Dalla parte della complessità
Personalmente, ho sempre amato le cose complicate. Mi interessano,
mi attraggono, mi affascinano. Più sono difficili da capire e da
affrontare, più mi tengono legata, per non dire inchiodata. Per me
non esiste la possibilità di fare un percorso lineare, tipo: prima
imparo le lettere dell'alfabeto e poi comincio a leggere. È
piuttosto vero il contrario: comincio a leggere, e dal brano che ho
davanti, ricavo - per deduzione - le regole. Non importa quanto
questo processo può essere faticoso, e so benissimo che a volte è
controproducente o addirittura disastroso. Ma è irresistibile: un
antidoto certo contro la noia, la strada per una fruizione libera,
per una visione personale della realtà.
Poi, a volte, la semplicità mi colpisce, quasi come una
rivelazione, e mi accorgo che - dopo aver fatto una serie di giri
improbabili - sono arrivata a quello che in realtà è un punto di
partenza abbastanza scontato.
Al di là dell'autobiografismo (ma non è sempre da lì che in
fondo partiamo?), riflettere sull' usabilità, mi suscita un
movimento di questo genere. Istintivamente, non posso che schierarmi
contro: come rinunciare alla bellezza, alla creatività, soprattutto
alla libertà? Stabilire regole certe per siti facili e usabili? No,
assolutamente no, e mille volte no!! È vero, mi capita di arrivare
su siti "difficili", dove navigare non è uno scherzo. Ma
penso sempre che dipende da me, che sono io che non capisco la
logica che li guida. Mi si potrebbe sempre dire, che non ogni logica
è interessante. Ma la risposta per me è ovvia, quasi scontata:
"Lasciatelo decidere a me". Meglio perdere del tempo -
fosse anche prezioso - e scoprire di aver fatto un buco nell'acqua,
ma avere la possibilità - invece - di scoprire qualcosa di
impensato, forse di fondamentale. È un po' come se si chiedesse
agli scrittori di scrivere solo libri alla portata di tutti, dal
significato chiaro e dallo stile lineare. Per quel che mi riguarda,
non amo i libri volutamente ricercati, inutilmente complicati, dove
la difficoltà diventa una sorta di compiacimento narcisistico. Ma
c'è un livello di complessità "oggettivo",
irrinunciabile, funzionale a una crescita esistenziale, prima ancora
che intellettuale.
E lo vogliamo negare ad Internet? In nome di cosa? Forse bisogna
avere ancora il coraggio di credere nell'intelligenza e nella
sensibilità delle persone: se un sito è inutilmente complicato,
non lo visiterò più. Se la grafica è ridondante, brutta, inutile,
la giudicherò tale. E se poi mi piace così, alla fine è un
problema mio, per non dire una scelta.
La facilità forse deve essere caratteristica irrinunciabile dei
siti istituzionali, o di quelli che si pongono l'obiettivo di
offrire un servizio. Allora sì, certo tipo di informazioni devono
essere - per loro natura - accessibili a tutti.
Ma Internet è anche molto altro, e può diventare qualcosa che
adesso neanche immaginiamo. Forse è pericolosa, ma non più di
tante altre cose. E soprattutto chi lo può decidere, e in base a
quali strumenti etici?
wanmar@libero.it
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