani. Nacquero
così molti studi sull'istruzione programmata e sull'utilizzazione di macchine
per l'apprendimento. Secondo il comportamentismo, le conoscenze e le abilità di
un individuo si possono ridurre all'insieme delle risposte date da
quell'individuo all'insieme complesso degli stimoli che il suo ambiente gli
offre. L'apprendimento umano, quindi, si può ridurre all'induzione di
comportamenti desiderati, attraverso un rinforzo positivo.
Figura 2 - Lo psicologo G.B. Skinner
Gli psicologi
cognitivisti, successivamente, criticarono questo
approccio di Skinner e ritennero che non si debba puntare l'attenzione solo al
comportamento, ma anche ai processi interni, agli stati mentali, che permettono
ad un soggetto di compiere determinate azioni. Quindi nella progettazione di
ambienti di apprendimento non si deve puntare solo al raggiungimento di
determinati obiettivi didattici, ma si deve tener conto soprattutto del loro
aspetto qualitativo, della loro flessibilità e trasferibilità in altri
contesti. Dal filone cognitivista è sorto il costruttivismo.
I costruttivisti mettono l'accento sull'impegno attivo da parte
dei discenti, sulla loro capacità a costruirsi organicamente una propria
conoscenza. In breve, per i costruttivisti il sapere viene visto come un
costrutto personale, realizzato tramite un'attività in collaborazione con altri
e sempre dipendente da un determinato contesto.
Comportamentismo, cognitivismo e costruttivismo sono le
teorie psicologiche che maggiormente hanno influenzato il campo di studi delle
tecnologie didattiche. Il nostro corso ha come scopo quello di offrire una
panoramica sugli attuali strumenti didattici informatici, multimediali e
telematici (le tecnologie per la didattica) e di descrivere alcune esperienze
della loro utilizzazione nelle varie discipline scolastiche; e quindi non ci
soffermeremo a lungo sull'analisi dei vari modelli di apprendimento (le
tecnologie didattiche). Ciononostante il discorso si sposterà spesso su
quest'ultimo punto perché è impossibile discutere sui pregi e difetti delle
nuove tecnologie applicate alla didattica senza far riferimento alle
modificazioni che inducono, o favoriscono, nei modelli di apprendimento.
L'insieme delle tecnologie per la didattica è costituito da
tutti quegli strumenti hardware o software, da tutte quelle tecnologie, che
possono essere utilizzate per facilitare l'apprendimento degli studenti e
l'insegnamento da parte dei professori; anche se possono essere state
inizialmente inventate con altri fini. Qualsiasi processo di apprendimento -
qualunque sia la sua strategia o modello psicologico - si serve di qualche
tecnologia, di qualche strumento didattico. La semplice penna, la scrittura, il
libro, la stampa, la lavagna, o anche le tavolette di cera, ecc., sono degli
strumenti didattici. Quando parliamo di tecnologie per la didattica, quindi, non
dovremmo pensare solo, per esempio, al videoregistratore o al computer.
Ci sono vari modi per descrivere e classificare gli strumenti
didattici. Si potrebbe scegliere un criterio cronologico ed elencarli in ordine
di invenzione o introduzione nei processi educativi. Si potrebbe allora parlare
di strumenti tradizionali per la didattica e in questo gruppo potremmo includere
i quaderni, la lavagna, i libri, le carte geografiche, ecc.. Sono ancora oggi i
mezzi più utilizzati nella didattica quotidiana delle nostre scuole, ma sono
stati introdotti nelle aule scolastiche da molti decenni, se non secoli. Oppure
di strumenti più recenti per la didattica, tecnologie che malgrado siano state
inventate molti anni o decenni fa, ancora oggi non sono usati molto spesso nei
normali processi educativi. Stiamo pensando alla televisione, al cinema, ai
registratori video o audio, ai proiettori di lucidi o diapositive, ecc.. Oppure
di tecnologie digitali per la didattica, i computer, i CD, le reti telematiche,
ecc.; tutti quei mezzi sia hardware sia software che la rivoluzione digitale ha
introdotto in ogni aspetto della nostra vita e che stanno faticosamente entrando
anche nelle aule scolastiche, promettendo di modificare profondamente i processi
di apprendimento degli studenti.
Si potrebbero classificare anche in base alla loro maggiore o
minore diffusione nei tipici processi educativi oppure in base all'età che i
loro utilizzatori in genere hanno. Noi preferiamo privilegiare un modo (cfr.
