Venerdì 4 Maggio 2001



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Gli e-book sono davvero dei libri?
(di Gino Roncaglia)

Quali e-book per la didattica? 

David Knowles: il libro diventa multimediale

La battaglia per conquistare lo standard dell'e-book 

E-book: la rivoluzione della lettura
( di Fabio Ciotti, da Frontiere di Rete ed. Laterza)

Dall'archivio:

La grande potenza del testo quando diventa ipertesto
(Intervista a George P. Landow)

Anche il Talmud era un ipertesto
(Intervista a David Kolb)

E-book: fine del libro?
(MediaMente.it)


 

Quali e-book per la didattica?

di Gino Roncaglia

Nel parlare di e-book per la didattica, c'è un primo e fondamentale quesito che occorre porsi: il formato 'libro elettronico' è davvero adatto a veicolare contenuti didattici? Il libro a stampa, lo sappiamo bene, è ormai da secoli non solo strumento per eccellenza di produzione e trasmissione culturale, ma anche strumento didattico di primaria importanza: il concetto stesso di 'libro di testo' basta a ricordarcelo. I nostri modelli di insegnamento sono figli della cultura del libro, e si tratta - a mio avviso - di un'impronta della quale non debbono affatto vergognarsi.

Il libro elettronico, che nasce per trasferire nel mondo dei nuovi media e dei supporti digitali un'esperienza di lettura il più vicina possibile a quella del libro a stampa, sembra un candidato naturale a veicolare anche contenuti rivolti specificamente al mondo della didattica e della formazione. E tuttavia, a mettere almeno in parte in dubbio questa apparente certezza sono alcuni dati di fatto che sarebbe sbagliato ignorare.

Innanzitutto, va considerato che esiste già un vasto spettro di strumenti informatici e multimediali nati come supporto alla didattica. Si può anzi affermare che il campo della didattica e della formazione costituisce uno dei settori trainanti dell'editoria multimediale. Ebbene, il punto di forza di questi strumenti che viene più spesso sottolineato è proprio la loro capacità di superare i limiti del libro a stampa in termini di interattività, flessibilità dei percorsi, ricchezza multimediale dei contenuti. Se il libro elettronico si propone di fornire uno strumento di lettura direttamente ispirato al modello del libro a stampa, non vi è il rischio di riproporre attraverso di esso tipologie di contenuti e modelli di organizzazione dell'informazione che il campo dell'editoria didattica multimediale ha già superato?

D'altro canto, e a parziale conferma di questi timori, si può osservare come i primi libri elettronici realizzati (mi riferisco qui specificamente al formato e-book, ovvero a testi elettronici nati per essere letti su 'lettori' portatili, dalle dimensioni e dal peso simili a quelli di un normale libro a stampa) rientrino per lo più nei settori della letteratura e della saggistica: ambiti di produzione testuale tradizionalmente caratterizzati da un'organizzazione fortemente lineare dell'informazione, e da una decisa prevalenza della scrittura rispetto ad altri codici comunicativi. Si tratta, non a caso, dei settori che erano stati finora meno direttamente influenzati dalla rivoluzione digitale, dato che la scomodità delle interfacce di lettura (il monitor del computer) non era stata compensata da immediati ed evidenti vantaggi nella fruizione dei testi.

In buona sostanza, la situazione sembra quindi essere la seguente: esiste gran copia di software e di strumenti didattici multimediali - in una miriade di formati diversi, ma nella maggior parte dei casi non in formato e-book - ed esiste ormai un certo numero di e-book, nella maggior parte dei casi non specificamente pensati per la didattica. Questa situazione impone qualche riflessione. A mio avviso, potrebbe essere interpretata in due modi radicalmente diversi:

1) Come testimonianza di una differenza insanabile fra il modello di testualità proprio del libro e quello proprio di altre forme di editoria elettronica orientate all'interattività, all'ipertestualità e alla multimedialità. Se si accetta questa prospettiva, e si considera il formato e-book come specificamente orientato verso testi fondamentalmente lineari e prevalentemente scritti, i libri elettronici conserveranno certo una propria e specifica utilità didattica, ma limitatamente alla realizzazione di strumenti testuali abbastanza 'tradizionali'. Corsi interattivi, test di autovalutazione, sussidi didattici multimediali continueranno ad essere costruiti utilizzando strumenti diversi dal libro elettronico.

