L'articolo di Bifo denuncia molte inquietudini e la gran confusione
che regna sulla questione. Allo stato attuale del dibattito, almeno
nel nostro paese, sembra che l'unica scelta possibile sia fra
l'oscurantismo luddista di matrice cattolica o ambientalista da
una parte, e l'interesse della grande industria del biotech -
in massima parte fatto più di equilibrismi del mercato
azionario che di applicazioni reali - con cui dovremmo fare causa
comune in nome della libertà di ricerca.
Sull'argomento della "libertà di ricerca" mi
rifarei direttamente alle riflessioni, tutt'oggi insuperate, che
risalgono agli anni '70 e al dibattito sul nucleare, sulla non
neutralità della scienza. Quando si argomenta sul biotech
oggi, dal punto di vista epistemologico, sembra di essere tornati
dritti agli anni '50. Accantonerei anche la domanda principe posta
da Bifo, "perché, in quanto non credenti, dovremmo
essere contrari alla clonazione?" domanda a cui mi sento
di rispondere con un'altra domanda, semplicemente perché
credo che, con il termine clonazione, ognuno intenda una cosa
diversa: che cos'è la clonazione?
Bambini su misura
Al di la' del fatto di quanto sia immorale e sostanzialmente inutile
ipotizzare di condurre questi esperimenti sugli esseri umani -
un po' quello che faceva Mengele con i gemelli - l'idea a monte
della cosiddetta clonazione è, a mio parere, molto pericolosa.
Analizzare la seduzione esercitata dalla fantasia della clonazione
richiederebbe libri interi. Ma se il narcisismo e la voglia d'immortalità
sono al centro della scena, sono molte le ombre che si muovono
ai margini. Una di queste è indubbiamente l'eugenetica,
ovvero il progetto di selezionare gli uomini così come
si selezionano gli animali da allevamento - con scarsi risultati,
visti gli ultimi guai della zootecnia. Ma prendiamo uno degli
esempi meno narcisisti che ci vengono in mente: due genitori che
hanno perso un bambino che vogliono clonarlo o perché non
possono avere altri figli o perché gli viene venduta la
possibilità di riavere "proprio lui".
In questa drammatica situazione facciamo un esperimento mentale:
immaginiamo una coppia di genitori che ha perso un bambino per
un cancro precoce, e lo rivuole indietro. Lasciamo perdere il
fatto che sappiamo che non sarà mai lo stesso. Chi crede
nel dogma del Dna è convinto che i geni trasferiti nel
nucleo gli daranno una copia identica del bambino. Ma insieme
a questa fede crederà che sia iscritta nei geni anche la
sua morte precoce. E allora? E' ovvio che, per non ripetere il
dramma all'infinito, la coppia vorrà un clone del bambino
morto salvo i geni che l'hanno prematuramente ucciso. Immaginiamo
un altro caso, quello dei genitori gay che vogliono ottenere un
figlio attraverso la clonazione. Ma il dogma del Dna stabilisce
che perfino le preferenze sessuali siano determinate dai geni.
Allora? Alcuni avvocati che si occupano dei diritti civili vedono
già in un futuro prossimo il rischio che, una volta individuati,
gli embrioni gay vengano "terminati" perché non
si vuole sottoporre il proprio figliolo alla discriminazione sessuale.
Cosa faranno i gay? Sceglieranno di produrre solo bambini gay
attraverso la clonazione oppure - per evitare al figlio di soffrire
ciò che loro hanno sofferto - sceglieranno solo gli "embrioni
etero"?
Sia chiaro, stiamo parlando di fantascienza. Per chi non è
affetto dalla "genomania" la clonazione è una
pura fantasia, figuriamoci il gene dell'omosessualità e
relativi test per individuarlo. Ma, innegabilmente, la genomania
ha un mercato, ed è un mercato che tira, basti pensare
alle banche dello sperma che smerciano dei super-geni ai futuri
genitori. E questa in alcuni paesi è realtà, non
fantascienza. Ma gli esempi servono a chiarire qual è la
vera posta in gioco: far passare l'idea che progettare dei bambini
su misura non sia poi così mostruoso, né socialmente
pericoloso. E far emergere questo bisogno dagli ambienti più
disparati, per renderlo fonte di profitto.
La vecchia idea dell'eugenetica si riaffaccia qui spogliata del
suo aspetto più terrificante, quello di un grande fratello
pronto a sfornare cittadini geneticamente determinati al loro
ruolo sociale, e viene rilanciata sotto le seducenti vesti del
mercato. La possibilità di decidere come saranno i miei
figli e di comprare i loro geni. L'estrema libertà di comprare
il futuro della specie. Naturalmente è una fregatura -
come siamo abituati a considerare ogni promessa degli spot pubblicitari
che c'inondano quotidianamente - ma il target - genitori disperati,
malati allo stato terminale - la rende una pubblicità feroce,
così come l'idea che viene trasmessa.
