Dissociare il webdesign dall'usabilità
Il rischio che la Rete diventi un supermercato
in cui la bellezza e l'intelligenza siano vietate
di Franco "Bifo" Berardi
Negli ambienti che si occupano del divenire dell'Internet, ha
suscitato grande interesse negli ultimi tempi un libro di Jakob
Nielsen dal titolo Web Usability che in Italia è stato pubblicato
dall'editore Apogeo. La tesi del libro è talmente semplice da
rasentare l'ovvietà più assoluta: Jakob Nielsen sostiene che i
siti Web debbono essere chiari e coerenti, devono permettere una
navigazione semplice ed efficace, devono mantenere quello che
promettono ed evitare ogni tipo di ambiguità e di ridondanza del
messaggio. Tutte queste cose concorrono a formare il concetto di
"Web Usability" o usabilità dei siti Web. (vedi il sito: www.useit.com/) Ma dietro l'apparente ovvietà delle tesi sostenute
da Nielsen si gioca una partita decisiva per il futuro della rete e
in generale delle tecnologie di comunicazione. Quel che è in gioco,
infatti, è il problema della produzione di significato e delle
modalità di interpretazione sociale. Bisogna rendere le cose
facili, facilissime, il più facili possibile, dice Nielsen. E chi
si opporrebbe alla semplicità alla comprensibilità? Ciò a cui
Nielsen si oppone sono le complicazioni estetiche e tecnologiche,
l'uso di Flash, ad esempio (secondo lui il 98 per cento delle
realizzazioni flash è inutile e si porrebbe tranquillamente
eliminare). Ma l'ovvietà nasconde una strategia comunicativa che a
qualcuno appare pericolosa: in effetti l'idea che si afferma
attraverso la definizione di criteri di web-usability è quella
dell'automatizzazione dei processi di interpretazione e di
navigazione. Dietro la semplificazione della navigazione si
intravede la trasformazione della rete in una sorta di percorso
prestabilito che segue strade precostituite verso destinazioni che
poi sono facilmente intuibili: comprare, comprare comprare. Making
things easy (facilitare le cose) è il principio guida per la
trasformazione della rete in un sistema di potere economico e
politico rigido, automatico, inevitabile. Se riduciamo Internet a un
sistema pavloviano di domande prevedibili e di risposte
precostituite, la rete diverrà un congegno di produzione e
distribuzione di merce e di potere. Nielsen parte dalla premessa che
l'Internet si è allargata enormemente rispetto alle sue origini
pionieristiche, quando si navigava in Mosaic, e la rete era un
intrico di piccole viuzze e di indirizzi nascosti per pochi
frequentatori. Poco alla volta la rete di viuzze si è trasformata
in un'autostrada con i suoi caselli obbligati di ingresso costruita
in modo che il flusso ci conduca verso certi portali di consumo. A
questo scopo, dice Nielsen, il percorso deve essere privo di
ambiguità. Ma l'ambiguità è l'essenziale di ogni comunicazione
che non sia riducibile a mera ingiunzione, ordine che proviene dal
potere e al quale bisogna obbedire se non si vuole essere emarginati
ed espulsi. La pretesa di una comunicazione univoca e non ambigua
può rivela una certa ignoranza della semiologia della interazione,
o piuttosto rivela l'intenzione di ridurre l'interazione a processo
precostituito. Alcuni ambienti nei quali si svolge l'analisi teorica
e critica del divenire della rete hanno lanciato una discussione
approfondita sulle implicazioni semiologiche, psicologiche, e
sociali, delle tesi di Jakob Nielsen. Ad esempio in Nettime
si è sviluppato (e non è ancora esaurito) un
thread (un filo di discussione) dedicato al tema Disassociate
Webdesign from Usability (dissociare la progettazione di rete
dall'usabilità).Felix Stadder, uno degli animatori di questo
ambiente, in un messaggio inviato alla mailing list (nettime.org/archive)
dice: è vero, molto spesso l'animazione flash o 3D non produce
alcun contenuto interessante, e di conseguenza una maggioranza degli
utenti tende a saltare le intro e le animazioni di questo genere. Ma
qualcun altro si chiede: Come possiamo allora parlare della
bellezza, dell'estetica, della polisemanticità del messaggio che
circola attraverso la rete? Internet non è un medium che deve
sacrificare ogni cosa alla creazione di opportunità economiche ma
una sfera di creazione nella quale si pongono delle domande
estetiche, delle ricerche di significato, cioè della comunicazione
vera, e non prestampata a uso e consumo di commercianti e di utenti
conformisti.
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