2) Come testimonianza della relativa 'giovinezza' dei libri elettronici, ancora limitati nelle proprie capacità e potenzialità espressive. Se si accetta questa impostazione, l'orientamento iniziale del formato e-book verso testi prevalentemente lineari e 'poveri' in termini di interattività e contenuti multimediali dipenderà sia dalla maggior semplicità di tali modelli testuali, più adatti alle prime sperimentazioni con strumenti ancora tecnicamente immaturi, sia dal desiderio di estendere i vantaggi della lettura elettronica a testi che, proprio per le loro caratteristiche di linearità e basso contenuto multimediale, erano rimasti ai margini della rivoluzione digitale. In questa prospettiva, l'evoluzione futura potrà portare a libri elettronici che, pur mantenendo con l'eredità della tradizione testuale a stampa un legame più stretto di quello proprio di altri settori dell'editoria multimediale, presenteranno un contenuto multimediale più ricco, una maggiore interattività e la possibilità di strutturare l'informazione in maniera più complessa e articolata.

La scelta fra queste prospettive dipende, come è ovvio, da due questioni ancor più radicali: da un lato, cosa si intenda per libro elettronico; dall'altro, che livello di ricchezza multimediale, interattività, complessità ipertestuale si consideri più adatto a veicolare contenuti didattici.

Si tratta di temi che richiederebbero evidentemente una discussione più articolata di quella possibile in questa sede. Mi limiterò ad avanzare al riguardo tre tesi, piuttosto generali ma non per questo necessariamente condivisibili. Qualora siano condivise, tali tesi indirizzano - per vie in parte diverse - verso la seconda delle prospettive sopra delineate.

La prima tesi è che, anche se il concetto di libro elettronico dovrebbe assumere il libro a stampa come primo modello di organizzazione dell'informazione e di fruizione dei contenuti, dovrebbe però nel contempo accettare di interpretare tale modello in maniera flessibile e non rigida. In particolare, si dovrebbe accettare la possibilità (il che non implica ovviamente la necessità) che un libro elettronico comprenda, accanto a contenuti testuali, anche contenuti grafici, sonori o filmati. Perché si continui a parlare di libro elettronico (e non di semplice e generico prodotto multimediale), tuttavia, il ruolo del testo dovrebbe restare fondamentale, in particolare nel delineare il 'filo narrativo' dell'esposizione, e gli strumenti offerti dal dispositivo di lettura dovrebbero essere particolarmente orientati alla manipolazione testuale dell'informazione.

Analogamente, si dovrebbe accettare la possibilità di una strutturazione non lineare ma ipertestuale dell'informazione, e dunque la possibile presenza di snodi e articolazioni esplicitamente interattivi, nei quali è richiesto l'intervento diretto del lettore per scegliere uno dei percorsi di lettura proposti dall'autore.

La seconda tesi è che - ferma restando la grande varietà di tipologie e necessità didattiche, alla quale corrisponde una (almeno) altrettanto ampia varietà di possibili soluzioni sul piano delle modalità di articolazione dell'informazione e delle scelte di interfaccia e di funzionalità offerte dai software didattici - il lavoro didattico e formativo vada normalmente associato all'idea di percorso, e dunque a un processo che, se non è necessariamente lineare, è quantomeno orientato, ha punti di partenza, punti di arrivo, tappe intermedie spesso obbligate. Ciò implica che la complessità ipertestuale tipica della maggior parte degli strumenti didattici (testi, ma anche corsi interattivi, strumenti di autovalutazione ecc.) non possa essere di norma troppo elevata. Chi usa questi strumenti ha a disposizione alcune scelte, ma tali scelte (a differenza di quanto può accadere ad esempio nel caso dei giochi[1]) sono disposte all'interno di percorsi in larga parte predeterminati, ed anzi accuratamente studiati da chi ha elaborato i contenuti del prodotto didattico.

