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"Napoli: una città che ti guarda"

Wanda Marra

Il percorso all'interno della città suggerito da "Dadapolis. Caleidoscopio napoletano" di Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller

"L'immagine del caleidoscopio mi è stata suggerita dal fascino dei colori cittadini, che tanto più risaltano se si sa vedere che lo sfondo è grigio - compreso il falso colore locale, che si moltiplica fino alla nausea in innumeri chlichés e oleografie (ma quanta forza e realtà deve avere Napoli per sostenere con leggerezza tanta mole di kitsch) -, e dalla complessità della città (tutto è complesso al mondo, nell'uomo e in natura, ma a Napoli lo sembra di più)".

Nessuna presentazione potrebbe rendere meglio di queste parole della Ramondino l'operazione compiuta in Dadapolis. Caleidoscopio napoletano (Fabrizia Ramondino e Andreas Friedrich Müller, Einaudi 1989), "un collage" di citazioni che attraversa l'idea e l'immagine di Napoli, in maniera appassionata ma mai parziale, tentando di restituire la complessità della città, di definirla attraverso contraddizioni inconciliabili e conflitti insanabili. I testi su Napoli di poeti, scrittori, studiosi, religiosi, artisti, politici, filosofi, viaggiatori, dilettanti, eruditi, sono raccolti da "uno straniero che vive a Napoli", e da "una napoletana che è vissuta anche altrove". Si tratta solo di alcune delle possibili immagini che appaiono in fondo al caleidoscopio: il libro è anche un invito a continuare il gioco, a spostare a proprio piacimento il magico tubo.

Sono passati più di dieci anni dall'uscita di Dadapolis, ma la sostanza più profonda della città sembra ancora essere presente nelle riflessioni e nelle descrizioni qui raccolte di tanti (per la maggior parte stranieri) che si sono interrogati non solo sulla sua natura, ma anche sulla specificità delle sensazioni, dei sentimenti, dei pensieri da essa suscitati. E ne viene fuori uno sguardo su Napoli dal mondo, che è - al contempo - uno sguardo da Napoli sul mondo, una sorta di intreccio indissolubile tra globale e locale.

La prima parte di Dadapolis "apre le porte di Napoli" e introduce il lettore nel presente e nella storia della città, la seconda conduce a una Napoli dalle antiche e profonde fondamenta mitiche, la terza, invece, fornisce chiavi che introducono ai sentimenti provati verso la città da stranieri e Napoletani. I materiali sono accostati seguendo una scansione tematica, definita dai titoli dei vari paragrafi: "Dadapolis", "Città aperta", "Antichi e nuovi dei", "Eros", "Le sirene", "Sulla riva dell'Acheronte", "Precarietà", "Osci, Sanniti e altri cafoni", "La parola viva di Omero"," Smarrimento", "Fascinazione", "Fuga", "Denudamento", "Flânerie".

Ne esce fuori una Napoli, "costrutto della coscienza", "porta politica e commerciale, militare e culturale tra Oriente e Occidente, Meridione e Settentrione", popolata di antichi e nuovi dei, una città che si innalza tra "le sirene e l'Acheronte", due poli geografico-mitici che formano un nodo inestricabile di amore e morte, rifondazione e distruzione, bellezza e orrore; un luogo dove l'esperienza della precarietà, tanto del suolo che della bellezza sono forse alla radice del fatalismo, "che ora si manifesta come saggezza, ora come accidia, ora come capacità spensierata di vivere nella sua pienezza il presente, ora come tetro umore malinconico, ora come pazienza, ora come indifferenza, e che rende il napoletano inventivo nell'arte di tirare a campare e di arrangiarsi".

Müller, nella conclusione del libro, descrive Napoli come una città che ti guarda, che scoraggia le tentazioni dell'esteta, e anzi favorisce "chiarificazioni interiori, interrogativi sulle leggi dell'esistenza, un'esasperazione del sentire". E racconta che le immagini legate a Napoli nella sua infanzia lenivano una ferita, " la ferita di un presentimento: forse di disgregazione, di decadenza, proprio quando tutto doveva ancora iniziare". E da adulto sa che grazie a Napoli altri luoghi continueranno a ferirlo. Ma sa anche, che "dove c'è pericolo - cresce la salvezza".