Basta mettersi d'accordo sul significato del termine clonazione.
Se per clonazione s'intende, come a volte si intende, la produzione
soprattutto di esseri umani, diciamo in serie, costruiti con i
metodi di cui si è tanto parlato in questi mesi, anche in
televisione, sui giornali, direi che più che illecita è una cosa
di là da venire, della quale non vedo assolutamente l'utilità.
Personalmente mi auguro che non si faccia, anche se poi non è tutta
questa tragedia che la gente pensa. Se per clonazione invece
s'intende: tessuti, parti di organo, partendo da una o più cellule
di ogni essere umano, io penso che non solo è lecita, ma potrebbe
essere molto utile, parte integrante della medicina di domani.
Certo, bisogna discutere, perché non tutto quello che è possibile
tecnicamente, è lecito farlo. Io mi auguro che le varie nazioni,
possibilmente in un quadro planetario, discutano e decidano che cosa
è lecito fare, che cosa non è lecito e fino a che punto è lecito
fare certe cose".
Può la scienza definire "persona" un embrione od un
feto?
"Persona" non è assolutamente un concetto
scientifico, definito scientificamente, e dubito che qualcuno mi
possa portare anche una definizione, non scientifica, di
"persona". Quindi lo scienziato rifugge da queste cose.
Mentre, per esempio, potremmo parlare di individuo sì, individuo
no. Quando si dice che un embrione, anche di otto cellule, è un
individuo, è un errore, perché più dei 4/5 degli embrioni fatti
da otto cellule non daranno mai un individuo, semplicemente
falliranno, e una buona percentuale di quelli darà due individui,
se non addirittura tre. Quindi si considera, quando si dice che un
embrione di otto cellule è individuo, come se ogni embrione di otto
cellule andasse sempre in porto, nella maniera migliore, dando, per
giunta, un individuo solo. Quindi si fa tutta una serie incredibile
di semplificazioni. Premesso questo discorso sull'individuo, per
considerare almeno un embrione di individualità mentale, oltre a
quella fisica, ci vuole almeno un pochino di sistema nervoso. Ecco,
perché, tutto sommato, anche se ha una grossa componente di
arbitrarietà, l'indicazione del quattordicesimo giorno, come
discriminante tra uno stato e un altro, ha un minimo di
plausibilità, perché prima l'embrione non ha nemmeno una cellula
nervosa e dopo l'embrione comincia a avere un sistema nervoso e poi
successivamente un cervello nel quale pensa. Su questo siamo tutti
d'accordo. Se "mente", significa qualcosa, lì è
localizzata.
La clonazione di esseri umani quali conseguenze negative può
aprire all'umanità?
Se per clonazione intendiamo la produzione di esseri umani
completi, partendo da un certo patrimonio genetico, deciso prima -
se questo si farà mai, se comporta delle produzioni di due, tre,
quattro, cinque, dieci, venti individui - penso che l'impatto sia
quasi nullo. Visto che il 2% della popolazione è data da gemelli,
non vedo come questo possa cambiare le cose. Certo, se si facessero
mille individui uguali ad un determinato modello o peggio che mai un
milione, il discorso cambierebbe; però pensate che per fare mille
individui clonati ci vorrebbero dieci volte e forse cinquanta volte
tante donne che mettono a disposizione il loro utero. Quindi, al di
là di tutti i problemi tecnici e morali, ci sono anche i problemi
di fattibilità assolutamente, per il momento, ridicoli".
Ci può spiegare in cosa consiste esattamente la cosiddetta
via italiana la clonazione definita TNSA, ossia Trasferimento
Nucelare in cellule Staminali Autologhe? E' una clonazione a tutti
gli effetti oppure pone un compromesso, una limitazione alle
potenzialità dell'ingegneria genetica?
