Mercoledi' 14 febbraio 2001
Revisione testi a cura della redazione internet di MediaMente

I "New Workers"

Nuove generazioni verso il lavoro-avventura

Il mito infranto del posto fisso

Gallino: "Crediti professionali per i lavoratori nomadi"

Cresce negli Usa la voglia di sindacato

Contratti di lavoro per i call center

L'Università si rinnova

Collocamento online


I "New Workers"

Nuovi lavori per una nuova economia

Community manager, ethical hacker, content engineer. Sono soltanto alcuni dei nomi dei nuovi professionisti di Internet. Ma chi sono? Il community manager è chi tiene le fila di una comunità virtuale, in modo da far guadagnare il sito che la ospita, l'hacker "etico" è pagato per infiltrarsi nella rete della sua azienda e verificarne la sicurezza, il content engineer è invece un nuovo professionista dell'informazione, lontano parente del giornalista e dotato di solide conoscenze tecnologiche. Accanto a programmatori e webmaster sono queste le figure più richieste nella new economy. Secondo una ricerca dell'ufficio americano Bureau of Labor Statistics, gli informatici e le professioni collegate sono in testa alla classifica dei nuovi lavori più richiesti nel terzo millennio.

Ma è sempre più difficile trovare queste nuove figure professionali. Si calcola che in Europa un milione settecentomila posti di lavoro per professionisti dell'information technology resteranno vacanti entro il 2003. Una situazione che causerà un calo di produttività superiore ai cento miliardi di euro all'anno. In Italia, il quadro non è molto diverso. Nel 1999 mancavano 69mila professionisti informatici pari a una riduzione del prodotto interno lordo di 7600 miliardi. E, le previsioni per quest'anno, secondo una recente ricerca realizzata da NetConsulting per Microsoft, parlano già di 17mila miliardi di ricchezza non prodotta.

Il paradosso però è in agguato: all'euforia per le professioni digitali non sembra corrispondere un andamento altrettanto brillante della new economy, che è sempre più insistentemente in odore di crisi. Come inquadrare e pagare queste migliaia di potenziali futuri dipendenti? Ecco allora nuove modalità di svolgimento del lavoro, nuovi contratti, che spesso includono l'offerta di diventare azionisti dell'azienda che assume e non più solo dipendenti. Prospettive che sembrano non dispiacere ai giovani. Il rapporto Censis sulla società italiana nel 2000 parla di una tendenza al "lavoro-avventura" che starebbe rapidamente soppiantando la tradizionale ricerca di un "lavoro-rifugio": non più certezze e garanzie, ma l'accettazione di una sfida alle proprie capacità. Si affermano infatti contratti sempre più flessibili per figure professionali del tutto inedite, spesso scarseggianti o addirittura pressoché irreperibili su un mercato del lavoro ancora piuttosto tradizionalista in Paesi come il nostro (ma è recente anche l'appello da nazioni quali la Germania o l'Austria, che aprono le porte a "immigrati hi-tech", ad esempio dall'India, Paese emergente nello scenario della new economy.

Ai nuovi modi di assumere corrispondono tuttavia anche nuovi modi di licenziare. Il sociologo Luciano Gallino, in una recente intervista al nostro sito, mette in guardia dai rischi di una flessibilità selvaggia: "Non tutta la flessibilità è ineluttabile. Le imprese spingono su questo pedale ma in molti casi non è detto che la flessibilità sia l'unico modo per lavorare, per produrre."

Insomma, se da una parte la nuova economia va alla disperata caccia di new workers, dall'altra licenzia a man bassa. E pare che quando si tratta di congedare i dipendenti, la new economy segua procedimenti del tutto simili a quelli della old. Anzi, molto spesso si fa anche meno scrupoli, vista l'anomalia di molti contratti e la scarsa o nulla tutela sindacale accettata dagli stessi lavoratori.

In America si è attivato da poche settimane il fronte sindacale. Tornano in campo le Trade Unions, tradizionalmente molto combattive oltreoceano, che erano state sempre tagliate fuori da aziende freneticamente impegnate a investire e assumere precariamente. I sindacati che non trovavano ascolto nei nuovi lavoratori "zittiti" dalla promessa di partecipazione agli utili, poi non onorata, ora vengono invocati dai dipendenti di alcune aziende famose. Tra i dipendenti di Amazon, dove le voci di tagli di personale si sono fatte più insistenti, dilagano le richieste di tutela sindacale. E già si parla di clamorosi scioperi.

C'è una lezione che emerge da tutto questo panorama? Forse quella che nuova economia e nuovi lavori vanno osservati non più come la rivoluzione che improvvisamente travolge tutti i modelli precedenti, ma come un fenomeno assai mutevole che segnala una linea di tendenza planetaria, progressiva e capillare: il passaggio dal posto fisso al "lavoro-avventura" ne è un esempio abbastanza significativo. I primi, clamorosi fallimenti nella new economy, i primi grandi ridimensionamenti nelle file dei new worker hanno fatto piazza pulita dell'euforia un po' malsana degli inizi, per far spazio a una situazione più realistica. Se con una mano l'economia digitale già comincia a ristrutturare e licenziare come fosse un settore produttivo maturo, dall'altra cerca disperatamente nuovi addetti e soprattutto nuove idee. Luci e ombre, tendenze espansive e selettive, come in ogni settore dell'economia e della produzione. Non più allora l'Eldorado, ma quello che Mediamente va descrivendo puntata dopo puntata: un nuovo ambiente, una nuova "casa" di creatività, di lavoro, di vita, che giorno dopo giorno si modifica e propone nuovi modelli culturali e anche psicologici. La storia non fa salti, nemmeno quella del mondo digitale.