Vittorio Midoro, Il museo delle tecnologie didattiche in Tecnologie
Didattiche. Metodi e strumenti innovativi per la didattica, a cura di V. Midoro, G. Olimpo, D. Persico, Menabò Edizioni, 1996) che mette bene in luce
uno dei pregi maggiori delle tecnologie digitali e multimediali; ossia la loro
capacità di accompagnare in modo "naturale" e "graduale" lo
sviluppo cognitivo del bambino, di non introdurre una rigida cesura tra le
attività svolte a scuola - la realtà scolastica -, con la vita in cui fino a
allora era immerso e continua ad essere immerso fuori delle mura scolastiche -
la "realtà" tout court.
Potremmo allora dividere gli strumenti didattici in quattro
gruppi in base ad una progressione logica della comunicazione didattica:
-
il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono scene
cinetiche;
-
il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono immagini
statiche;
-
il gruppo dei mezzi per comunicazione che prevedono testi
orali e scritti;
-
il gruppo dei mezzi multimediali.
Questa progressione è dettata dall'ipotesi che la conoscenza
proceda dal particolare al generale, dal concreto all'astratto, dal semplice al
complesso, dalla cinetica alla statica, dagli eventi alle idee. Nel primo
gruppo, troviamo quelle tecnologie, come il cinema e la televisione, che
riproducono le scene cinetiche dal vivo in tempo reale. In questo gruppo
possiamo elencare: televisori, video-registratori, video-proiettori,
video-cassette, cine-proiettori, film, documentari, ecc.
Sembra che questi mezzi di comunicazione siano quelli che meglio
colgano la realtà, le relazioni spazio-temporali tra gli eventi. Ma a ben
vedere non sempre sono adatti a riprodurre le idee, le relazioni logiche tra i
fatti, a farci comprendere a fondo quello a cui stiamo assistendo. Malgrado
ciò, quasi tutti questi mezzi possono riprodurre le stesse scene più volte o
in tempo falsato (accelerato, rallentato). Ciò permette di soffermarsi meglio
su una determinata sequenza, di intervenire nel flusso della realtà stessa, di
comprendere meglio dei particolari. Ancora di più, tramite un 'fermo immagine'
è possibile produrre una immagine statica.
Così entriamo nel secondo gruppo, quello delle tecnologie che
riproducono in modo statico la realtà. In questo gruppo possiamo inserire i
proiettori di diapositive, il disegno, la pittura, la lavagna luminosa, la
lavagna d'ardesia, ecc. Ma anche all'interno di questo gruppo possiamo stabilire
una progressione dal concreto all'astratto. Al primo posto ci sono le
fotografie, poi i disegni dal vero, i quadri, poi il disegno industriale,
architettonico, infine gli schemi, i diagrammi. Man mano che andiamo avanti la
realtà viene riprodotta in maniera sempre più astratta, vengono messe in luce
sempre di più solo le caratteristiche che stanno a cuore al comunicante.
Il disegno ideografico ci fa rapidamente entrare nel terzo
gruppo quello delle tecnologie che riproducono il linguaggio orale e scritto.
Qui il rapporto con la realtà è solo convenzionale, dipendente interamente
dalla cultura, è un modo di comunicare molto astratto e sofisticato. In questo
gruppo troviamo la lavagna, il libro, il quaderno, i registratori audio, ecc.
Nel quarto gruppo ci sono le tecnologie digitali e multimediale,
quelle tecnologie che sono in grado, grazie alla codificazione binaria di
numeri, testi, immagini, suoni, filmati, di utilizzare in un unico formato tutte
le modalità di comunicazione viste finora. In questo gruppo troviamo i
computer, i CD, gli ipertesti, le reti telematiche e i vari software.
Spieghiamo meglio il senso di questa classificazione. Nella
pratica scolastica corrente i bambini vengono subito messi a contatto con
tecnologie molto astratte e sofisticate come la scrittura e il disegno; senza
considerare che la realtà in cui sono immersi è una realtà plurisensoriale,
in continuo movimento, che coinvolge il loro corpo e la loro mente in modo molto
più assorbente e coinvolgente. Sarebbe quindi più opportuno iniziare il loro
percorso di formazione dalla riproduzione, dall'analisi, dalla manipolazione di
scene cinetiche e sonore, per poi introdurre pian piano gli alunni verso le
tecnologie più astratte, complesse e unidimensionali.
