Settimanale RAI Educational
Tema - 19 Febbraio 1999

Ri-creazioni

di Michele Alberico, Elena Capparelli, Tommaso Russo

In California un'équipe di scienziati annuncia: "Siamo pronti a creare cellule viventi da materiali inanimati"

Da questa notizia tratta dalla Stampa del 26 gennaio scorso si capisce che la scienza è pronta a creare la vita dalla materia. Nel caso specifico si tratta di una cellula batterica, cioè di una forma elementare di vita, ma è pur sempre vita.

L’esperimento è del gruppo di Craig Venter, un pioniere delle ricerche in campo genetico. Un settore nel quale la scienza ha fatto passi da gigante - anche grazie allo sviluppo di tecnologie sempre più raffinate. Craig Venter

Se già oggi sono stati raggiunti tali risultati nella ricerca viene da chiedersi quali saranno gli scenari futuri da qui a dieci anni nel settore delle biotecnologie.
A questo proposito abbiamo chiesto l'opinione di William Halal, professore di economia alla George Washington University, ritenuto una vera e propria autorità in materia di tecnologie emergenti:

William Halal“Probabilmente fra dieci o vent’anni - ha detto Halal intervistato da MediaMente - si raggiungerà una situazione in cui ogni aspetto di ogni specie sarà manipolabile. Potremo dar forma al mondo biologico così come a quello fisico. Possiamo infatti controllare ogni cosa nel mondo fisico: generare energia nucleare, andare sulla luna, e qualcosa di simile avverrà per il mondo biologico. Se qualcuno volesse creare un certo tipo di pianta o animale, credo che in linea di principio potrebbe farlo. Si potranno scegliere le caratteristiche dei propri figli il colore dei loro occhi,dei capelli e addirittura le loro preferenze sessuali”.

La World Future Society, il più accreditato istituto al mondo che si occupa di future studies, di cui Halal è collaboratore edita periodicamente una rivista intitolata The futurist. Fra i suoi redattori c’è il criminologo Gene Stephens dell’università della South Carolina. Anche nella criminologia l’ingegneria genetica lascerà dei segni come Stephens ha spiegato in un’intervista rilasciata a MediaMente: "Forse la tecnologia definitiva è proprio l’ingegneria genetica. Possiamo clonare un gene, sostituirlo, alterarlo, cancellarlo, inserirlo, insomma creare una persona con tutte le caratteristiche che vogliamo. E potremmo allora identificare il tipo umano non criminale, crearlo e riprodurlo geneticamente".

Riguardo ai pericoli legati all’ingegneria genetica, nel sito InternetThe Biotech Century intitolato Genetic Engineering and Its Dangers, che significa appunto "l’ingegneria genetica e i suoi rischi", si può trovare una ricca collezione di testi e indirizzi Internet su questo argomento realizzata dal Ron Epstein professore di filosofia dell’univeristà di San Francisco.
Fra i libri raccomandati c’è The Biotech Century di Jeremy Rifkin.

"Il secolo Biotech", uscito nel 1998, ha sicuramente segnato un punto di svolta, a livello mondiale, rispetto alla diffusione pubblica dell’interesse verso le biotecnologie. La capacità principale di Rifkin è quella di offrire uno sguardo globale che unisce la competenza scientifica alla valutazione sulle implicazioni economiche e sociali di questo campo di studi.

“Ora possiamo duplicare in massa copie identiche di organismi viventi - ha detto Rifkin intervistato da MediaMente - con lo stesso tipo di controlli di qualità e standard di produzione che applichiamo alla catena di montaggio nella produzione di massa. Questi nuovi potenti strumenti consentono alle società che operano nel campo delle scienze biologiche di creare una seconda genesi, di rifare l’evoluzione, di agire come Dio, di diventare gli architetti di un nuovo futuro”.

Jeremy RifkinMa quali sono “questi nuovi potenti strumenti” di cui parla Jeremy Rifkin? E’ vero che possiamo rifare l’evoluzione o anche solo direzionarla?
A giudicare dalle ricerche più avanzate in questo settore pare proprio di sì.
All’università di Washington ad esempio i biotecnologi stanno lavorando su un progetto per "reni artificiali, anca bionica e, come si legge testualmente nel sito, "su altri miracoli medici".
L’università di Washington si è gettata a capofitto nella ricerca della sequenza della macromolecola depositaria di tutte le informazioni che ci riguardano e che trasmettiamo ai nostri figli, ovvero del Dna.

Scheda storicaC’è anche chi, come l’artista concettuale Larry Miller, in previsione di una mappatura genetica globale, ha già pensato di aprire un ufficio di certificazione del codice genetico, per far sì che la gente possa conservare i diritti sul proprio Dna.

L’iniziativa di questo artista sembra non essere poi troppo lontana dallo scenario del prossimo futuro che così ci viene descritto da Jeremy Rifkin:
"Nei prossimi otto anni, virtualmente tutti i 60.000 geni che costituiscono la mappa del genere umano saranno identificati.
Ognuno di questi 60.000 geni diventerà virtualmente proprietà registrata di una società. A mano a mano che le società individuano questi geni, come il gene del cancro al seno, il gene della fibrosi cistica,o del morbo di Huntington, inizieranno ad accampare diritti su di essi come se fossero loro invenzioni. Così tra meno di dieci anni, alcune società come Monsanto, Novartis, Smith Kline Beecham e Hoechst Chemical, saranno in possesso della mappa genetica del genere umano, il che darà loro un potere commerciale senza precedenti, tale da dettare i termini entro i quali viviamo le nostre vite. Inoltre, le stesse società stanno analizzando i paesi del Sud del mondo perché è lì che si trovano le risorse genetiche rare. La biodiversità del pianeta, le ricche risorse genetiche si trovano nei paesi in via di sviluppo. Così queste società vanno laggiù, fanno ricerche, individuano dove si trovano i geni che potrebbero avere un valore commerciale e li registrano: possono essere microbi che si trovano nelle piante e negli animali e anche nella popolazione indigena".

Molti sono gli interrogativi che le persone si pongono di fronte alle nuove frontiere raggiunte dalla ricerca scientifica.
Per questo il centro di bioetica di Philadelfia, negli Stati Uniti, sta lavorando alla compilazione di un documento che dovrebbe porre i limiti che tutti gli istituti di ricerca saranno obbligati a non oltrepassare.

Sicuramente, come sostiene Jeremy Rifkin, "stiamo entrando in un nuovo secolo e in un nuovo millennio carichi, nello stesso tempo, di promesse e aspettative, ma anche di interessi e dubbi crescenti. La rivoluzione biotecnologica ci obbligherà a riconsiderare molto attentamente i nostri valori più profondi e ci costringerà a porci di nuovo e seriamente la domanda fondamentale sul significato e lo scopo dell’esistenza."

 

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