|
L'ossessione e la critica all'ossessione
Scorrendo i vari messaggi e articoli non credo di sbagliare notando una specie di disputa ideologica tra coloro i quali si sono macchiati di "lesa fantasia" e il popolo di Alfieri, cavalieri che si battono affinchè rinasca un altro Palladio.
In nome di una libertà fondata sull'assenza di regole o standard.
Questo intervento ha il proposito di provare a ridefinire i termini della questione.
Non credo, o meglio, non posso credere che Mr Jakob Nielsen sia il mandante di chissà quale individuo subdolo e pericoloso, pronto a riempirsi le tasche con i proventi di una omogeinizzazione stilistica del web, o peggio Mr Nilsen sia un altro guru del "nuovo diavolo" (leggasi omologazione culturale).
La frase "Il rischio che la Rete diventi un supermercato in cui la bellezza e l'intelligenza siano vietate", posta a titolo dell'articolo di Berardi, mi ha fatto letteralmente allibire. Perchè porre la questione in questi apocalittici termini significa fuorviare sè stessi e il lettore.
A meno che Berardi non sia un grandioso veggente (per cui sa cose che noi altri ignoriamo) non so con che criterio egli possa riconoscere l'esistenza di tale "rischio". E allo stesso tempo non è chiaro come tesi contrarie a quelle di Nilsen, invece, ci terranno al sicuro.
Per contro la storia della tecnologia informatica ci ha mostrato che dove regna la confusione e il prodotto presenta difficoltà interpretative user-side è più facile che un prodotto di facile usabilità diventi LO STANDARD. La storia di Microsoft e della Intel ne è una palese dimostrazione.
Ora io provo a buttare giù qualche semplicissimo pensiero.
Credo che sia essenziale intendersi sui presupposti de discorso e definire il terreno della disputa, cioè la Rete. Se defininiamo la Rete Internet come MEZZO (affiancandogli termini come mass-media, contenitore, ecc) mi sembra logico, se non necessario che conquisti primaria importanza "il messaggio" e di conseguenza tutte le forme possibili per esprimerlo.
Se viceversa si intende la Rete come un ECOSISTEMA, ossia come sistema aperto ma CONCLUSO, i presupposti stessi del discorso vengono ribaltati e chiaramente non è possibile argomentare secondo il paradigma "liberta'-oppure-standard".
Se intendiamo la Rete in questo modo non c'è estraneità tra soggetti coinvolti e il messaggio comunicato deve necessariamente avere un CODICE determinato che lo renda scambiabile potenzialmente con ciascuna dell' altra parte. leggo che si rievoca il periodo "magico" del Mosaic... Ma perchè non ci si accorge che agli albori la Rete era apunto un Sistema, potenzialmente aperto ma in realtà concluso in sè, frequentato da soggetti molto simili tra loro (simili in senso sociologico), e aveva un rigido e per tanti (ma davvero tanti) inaccesible codice di comunicazione. Ora che la rete è un fenomeno di massa accade che molti cercano di ricreare quel sistema, anzi meglio, ciascuno cerca di riprodurre quella situazione di appartenenza a una comunità ricercando codici di comunicazione quanto più affini possibile.
Si parla di usabilità, di semplicità. Credo che sia un dovere, oltre che una sfida interessante, che ogni soggetto parte di questo ecosistema renda la propria comunicazione disponibile, se non a tutti, per lo meno a molti. Perchè farsi comprendere è un dovere di chi parla, è troppo comodo il dire "io ho parlato adesso se sei capace capiscimi".
Non credo sia una questione di democrazia, anzi tutt'altro... sinceramente credo sia più una quastione di rapporto individuale tra colui che pone in essere comunicazione e chi la riceve. Nel web questo rapporto si determina con una continuità istantanea, è necessario mantenere alta la qualità del rapporto comunicativo tra soggetti.
Altro che l'ossessione delle regole.
thebishop@libero.it
|
|
|
|