Le nuove tecnologie digitali ci offrono la possibilità, a costi
abbastanza limitati, di costruire degli ambienti di apprendimento multimediali e
multisensoriali in cui i bambini possono addestrarsi ad una progressiva
astrazione. Ambienti in cui le varie modalità di comunicazione possono essere
integrate tra loro, producendo qualcosa che non è la semplice somma delle
parti. Le nuove tecnologie, inoltre, non sono sentite come qualcosa di estraneo
dai bambini di oggi; sono presenti ovunque nelle loro case e nei loro giochi;
con esse i bambini si trovano a loro agio; i video giochi, la televisione, il
computer costituiscono per loro degli interlocutori vivi con cui dialogare,
apprendere e divertirsi. Gli adulti non dovrebbero considerarle come nemiche
dell'apprendimento, della riflessione, dello studio. Se utilizzate in modo
appropriato all'interno dei processi di apprendimento possono costituire degli
alleati preziosi per gli insegnanti. Non bisogna pensare, comunque, che il
computer possa sostituire completamente il libro o il quaderno. Questi strumenti
tradizionali, e la loro tradizionale utilizzazione, saranno sempre
indispensabili e insostituibili. Si dovrebbe pensare più ad un'integrazione che
ad una sostituzione.
Le nuove
tecnologie e i modelli didattici
Ma è possibile introdurre i nuovi media nella scuola senza
modificare i modelli didattici tradizionali e gli obiettivi didattici che
l'istituzione scolastica tradizionalmente si dà?
Figura 3 - Un laboratorio di informatica
Siamo convinti che le nuove tecnologie favoriscano delle
strategie d'insegnamento basate molto di più sull'approccio costruttivistico;
in cui i ragazzi sono chiamati ad essere gli attori principali del processo di
apprendimento; in cui è fondamentale una costruzione personale e attiva del
proprio sapere a partire dai propri bisogni e dalle proprie motivazioni; in cui
non si ascolta passivamente la lezione dell'insegnante e poi si ripassa lo
stesso argomento sul manuale nel chiuso della propria stanza, ma si collabora attivamente
e continuamente con i compagni e gli insegnanti; in cui il contesto in cui si
studia è fondamentale e in cui la valutazione non è qualcosa di separato dal
loro fare quotidiano.
In un tale modello didattico il ruolo dell'insegnante si
modifica profondamente; il docente cessa di essere la fonte principale delle
informazioni; diventa sempre di più un "facilitatore", un
consigliere, un organizzatore del lavoro altrui. Il problema con cui si
scontrano gli studenti di oggi non è quello di "avere" le
informazioni, ma quello di recuperarle, renderle attive, strutturarle,
riflettere su di esse in modo critico. Le conoscenze specifiche che l'insegnante
ha nella sua disciplina diventano meno importanti, mentre acquistano maggiore
importanza le sue capacità metodologiche e didattiche generali.
Lo spazio della tradizionale lezione frontale, di conseguenza,
si restringe notevolmente ed aumenta quello dei lavori di gruppo, dei percorsi
individualizzati, delle ricerche personali e di gruppo. Un modello
d'insegnamento collaborativo e costruttivo sarebbe ovviamente possibile anche
utilizzando gli strumenti didattici tradizionali; ma le nuove tecnologie lo
rendono più agevole e più naturale; e gli studenti sono più motivati e
portati più facilmente a prendere l'iniziativa. Con le nuove tecnologie è
abbastanza facile creare degli ambienti virtuali, delle simulazioni, che aiutino
lo studente a sviluppare il pensiero critico; perché è messo nella condizione
di poter verificare le proprie conoscenze agendo in contesti 'concreti', di
formulare delle ipotesi che possono essere messe immediatamente alla prova. Non
dobbiamo, quindi, pensare alle nuove tecnologie come a degli strumenti
"neutri", che si possono affiancare agli altri per continuare a
perseguire gli stessi obiettivi con le stesse metodologie.
Molti hanno sostenuto - e tra gli altri, per esempio, Papert,
Maragliano,
Abruzzese
- che i nuovi media potranno dispiegare tutte le loro potenzialità solo dopo
che si sia messo in crisi l'attuale modello scolastico, con la sua tradizionale
metodologia e la sua rigida compartimentazione tra le varie discipline
scolastiche.
