Incanto della Rete versus Rete all'incanto
Non si tratta di un semplice elogio della navigazione lenta o
complicata, giacché anche l'idea semplicità non si contrappone
alla complessità. Direi che si tratta di tessere l'elogio
dell'oscurità, della difficoltà, della vitalità che scaturisce
dall'"usabilità" messa alle strette dall'espressione. La
rete non conosce (che) se stessa. Nella sua autoreferenzialità
dimora il principio di perenne "inciampo" della
comunicazione. Essa presuppone un salto nel vuoto e il problema è
cercare di definirlo, di cristallizzarlo, di renderlo permeabile:
non di riempirlo! la spiegazione è semplice (questa si): il vuoto
è una congettura, cioè qualcosa. Il vuoto, allora non va riempito:
deve essere com-preso, ovvero bisogna appropriarsene rendendolo
attivo. Senza darwinismi tecnocratici e senza sterili tecnofobie.
Appigli. Il mercato non vuole appigli, desidera solo che vi si
scivoli sopra con quella speciale tavoletta surf che si chiama
credit card;
Segnali. Che tutto diventi segnale d'acquisto! ecco la vera
involuzione rivoluzionaria. Puo' esistere, sembra sentire da più
parti, solo un web intessuto di seduzioni onnimonetarie e
filo-market. Vedremo ovunque segni come fili di Arianna verso le
svariate banche.
Web-insostenibilità. Dati esperibili e consumo stabile: ecco un
altro monito incipiente (o già, forse, realizzato).Tra le infinite
tipologie di esposizione di dati prevale quella dell'esperibilità
dopo navigazione, del consumo dopo la conoscenza (o dell'incoscienza
prima del consumo!). La merce ci chima per nome e noi avviamo il
processo di scambio, il baratto di bit.
Contra dogmaticos. si ha necessità di attraversare la rete senza
esserne consumati. Se consumo ci deve essere che sia conoscenza. La
semplicità non è direttamente proporzionale a velocità e
velocità non è l'alter ego del "meglio". Ci sono zone
del nostro immaginario che si alimentano solo di oscurità per
snidare la chiarezza alla fine del punto di domanda. L'usabilità è
un ombrellone ideologico, uno scudo contro l'estetica e le poetiche.
Lasciateci abbrustolire sotto il taglio che ci è più consono. E
poi di quale uso si parla? Se pensiamo all'e-commerce, il discorso
è finito e la logica pietrificata dal raggio micidiale di
"Paris qui dort". Ma se pensiamo alla grafica-web come
possibilità di espressione, allora non capisco bene (e perché
prendersela con un programma come Flash!?). Un mezzo, appunto, si
usa. Ma io posso usare la scrittura per scrivere l'orario dei treni
(in modo monosemico) o per imbrattare la carta con la Divina
Commedia. Se Dante avesse seguito i principi della "webusabilità"
forse avrebbe scritto qualcosa di meno interessante. Non sono secoli
che cantiamo la sua "oscurità" e polisemia? Bene, allora,
se la strada è quella indicata da dai web-semplificatori perchè
non applicare questi principi anche alla grafica delle riviste, dei
libri, dei format etc...Qualcuno dirà che questa è diversa cosa,
ma allora perché proprio il web dovrebbe abdicare le sue
potenzialità estetiche all'usabilità commerciale? Forse web non fa
rima con arte, ma web non deve far rima con niente: è uno
strumento. E nient'altro. Una certa precettistica tende a produrre
solo "cataloghi" e repertori di merci. Forse anche qualche
acquirente in più. Poi, come al solito, ci sarebbe la crisi e la
rivalutazione dell'estetica. Ma perché perdere questo tempo? l
rizoma ha già fagocitato il centro: per alimentare la
proliferazione indefinita del nucleo nell'alveo dell'instabilità,
che è un non-luogo scomodo ma necessario.
bisaccia@philo.unibo.it
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