Quali e-book per la didattica?
di Gino Roncaglia
Nel parlare di e-book per la didattica, c'è un primo e
fondamentale quesito che occorre porsi: il formato 'libro
elettronico' è davvero adatto a veicolare contenuti didattici? Il
libro a stampa, lo sappiamo bene, è ormai da secoli non solo
strumento per eccellenza di produzione e trasmissione culturale, ma
anche strumento didattico di primaria importanza: il concetto stesso
di 'libro di testo' basta a ricordarcelo. I nostri modelli di
insegnamento sono figli della cultura del libro, e si tratta - a mio
avviso - di un'impronta della quale non debbono affatto vergognarsi.
Il libro elettronico, che nasce per trasferire nel mondo dei
nuovi media e dei supporti digitali un'esperienza di lettura il più
vicina possibile a quella del libro a stampa, sembra un candidato
naturale a veicolare anche contenuti rivolti specificamente al mondo
della didattica e della formazione. E tuttavia, a mettere almeno in
parte in dubbio questa apparente certezza sono alcuni dati di fatto
che sarebbe sbagliato ignorare.
Innanzitutto, va considerato che esiste già un vasto spettro di
strumenti informatici e multimediali nati come supporto alla
didattica. Si può anzi affermare che il campo della didattica e
della formazione costituisce uno dei settori trainanti dell'editoria
multimediale. Ebbene, il punto di forza di questi strumenti che
viene più spesso sottolineato è proprio la loro capacità di
superare i limiti del libro a stampa in termini di interattività,
flessibilità dei percorsi, ricchezza multimediale dei contenuti. Se
il libro elettronico si propone di fornire uno strumento di lettura
direttamente ispirato al modello del libro a stampa, non vi è il
rischio di riproporre attraverso di esso tipologie di contenuti e
modelli di organizzazione dell'informazione che il campo
dell'editoria didattica multimediale ha già superato?
D'altro canto, e a parziale conferma di questi timori, si può
osservare come i primi libri elettronici realizzati (mi riferisco
qui specificamente al formato e-book, ovvero a testi elettronici
nati per essere letti su 'lettori' portatili, dalle dimensioni e dal
peso simili a quelli di un normale libro a stampa) rientrino per lo
più nei settori della letteratura e della saggistica: ambiti di
produzione testuale tradizionalmente caratterizzati da
un'organizzazione fortemente lineare dell'informazione, e da una
decisa prevalenza della scrittura rispetto ad altri codici
comunicativi. Si tratta, non a caso, dei settori che erano stati
finora meno direttamente influenzati dalla rivoluzione digitale,
dato che la scomodità delle interfacce di lettura (il monitor del
computer) non era stata compensata da immediati ed evidenti vantaggi
nella fruizione dei testi.
In buona sostanza, la situazione sembra quindi essere la
seguente: esiste gran copia di software e di strumenti didattici
multimediali - in una miriade di formati diversi, ma nella maggior
parte dei casi non in formato e-book - ed esiste ormai un certo
numero di e-book, nella maggior parte dei casi non specificamente
pensati per la didattica. Questa situazione impone qualche
riflessione. A mio avviso, potrebbe essere interpretata in due modi
radicalmente diversi:
1) Come testimonianza di una differenza insanabile fra il modello
di testualità proprio del libro e quello proprio di altre forme di
editoria elettronica orientate all'interattività, all'ipertestualità
e alla multimedialità. Se si accetta questa prospettiva, e si
considera il formato e-book come specificamente orientato verso
testi fondamentalmente lineari e prevalentemente scritti, i libri
elettronici conserveranno certo una propria e specifica utilità
didattica, ma limitatamente alla realizzazione di strumenti testuali
abbastanza 'tradizionali'. Corsi interattivi, test di
autovalutazione, sussidi didattici multimediali continueranno ad
essere costruiti utilizzando strumenti diversi dal libro
elettronico.