Lo studio dei
nuovi media e con i nuovi media
Quale collocazione dovrebbe avere lo studio dei nuovi media
all'interno degli attuali curricoli scolastici? Possiamo individuare, a questo
riguardo, tre possibili soluzioni, ciascuna delle quali presenta, come vedremo,
vantaggi e svantaggi.
In primo luogo, è possibile prevedere una materia apposita, da
aggiungere al curriculum didattico tradizionale. Una seconda possibilità è
quella di riservare a tali argomenti uno spazio extracurricolare, all'interno
delle ore di attività integrative previste nella maggior parte degli istituti
scolastici. Infine, si può pensare di integrare in maniera 'distribuita' lo
studio dei nuovi media all'interno del curriculum didattico esistente,
prevedendo che un'introduzione al loro uso sia fornita contestualmente alle
singole attività di studio nell'ambito delle diverse materie, in tutte le
occasioni nelle quali tali attività comprendano l'impiego di strumenti
multimediali.
La scelta fra queste diverse soluzioni può avere una ricaduta
anche sulla selezione e sull'organizzazione delle attrezzature multimediali
utilizzate all'interno della scuola: la scelta di rendere totalmente o
parzialmente autonomi i cosiddetti media studies sembra infatti suggerire
la concentrazione degli strumenti informatici e multimediali in un laboratorio
separato, nel quale gli studenti si recheranno nelle ore dedicate allo studio di
questa materia. D'altro canto, l'idea di uno studio 'distribuito' nell'ambito di
più materie sembra presupporre la disponibilità degli strumenti informatici
nelle singole classi, in modo da poterli utilizzare in ogni momento, nei vari
contesti dell'attività didattica quotidiana. Dicevamo che le diverse soluzioni
proposte presentano vantaggi e svantaggi. Prima di provare a delineare la nostra
risposta, cerchiamo di capire meglio il perché, e di valutarli insieme.
Indubbiamente, un uso consapevole ed efficace del computer e dei
nuovi media presuppone una comprensione dei principi tecnici e logici basilari
del loro funzionamento, e quindi richiede una trattazione almeno parzialmente
autonoma. Ciò soprattutto per evitare che il computer sia considerato come una
sorta di 'oggetto magico' che si può utilizzare, ma i cui principi di
funzionamento restano appannaggio esclusivo di una ristretta casta di esperti.
Da questo punto di vista, la prima fra le soluzioni sopra prospettate può
sembrare preferibile, anche perché riconosce alle tematiche di cui ci stiamo
occupando un pieno diritto di cittadinanza all'interno del curriculum
scolastico, considerandole come argomenti che devono ormai far parte integrante
del bagaglio conoscitivo e di competenze fornito dalla scuola ad ogni studente.
D'altro canto, la 'segregazione' di questo tipo di studi
all'interno di una singola materia rischia di far perdere di vista la portata
globale che caratterizza la 'rivoluzione digitale', fornendo un facile alibi a
resistenze e rifiuti, soprattutto per quanto riguarda l'uso dei nuovi media
nello studio delle scienze umane. Si rischia cioè che, una volta previsto uno
spazio istituzionale e autonomo per i media studies, gli insegnanti delle altre
materie siano tentati di lavarsene le mani, rinunciando alla fatica - ma anche
alla sfida e ai vantaggi - di un uso di strumenti didattici avanzati nell'ambito
delle rispettive discipline.
La seconda fra le opzioni delineate, quella dell'inserimento
dello studio dei nuovi media in spazi autonomi extracurricolari, ha
indubbiamente il vantaggio della flessibilità organizzativa. Ma presenta un
rischio, che sarebbe pericoloso sottovalutare: quello di presentare come
facoltativi e dunque in qualche misura secondari insegnamenti che forniscono
invece competenze ormai indispensabili per l'inserimento culturale e lavorativo
dei giovani.
La terza fra le opzioni considerate prevede che lo studio dei
nuovi media debba avvenire non già in spazi autonomi, ma all'interno del
normale curriculum didattico. Così, ad esempio, una introduzione all'uso dei
programmi di videoscrittura potrebbe avvenire nell'ambito dell'insegnamento di
italiano, col vantaggio di presentare tale strumento informatico non in maniera
'tecnica' ed astratta, ma nel contesto nel quale la discussione della pratica
della scrittura si inserisce in maniera più naturale e consapevole.
