Lunedi' 26 marzo 2001


E' giusto sviluppare la ricerca per la clonazione umana?
di Franco "Bifo" Berardi

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Che cos'è la clonazione?

di Sabina Morandi

Clonare è o non clonare? Questo è il problema

L'ingegneria genetica: un connubio di cattiva scienza e grande business

Quasi come voi: storia di una "creatura" geneticamente costruita

Clonazione umana: la normativa nel mondo


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Spero che non si faccia, ma non è una tragedia


Basta mettersi d'accordo sul significato del termine clonazione. Se per clonazione s'intende, come a volte si intende, la produzione soprattutto di esseri umani, diciamo in serie, costruiti con i metodi di cui si è tanto parlato in questi mesi, anche in televisione, sui giornali, direi che più che illecita è una cosa di là da venire, della quale non vedo assolutamente l'utilità. Personalmente mi auguro che non si faccia, anche se poi non è tutta questa tragedia che la gente pensa. Se per clonazione invece s'intende: tessuti, parti di organo, partendo da una o più cellule di ogni essere umano, io penso che non solo è lecita, ma potrebbe essere molto utile, parte integrante della medicina di domani. Certo, bisogna discutere, perché non tutto quello che è possibile tecnicamente, è lecito farlo. Io mi auguro che le varie nazioni, possibilmente in un quadro planetario, discutano e decidano che cosa è lecito fare, che cosa non è lecito e fino a che punto è lecito fare certe cose".

Può la scienza definire "persona" un embrione od un feto?

 
"Persona" non è assolutamente un concetto scientifico, definito scientificamente, e dubito che qualcuno mi possa portare anche una definizione, non scientifica, di "persona". Quindi lo scienziato rifugge da queste cose. Mentre, per esempio, potremmo parlare di individuo sì, individuo no. Quando si dice che un embrione, anche di otto cellule, è un individuo, è un errore, perché più dei 4/5 degli embrioni fatti da otto cellule non daranno mai un individuo, semplicemente falliranno, e una buona percentuale di quelli darà due individui, se non addirittura tre. Quindi si considera, quando si dice che un embrione di otto cellule è individuo, come se ogni embrione di otto cellule andasse sempre in porto, nella maniera migliore, dando, per giunta, un individuo solo. Quindi si fa tutta una serie incredibile di semplificazioni. Premesso questo discorso sull'individuo, per considerare almeno un embrione di individualità mentale, oltre a quella fisica, ci vuole almeno un pochino di sistema nervoso. Ecco, perché, tutto sommato, anche se ha una grossa componente di arbitrarietà, l'indicazione del quattordicesimo giorno, come discriminante tra uno stato e un altro, ha un minimo di plausibilità, perché prima l'embrione non ha nemmeno una cellula nervosa e dopo l'embrione comincia a avere un sistema nervoso e poi successivamente un cervello nel quale pensa. Su questo siamo tutti d'accordo. Se "mente", significa qualcosa, lì è localizzata.

La clonazione di esseri umani quali conseguenze negative può aprire all'umanità?

Se per clonazione intendiamo la produzione di esseri umani completi, partendo da un certo patrimonio genetico, deciso prima - se questo si farà mai, se comporta delle produzioni di due, tre, quattro, cinque, dieci, venti individui - penso che l'impatto sia quasi nullo. Visto che il 2% della popolazione è data da gemelli, non vedo come questo possa cambiare le cose. Certo, se si facessero mille individui uguali ad un determinato modello o peggio che mai un milione, il discorso cambierebbe; però pensate che per fare mille individui clonati ci vorrebbero dieci volte e forse cinquanta volte tante donne che mettono a disposizione il loro utero. Quindi, al di là di tutti i problemi tecnici e morali, ci sono anche i problemi di fattibilità assolutamente, per il momento, ridicoli".

Ci può spiegare in cosa consiste esattamente la cosiddetta via italiana la clonazione definita TNSA, ossia Trasferimento Nucelare in cellule Staminali Autologhe? E' una clonazione a tutti gli effetti oppure pone un compromesso, una limitazione alle potenzialità dell'ingegneria genetica?

Intanto vediamo di che cosa si tratta. Si tratta di prendere una cellula-uovo non fecondata, oggi, oppure domani, una cellula qualsiasi, toglierle il suo nucleo e introdurvi un nucleo da noi scelto. Per esempio, se io da questa operazione voglio trarre un tessuto o parti di organo da trapiantare in un particolare individuo, per esempio Marco Bianchi, se io metto in questa cellula il nucleo di una cellula di Marco Bianchi, automaticamente quello che nascerà da questa operazione sarà un tessuto o parti di un organo che non avranno alcun problema ad essere trapiantatati in Marco Bianchi, perché saranno geneticamente identici o molto simili. Questo naturalmente dà un enorme vantaggio in prospettiva, certo non oggi, ma in prospettiva dà un enorme vantaggio. Questo penso che faccia tutto il mondo, per lo meno abbia intenzione di fare tutto il mondo, quando parla della famosa clonazione per trasferimento nucleare. Perché si sia trovato questo particolare nome in Italia, perché la si sia chiamata "via italiana", mi sfugge, anche se io facevo parte della Commissione, quindi, diciamo, queste cose sono successe sotto i miei occhi. Ma direi che in tutte le parti del mondo, se si farà qualcosa del genere, si farà così. È una clonazione? Se per clonazione s'intende la produzione di tessuti o parti di organo con un particolare assetto genetico, certo è una clonazione. Se per clonazione si intende la produzione di un intero individuo con un determinato assetto genetico, non è una clonazione, non è nemmeno l'inizio di una clonazione, perché da questa prima cellula non ci si propone di fare nemmeno un embrione, ma ci si propone di fare un monostrato, cioè un tappeto di cellule, da trattare in modo che poi si trasformino nel tessuto X o nel tessuto Y.

