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L'"impero": opulenza per pochi



Parla Alex Zanotelli, ispiratore della Rete di Lilluput, da sempre al servizio dei poveri nel mondo

Lei ha scritto il libro "Leggere l'impero: il potere tra l'Apocalisse e l'Esodo". Come definirebbe l'impero? Quali sono le sue caratteristiche?

Nel libro, ho tentato di leggere l'impero di oggi. Per impero, io intendo uno stato nel quale esiste un'economia di opulenza dove pochi hanno tutto, a spese di molti altri, che non hanno nulla. Per governare un'economia di opulenza ci dev'essere una politica di oppressione, portata avanti dallo Stato, dalla polizia, dalle corti. Ogni impero, poi, ha una sua religione: dove Dio benedice l'impero, benedice anche il faraone, Cesare o Bush. Non fa alcuna differenza. Queste sono le tre caratteristiche dell'impero: un'economia di opulenza, una politica di oppressione, una religione che tiene Dio prigioniero del sistema imperiale.

È possibile una globalizzazione dal volto umano?


Io personalmente non sto facendo la lotta alla globalizzazione. Oggi viviamo già in un mondo globalizzato. Si tratta di vedere come gestire questo processo che ha unificato il mondo: sarà a favore di pochi o a favore di tutti? Io sono convinto che ci può essere una globalizzazione della solidarietà dove tutti possono sedersi in una mensa comune. Per adesso, si sono avuti dei beni, ma per pochi. Io appartengo ad una tradizione biblico-religiosa che mi dice che Dio sogna un'economia di eguaglianza, dove tutti possono avere un pezzettino della torta. Se un uomo come l'uscente Presidente del Fondo monetario internazionale ha detto che la torta non può essere aumentata, ma solo essere equamente divisa, è questo quello che darà a tutti la possibilità di avere un mondo un po' più umano di quello disumano che abbiamo tra le mani.

Lei è l'ispiratore della Rete di Lilliput, uno degli elementi più forti della galassia no-global. Quale idea di società emerge dalle proposte di questo movimento?

La mia proposta di associazione è frutto degli incontri con tanti gruppi di persone. Ad un certo punto ho detto loro: mettetevi insieme; è unendovi che potete avere forza politica per portare avanti le vostre idee. Nasce da qui l'idea della Rete di Lilliput, che riprende l'immagine dei "Viaggi di Gulliver", quando i piccolissimi abitanti di Lilliput avevano incatenato il gigante (che era l'impero britannico), unendo insieme dei sottilissimi fili. Per realizzare una società dal volto umano, chiediamo alla gente di mettersi insieme e di ritornare a gioire, a vivere, a spartire quello che ha con gioia.
Noi non potremo avere in futuro un mondo altro da quello che abbiamo fra le mani, senza cominciare dal basso. Questa è l'ispirazione: creare dei gruppi che vivano in maniera alternativa l'impero.

Nella sua esperienza di missionario in Kenya ha potuto constatare gli effetti della globalizzazione?


In Kenya ho potuto constatare davvero i risultati nefasti della globalizzazione: la prima conseguenza sono le baraccopoli di in una megalopoli; per esempio, a Nairobi, la capitale del Kenya, vivono quattro milioni di persone, delle quali oltre due milioni sono costrette a vivere nell'1,5 per cento del territorio. Questa situazione disumana dove tanta gente vive in uno spazio di un chilometro e mezzo di lunghezza per un chilometro di larghezza, è inaccettabile ed è la conseguenza diretta di come funziona questa globalizzazione. Adesso abbiamo lanciato la campagna contro lo sfruttamento dei lavoratori dei fiori: sono 50.000 donne che ricevono meno di un dollaro al giorno e vivono in situazioni estremamente difficili, usano veleni e diserbanti estremamente dannosi per la persona umana.

Cosa pensa del digital divide?

Il digital divide è un altro esempio di come il mondo dei ricchi utilizza la tecnologia in maniera incredibile e di come questo nel mondo dei poveri non succede. Inoltre, sono profondamente convinto che ci sono dei limiti allo sviluppo umano.

Si può prefigurare un mondo che non sia dominato dalle leggi di mercato?

Questo è il mio sogno. Non possiamo credere nell'anarchia, ma non posso accettare un mondo dove 40 milioni di persone muoiono di fame e noi sprechiamo così tanto cibo.

È possibile prefigurare una concezione etica dell'economia?

Non solo si può prefigurare, ma è necessaria una globalizzazione diversa che appartenga alla tradizione biblica ebraico-cristiana. L'opposto dell'impero è il Dio in cui credo, che sogna un'economia di uguaglianza: lo spezzare il pane che i cristiani compiono ogni domenica, che deve essere tradotto economicamente. Il sogno che tutti abbiamo è quello di un mondo dove tutti possano sedere ad un'unica mensa ed avere qualcosa!

Cosa direbbe ai sostenitori della globalizzazione neo-liberista?

La teoria neo-liberista ci ripete da 60 anni che se alcuni si arricchiscono, questi un po' alla volta aiuteranno i poveri a tirarsi su. Ma non è così: i poveri diventano sempre più poveri ed i ricchi stanno consumando in maniera esagerata le ricchezze di questo mondo. Alla fine, per i poveri non resta più nulla.