Analogamente, la lezione di matematica potrebbe fornire il contesto nel quale
imparare ad utilizzare programmi di calcolo, un addestramento all'uso dei fogli
elettronici potrebbe accompagnare lo studio delle procedure di stesura e
verifica di un bilancio, CD-ROM e strumenti multimediali potrebbero integrare la
lezione frontale un po' in tutte le materie, ma in particolare nello studio
delle lingue straniere e delle scienze, lo studio della musica potrebbe offrire
l'occasione per avvicinare gli studenti agli strumenti di gestione
informatizzata dei suoni, e così via. Come si è accennato, questo approccio si
basa sull'idea che la rivoluzione digitale abbia una portata globale e una
natura intrinsecamente trasversale, coinvolgendo potenzialmente tutte le
discipline, tutti gli insegnanti.
D'altro canto, non ci si può nascondere che la 'distribuzione'
su più discipline della formazione relativa ai nuovi media non manca di
presentare problemi: innanzitutto, sembra presupporre un corpo docente
uniformemente dotato delle competenze necessarie a utilizzare le nuove
tecnologie in ambito didattico, e ad addestrare a propria volta gli studenti al
loro uso. È inutile nascondersi, tuttavia, che la situazione non è così
rosea. Inoltre, un approccio di questo genere sembra funzionale ad un
addestramento all'uso dei nuovi media, ma sembra più difficile da conciliare
con l'esigenza di uno studio, anche se introduttivo, dei principi alla base del
loro funzionamento. Ognuna delle opzioni considerate presenta dunque vantaggi e
svantaggi.
A ben guardare, una parte dei problemi deriva dalla potenziale
confusione fra lo studio dei nuovi media e lo studio coi nuovi media, riferito
trasversalmente a molte discipline. Si tratta di due aspetti evidentemente
interconnessi, ma che sarebbe pericoloso confondere. Alla luce delle
considerazioni fin qui svolte, qual è allora la strategia che è preferibile
adottare?
A costo di rischiare l'ovvietà, ci sembra che la risposta
migliore alle esigenze di formazione all'uso dei nuovi media sia data da una
strategia che integri elementi di tutte e tre le opzioni sopra delineate,
cercando di massimizzarne i vantaggi e di limitarne, proprio attraverso
l'integrazione, gli svantaggi specifici. Pensiamo così che occorra trovare uno
spazio specifico per lo studio dei principi generali di funzionamento di alcune
tecnologie fondamentali - in primo luogo il computer e le reti telematiche - e
che questo spazio debba essere curricolare, per garantire anche in questo campo
un minimo di uniformità nella formazione di base. D'altra parte, la pratica
d'uso dei nuovi media non deve essere limitata a tale spazio curricolare
specifico, ma deve attraversare trasversalmente l'insieme delle discipline
scolastiche. L'idea di una 'distribuzione' dell'uso delle nuove tecnologie
all'interno delle varie discipline non deve dunque in alcun modo essere
sacrificata alla pur necessaria formazione specifica sui principi di base del
loro funzionamento. Al contrario, fra queste due situazioni didattiche - spazio
autonomo dedicato a un'introduzione ai principi di base delle nuove tecnologie,
e in particolare di quelle digitali, e loro uso 'distribuito' all'interno dei
singoli insegnamenti curricolari - dovrebbe svilupparsi una proficua
collaborazione, nella quale al primo di tali ambiti è riservata la costruzione
di una 'base comune' di competenze teoriche e pratiche sulla quale sviluppare
poi le esperienze didattiche specifiche nelle singole materie.
Figura 4 - Reti di computer possono essere un valido
supporto per la didattica
L'ipotesi di una integrazione fra la prima e la terza opzione
qui delineata non ci deve far concludere che sia da accantonare la seconda fra
le opzioni considerate, quella che suggerisce l'impiego di spazi didattici
extracurricolari. Tali spazi possano, al contrario, essere molto utili per un
approfondimento dell'uso delle nuove tecnologie e possono costituire la sede
ideale per sperimentazioni particolarmente avanzate o innovative, per progetti
specifici, o per avviare, anche nel campo dei nuovi media, forme di
collaborazione fra la scuola e il mercato del lavoro. Purché si abbia chiaro
che non di alfabetizzazione tecnologica si tratta, ma di approfondimenti,
integrazioni, sperimentazioni che presuppongono tale alfabetizzazione, sotto
forma di competenze di base fornite a tutti gli studenti nell'ambito degli studi
curricolari.