Cosa pensa della possibilità che il ricorso alla clonazione venga sostituito da un processo in grado di far regredire, a livello staminale o "totipotenziale", le cellule di un individuo adulto malato, così che sia l'organismo in un certo senso a curare se stesso?

Da una parte questa probabilità mi sembra un po' remota. Prendere una cellula malata e farla tornare indietro mi sembra veramente un'operazione di magia. Quello che invece è pensabile - sono sicuro che prima o poi sarà la linea scelta - è di prendere le cellule sane di quell'individuo, farle regredire a un livello indifferenziato e poi farle ri-differenziare nel tessuto o nell'organo che noi vogliamo. Quindi non le cellule malate, perché non vedo onestamente perché uno deve partire da una cellula malata. Questo quando si farà - e io sono sicuro che questa sarà la strategia finale - non dovrebbe porre nessun problema etico, perché si tratta di prendere le cellule di una persona, farle ritornare indietro nel differenziamento, cioè nella caratterizzazione, e poi farle di nuovo ricaratterizzare. In questo caso si tratta di cellule. Quindi non vedo come in questo procedimento ci sia qualcosa di diverso per esempio da una autotrasfusione di sangue, anche se nello sport questa è proibita, ma è proibita semplicemente perché l'abuso di questo procedimento danneggia l'atleta, ma se si fa un a volta ogni quarant'anni o una volta sola nella vita, non ci può essere questo danneggiamento".

Come incide nella prospettiva della clonazione il recente, grande risultato scientifico della mappatura o sequenziamento del genoma umano? La rende più semplice oppure propone un metodo alternativo, in particolare per l'urgente cura delle malattie genetiche?

Direi che al momento sono due realtà completamente diverse. La mappatura o, per meglio dire, la "decifrazione" del genoma umano è un grandissimo strumento che darà col tempo i suoi frutti - certo non subito -, che ci permetterà di conoscere noi stessi, di trovare le cause genetiche di quasi tutte le malattie genetiche e la base genetica di molte malattie che hanno soltanto una componente genetica. Ci aiuterà molto anche nella terapia, anche se io personalmente scommetto più sulla prevenzione che sulla terapia. In particolare io ho sottolineato diverse volte che il massimo successo che io mi aspetto dall'utilizzazione delle informazioni ricavate dal cosiddetto Progetto Genoma sarà nel campo dei tumori. Con l'aumento della vita media degli esseri umani, i tumori saranno sempre più probabili, se non addirittura certi. Conoscere perfettamente quali geni sono coinvolti nella formazione di certi tumori e, per ciascun gene, quali sono le alterazioni che lo portano in quella direzione sarà importantissimo. Questo migliorerà certamente la qualità della vita e anche la salute. Però esisteranno sempre problemi non raggiungibili per questa via. Per esempio, gli incidenti stradali o gli incidenti sul lavoro. Quelli non si eliminano certamente attraverso il Progetto Genoma. E quindi, per affrontare questi eventi, diciamo traumatici, ci sarà sempre un po' bisogno di trapianti. E la clonazione, almeno nella sua veste più positiva, non è altro che una soluzione al problema dei trapianti.

Finora si è lavorato, per quanto riguarda gli esseri umani, solo ad una clonazione che possiamo definire "parziale": al di là della spinosa questione di cosa clonare o da dove clonare, l'obiettivo è sempre principalmente la cura di gravi malattie. Nell'idea stessa della clonazione, intesa come produzione di individui identici, quindi "totale", sembrano però convergere prospettive o intenzioni spesso inquietanti, tra cui la perfettibilità della razza umana o la riproducibilità ad libitum di un particolare individuo nel corso del tempo. Professor Boncinelli, la domanda allora è: "Lei pensa che tutto ciò appartenga solo ad uno scenario fantascientifico o che possa in qualche modo incidere sul progresso dell'ingegneria genetica?

