Hacker: fanatici sì, ma con ingegno (e tanta cooperazione)
di Franco Carlini
Che ne sarebbe dell'arte e della cultura senza la maniacalità
di pochi ispirati? Gli hacker, secondo Franco Carlini, sono fanatici
solitari con un forte senso della comunità, che hanno fatto della
libera circolazione delle idee il loro manifesto etico e politico.
Troppi significati per una sola parola: è questa la condizione
presente del termine "hacker". Ma, tra tutti i
significati, ce n'è uno, che è quello originale, che oggi va
riacquistando peso e rilievo: è quello dell'hacker come fanatico,
dell'hardware e del software. Fanatico, quindi maniacale, perché
bisogna avere una buona dose di maniacalità per creare eccellenti
opere dell'ingegno, che si tratti di poesia, di musica oppure di
software. Arriveranno solo dopo le grandi case del settore
informatico a consolidare l'innovazione e a renderla un prodotto di
massa. Ma la scintilla dell'innovazione, tuttora, a cinquant'anni
dall'invenzione del computer, continua ad essere frutto di menti
solitarie e di giovani un po' arruffati. Con una variante, tuttavia:
che questi giovani sono sì individualisti e singoli, ma al tempo
stesso si considerano e sono parte di una comunità che ha ampi
valori condivisi e comuni. Pensano, per esempio, che l'ingegno sia
individuale e creativo, ma che le idee debbano circolare
liberamente, e con esse il software che le realizza e concretizza.
Solo così, pensano, si potranno realizzare dei prodotti di grande
valore, affidabili, diffusi, aperti in sostanza. Per le case di
software questa è sempre stata una bestemmia, essendo abituate a
lavorare con prodotti chiusi e proprietari. Eppure, ed è questa la
novità dell'ultimo anno, proprio questi software aperti ed in
libera circolazione stanno conquistando peso e terreno; stanno
perfino diventando un business, e questo è un vero successo per il
mondo degli hacker.
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