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Un libro dal diverso statuto epistemologico
Libri ovunque, disposti sugli scaffali in modo magari irregolare, divisi per macro-aree di interesse, accostati seguendo un ordine logico, ma spesso fuori posto, uno sopra l’altro, o – peggio – uno dietro l’altro. Copertine colorate, formati diversi, che rimandano a diversi periodi della vita. Volumi antichi, edizioni rare o semplicemente vecchie che sono parte di un’eredità – magari familiare. Questa più o meno è l’immagine che evoca una biblioteca privata, assemblata e costruita secondo gusti e interessi personali, nella quale spesso convivono testi come l’ultimo best-seller del giallista americano di turno, la Critica della Ragion Pura di Kant e i Canti di Leopardi.
Uno degli scenari possibili prefigurati dal convegno dell’Università della Tuscia dedicato all’e-book prevede la possibilità di una biblioteca elettronica, contenuta in buona parte nel proprio computer o nel dispositivo informatico ad hoc a disposizione. Anche se il diritto di leggere un testo non scadesse negli anni come spesso accade oggi, secondo una formula simile a quella della “pay per view”, una simile rivoluzione andrebbe a modificare direttamente le caratteristiche non solo intellettuali, ma addirittura antropologiche degli uomini contemporanei, nel cui patrimonio “genetico” esiste un posto per il libro “di carta”, in qualsiasi modo esso poi venga utilizzato.
Ma già la difficoltà di definire esattamente il libro elettronico (il lettore portatile che lo supporta, il software per scaricarlo, il testo vero e proprio), mostra la difficoltà, la forzatura insita in ogni operazione che tenta di interpretare dei fenomeni in movimento con griglie logiche e strumenti tradizionali. Il libro, sia esso un romanzo, un saggio di filosofia analitica, un trattato di estetica, una raccolta di poesie, è quello: ha un inizio, una fine, un ordine logico e formale deciso accuratamente dall’autore. E generazioni intere di studiosi potrebbero dirci che non è assolutamente la stessa cosa leggere un’opera in un’edizione o in un’altra: una vera e propria scienza – la filologia – si è dedicata anima e corpo a tentare di fornire i criteri più accurati per stabilire i criteri di un’edizione critica, che sia “conforme alla volontà dell’autore”.
Dopodiché è anche vero che i libri si leggono, si rileggono, si sottolineano, si abbandonano, si utilizzano attraverso la citazione di parti scelte: la lettura è un’operazione comunque “personale”, nella quale il lettore ha un ruolo “attivo”, nella riflessione come nella distrazione. E le facoltà in azione sono solo parzialmente le stesse che si utilizzano per navigare in Internet, guardare la televisione o anche un film, ascoltare della musica.
Sarà per tutto questo che non riesco a credere che un libro elettronico possa sostituire un libro tradizionale, ma al limite affiancarsi ad esso diventando un’altra cosa. Se così non fosse mi sembrerebbe – tra l’altro – uno spreco inutile di risorse intellettuali, tecnologiche ed economiche.
wanmar@libero.it
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