Intanto vediamo di che cosa si tratta. Si tratta di prendere una
cellula-uovo non fecondata, oggi, oppure domani, una cellula
qualsiasi, toglierle il suo nucleo e introdurvi un nucleo da noi
scelto. Per esempio, se io da questa operazione voglio trarre un
tessuto o parti di organo da trapiantare in un particolare
individuo, per esempio Marco Bianchi, se io metto in questa cellula
il nucleo di una cellula di Marco Bianchi, automaticamente quello
che nascerà da questa operazione sarà un tessuto o parti di un
organo che non avranno alcun problema ad essere trapiantatati in
Marco Bianchi, perché saranno geneticamente identici o molto
simili. Questo naturalmente dà un enorme vantaggio in prospettiva,
certo non oggi, ma in prospettiva dà un enorme vantaggio. Questo
penso che faccia tutto il mondo, per lo meno abbia intenzione di
fare tutto il mondo, quando parla della famosa clonazione per
trasferimento nucleare. Perché si sia trovato questo particolare
nome in Italia, perché la si sia chiamata "via italiana",
mi sfugge, anche se io facevo parte della Commissione, quindi,
diciamo, queste cose sono successe sotto i miei occhi. Ma direi che
in tutte le parti del mondo, se si farà qualcosa del genere, si
farà così. È una clonazione? Se per clonazione s'intende la
produzione di tessuti o parti di organo con un particolare assetto
genetico, certo è una clonazione. Se per clonazione si intende la
produzione di un intero individuo con un determinato assetto
genetico, non è una clonazione, non è nemmeno l'inizio di una
clonazione, perché da questa prima cellula non ci si propone di
fare nemmeno un embrione, ma ci si propone di fare un monostrato,
cioè un tappeto di cellule, da trattare in modo che poi si
trasformino nel tessuto X o nel tessuto Y.
Cosa pensa della possibilità che il ricorso alla clonazione
venga sostituito da un processo in grado di far regredire, a livello
staminale o "totipotenziale", le cellule di un individuo
adulto malato, così che sia l'organismo in un certo senso a curare
se stesso?
Da una parte questa probabilità mi sembra un po' remota.
Prendere una cellula malata e farla tornare indietro mi sembra
veramente un'operazione di magia. Quello che invece è pensabile -
sono sicuro che prima o poi sarà la linea scelta - è di prendere
le cellule sane di quell'individuo, farle regredire a un livello
indifferenziato e poi farle ri-differenziare nel tessuto o
nell'organo che noi vogliamo. Quindi non le cellule malate, perché
non vedo onestamente perché uno deve partire da una cellula malata.
Questo quando si farà - e io sono sicuro che questa sarà la
strategia finale - non dovrebbe porre nessun problema etico, perché
si tratta di prendere le cellule di una persona, farle ritornare
indietro nel differenziamento, cioè nella caratterizzazione, e poi
farle di nuovo ricaratterizzare. In questo caso si tratta di
cellule. Quindi non vedo come in questo procedimento ci sia qualcosa
di diverso per esempio da una autotrasfusione di sangue, anche se
nello sport questa è proibita, ma è proibita semplicemente perché
l'abuso di questo procedimento danneggia l'atleta, ma se si fa un a
volta ogni quarant'anni o una volta sola nella vita, non ci può
essere questo danneggiamento".
Come incide nella prospettiva della clonazione il recente,
grande risultato scientifico della mappatura o sequenziamento del
genoma umano? La rende più semplice oppure propone un metodo
alternativo, in particolare per l'urgente cura delle malattie
genetiche?
