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Argentina: il cammino neo-liberale non è costruttivo



Intervista a Roberto Savio, Direttore dell'International Press Service

Al centro di molte sue riflessioni è il mondo della comunicazione, che lei definisce diverso dal mondo dell'informazione. Può spiegarci in che senso?

L'informazione è quella che si è fatta fino ad oggi. Alcune persone comunicano dei dati ad un numero elevato di ricettori, o per iscritto o per via elettronica; in più, l'informazione si basa sul fatto che giornali e Tv si reggono come strutture economiche: noi giornalisti facciamo un lavoro che per essere efficiente deve avere un riscontro sul mercato.
La comunicazione è una cosa diversa: è la voglia delle persone di stare in contatto tra loro, che dà vita ad Internet e ai sistemi orizzontali. Questa è una cosa nuova nella storia e sta determinando il mondo della società civile delle azioni orizzontali, che alla lunga avrà un impatto nel mondo dell'informazione, perché creerà un mercato diverso da quello attuale.

Qual è il ruolo di Internet in questo mondo?

Internet, di fatto, è fondamentale come strumento orizzontale di comunicazione. Sta permettendo di creare grandi alleanze, nuove culture e nuovi meccanismi di partecipazione. Basta vedere come le donne che nel '95 sono andate alla Conferenza di Pechino hanno prima comunicato via Internet per poter prendere in mano la conferenza. Noi senza Internet non avremmo potuto organizzare il Forum di Porto Alegre, dove abbiamo avuto 50.000 persone.

Che ruolo gioca la Rete all'interno del movimento no-global?

Senza Rete, il movimento no-global sarebbe difficilmente costruibile perché solo attraverso lo scambio quotidiano, troviamo un sincretismo tra tutti noi e siamo in grado di portare avanti un processo comune.

Lei ha fondato l'agenzia Ips (Inter Press Service) una cooperativa non-profit di giornalisti e esperti specializzati nella comunicazione globale per lo sviluppo. Qual era l'obiettivo alla base di quel progetto? E oggi, quali dovrebbero essere strumenti e obiettivi di network globali, che danno voce soprattutto a ciò che accade nei Paesi in via di sviluppo?

Nel '64 abbiamo creato una cooperativa di giornalisti di 80 persone di vari paesi per dare soprattutto voce al Terzo mondo; a quel tempo, il 90 per cento dell'informazione che circolava era fatta da quattro agenzie internazionali dei paesi industrializzati: spiegare come funziona un mondo lontano e diverso a quei tempi era difficile. Da allora, siamo diventati un'agenzia di temi globali. Siamo riusciti in passato a mantenere un dialogo tra Nord e Sud, e adesso tra tutti.

Come stanno cambiando i mezzi di informazione?

I mezzi di informazione non stanno cambiando, sono la cosa più statica dagli anni dalla Seconda guerra mondiale. Hanno gli stessi valori informativi, gli stessi attori: la gente importante. L'informazione è stata superata negli sviluppi contemporanei, ha un suo mercato di persone che in genere supera i 30 anni; i giovani sono sempre meno nel mondo dell'informazione; i giornali perdono l'1,5 per cento di circolazione nel mondo e quelli che entrano in Internet in genere non leggono i giornali.

In che rapporto sono l'ideologia neo-liberista ed il progressivo svuotamento delle democrazie?

L'ideologia neo-liberista parte dal concetto che il mercato è in grado di portare sviluppo e progresso e quindi risolve tutti i problemi tradizionali. Nella misura in cui ci sono regolamenti, questi rappresentano un ostacolo per il mercato. Quindi lo Stato, che era il maggior elemento di regolamento della società, dovrebbe ridursi al minimo possibile, perché così la società, attraverso il suo meccanismo di mercato, funziona. L'idea è che lo Stato sia sempre più ridotto e si allontani da tutto ciò che può gestire il privato, perché il mercato possa assorbire tutto quello che può.

Il caso argentino si può considerare l'effetto più emblematico e profetico della globalizzazione?

È il caso più clamoroso per me che sono argentino, non il più emblematico, perché la crisi asiatica ha avuto una portata ancora più rilevante ed ha investito molte più persone.
Certo, quando un paese come l'Argentina, che, pur seguendo tutte le ricette del Fondo monetario internazionale e facendo tutto ciò che gli è stato richiesto da Washington sul piano delle riforme fiscali ed interne, si è ritrovato in una situazione drammatica di distruzione della propria classe media, di aumento della disoccupazione, si vede che il cammino liberale non è un cammino costruttivo.

È possibile una globalizzazione diversa da quella neo- liberista?

Una globalizzazione diversa non solo è possibile, ma necessaria: si insegna in filosofia che ogni problema ha varie soluzioni, ma solo una è perfetta. Il sistema neo liberale ha il fiato corto perché i danni che produce sono sotto gli occhi di tutti. Si tratta di introdurre dei meccanismi di regolazione, affinché il beneficio di ingenti ricchezze prodotto dalla globalizzazione possa essere ridistribuito, come si fece a suo tempo con la rivoluzione industriale che fu un movimento di grande sviluppo economico ma andava solo nelle mani di chi aveva il capitale: i lavoratori si organizzarono, vennero fuori i sindacati. È una lunga storia che oggi è scritta nei testi costituzionali delle nostre società. Questo è quello che dobbiamo fare con la globalizzazione.