Venditori di cloni
Altra confusione che viene regolarmente alimentata a scopi promozionali,
è l'uso terapeutico della clonazione, ovvero clonare per
avere organi di ricambio. Ora, clonare un intero individuo a questo
scopo è abbastanza inutile semplicemente perché
devo aspettare vent'anni per poter utilizzare i suoi organi. Tenere
una copia di se stessi, a parte l'obbrobrio morale, è molto
più costoso che tutta una serie di altre possibilità
terapeutiche. Quando si parla di impieghi terapeutici - a scopo
di trapianti - dei cloni - si sta discutendo esclusivamente di
cellule staminali, ovvero cellule non completamente differenziate
che potrebbero essere utilizzare per sostituire i tessuti danneggiati.
Un'ipotesi innovativa, e un promettente filone di ricerca.
Non a caso i "clonatori selvaggi" come Severino Antinori,
il ginecologo che ha recentemente annunciato al mondo di essere
pronto per il primo clone - ma se era davvero pronto, perché
rendere pubbliche le sue intenzioni e, subito dopo, annunciare
il silenzio stampa? Non sarà perché ha appena fondato
negli Stati Uniti una società, prontamente quotata in borsa?
- cercano di salire sulla barca della ricerca sulle cellule staminali
per conseguire un minimo di rispettabilità scientifica,
colo rischio di farla colare a picco. Chi cerca di isolare le
cellule staminali adatte a riparare i tessuti danneggiati incontra
problemi simili a quelli comportati dalla clonazione, prima fra
tutte la difficoltà di riportare a uno stadio totipotente
le cellule già differenziate. Si tratta di un filone di
ricerca promettente nel quale si cominciano a intravedere dei
risultati concreti, per esempio nei trapianti delle cellule della
pelle. Ma anche qui ci sono problemi di ordine etico, sociale
ed economico che vanno affrontati e discussi apertamente, anche
se certamente non sono allo stesso livello dei problemi sollevati
dalla clonazione umana.
Quella sulle cellule staminali, però, è una ricerca
scientifica condotta da ricercatori che fanno parte di un circuito
accademico internazionale mentre i compari di Antinori non hanno
mai fatto ricerca e, dalle dichiarazioni, viene fatto di pensare
che non sappiano bene cosa significhi. In realtà la maggior
parte dei fautori della clonazione umana sono ginecologi specializzati
nelle tecniche di fecondazione artificiale che, come Antinori,
sostengono di voler solo aiutare delle coppie disperate, per la
maggior parte genitori desiderosi di "ricreare" un figlio
prematuramente scomparso. Ma siccome anche la scienza, come la
politica, a volte costringe a "strani compagni di letto",
ecco che nella schiera degli attivisti pro-clonazione ci si trova
addirittura una setta, i Raeliani, che sostengono che gli esseri
umani stessi sono stati clonati da scienziati alieni. A parte
le loro deliranti teorie religioso-scientifiche, pare che i Raeliani
abbiano i soldi e i mezzi - come le donatrici di ovuli e le prestatrici
d'utero - necessari a compiere l'impresa.
Quanto tali farneticazioni siano prese sul serio lo dimostra la
dichiarazione del 21 febbraio scorso, resa dal ministro della
Scienza giapponese, Takashi Sasagawa, sulla necessità di
estendere la proibizione di clonare esseri umani anche agli scienziati
giapponesi che lavorano all'estero. Secondo la legge giapponese
chi tenta la clonazione umana in patria rischia fino a dieci anni
di carcere ma all'estero può fare quello che vuole. Quando
si è saputo che al progetto di clonazione gestito dagli
scienziati italiani e statunitensi, per il quale c'è una
coppia giapponese in lista d'attesa, lavorano anche alcuni ricercatori
giapponesi, Sasagawa ha proposto di "riformare immediatamente
la legge sulla clonazione perché vengano puniti anche coloro
che la violano fuori dal paese".
Anche il ritratto del movimento pro-clonazione che viene fuori
dall'inchiesta della rivista Time, è a dir poco allarmante.
Diffuso e ben ramificato, il movimento sostenuto soprattutto dalle
coppie sterili e da quei genitori che, avendo perso un figlio,
tentano di rimpiazzarlo, trova un sostegno inaspettato anche da
parte dei forti movimenti omosessuali dei paesi anglosassoni,
Stati Uniti e Australia in testa, che stanno facendo della clonazione
una bandiera di rivendicazione politica e sociale. Il punto è
che, anche se la clonazione non viene - e probabilmente non verrà
mai - praticata, i possibili clienti sono già abbastanza
per mettere in piedi il business della conservazione delle cellule
umane, in previsione del momento in cui non sarà più
proibita e diverrà tecnicamente possibile. La Canine Cryobank
di San Marcos, in California, la Alcor Life Extension Foundation
in Arizona, e la Southern Cross Genetics australiana sono tutte
specializzate nella "conservazione a lungo termine dei campioni
di DNA". Costo dai 5 ai 100 milioni di lire, a seconda della
compagnia. Naturalmente questo non vuol dire che la clonazione
sia a portata di mano, così come il giro di soldi dei Raeliani
non prova che gli umani siano stati davvero clonati dagli alieni.
Significa solo che queste società sanno vendere il loro
prodotto, un'abile cocktail promozionale di tecnologia, simbolismi
e tragedie personali. La quotazione in borsa, poi, fa il resto.
Sabrina Morandi