Direi che al momento sono due realtà completamente diverse. La
mappatura o, per meglio dire, la "decifrazione" del genoma
umano è un grandissimo strumento che darà col tempo i suoi frutti
- certo non subito -, che ci permetterà di conoscere noi stessi, di
trovare le cause genetiche di quasi tutte le malattie genetiche e la
base genetica di molte malattie che hanno soltanto una componente
genetica. Ci aiuterà molto anche nella terapia, anche se io
personalmente scommetto più sulla prevenzione che sulla terapia. In
particolare io ho sottolineato diverse volte che il massimo successo
che io mi aspetto dall'utilizzazione delle informazioni ricavate dal
cosiddetto Progetto Genoma sarà nel campo dei tumori. Con l'aumento
della vita media degli esseri umani, i tumori saranno sempre più
probabili, se non addirittura certi. Conoscere perfettamente quali
geni sono coinvolti nella formazione di certi tumori e, per ciascun
gene, quali sono le alterazioni che lo portano in quella direzione
sarà importantissimo. Questo migliorerà certamente la qualità
della vita e anche la salute. Però esisteranno sempre problemi non
raggiungibili per questa via. Per esempio, gli incidenti stradali o
gli incidenti sul lavoro. Quelli non si eliminano certamente
attraverso il Progetto Genoma. E quindi, per affrontare questi
eventi, diciamo traumatici, ci sarà sempre un po' bisogno di
trapianti. E la clonazione, almeno nella sua veste più positiva,
non è altro che una soluzione al problema dei trapianti.
Finora si è lavorato, per quanto riguarda gli esseri umani,
solo ad una clonazione che possiamo definire "parziale":
al di là della spinosa questione di cosa clonare o da dove clonare,
l'obiettivo è sempre principalmente la cura di gravi malattie.
Nell'idea stessa della clonazione, intesa come produzione di
individui identici, quindi "totale", sembrano però
convergere prospettive o intenzioni spesso inquietanti, tra cui la
perfettibilità della razza umana o la riproducibilità ad libitum
di un particolare individuo nel corso del tempo. Professor
Boncinelli, la domanda allora è: "Lei pensa che tutto ciò
appartenga solo ad uno scenario fantascientifico o che possa in
qualche modo incidere sul progresso dell'ingegneria genetica?
Diciamo che per il momento non è stato fatto niente di tutto
questo, nemmeno parziale. Cominciamo a chiarire la realtà dei
fatti. Che io sappia in questo mondo nessuno ha messo mano a
esperimenti del genere. Presto si farà, certamente non in Italia,
in altri Paesi, si farà per la messa a punto, per ora, delle
pratiche per fare tessuti e parti di organo. Comunque non sarà
presto, in ogni caso. Anche nei Paesi scientificamente sviluppati,
non credo che succederà prima di dieci, quindici anni. Per fare
individui interi su un determinato progetto genetico si fa bene a
discuterne, si fa bene a discuterne come di tanti altri temi, ma
insomma è una cosa che, se si farà, si farà fra venti,
venticinque, trent'anni. Ha degli aspetti negativi, ha degli aspetti
moderatamente positivi, che riesco a vedere soltanto nel caso di una
coppia che proprio non riesce a avere figli ed essendo riuscita ad
avere un figlio, invece che uno ne ha due o tre. Ma, insomma, si
può stare anche senza figli! Si possono anche adottare i figli.
Quindi, nonostante tutto, non sono incline a pensare che questa sia
una necessità. Il discorso, invece, di fare uomini su misura,
costruire uomini con certe caratteristiche genetiche, cosa di cui si
è parlato negli anni Venti, negli anni Trenta e che, con un termine
più appropriato si chiamerebbe "eugenetica positiva",
cioè: scegliere delle caratteristiche specifiche che il futuro
individuo dovrebbe avere, ecco lì io penso che invece di venti,
trent'anni, saranno cento, centocinquanta, se mai si farà. Perché?
