Servizio
Polizia informatica
di Margherita Mearelli
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Nata nel 1981 per la tutela del servizio postale e dei servizi di
telecomunicazione, ma orientatasi nel tempo sempre più verso il campo delle comunicazioni
radiotelevisive, telefoniche, telematiche e quindi anche dei reati informatici, la Polizia Postale e delle Telecomunicazioni è
l'autorità competente in Italia per le indagini informatiche.
Se la polizia ha competenze specifiche nel campo dell'indagine informatica, anche altre
forze dell'ordine, come Carabinieri e Guardia di finanza, sono sempre più coinvolte
nell'individuazione e nel controllo dei crimini informatici. L'indagine informatica
possiede le sue peculiarità, come spiega il Colonnello Rapetto:
"Non è facile operare in questo contesto. Il primo vincolo è sicuramente la
transnazionalità. Questi reati connessi con l'uso di tecnologie vanno a coinvolgere più
Paesi, conseguentemente più magistrature e diverse forze dell'ordine. È un problema
anche per l'esigenza di sincronizzare gli sforzi di chi opera in questo ambito. E' un
problema di cultura perché tanto la magistratura che le forze dell'ordine si sono trovate
colpite, stordite da questo cambiamento di scenario particolarmente repentino".
Oltre ai problemi già citati, un altro fattore che in qualche modo ostacola o comunque
ritarda le già complesse procedure investigative è la scarsità delle denunce,
soprattutto da parte delle aziende colpite.
In questo contesto è difficile trovare situazioni in cui si dichiarano con facilità i
crimini informatici. Il fatto di aver subito un attacco viene ancora normalmente ritenuto
da chi è vittima, bersaglio di hacker o altri soggetti, una dimostrazione di
vulnerabilità. Difficilmente, si ricorre alla denuncia, in parte perché ci si accorge
della violazione in ritardo e in parte perché si ritiene che sia un brutto biglietto da
visita.
Dal punto di vista legislativo i crimini informatici sono regolati dalla legge 547 del
23 dicembre 1993, che ha introdotto nuove figure di reato e ha ampliato gli strumenti
investigativi attraverso la modifica e l'aggiunta di nuovi articoli al codice penale e a
quello di procedura penale, come testimonia il magistrato Corasaniti:
"La
legge vigente ha introdotto una sorta di innovazione sul regime esistente. Prima c'era la
violazione di domicilio, oggi abbiamo una violazione di domicilio informatico. Prima c'era
l'accesso abusivo al fondo altrui, adesso abbiamo l'accesso abusivo all'interno dei dati,
del sistema protetto. Ci sono numerosi articoli che consentono di individuare i
responsabili di questo tipo di atti illeciti. Molto spesso le pene sono blande, non più
di quattro o cinque anni. L'hacker non rischia quasi nulla. Si possono commettere atti
gravi come grandi frodi o violazioni dei dati bancari ma, in fondo, i responsabili
rischiano ben poco tranne i casi in cui si dimostra il danneggiamento dei dati". |