Diciamo che per il momento non è stato fatto niente di tutto questo, nemmeno parziale. Cominciamo a chiarire la realtà dei fatti. Che io sappia in questo mondo nessuno ha messo mano a esperimenti del genere. Presto si farà, certamente non in Italia, in altri Paesi, si farà per la messa a punto, per ora, delle pratiche per fare tessuti e parti di organo. Comunque non sarà presto, in ogni caso. Anche nei Paesi scientificamente sviluppati, non credo che succederà prima di dieci, quindici anni. Per fare individui interi su un determinato progetto genetico si fa bene a discuterne, si fa bene a discuterne come di tanti altri temi, ma insomma è una cosa che, se si farà, si farà fra venti, venticinque, trent'anni. Ha degli aspetti negativi, ha degli aspetti moderatamente positivi, che riesco a vedere soltanto nel caso di una coppia che proprio non riesce a avere figli ed essendo riuscita ad avere un figlio, invece che uno ne ha due o tre. Ma, insomma, si può stare anche senza figli! Si possono anche adottare i figli. Quindi, nonostante tutto, non sono incline a pensare che questa sia una necessità. Il discorso, invece, di fare uomini su misura, costruire uomini con certe caratteristiche genetiche, cosa di cui si è parlato negli anni Venti, negli anni Trenta e che, con un termine più appropriato si chiamerebbe "eugenetica positiva", cioè: scegliere delle caratteristiche specifiche che il futuro individuo dovrebbe avere, ecco lì io penso che invece di venti, trent'anni, saranno cento, centocinquanta, se mai si farà. Perché? Perché la natura ragiona in maniera completamente diversa da come ragioniamo noi. La natura privilegia le persone medie, non i valori estremi, le caratteristiche estreme. Il rischio, quasi certo, nel tentare di fare la persona più intelligente, per esempio, se questo è il valore che si sceglierebbe, è di farne uno malato o uno depresso o uno da rinchiudere. Io non credo che per molti decenni saremo in grado, anche volendo, di stabilire una determinata caratteristica genetica di un individuo, senza contemporaneamente danneggiarne altre. Questa è la conclusione a cui, secondo me, qualsiasi biologo deve arrivare quando si considerano gli organismi viventi, a parte gli uomini, tutti gli organismi viventi: che, in genere, quello che uno migliora da una parte finisce spesso per peggiorare da un'altra. Quindi, primo, bisognerebbe che fosse tecnicamente possibile, poi ci si dovrebbe mettere tutti d'accordo su quale valore privilegiare: può essere l'intelligenza, può essere la prestanza fisica, può essere l'obbedienza, può essere la bontà, può essere la lealtà. Quando pure si fosse arrivati a questa decisione, bisognerebbe essere sicuri che privilegiare questa dote non danneggia tutte le altre, per cui, sì, magari quello è più intelligente ma muore a 15 anni.

Cosa effettivamente porterà alla società, agli individui, l'utilizzazione dell'informazione ricavata dal completamento del Progetto Genoma?

Ci si è interrogati molto in tutto il mondo, sia prima sia durante lo svolgimento del Progetto Genoma, sia ora che siamo in fase conclusiva: qualcuno dice che porterà poco, qualcuno promette miracoli, promette cose incredibili. Certamente nell'immediato porterà ben poco, anche se tutte le ricerche già in atto saranno accelerate per il solo fatto che conosciamo la sequenza di tutti i geni. Io, per esempio, nella mia vita ho isolato una settantina di geni. Ogni volta che ne isolavo un pezzettino mi premunivo di determinare la sequenza e tutto il resto. Oggi non lo farei più. Semplicemente da quel pezzettino andrei sul computer e mi ricavo il resto. Se ci dobbiamo chiedere che cosa succederà fra quattro anni, cinque anni, sei anni, sette anni, sarà un crescendo di risultati. Ne individuerei due: il primo è la prevenzione dei tumori. I tumori sono una malattia molto particolare, in un certo senso ineliminabile, perché sono l'altra faccia della vita, che diventerà sempre più importante via via che la vita media si allungherà. Quindi verranno sempre più alla ribalta. Però ogni tumore nasce con una cellula, che poi diventano due, quattro, otto, sedici, e così via. Il problema è che in passato si diagnosticava un tumore solo quando era grosso, quindi fatto di centinaia di milioni di cellule. Oggi, già con la risonanza magnetica e la T.A.C. si possono diagnosticare quando sono un pochino più piccoli. Un domani, quando si potranno diagnosticare quando sono meno di un chicco di grano, non saranno, nessuno di loro così, pericolosi. Questo è il primo obiettivo che ci possiamo immaginare che verrà raggiunto. Il secondo è di natura un po' particolare. Noi sappiamo che siamo tutti diversi - non solo geneticamente, anche per lo stile di vita, ma certo anche geneticamente - l'uno dall'altro. Sappiamo che abbiamo ciascuno delle predisposizioni, delle idiosincrasie, e anche che lo stesso farmaco può far bene a uno, può non avere nessun effetto su un altro e può addirittura far male a un altro. Quindi la conoscenza individuale delle caratteristiche di ciascuno di noi, potrà realizzare, grazie al Progetto Genoma, quello che è stato sempre il sogno del medico coscienzioso, cioè una medicina centrata sul paziente, una medicina individualizzata. La medicina di domani, se le cose continuano a andare in una certa maniera, se le società saranno ancora così ricche e così organizzate da andare in questa direzione, potrà trattare ogni essere umano nella sua specificità, dando dei consigli, dando delle proibizioni e dando dei farmaci adatti per la sua particolare costituzione genetica.

Edoardo Boncinelli