Venerdì 20 Aprile 2001



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Stress tecnologico: Internet come in fabbrica?
(di Franco "Bifo" Berardi)


Pillole di dolorante saggezza da Netslaves


Hardware, hard work

"Il lavoro è un incubo"
Intervista a Christian Marazzi

Non ci resta che piangere

Dall'archivio di MediaMente.it:

New Workers

 


Stress tecnologico: Internet come in fabbrica?

di Franco (bifo) Berardi

Ricordate Microserfs, il romanzo di Douglas Coupland dedicato alla vita quotidiana, agli affetti, e alla (striminzita) sessualità di un gruppo di programmatori di una grande azienda della new economy? Il romanzo, edito in Italia da Feltrinelli, non era forse un capolavoro letterario (almeno, a me non era piaciuto molto da questo punto di vista), ma aveva il merito di puntare il dito su un aspetto che spesso viene occultato dall’ideologia tecnofila: lo stress legato al lavoro high tech, la giornata lavorativa illimitata, la sfrenata competizione e la conseguente anoressia affettiva.

Quando Coupland pubblicò il suo romanzo il tema dello stress tecnologico non era preso in considerazione, almeno in Italia. In America, dove questo tipo di lavoro si è diffuso con anticipo già nella prima metà degli anni novanta si sono diffuse le prime comunità di technoluddisti come Clifford Stoll. Però adesso lo sappiamo tutti. Al di là della retorica pubblicitaria ormai stiamo imparando, a nostre spese, che il lavoro ad alta tecnologia è meno faticoso del lavoro industriale classico sul piano fisico, ma può produrre effetti patologici sull'equilibrio e la salute psichica.

Da qualche tempo è entrata nel lessico l’espressione netslaves: schiavi della rete. A lanciare l’espressione sono stati Bill Lessard e Steve Baldwin, autori del libro Nestslaves, True Tales of Working the Web (McGraw-Hill, 2000). In questo libro viene proposta l’idea che la rete, e in generale l’universo della comunicazione digitale, non è affatto, come sostengono i suoi apologeti, un luogo di libertà assoluta di piacere culturale e conviviale, e di opportunità economiche illimitate. Tutt'altro che un paradiso, dicono Lessard e Baldwin, la net-economy funziona come un sistema castale in cui un esercito di schiavi sono sottoposti a condizioni di sfruttamento senza regole. E, quel che è peggio, oggetto dello sfruttamento non è il lavoro fisico ma proprio il sistema nervoso, l'attività mentale.

Nel New Media Caste System, Lessard e Baldwin individuano undici categorie di lavoratori con tanto di scheda descrittiva delle caratteristiche socio-antropologiche e reddituali: dalla categoria più bassa dei garbagemen, gli spazzini della rete che lavorano senza orari a pulire e compilare programmi, a rispondere alle lamentele dei clienti, a inserire e estrarre componenti dalle macchine, ai cops o streetwalker, il cui lavoro consiste nel reprimere le manifestazioni virtuali di stimoli sessuali, alle operatrici sociali che passano il loro tempo a gestire conversazioni online d’ogni genere, ai fry cook che friggono la vita dei programmatori per mantenere i tempi, fino ai nuovi, e pochi, robber baron, senza dimenticare le talpe della micro imprenditorialità diffusa. Nella fabbrica della rete l’occupazione è del tutto instabile, in un anno si cambia lavoro 3 o 4 volte. Non ci sono orari, né prestazioni sociali, i rapporti sociali sono, appunto, castali, con la differenza che qui la mobilità ascendente e discendente è elevatissima. La produttività aumenta senza considerazione alcuna per gli effetti sulla vita privata dei lavoratori e delle lavoratrici: “assenza completa di vita sociale, dieta alimentare schifosa, mancanza di esercizio fisico, sigarette a mille, disordini nervosi ricorrenti e, non da ultimo, emorroidi”.

Su questi temi è possibile andare a visitare il sito che funziona proprio come uno spazio di informazione sulle condizioni del lavoro ad alta tecnologia.

Internet è dunque la nuova fabbrica, ma al tempo stesso è anche il nuovo sindacato. Se è il luogo dello sfruttamento, è anche il luogo dell’autorganizzazione dei lavoratori. Ecco allora che negli ultimi tempi sono nati siti come http://www.washtech.org/index.php3 in cui si possono trovare informazioni sulle azioni individuali o collettive con cui opporsi alla net-slavery. Nella dichiarazione di intenti di WashTech leggiamo: WashTech è una organizzazione di lavoratori ad alta tecnologia che si uniscono per dotarsi di una voce efficace nell’arena legislativa e nel campo sindacale, per ottenere migliori salari, e per affermare i diritti del lavoro.

In Italia una prospettiva di questo genere è soltanto ai suoi inizi. Chi lavora nelle aziende della new economy, o nel ciclo della produzione comunicativa si considera spesso un privilegiato. Ma qualche segnale di approfondimento critico cominciamo a vederlo. Ad esempio all’indirizzo http://www.ecn.org/sortal è in allestimento un portale destinato ai problemi del lavoro flessibile e agli effetti della new economy nella vita sociale e psichica dei lavoratori. E recentemente è stato lanciato un sito che si chiama ironicamente www.labellavita.org dedicato alle psicopatie e alla miseria affettiva prodotta dallo stress da competizione e dalle illusioni della new economy.