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In principio fu Creeper

Eleonora Giordani

Breve storia dei virus informatici

"Sono Creeper, cacciami se puoi" (I'm Creeper, catch me if you can) : è il primo messaggio sadico trasmesso da un virus informatico sui monitor degli utenti collegati alla rete Arpanet. Era il 1970, parliamo dell'archeologia di Internet. Creeper non procurava alcun danno reale, solo qualche fastidio, e il suo creatore Bob Thomas poco dopo mise in rete anche un prototipo di antivirus, chiamato Reaper, che distruggeva l'intruso.
Ma l'idea di creare un programma che si riproduce autonomamente in un sistema contaminandolo, come i batteri di un'infezione si diffondono negli organismi viventi, è ancora più vecchia.
Nel 1948 il matematico John von Neumann, studiando l'analogia tra macchina e uomo, inventa un modello di "automa cellulare" in grado di autoriprodursi secondo un meccanismo simile a quello biologico. E nel 1959 il concetto di programma auto-replicante viene utilizzato per "Core Wars" un gioco per addetti ai lavori in cui i virus si combattono fino alla morte sovrascrivendosi a vicenda in una zona della memoria dei Pc.

All'origine ci sono soprattutto esperimenti di programmatori, che determinano prevalentemente effetti visivi. Come "Brain", il virus sviluppato da due fratelli pakistani che cambiava nome ai dischetti floppy, "Stoned", un programma che faceva apparire sul monitor la scritta: "il tuo pc adesso è stoned, sballato" e "Cascade", che faceva cascare le lettere sullo schermo. E "Ping pong" il primo virus italiano, generato al Politecnico di Torino, che faceva rimbalzare una pallina sul video dei pc infettati. Presto però i virus diventano vere e proprie malattie dei computer, in grado di provocare danni nei file e nell'hard disk di chi ne è colpito. E' il caso del famigerato "Jerusalem" che cancellava tutti i programmi lanciati il giorno della sua attivazione. Stesso principio per Michelangelo, il virus che entrò in funzione il 6 marzo 1992, anniversario della nascita del grande artista: l'effetto previsto era la cancellazione del contenuto del disco rigido di milioni di computer in tutto il mondo. Ma in realtà il numero dei Pc colpiti fu molto limitato. In tempi più recenti Internet e la posta elettronica sostituiscono i floppy disk come veicoli di contagio, facendo crescere anche il numero delle potenziali vittime. E' ancora viva la memoria del ciclone Melissa, del 1999, che approfittando di una falla del client di posta Microsoft si autoinviava ai primi 50 indirizzi presenti nella rubrica dei computer infetti, saturando i server di tutto il mondo ma senza rovinare i terminali utenti. I danni gravi sono invece arrivati con Explore.zip e soprattutto con "I love you", che il 3 maggio 2000 ha colpito oltre 300 mila computer in meno di 24 ore. Come rimediare?
A fornire gli antidoti sono spesso gli stessi creatori, nella (non tanto) segreta speranza di farsi assumere da qualche software house. Anche se sotto sotto aleggia il sospetto che in molti casi siano proprio le aziende produttrici di antivirus a creare il nemico da combattere.


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