2) Come testimonianza della relativa 'giovinezza' dei libri
elettronici, ancora limitati nelle proprie capacità e potenzialità
espressive. Se si accetta questa impostazione, l'orientamento
iniziale del formato e-book verso testi prevalentemente lineari e
'poveri' in termini di interattività e contenuti multimediali
dipenderà sia dalla maggior semplicità di tali modelli testuali,
più adatti alle prime sperimentazioni con strumenti ancora
tecnicamente immaturi, sia dal desiderio di estendere i vantaggi
della lettura elettronica a testi che, proprio per le loro
caratteristiche di linearità e basso contenuto multimediale, erano
rimasti ai margini della rivoluzione digitale. In questa
prospettiva, l'evoluzione futura potrà portare a libri elettronici
che, pur mantenendo con l'eredità della tradizione testuale a
stampa un legame più stretto di quello proprio di altri settori
dell'editoria multimediale, presenteranno un contenuto multimediale
più ricco, una maggiore interattività e la possibilità di
strutturare l'informazione in maniera più complessa e articolata.
La scelta fra queste prospettive dipende, come è ovvio, da due
questioni ancor più radicali: da un lato, cosa si intenda per libro
elettronico; dall'altro, che livello di ricchezza multimediale,
interattività, complessità ipertestuale si consideri più adatto a
veicolare contenuti didattici.
Si tratta di temi che richiederebbero evidentemente una
discussione più articolata di quella possibile in questa sede. Mi
limiterò ad avanzare al riguardo tre tesi, piuttosto generali ma
non per questo necessariamente condivisibili. Qualora siano
condivise, tali tesi indirizzano - per vie in parte diverse - verso
la seconda delle prospettive sopra delineate.
La prima tesi è che, anche se il concetto di libro
elettronico dovrebbe assumere il libro a stampa come primo modello
di organizzazione dell'informazione e di fruizione dei contenuti,
dovrebbe però nel contempo accettare di interpretare tale modello
in maniera flessibile e non rigida. In particolare, si dovrebbe
accettare la possibilità (il che non implica ovviamente la
necessità) che un libro elettronico comprenda, accanto a contenuti
testuali, anche contenuti grafici, sonori o filmati. Perché si
continui a parlare di libro elettronico (e non di semplice e
generico prodotto multimediale), tuttavia, il ruolo del testo
dovrebbe restare fondamentale, in particolare nel delineare il 'filo
narrativo' dell'esposizione, e gli strumenti offerti dal dispositivo
di lettura dovrebbero essere particolarmente orientati alla
manipolazione testuale dell'informazione.
Analogamente, si dovrebbe accettare la possibilità di una
strutturazione non lineare ma ipertestuale dell'informazione, e
dunque la possibile presenza di snodi e articolazioni esplicitamente
interattivi, nei quali è richiesto l'intervento diretto del lettore
per scegliere uno dei percorsi di lettura proposti dall'autore.
La seconda tesi è che - ferma restando la grande varietà
di tipologie e necessità didattiche, alla quale corrisponde una
(almeno) altrettanto ampia varietà di possibili soluzioni sul piano
delle modalità di articolazione dell'informazione e delle scelte di
interfaccia e di funzionalità offerte dai software didattici - il
lavoro didattico e formativo vada normalmente associato all'idea di
percorso, e dunque a un processo che, se non è necessariamente
lineare, è quantomeno orientato, ha punti di partenza, punti di
arrivo, tappe intermedie spesso obbligate. Ciò implica che la
complessità ipertestuale tipica della maggior parte degli strumenti
didattici (testi, ma anche corsi interattivi, strumenti di
autovalutazione ecc.) non possa essere di norma troppo elevata. Chi
usa questi strumenti ha a disposizione alcune scelte, ma tali scelte
(a differenza di quanto può accadere ad esempio nel caso dei giochi[1])
sono disposte all'interno di percorsi in larga parte predeterminati,
ed anzi accuratamente studiati da chi ha elaborato i contenuti del
prodotto didattico.
