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Una scuola più umana, grazie al computer

Wanda Marra

Intervista a Roberto Maragliano docente di Tecnologie dell'Istruzione e dell'Apprendimento all'Università Roma Tre

Che tipo di conoscenza si sviluppa con l'uso delle nuove tecnologie come strumenti didattici? Quali capacità critiche vengono stimolate? E come cambiano le interazione dei bambini con il mondo circostante?

Lo abbiamo chiesto a Roberto Maragliano, docente di Tecnologie dell'Istruzione e dell'Apprendimento all'Università Roma Tre, dove è responsabile del Laboratorio di Tecnologie Audiovisive e direttore del corso di perfezionamento a distanza in Tecnologie per l'Insegnamento. Tra le sue pubblicazioni: Nuovo manuale di didattica multimediale (con cd-rom), Laterza, 1998 e Tre ipertesti su multimedialità e formazione, Laterza, 1998.

Quali sono secondo lei i lati positivi, ma anche quelli negativi dell'utilizzazione delle nuove tecnologie per la didattica?

Il primo strumento tecnologico per la didattica è il libro, di cui è opportuno vedere i lati positivi e i lati negativi. Su questo tema si sono espressi nel passato filosofi, e non solo pedagogisti: penso - per fare solo un nome - a Rousseau. Forse abbiamo perso il senso di questo impegno di continua revisione dei limiti anche delle cose che risultano insostituibili.
Dunque, sono disposto a discutere di nuove tecnologie, se contemporaneamente sono poste in discussione anche le vecchie tecnologie. La positività e la negatività vanno pensate coinvolgendo contemporaneamente vecchie e nuove tecnologie.
È assolutamente positivo un sistema didattico che prevede l'uso di più tecnologie e assolutamente negativo l'uso di un sistema didattico che prevede l'uso di una sola tecnologia. In questo senso, la mia critica alla scuola del libro sarebbe anche una critica alla scuola del computer. In positivo, invece, vedo la possibilità di dare vita a una scuola del libro e del computer.

Quali sono i modelli didattici che comprendono l'uso delle tecnologie attualmente più utilizzati?

Necessariamente sono modelli che mettono in discussione i modelli precedenti. Le nuove tecnologie danno una visione del sapere di tipo articolato, di tipo reticolare, favoriscono i processi di collegamento, le pratiche di connessione e di integrazione, mettono in crisi gli ordinamenti disciplinari. Tutti questi aspetti possono essere visti come anarchia, oppure come elementi di arricchimento e di problematizzazione dell'ordine esistente. Io penso che bisogna lavorare in questa seconda direzione. L'ordine ha senso se insieme viene discusso un disordine: il disordine delle nuove tecnologie può anche influenzare l'ordine delle vecchie tecnologie, se tra le due c'è apertura, dialogo, confronto.

Come si sta svolgendo questo confronto?


Come non si sta svolgendo.Le nuove tecnologie per avere vita devono essere trattate alla pari delle vecchie, come la lavagna o il libro. Se io mettessi tutte le lavagne in un'aula, oppure tutti i libri soltanto in biblioteca, tratterei le vecchie tecnologie come vengono trattate le nuove almeno in Italia, dove è invalsa l'abitudine a relegare il computer nel laboratorio. In questo modo i computer si fanno diventare delle macchine specialistiche e si perde di vista il fatto che la loro caratteristica fondamentale è di essere una macchina generalista, di essere una confederazione di macchine. In quanto tale, il computer deve poter essere usato come quaderno, lavagna, libro, telefono, finestra. Per questo la sua collocazione naturale è in classe, dove però l'insegnante spesso lo considera una presenza innaturale.

La conoscenza che si sviluppa utilizzando il computer ha delle caratteristiche diverse da quella tradizionale? Quali sono le facoltà che vengono maggiormente stimolate?

Prima di tutto, vorrei sottolineare che sono favorevole a una logica dell'integrazione. Il libro mette in evidenza l'idea di una conoscenza che ha dei quadri fissi di riferimento, Internet o un videogioco o un Cd rom, invece, mettono più in evidenza il movimento e quindi il processo. Come la scrittura ha bisogno di essere accompagnata dal suono e dall'immagine, viceversa, suono e immagine hanno bisogno di trovare un punto di integrazione con le logiche della scrittura. Tutto questo favorisce l'idea di un sapere multimediale che si serve di diversi strumenti e che utilizza più codici contemporaneamente.

Utilizzando vecchie e nuove tecnologie, allora, si sviluppa una personalità più completa?

Certamente. Si sviluppa anche un'idea di soggetto completo, che utilizza diverse forme di intelligenza: non solo l'intelligenza astratta veicolata dal codice scritto, ma anche l'intelligenza concreta di agire dentro i suoni e le immagini.

Secondo lei ci sono dei bambini più portati di altri a questo tipo di conoscenza?