Perché la natura ragiona in maniera completamente diversa da come
ragioniamo noi. La natura privilegia le persone medie, non i valori
estremi, le caratteristiche estreme. Il rischio, quasi certo, nel
tentare di fare la persona più intelligente, per esempio, se questo
è il valore che si sceglierebbe, è di farne uno malato o uno
depresso o uno da rinchiudere. Io non credo che per molti decenni
saremo in grado, anche volendo, di stabilire una determinata
caratteristica genetica di un individuo, senza contemporaneamente
danneggiarne altre. Questa è la conclusione a cui, secondo me,
qualsiasi biologo deve arrivare quando si considerano gli organismi
viventi, a parte gli uomini, tutti gli organismi viventi: che, in
genere, quello che uno migliora da una parte finisce spesso per
peggiorare da un'altra. Quindi, primo, bisognerebbe che fosse
tecnicamente possibile, poi ci si dovrebbe mettere tutti d'accordo
su quale valore privilegiare: può essere l'intelligenza, può
essere la prestanza fisica, può essere l'obbedienza, può essere la
bontà, può essere la lealtà. Quando pure si fosse arrivati a
questa decisione, bisognerebbe essere sicuri che privilegiare questa
dote non danneggia tutte le altre, per cui, sì, magari quello è
più intelligente ma muore a 15 anni.
Cosa effettivamente porterà alla società, agli individui,
l'utilizzazione dell'informazione ricavata dal completamento del
Progetto Genoma?
Ci si è interrogati molto in tutto il mondo, sia prima sia
durante lo svolgimento del Progetto Genoma, sia ora che siamo in
fase conclusiva: qualcuno dice che porterà poco, qualcuno promette
miracoli, promette cose incredibili. Certamente nell'immediato
porterà ben poco, anche se tutte le ricerche già in atto saranno
accelerate per il solo fatto che conosciamo la sequenza di tutti i
geni. Io, per esempio, nella mia vita ho isolato una settantina di
geni. Ogni volta che ne isolavo un pezzettino mi premunivo di
determinare la sequenza e tutto il resto. Oggi non lo farei più.
Semplicemente da quel pezzettino andrei sul computer e mi ricavo il
resto. Se ci dobbiamo chiedere che cosa succederà fra quattro anni,
cinque anni, sei anni, sette anni, sarà un crescendo di risultati.
Ne individuerei due: il primo è la prevenzione dei tumori. I tumori
sono una malattia molto particolare, in un certo senso
ineliminabile, perché sono l'altra faccia della vita, che
diventerà sempre più importante via via che la vita media si
allungherà. Quindi verranno sempre più alla ribalta. Però ogni
tumore nasce con una cellula, che poi diventano due, quattro, otto,
sedici, e così via. Il problema è che in passato si diagnosticava
un tumore solo quando era grosso, quindi fatto di centinaia di
milioni di cellule. Oggi, già con la risonanza magnetica e la
T.A.C. si possono diagnosticare quando sono un pochino più piccoli.
Un domani, quando si potranno diagnosticare quando sono meno di un
chicco di grano, non saranno, nessuno di loro così, pericolosi.
Questo è il primo obiettivo che ci possiamo immaginare che verrà
raggiunto. Il secondo è di natura un po' particolare. Noi sappiamo
che siamo tutti diversi - non solo geneticamente, anche per lo stile
di vita, ma certo anche geneticamente - l'uno dall'altro. Sappiamo
che abbiamo ciascuno delle predisposizioni, delle idiosincrasie, e
anche che lo stesso farmaco può far bene a uno, può non avere
nessun effetto su un altro e può addirittura far male a un altro.
Quindi la conoscenza individuale delle caratteristiche di ciascuno
di noi, potrà realizzare, grazie al Progetto Genoma, quello che è
stato sempre il sogno del medico coscienzioso, cioè una medicina
centrata sul paziente, una medicina individualizzata. La medicina di
domani, se le cose continuano a andare in una certa maniera, se le
società saranno ancora così ricche e così organizzate da andare
in questa direzione, potrà trattare ogni essere umano nella sua
specificità, dando dei consigli, dando delle proibizioni e dando
dei farmaci adatti per la sua particolare costituzione genetica.
Edoardo Boncinelli