Mercoledi' 7 marzo 2001

Revisione testi a cura della redazione internet di MediaMente

Il fenomeno hacker

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Qualche numero
- Ma chi sono gli hacker?

Hack the planet

Hacker: fanatici sì, ma con ingegno (e tanta cooperazione)

Il software da guardia

Addio carta di credito

Il pirata "etico"

I laboratori degli hacker sociali


Il fenomeno hacker

 

Abbiamo letto sulle cronache dei giornali degli hacker protagonisti al vertice di Davos, dove ogni anno si raduna il gotha dell'economia mondiale, di un'incursione informatica che avrebbe scavalcato i sistemi di difesa del Forum accedendo ai dati riservati contenuti nel data base: l'indirizzo privato, il numero di telefono cellulare, l'indirizzo di posta elettronica e anche il numero della carta di credito di personaggi come Bill Clinton, Yasser Arafat, Bill Gates, per citare alcuni tra i 1400 rappresentanti convenuti al Forum da tutto il mondo. Non era mai successo prima. Com'è possibile che sia avvenuto tutto ciò? Il World economic forum ha sottovalutato la capacità degli hacker o non ha preso misure di sicurezza sufficienti?

Difficile dire cosa sia successo davvero a Davos, di quale portata sia stata questa azione e quali saranno le conseguenze. Molte aziende si limitano al "no comment" finché non saranno giunte a termine le indagini in corso. La maggior parte dei partecipanti, per ovvi motivi, non ha piacere di raccontare l'esperienza. Una cosa è certa: violare un sistema informatico non è certo un gioco da ragazzi ma neppure un'impresa impossibile. I sistemi di sicurezza che vengono utilizzati nelle aziende e negli enti istituzionali sono molto spesso vulnerabili. Il progressivo utilizzo di Internet ha creato molte semplificazioni nel modo di lavorare ma anche molti problemi inesistenti fino a qualche anno fa.

Qualche numero

Novembre e dicembre 2000 sono stati i mesi che hanno registrato una gran quantità di incursioni di hacker ai danni di grandi aziende. La crescita esponenziale di siti violati registra questi numeri: 71 nel settembre, 614 in ottobre, 707 in novembre e 843 in dicembre. L'inizio del 2001 non sembra essere da meno. E il fenomeno riguarda anche l'Italia.

Un gruppo che si fa chiamare "Prime suspectz", responsabile tra l'altro dell'attacco a un sito del Nasdaq con la conseguente inagibilità per ben tre giorni, ha firmato il crack di Alcatel.it e quello della divisione italiana di AT&T. L'8 dicembre compare, per la prima volta, il nome di Theli, un hacker che rivendica l'azione contro www.bancagenerali.it. Il sito è rimasto inaccessibile per due giorni. A inizio di gennaio 2001 sono decine i siti italiani buttati giù da Theli (cheese.it, solution.it, obim.com, vieste.com, metalife.it, nores.it, tele-net.it, cucchi.it, edinfo.it, graphos.it, cyberstudio.it, davis.it, drol.it, fanzine.net, genius.it, legali.it, cristalauto.com, argonauti.it, fait.it, golden-bridge.com, mercafir.it, alexphil.com, lemirage.it ed altri).

Ancora: il 23 gennaio, l'attacco, da parte di un gruppo che si fa chiamare Crime boys, al sito di Radio vaticana, proprio poco dopo che il Papa aveva finito il suo discorso sull'utilità di Internet come strumento di evangelizzazione

Il 25 gennaio 2001 il sito della Microsoft viene reso inaccessibile a milioni di utenti.

Ma chi sono gli hacker?

Goliardiaci, eroi della rivoluzione informatica, pirati, criminali telematici? Per governi e grandi software house, i pirati sono solo una variante tecnologica dei delinquenti comuni. Ma per buona parte del popolo dei programmatori, dei ricercatori, degli internauti, sono al contrario gli interpreti dello spirito autentico della telematica.

Partiti dal Mit negli anni '50 , divengono un fenomeno culturale negli anni '70. Per anni sono stati una leggenda: schiere di ricercatori e ragazzi accomunati dalla passione per l'informatica e per la Rete. Ne conoscono i segreti, ne svelano le cosiddette falle, condividono conoscenze e progressi perfezionando a più mani sofisticati programmi di sistema. Quasi una filosofia di vita.

Oggi sappiamo che spesso sono gli stessi hacker a scovare i cosiddetti "bachi" e a trovarne i rimedi. Le aziende lo sanno, e cominciano ad assumerli per potenziare i loro sistemi di sicurezza. Anche perché sono le stesse aziende a correre i rischi maggiori, soprattutto quelle che fanno e-commerce e che devono tenere nota di tutte le transazioni avvenute, registrare i dati dell'acquirente e anche le forme di pagamento, con relativo numero di carta di credito. E' un patrimonio di dati bancari preziosissimo. E proprio la sicurezza delle carte di credito è uno dei motivi per cui, da noi, il commercio elettronico stenta a decollare. Il 70% degli italiani teme infatti che il proprio numero di carta possa essere "catturato" e utilizzato da qualcun altro.