Questo tipo di limitata complessità ipertestuale può bene
associarsi a strumenti 'ibridi' che ereditino dal libro a stampa una
impostazione fondamentalmente lineare a livello di macrostruttura,
ma assorbano dalla lezione degli ipertesti la possibilità di
un'articolazione interna in percorsi differenziati in funzione delle
scelte (e dunque della preparazione, delle capacità, degli
interessi specifici) del singolo utente. Se i libri elettronici
accetteranno questo allargamento di prospettiva, potranno rivelarsi
eccellenti strumenti didattici.
La terza tesi è ancor più generale, per certi versi meno
precisa, e forse più radicale. Ha a che fare con i dispositivi di
lettura. Sappiamo che - proprio come il termine 'libro' -
l'espressione 'libro elettronico' può essere utilizzato sia con
riferimento al testo e alle sue modalità di presentazione, ovvero a
una componente strettamente informazionale, sia con riferimento al
dispositivo di lettura, ovvero all'hardware utilizzato per leggere.
Ebbene, ritengo che anche nel parlare dei contenuti, della loro
strutturazione e delle loro tipologie, dovremmo prendere molto sul
serio questa seconda componente, la componente hardware. Mi sembra
improbabile che gli strumenti di lettura per libri elettronici che
si affermeranno possano essere macchine strettamente dedicate e
monofunzionali: probabilmente saranno - e in parte già sono -
strumenti che permetteranno di leggere libri elettronici (auspicabilmente
assegnando a tale funzione un'alta priorità a livello di
progettazione dell'interfaccia), ma che permetteranno anche di fare
altre cose: ascoltare musica, telefonare, controllare la posta
elettronica, e così via. Ora, credo che in casi di questo genere la
plurifunzionalità associata a un unico strumento hardware abbia la
tendenza a generare nuovi paradigmi interpretativi 'ibridi' che
fondono e intrecciano ciò che in origine era distinto. Dove in
partenza si vedono funzionalità radicalmente diverse (libro
elettronico, scrittura, navigazione in Internet, ascolto della
musica...), alla lunga si potranno vedere aspetti e caratteristiche
diverse di un unico strumento, al quale si verranno ad associare
connotazioni nuove. Se gli studenti utilizzeranno, a scuola o
all'università, un unico 'lettore' per leggere libri elettronici ma
anche per ascoltare musica, guardare un filmato o navigare in rete,
il fattore decisivo non sarà quale particolare componente software
debba essere utilizzata per 'leggere' un determinato prodotto
didattico, ma il semplice fatto che quel particolare prodotto
didattico possa essere utilizzato su quel particolare lettore, su
quel particolare strumento hardware. Chiamare o no 'libro
elettronico' (nel primo significato, quello relativo al contenuto
informativo e alla sua articolazione) lo strumento didattico in
questione potrà rivelarsi una questione almeno in parte
nominalistica.
Ciò non significa, si badi, che sia opportuno o anche solo
possibile prescindere dalle questioni di definizione e di indirizzo,
limitandosi a delegare all'evoluzione tecnica la nascita dei nuovi
paradigmi di testualità (e di testualità didattica). Al contrario,
la lezione da trarre è a mio avviso che anche gli aspetti di
evoluzione tecnologica, lo studio delle interfacce, l'organizzazione
delle funzionalità offerte dagli strumenti hardware, vadano
studiati con un'attenzione specifica, considerandone le ricadute
sulle forme di testualità e sui modelli didattici.
In altri termini: se vogliamo (come vogliamo) che gli e-book
siano uno strumento per preservare e far crescere la cultura del
testo, dobbiamo essere noi a mettere i testi nella macchina,
dobbiamo sapere che la macchina modificherà i testi, e dobbiamo
pensare che questo processo può essere studiato, interpretato,
indirizzato.
[1] Non intendo qui negare la possibile utilità
didattica dei giochi di simulazione, della quale sono anzi un
convinto sostenitore. Ritengo però che i giochi di simulazione
rappresentino una tipologia piuttosto particolare di strumenti
didattici, e siano in grado di fornire i risultati migliori se
integrati anche dall'uso di materiali più tradizionali.
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