Mercoledi' 14 febbraio 2001
Revisione testi a cura della redazione internet di MediaMente

I "New Workers"

Nuove generazioni verso il lavoro-avventura

Il mito infranto del posto fisso

Gallino: "Crediti professionali per i lavoratori nomadi"

Cresce negli Usa la voglia di sindacato

Contratti di lavoro per i call center

L'Università si rinnova

Collocamento online


Il mito infranto del posto fisso

Le giovani generazioni sembrano aver rinunciato a rincorrere un impiego sicuro. E' quanto emerge dall'ultimo libro di Pierangelo Giovannetti: "Posto fisso addio", pubblicato da Baldini e Castoldi

La fine del posto fisso è il crollo dell'ultimo mito italiano, una rivoluzione?

Certo, anche perché in Italia quello del posto fisso è stato il sogno coltivato da mamma e papà per generazioni per i propri figli. Invece in questi ultimi 10 anni abbiamo visto un'emorragia continua del posto fisso tradizionale, di quello a tempo indeterminato, subordinato, dal lunedì al venerdì, otto ore al giorno e magari le ferie ad agosto. Questo di pari passo ad un'esplosione di nuove forme di lavoro, sotto il tipo della collaborazione, di consulenza, magari come free lance.

Un miracolo che la nuova economia sta creando in Italia?

Da una parte è stata una necessità perché sia la rivoluzione informatica che quella tecnologica che la globalizzazione hanno spinto le imprese ad una flessibilità, dall'altra è stata anche un'esigenza che i giovani esprimono sempre di più di modellare a proprio piacimento il proprio tempo professionale, e anche di vedere il lavoro non più come un posto che si conquista per la vita, ma come un progetto, quasi un'avventura che si disegna in tempi di vuoti e di pieni a seconda dei momenti della propria vita.

La tutela nei confronti di queste nuove professionalità si è modificata?

Completamente, anche perché le forma tradizionale di tutela del sindacato è crollata con questa flessibilizzazione, e d'altro canto emergono nuove richieste, innanzitutto quella della formazione. Una tutela di questi nuovi lavoratori sarà quella di avere sempre più formazione, perché non ci sarà un lavoro per quattro o cinque anni, ma necessità di reinventarsi. Poi c'è l'informazione, cioè sapere dove c'è lavoro, l'incontro tra la domanda e l'offerta. Una volta non c'era, perché uno lavorava in una stessa fabbrica per tutta la vita, oggi è importante anche l'informazione. Da ultimo, diciamo anche la mobilità: è giusto che si venga incontro a questa mobilità con forme di strutture, di possibilità di alloggio.

Questa trasformazione sta cambiando qualcosa anche nel mondo del lavoro tradizionale?

Certamente, anche perché questi nuovi tempi del lavoro hanno contagiato non soltanto le forme nuove, ma anche il tradizionale lavoro in fabbrica o in ufficio, per cui assistiamo a chi lavora solo il sabato o la domenica, chi lavora sei mesi l'anno, chi magari fa gli straordinari ma invece di ricevere la paga per quello, li accumula in cambio di giorni da dedicare ai propri hobbies.

Quindi un cambiamento nel mondo del lavoro in generale.

Esattamente. Una rivoluzione nel modo di intendere e di vivere il lavoro.

All'estero, per esempio in Germania, si comincia a guardare oltre frontiera per cercare manodopera specializzata, in quanto non si riesce a formarla in casa. Può succedere anche in Italia?

C'è il rischio che succeda questo, e sarebbe un peccato perché abbiamo tanti giovani al sud disoccupati. Sarebbe il colmo andare a cercare tecnici informatici o magari degli ingegneri all'estero perché magari i nostri giovani non hanno la possibilità di trasferirsi o non hanno la possibilità di lavorare. Ecco quindi quanto sia importante la formazione ma anche l'indirizzo, l'orientamento, orientare questi giovani verso le nuove professionalità, e quindi dar loro la possibilità di formarsi proprio perché non accada di andare a prendere questi tecnici all'estero.

Quali saranno le future professioni, quali saranno i settori in esplosione?

Potrei citare quello della new economy, di Internet, ma anche quelli della cultura e del turismo. Preferisco però non indicare degli specifici ambiti, ma dire quale sarà il nuovo modo d'approccio. I giovani non dovranno pensare di apprendere un lavoro per la vita, e quindi dire "ho acquisito questa professionalità, mi va bene per sempre", ma acquisire un modo di inserirsi continuamente e di seguire i segmenti del mercato. Dovremmo assistere nei prossimi anni ad una richiesta continua di cambiamento, che da una parte sarà stimolante, da una parte sarà stressante perché richiederà una continua attenzione, ma dà la garanzia che se si verrà licenziati non si resterà per strada ma si avrà la possibilità di riprendere in una nuova impresa in un nuovo modo.

Arriveremo a un riflusso del posto fisso?

Probabilmente qualcuno lo rimpiange e probabilmente anche con forza. Io non credo che arriveremo di nuova ad un modello fordiano, taylorista. Certo, queste nuove forme di mobilità aiuteranno a trovare un bel posto nella vita. I migliori, quelli che si daranno più da fare, avranno modo di emergere e diventare, dentro il posto fisso, leader.