Il Programma di
Sviluppo delle Tecnologie Didattiche
L'introduzione di nuovi strumenti didattici nelle scuole
italiane è avvenuta negli ultimi due decenni in modo disomogeneo e parziale
seguendo fondamentalmente due modalità.
Nella prima, molte scuole, di vario ordine e grado, hanno
acquistato televisori, videoregistratori, film, documentari e proiettori per
diapositive, soprattutto per la didattica delle materie umanistiche e in
particolare per la storia e la storia dell'arte; oppure si sono dotate di
laboratori linguistici analogici per la didattica delle lingue straniere. Nella
seconda istituti tecnici e professionali, soprattutto quelli di indirizzo
industriale, si sono provvisti di laboratori informatici utilizzati quasi
esclusivamente per l'insegnamento della matematica e dell'informatica.
Per quanto riguarda più specificatamente l'introduzione delle
tecnologie digitali, il Ministero della Pubblica Istruzione, negli anni '70 e
'80, si è preoccupato soprattutto, attraverso alcune sperimentazioni e i piani
nazionali d'informatica, di introdurre i computer negli istituti tecnici e
professionali. Dall'inizio degli anni '90, invece, è maturata la convinzione
che gli strumenti informatici, multimediali e telematici, potessero essere un
valido supporto nella didattica di tutte le discipline.
Da tale convinzione è nato il Programma di Sviluppo delle
Tecnologie Didattiche (PSTD) 1997-2000, promosso dal MPI e di cui è
responsabile l'ispettore Mario Fierli (cfr. il sito http://www.istruzione.it/multimed.htm
dedicato al PSTD).
Il PSTD ha caratteristiche fortemente innovative rispetto alle
precedenti iniziative ministeriali, perché non è pensato come un intervento
né straordinario, né settoriale, né gerarchico. Nel giro di tre anni a tutte
le scuole italiane, di ogni ordine e grado, è offerta la possibilità di
dotarsi stabilmente di attrezzature multimediali, scelte liberamente da ogni
istituto scolastico. Il ministero si limita a dare delle indicazioni generali e
a stabilire le modalità per accedere al finanziamento (cfr. i siti http://www.istruzione.it/guida.htm
e http://www.istruzione.it/docubase.htm).
Il PSTD si ripropone tre obiettivi fondamentali:
-
promuovere negli studenti la padronanza della
multimedialità sia come capacità di comprendere e usare i diversi
strumenti, sia come adozione di nuovi stili cognitivi nello studio,
nell'indagine, nella comunicazione e nella progettazione;
-
migliorare l'efficacia dei processi di
insegnamento-apprendimento e la stessa organizzazione della didattica sia
per quanto riguarda le singole discipline sia per l'acquisizione di abilità
di tipo generale;
-
migliorare la professionalità degli insegnanti non solo
attraverso la formazione, ma anche fornendo strumenti e servizi per il loro
lavoro quotidiano.
Per l'aggiornamento dei docenti, il PSTD propone l'allestimento
di una o due stazioni multimediali di lavoro in ogni scuola per permettere ai
docenti di familiarizzarsi con le nuove tecnologie digitali e telematiche
tramite il progetto 1A che prevede uno stanziamento di 12 milioni. Una volta che
gli insegnanti abbiano acquisito una sufficiente dimestichezza con le nuove
tecnologie le scuole possono accedere al finanziamento previsto dal Progetto 1B
per introdurre la multimedialità nelle normali attività curricolari.
Nello stesso tempo il MPI si è impegnato a promuovere alcune
sperimentazioni mirate con progetti speciali o pilota. Tra questi possiamo
segnalare: il progetto POLARIS,
MULTILAB, RETE,
TELECOMUNICANDO,
MUSE,
ecc.
Accanto all'iniziativa pubblica, si è fatta sempre più
consistente negli ultimi mesi anche la partecipazione di privati, aziende e
singoli cittadini, che si stanno impegnando a 'passare' i loro computer,
obsoleti per gli standard aziendali ma ancora validi in ambito didattico, alle
singole scuole. La più conosciuta tra queste iniziative è quella promossa dal
quotidiano LaRepubblica.
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