Questo tipo di limitata complessità ipertestuale può bene associarsi a strumenti 'ibridi' che ereditino dal libro a stampa una impostazione fondamentalmente lineare a livello di macrostruttura, ma assorbano dalla lezione degli ipertesti la possibilità di un'articolazione interna in percorsi differenziati in funzione delle scelte (e dunque della preparazione, delle capacità, degli interessi specifici) del singolo utente. Se i libri elettronici accetteranno questo allargamento di prospettiva, potranno rivelarsi eccellenti strumenti didattici.

La terza tesi è ancor più generale, per certi versi meno precisa, e forse più radicale. Ha a che fare con i dispositivi di lettura. Sappiamo che - proprio come il termine 'libro' - l'espressione 'libro elettronico' può essere utilizzato sia con riferimento al testo e alle sue modalità di presentazione, ovvero a una componente strettamente informazionale, sia con riferimento al dispositivo di lettura, ovvero all'hardware utilizzato per leggere. Ebbene, ritengo che anche nel parlare dei contenuti, della loro strutturazione e delle loro tipologie, dovremmo prendere molto sul serio questa seconda componente, la componente hardware. Mi sembra improbabile che gli strumenti di lettura per libri elettronici che si affermeranno possano essere macchine strettamente dedicate e monofunzionali: probabilmente saranno - e in parte già sono - strumenti che permetteranno di leggere libri elettronici (auspicabilmente assegnando a tale funzione un'alta priorità a livello di progettazione dell'interfaccia), ma che permetteranno anche di fare altre cose: ascoltare musica, telefonare, controllare la posta elettronica, e così via. Ora, credo che in casi di questo genere la plurifunzionalità associata a un unico strumento hardware abbia la tendenza a generare nuovi paradigmi interpretativi 'ibridi' che fondono e intrecciano ciò che in origine era distinto. Dove in partenza si vedono funzionalità radicalmente diverse (libro elettronico, scrittura, navigazione in Internet, ascolto della musica...), alla lunga si potranno vedere aspetti e caratteristiche diverse di un unico strumento, al quale si verranno ad associare connotazioni nuove. Se gli studenti utilizzeranno, a scuola o all'università, un unico 'lettore' per leggere libri elettronici ma anche per ascoltare musica, guardare un filmato o navigare in rete, il fattore decisivo non sarà quale particolare componente software debba essere utilizzata per 'leggere' un determinato prodotto didattico, ma il semplice fatto che quel particolare prodotto didattico possa essere utilizzato su quel particolare lettore, su quel particolare strumento hardware. Chiamare o no 'libro elettronico' (nel primo significato, quello relativo al contenuto informativo e alla sua articolazione) lo strumento didattico in questione potrà rivelarsi una questione almeno in parte nominalistica.

Ciò non significa, si badi, che sia opportuno o anche solo possibile prescindere dalle questioni di definizione e di indirizzo, limitandosi a delegare all'evoluzione tecnica la nascita dei nuovi paradigmi di testualità (e di testualità didattica). Al contrario, la lezione da trarre è a mio avviso che anche gli aspetti di evoluzione tecnologica, lo studio delle interfacce, l'organizzazione delle funzionalità offerte dagli strumenti hardware, vadano studiati con un'attenzione specifica, considerandone le ricadute sulle forme di testualità e sui modelli didattici.

In altri termini: se vogliamo (come vogliamo) che gli e-book siano uno strumento per preservare e far crescere la cultura del testo, dobbiamo essere noi a mettere i testi nella macchina, dobbiamo sapere che la macchina modificherà i testi, e dobbiamo pensare che questo processo può essere studiato, interpretato, indirizzato.


[1] Non intendo qui negare la possibile utilità didattica dei giochi di simulazione, della quale sono anzi un convinto sostenitore. Ritengo però che i giochi di simulazione rappresentino una tipologia piuttosto particolare di strumenti didattici, e siano in grado di fornire i risultati migliori se integrati anche dall'uso di materiali più tradizionali.