Io credo che tutti i bambini sono portati positivamente ad un sapere di natura multimediale, in quanto esso ha maggiori elementi di naturalezza rispetto al sapere scritto. Si entra in comunicazione con un videogioco, con un ambiente multimediale e digitale con una maggiore naturalezza di quanto si entra in comunicazione con un testo scritto.
Per decodificare un testo occorre un'istruzione, per dialogare con un ambiente multimediale non serve, invece, un particolare addestramento. Questo lo si vede anche sul fronte delle difficoltà che l'adulto trova nell'entrare in comunicazione con questi ambienti multimediali, proprio per il fatto che sulla sua intelligenza concreta di adulto si è inscritta un'intelligenza formale. Se per un verso questa lo rende adulto, per altri versi lo rende scarsamente disponibile a forme più duttili, più aperte, più intuitive, più globali di intelligenza.

Con l'avvento dell'era del computer come cambiano le interazioni tra adulti e bambini e quelle tra bambini?

Le interazioni tra bambini aumentano, contrariamente a quel che si dice, perché è evidente che davanti a un libro si può stare soltanto soli, mentre davanti allo schermo di un computer si è generalmente più di uno. Questa sintonia tra ciò che propone la macchina e il bambino fa sì che la macchina offra molto materiale di discussione, di condivisione, di esperienza comune. Si mette in movimento un universo, che va in direzione opposta rispetto all'isolamento. La vera tecnologia che ci isola è il libro. Lo dico provocatoriamente, fermo restando che il libro è insostituibile.
C'è da registrare, senza dubbio, la difficoltà dell'interazione tra adulto e bambino: l'adulto pensa di avere una funzione pedagogica nei confronti del bambino, ma si scontra con il fatto che il bambino ha un rapporto naturale con il mezzo. Il limite di tanti adulti è di trattare il computer come se fosse un libro, come se fosse un mezzo che propone dei quadri di conoscenza fissi e che quindi è possibile separare, analizzare, scomporre. Il computer, invece, presenta una conoscenza mobile, dinamica, nella quale le operazioni non possono non essere diverse da quelle che vengono proposte dal sapere fisso.

Ci sono delle discipline in cui le nuove tecnologie sono più utili?

Il merito del computer e della Rete è nell'introdurre elementi di indisciplina dentro le discipline, nel dare una visione aperta del sapere. Ci sono ambiti del sapere che godono di essere proiettati in una dimensione aperta, come le arti. Il campo delle discipline scritte rischia di soffrire di questa esposizione. Ma anche questo campo potrebbe garantirsi dei vantaggi, una volta che non fosse messo in forse, ma invece confermato nelle sue prerogative da un arricchimento garantito dall'apertura. Quando parlo di apertura intendo soprattutto la Rete, la possibilità di entrare in contatto con un universo teoricamente illimitato di testi, di immagini, di suoni e con i loro ambiti d'uso. Cioè la possibilità di entrare in contatto anche con altri utilizzatori di testi, di entrare in uno spirito di comunità, in una dimensione in cui il sapere è condiviso, revisionato, pattuito, confrontato. Vuol dire dare maggiore spessore umano a questo sapere. Vuol dire consentire alla scuola di essere più umana di quanto non sia oggi, paradossalmente usando delle macchine.

I bambini come vivono il computer?

Come una proiezione, uno specchio. Il computer è un prolungamento delle proprie capacità, un alleato, un compagno per l'esplorazione di se stessi e degli altri.

Il computer come mezzo di insegnamento è in grado di stimolare la capacità critica?

Ci sono due forme di criticità che collaborano entrambe allo sviluppo di un atteggiamento complessivamente critico. Una è la criticità di tipo analitico, cioè la capacità di scomporre, analizzare, dividere, concettualizzare, una invece è la criticità orizzontale, cioè la capacità di collegare, di contestualizzare, di integrare, di sistemare, di arrangiare, di costruire. Il computer favorisce una, il libro favorisce l'altra, un contesto favorisce un tipo di intelligenza, un contesto un'altra. Anche se poi un libro può essere letto ipertestualmente e un ipertesto come se fosse un libro, nel bene o nel male.

Che cosa si dovrebbe insegnare a chi utilizza le nuove tecnologie per la didattica?

Le nuove tecnologie non sono insegnabili, si possono apprendere. Un adulto deve imparare a utilizzarle per i suoi bisogni, prima che per quelli professionali. Il rischio che corriamo con il computer è che si voglia insegnare agli insegnanti ad usarlo in modo didattico, senza dar loro la possibilità di un uso personale, disinteressato. Rischiamo di addestrare gli insegnanti a delle mansioni limitate rispetto alle possibilità della macchina.
Sono favoriti gli adulti che hanno a portata di mano un bambino maestro, che li pone nella sintonia giusta con la macchina, che è quella di assumerla come ambito di gioco, di usarla come strumento per mettersi in gioco.