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I brevetti negli Stati Uniti

di Michele Alberico

Allo stato attuale le leggi statunitensi incoraggiano i brevetti su tutte le forme di vita. Si possono brevettare cellule umane, virus, geni, animali, piante e microrganismi alterati. E cosa succede sul fronte della clonazione umana? I problemi sollevati dalla questione sono molteplici. Innanzitutto cos'è un clone umano? Quanto materiale genetico umano deve essere presente in una creatura ibrida per far parlare di un clone?

Il problema di fondo che la giurisprudenza statunitense si trova ad affrontare ruota attorno alla definizione di cosa sia e non sia umano. Un clone è umano e come tale mantiene tutti i diritti concessi ad un essere umano? Il modo nel quale molti scienziati definiscono un essere umano è a partire dalla nascita ossia da una embrione nato dalla fecondazione di una cellula uovo da parte di uno spermatozoo. Accettando questa definizione un clone è un uomo?

La Corte suprema americana ha affrontato per la prima volta la questione della brevettabilità di creature viventi nel caso Diamond contro Chakrabarty del 1980, quando si trattò di brevettare dei batteri mangiatori di petrolio. La corte in quel caso dichiarò "ogni cosa sotto il sole creata dall'uomo può essere brevettata".
E sappiamo bene cosa significhi questo in un sistema giuridico come quello anglosassone in cui i precedenti giudiziari hanno un peso notevolissimo.

Qual è il risultato? Ad una ricerca fatta sul sito dell'ufficio brevetti degli Stati Uniti risulta che i brevetti basati su tecnologie legate al Dna sono oltre 6000 dal 1975 ad oggi.


US Patent and Trademark Office

L'artista concettuale Larry Miller ha addirittura aperto un ufficio di certificazione del codice genetico, in modo tale che chiunque voglia conservare diritti sul proprio Dna possa registrarsi come un essere umano autentico per soli dieci dollari.

Dal 1992 Miller ha venduto oltre 1500 certificati, assicurando il copyright sul codice genetico di parecchie persone. Il valore legale di questi certificati chiaramente non esiste, bisognerebbe brevettare il proprio Dna piuttosto che assicurarsene semplicemente il copyright. Con questa azione l'artista vuole solo far riflettere le persone sulle questioni che le biotecnologie impongono ai nostri ordinamenti giuridici.

 

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