Il mito infranto del posto fisso
Le giovani generazioni sembrano aver rinunciato
a rincorrere un impiego sicuro. E' quanto emerge dall'ultimo libro
di Pierangelo Giovannetti: "Posto fisso addio", pubblicato
da Baldini e Castoldi
La fine del posto fisso è il crollo dell'ultimo mito
italiano, una rivoluzione?
Certo, anche perché in Italia quello del posto fisso è stato il
sogno coltivato da mamma e papà per generazioni per i propri figli.
Invece in questi ultimi 10 anni abbiamo visto un'emorragia continua
del posto fisso tradizionale, di quello a tempo indeterminato,
subordinato, dal lunedì al venerdì, otto ore al giorno e magari le
ferie ad agosto. Questo di pari passo ad un'esplosione di nuove
forme di lavoro, sotto il tipo della collaborazione, di consulenza,
magari come free lance.
Un miracolo che la nuova economia sta creando in Italia?
Da una parte è stata una necessità perché sia la rivoluzione
informatica che quella tecnologica che la globalizzazione hanno
spinto le imprese ad una flessibilità, dall'altra è stata anche
un'esigenza che i giovani esprimono sempre di più di modellare a
proprio piacimento il proprio tempo professionale, e anche di vedere
il lavoro non più come un posto che si conquista per la vita, ma
come un progetto, quasi un'avventura che si disegna in tempi di
vuoti e di pieni a seconda dei momenti della propria vita.
La tutela nei confronti di queste nuove professionalità si è
modificata?
Completamente, anche perché le forma tradizionale di tutela del
sindacato è crollata con questa flessibilizzazione, e d'altro canto
emergono nuove richieste, innanzitutto quella della formazione. Una
tutela di questi nuovi lavoratori sarà quella di avere sempre più
formazione, perché non ci sarà un lavoro per quattro o cinque
anni, ma necessità di reinventarsi. Poi c'è l'informazione, cioè
sapere dove c'è lavoro, l'incontro tra la domanda e l'offerta. Una
volta non c'era, perché uno lavorava in una stessa fabbrica per
tutta la vita, oggi è importante anche l'informazione. Da ultimo,
diciamo anche la mobilità: è giusto che si venga incontro a questa
mobilità con forme di strutture, di possibilità di alloggio.
Questa trasformazione sta cambiando qualcosa anche nel mondo
del lavoro tradizionale?
Certamente, anche perché questi nuovi tempi del lavoro hanno
contagiato non soltanto le forme nuove, ma anche il tradizionale
lavoro in fabbrica o in ufficio, per cui assistiamo a chi lavora
solo il sabato o la domenica, chi lavora sei mesi l'anno, chi magari
fa gli straordinari ma invece di ricevere la paga per quello, li
accumula in cambio di giorni da dedicare ai propri hobbies.
Quindi un cambiamento nel mondo del lavoro in generale.
Esattamente. Una rivoluzione nel modo di intendere e di vivere il
lavoro.
All'estero, per esempio in Germania, si comincia a guardare
oltre frontiera per cercare manodopera specializzata, in quanto non
si riesce a formarla in casa. Può succedere anche in Italia?
C'è il rischio che succeda questo, e sarebbe un peccato perché
abbiamo tanti giovani al sud disoccupati. Sarebbe il colmo andare a
cercare tecnici informatici o magari degli ingegneri all'estero
perché magari i nostri giovani non hanno la possibilità di
trasferirsi o non hanno la possibilità di lavorare. Ecco quindi
quanto sia importante la formazione ma anche l'indirizzo,
l'orientamento, orientare questi giovani verso le nuove
professionalità, e quindi dar loro la possibilità di formarsi
proprio perché non accada di andare a prendere questi tecnici
all'estero.
Quali saranno le future professioni, quali saranno i settori
in esplosione?
Potrei citare quello della new economy, di Internet, ma anche
quelli della cultura e del turismo. Preferisco però non indicare
degli specifici ambiti, ma dire quale sarà il nuovo modo
d'approccio. I giovani non dovranno pensare di apprendere un lavoro
per la vita, e quindi dire "ho acquisito questa
professionalità, mi va bene per sempre", ma acquisire un modo
di inserirsi continuamente e di seguire i segmenti del mercato.
Dovremmo assistere nei prossimi anni ad una richiesta continua di
cambiamento, che da una parte sarà stimolante, da una parte sarà
stressante perché richiederà una continua attenzione, ma dà la
garanzia che se si verrà licenziati non si resterà per strada ma
si avrà la possibilità di riprendere in una nuova impresa in un
nuovo modo.
Arriveremo a un riflusso del posto fisso?
Probabilmente qualcuno lo rimpiange e probabilmente anche con
forza. Io non credo che arriveremo di nuova ad un modello fordiano,
taylorista. Certo, queste nuove forme di mobilità aiuteranno a
trovare un bel posto nella vita. I migliori, quelli che si daranno
più da fare, avranno modo di emergere e diventare, dentro il posto
fisso, leader.
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