Quasi come voi: storia di una "creatura" geneticamente
costruita
Nel romanzo di Sabina Morandi la rivoluzione
biotecnologica diventa occasione per riflettere sulla drammatica
ricerca di identità che caratterizza l'uomo contemporaneo
di Wanda Marra
"XW319/05 era stata lasciata intatta. Nessun innesto
proteico ad azzerare l'NGF, il fattore di crescita neuronale. Cioè,
a dire: era stata lasciata pensante".
Di questa creatura pensante, Quasi come voi racconta la storia.
XW319/05 è il primo esemplare di una nuova specie, ottenuta
attraverso le tecniche di manipolazione genetica applicate al
settore degli xenotrapianti, ovvero dei trapianti fra specie
diverse. Una sorta di evoluzione inevitabile rispetto ad esperimenti
apparentemente meno eticamente problematici, come la modificazione
del genoma delle scimmie con consistenti porzioni del Dna degli
uomini. Infatti, "sopprimendo i geni che regolavano il fattore
di crescita neuronale ottenevi umani acefali, tenuti in animazione
sospesa dalle macchine. Non dei veri umani, insomma. Scimmie con
alcuni geni umani, mantenute in un'esistenza vegetale per fornire
organi da trapianto". Ma "Cosa sarebbe successo se non
avessimo disattivato quei geni? Ne sarebbe scaturito un animale
pensante e parlante? Avremmo potuto considerarlo un essere umano o
stavamo dando vita a una nuova specie? Andare avanti era una
tentazione troppo forte. Fra le mani avevamo la prova del nove di
ogni teoria formulata per cercare di dare una spiegazione
scientifica ai meccanismi dell'evoluzione umana così come della
fisiologia e della psiche…Con il nostro esperimento avremmo
toccato praticamente ogni aspetto dell'umano interrogarsi sulla
propria esistenza".
Ma cosa succede quando la creatura, frutto di tale esperimento,
prende coscienza di quello che è?
Al centro del romanzo di Sabina Morandi è la scienza. La scienza
come passione e come ragione. La scienza che è tentativo inesausto
di cercare soluzioni, di comprendere la realtà, ma anche
espressione superomistica di una volontà di potenza incapace di
fermarsi di fronte alle più elementari regole dell'umanità. Queste
contraddizioni, questo travaglio che fanno parte del bagaglio
dell'uomo contemporaneo, sono rappresentati attraverso due
personaggi: da una parte, la scienziata che ha "creato"
XW319/05, che si chiede il perché di quello che ha fatto, il
perché di quello che per lei è un'ossessione, cercare soluzioni,
anche al di là e a prescindere da quali sono tali soluzioni.
Dall'altra la creatura che cerca di capire chi è, si scontra con le
difficoltà, forse l'impossibilità di trovare un posto
nell'universo: "Mi gettai giù, lungo le rapide del
ragionamento, con una sola certezza: una volta che fossi arrivata a
conoscere tutti gli eventi della mia creazione, l'avrei resa
sopportabile. Un destino spiegato, illustrato, vivisezionato,
smontato e rimontato pezzo per pezzo sarebbe diventato un bagaglio
più leggero da portare. Di questo ero assolutamente sicura".
Nel libro di Sabina Morandi, i piani sono molteplici, la storia
della creatura è anche una metafora per raccontare la lenta e
faticosa costruzione di un'identità in un'epoca dove ruoli, classi
e sessi vengono rimescolati, con tutto il carico di angoscia e
potenzialità liberatorie che questo comporta.
Scrive l'autrice "Sono fondamentalmente convinta che la
rivoluzione biotecnologica sia la questione del nostro tempo perché
in grado di creare un corto circuito fra piani diversissimi:
filosofico, simbolico, morale, economico e, anche, politico.
Personalmente non sono d'accordo né con gli allarmi accorati di chi
considera imminente l'invasione di eserciti di umani clonati, né
con gli entusiasmi quasi mistici dei fanatici della "nuova
scienza", che farneticano di vita eterna e di "autoevoluzione".
La scrittura è avvolgente, a tratti angosciata, soprattutto
rimanda la consapevolezza che non ci sono risposte facile, che è
quasi impossibile definire i confini del bene e del male. Ma
l'autrice sembra comunque portare avanti le ragioni dell'umanità,
che il finale in qualche modo accentua: "Ma le creature,
talvolta, alla fine si rassegnano. Apparterranno alla specie che
riescono ad abitare. Inventeranno il mondo che riescono a vivere. E
qualcuno, chiamandole, darà loro un nome".
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