Gallino: "Crediti professionali per i lavoratori
nomadi"
Il sociologo Luciano Gallino parla di come
cambia il lavoro con la new economy e pone il problema di una
'flessibilità sostenibile'.
di Marta Mandò e Laura Massacra
Siamo
entrati nell'epoca dei 'new workers', nuove figure professionali
nell'ambito della new economy. L'avvento di tali figure porta con
sé il pericolo di contratti a rischio?
Se si tratta di contratti regolari essi rientrano comunque nella
variegata tipologia dei contratti atipici che sono assolutamente
contemplati e ben definiti dal punto di vista giuridico. Nel caso di
lavori part time o lavori interinali io non vedo differenze
sostanziali con i rapporti di lavoro che hanno per oggetto altri
tipi di attività lavorativa. Possiamo però aggiungere che il
lavoro nel Web si presta a contratti di lavoro non registrati,
lavori che in qualche misura tendono ad essere irregolari. In questo
senso, allora, si esce dalla tipologia dei contratti atipici e si
entra nella vasta tipologia dei contratti ad hoc. Sempre più spesso
si parla di flessibilità nei di lavoro, soprattutto nella new
economy.
Secondo lei quali sono i pro ed i contro della flessibilità?
La flessibilità, per chi abbia una buona qualificazione - come
spesso hanno coloro che lavorano nell'ambito della new economy -
permette di fare nuove esperienze, di incontrare nuove sfide, di
avere nuove opportunità di crescita professionale. D'altro canto la
discontinuità del lavoro in qualche modo si paga in termini di
ansia per l'avvenire e per il proprio futuro lavorativo. Dal punto
di vista delle aziende si ha invece il vantaggio di poter utilizzare
per una settimana o un mese delle figure professionali che non
avrebbe senso e non sarebbe utile occupare a tempo indeterminato. La
flessibilità, invero, racchiude in sé anche una connotazione di
precarietà.
Come pensa che si possa tutelare il giovane lavoratore di
fronte a questo tipo di precarietà chela nuova modalità di lavoro
della new economy necessariamente implica?
Questo problema è da includersi come momento teorico particolare
di un riflessione più generale che va sotto l'etichetta di
'flessibilità sostenibile'. Intanto bisogna tenere conto del fatto
che non tutta la flessibilità è ineluttabile. Le imprese spingono
su questo pedale ma in molti casi non è detto che la flessibilità
sia l'unico modo per lavorare, per produrre. Nei campi dove, invece,
la flessibilità diventa una condizione inevitabile, occorre pensare
agli interventi di cui abbiamo parlato prima. Bisogna far sì che
gli spezzoni di lavoro possano essere cuciti fra loro in una
carriera professionale che abbia una sua identità, una sua
continuità pure nella discontinuità. Bisogna certificare le
esperienze acquisite di modo che, di lavoro in lavoro, anche se si
cambia azienda e si va in posti lontani, si abbia con sé una scheda
che certifichi le esperienze compiute. Bisognerà ragionare sui 'new
workers' un po' come si ragiona sui 'new student' se posso
concedermi un neologismo. Adesso nelle università sono arrivati i
crediti formativi e penso che in futuro si dovrà ragionare in
termini di crediti professionali. In questo modo i crediti man mano
si accumulano per poter ottenere una certa qualifica professionale.
Secondo lei quale potrebbe essere il ruolo dei sindacati
nell'era della new economy?
I sindacati potrebbero e dovrebbero svolgere un ruolo nuovo ed
originale, ritornando in un certo senso alle origini delle loro
mansioni, a quando cioè si occupavano di mutua assistenza e di
mutua solidarietà. I sindacati dovranno svolgere un ruolo di aiuto
e di supporto per far sì che ai lavori discontinui sia comunque
conferita una certa continuità, in termini di continuità
professionale, continuità di carriera, continuità di
qualificazione. In questo modo il lavoratore discontinuo, il
cosiddetto lavoratore 'nomade' non sarà abbandonato a se stesso
ogni volta che migra da un lavoro all'altro. Tale dovrebbe essere,
appunto, il supporto dei sindacati di nuova concezione.
Nell'ambito della globalizzazione ritiene che ci sia una
riduzione o un effettivo aumento delle opportunità di lavoro?
Per molte persone la globalizzazione e le nuove tecnologie
portano ad un incremento delle opportunità di lavoro, anche perché
i lavori si vanno differenziando. Si aprono nuove nicchie di
mercato, si definiscono nuove figure professionali e l'insieme dei
lavori risulta molto più variato. Di conseguenza le prospettive di
lavoro sono più numerose. Indubbiamente esiste un problema relativo
a coloro che rischiano di rimanere esclusi da lavori connessi alle
nuove tecnologie. Riferendosi alle nuove tecnologie, infatti, non si
intendono solo lavori con il camicie bianco o con il computer
perché le nuove tecnologie producono attorno a sé molti lavori a
bassa tecnologia. Questo, per persone che hanno un titolo di studio
basso è indubbiamente un vantaggio perché possono trovare una
occupazione in dimensioni lavorative di tipo collaterale.
Ciononostante il rischio di emarginazione rimane. Persino in sede di
G8 si è parlato di frattura digitale che attraversa tutte le
società e che, nel prossimo futuro, dovrà essere oggetto di grande
attenzione perché comporterà una nuova divisione tra alfabeti ed
analfabeti, persone in grado di controllare il proprio destino
professionale ed altre che rimangono del tutto passive, possono
soltanto subire ciò che succede.
Un'anticipazione sulla sua relazione per il convegno
organizzato dal Ministero del lavoro, dal titolo :" Il lavoro
che sarà?"
Nella relazione propongo di intendere i vari agenti che
intervengono nel generare gli accessi del lavoro come un grande e
complesso sistema da considerare in modo relativamente unitario.
Successivamente delineo il profilo di questi agenti. Noto, infatti,
che gli agenti e gli operatori formalmente preposti alle attività
che permettono di accedere al mercato del lavoro, a cominciare dai
servizi per l'impiego, oggi come oggi producono una piccola
minoranza degli avviamenti al lavoro. Infine suggerisco una serie di
interventi per migliorare i canali formali di accesso al lavoro:
ridurre la parte dei canali informali, che oggi supera l'ottanta per
cento, e che consiste nelle reti di rapporto sociale come famiglie,
parentele, amicizie. Occorre, invece, rendere questo sistema molto
più formale, più sistematico, bisogna concepire la scuola e
l'università come una parte integrante del sistema degli accessi al
mondo del lavoro. Per esempio, la decisione di imboccare una certa
strada scolastica o universitaria, che è una decisione lavorativa
importantissima, è una scelta che in moltissimi casi viene presa
praticamente alla cieca dinanzi a quelle che sono le reali esigenze
poste dalla realtà del mondo del lavoro.
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