I supporti? Cos'erano mai?
Napster si, con abbonamenti simili a quelli del
telefono per scaricare la musica preferita anche nel Sudan. E
soprattutto, la scomparsa di tante figure dell'industria
discografica dal compito poco chiaro e la cui presenza è una delle
cause del caro prezzo musicale, e la scomparsa dei supporti (vinile,
cd).
Eugenio Finardi ci dà la sua idea del futuro della musica, online
ma non solo
Partiamo dalla domanda fatidica: sei un utente di Napster?
Assolutamente. Lo trovo straordinario.
E metti della tua musica in rete?
Sì. Certo, non metto i pezzi editi: metto delle cose che faccio,
degli scherzi che registro col computer di casa. Scherzi, ma anche
roba seria.
Con uno pseudonimo?
Sì, segreto.
Raccontami della tua esperienza con Napster. Cos'è per te
Napster?
Napster è un mezzo straordinario di diffusione della musica:
secondo me in futuro non ci si ricorderà che c'era un altro
sistema, come adesso non ci si ricorda che una volta si viaggiava a
cavallo. Nel futuro si ascolteranno i pezzi che verranno scaricati o
che arriveranno direttamente attraverso fibre ottiche o satellite.
Spesso si sottolinea la gratuità, il fatto che Napster sia gratis.
Io non credo che sia quello il punto centrale. Il fatto è che su
Napster si trova tutto e lo si trova subito. Non è poi così facile
oggi trovare musica: i negozi di dischi sono sempre meno, e gli
spazi nei negozi sono gestiti in maniera dittatoriale e autocratica
dalle poche case discografiche multinazionali. Mi sembra del tutto
naturale allora che esista un mezzo che diffonde musica ovunque,
purché ci sia una linea telefonica o un telefono satellitare: noi
pensiamo sempre a Napster da Milano, da Roma, da New York, da Mosca,
ma un paio di anni fa ero con medici senza frontiere nel sud del
Sudan, uno dei posti più remoti della terra dove non c'è
l'elettricità, dove la valuta è il sale, e ognuno dei volontari
aveva venti minuti la settimana per comunicare tramite un telefono
satellitare che funzionava a batterie solari. Uno dei ragazzi che
era lì, si occupava degli approvvigionamenti, utilizzava questo
tempo per scaricarsi una canzone alla settimana da Internet. Tra
l'altro, il giorno prima che io arrivassi, aveva scaricato un pezzo
di Jovanotti. Un ragazzo francese in Sudan che ha scaricato
Jovanotti dalla Rete.
Hai accennato prima alle case discografiche. Quale sarà il
ruolo della casa discografica da adesso in avanti?
Bisogna distinguere tra case discografiche e edizioni: fanno più
o meno la stessa cosa, sono una struttura ridondante e ne serve una
sola. Le case discografiche servivano a produrre i dischi e a
distribuirli, a diffonderli, a fare la pubblicità, mentre le
edizioni servono a pubblicizzare il pezzo, la musica stessa. Io
credo che ci sia bisogno solo delle edizioni o dei discografici. Uno
dei due. C'è un doppio ruolo per cui in effetti l'utente paga
l'artista di solito non moltissimo, e molto la casa discografica e
le edizioni. Con Napster, con Internet, ci sarà meno controllo
industriale e saremmo liberi di ascoltare di tutto. In questo
periodo per un mio progetto sto ascoltando molta musica del bacino
mediterraneo: musica turca, musica greca, che trovo su Napster;
questa musica non viene mai proposta eppure la fanno a cento
chilometri dalle nostre coste.
Una sorta di gigantesco data base un po' archivio, un po'
radio nel quale attingere.
Esattamente.
Ricorderai sicuramente il famoso slogan dei ragazzi degli anni
settanta ai concerti: "la musica è gratis, non si paga".
Con Napster si può parlare di una sorta di ricorso storico? I
ragazzi non vogliono pagare la musica?
Ripeto, il fatto di non pagare la musica è un fatto riduttivo.
Credo che quelli che utilizzano Napster sarebbero dispostissimi a
pagarla un prezzo, come hai detto tu, equo. Non credo che la musica
debba essere gratis, io campo della mia musica così come un
panettiere campa producendo pane e così via. L'economia è fatta
così, per cui la musica è giusto che sia pagata. Il problema è
pagare chi la fa, chi la scrive, chi la produce e dare la
possibilità a tutti quelli che la fanno, che la producono, che la
scrivono di proporla al mercato. Devono scomparire quelle figure che
invece ci marciano. Diciamo che io "attacco" le case
discografiche perché poi in effetti quello che ci viene proposto
dalle radio e dalle case discografiche è molto spesso musica
industriale creata per fare grandi numeri e grandi vendite. Sono poi
i prodotti che sono stati tolti da Napster in questi giorni. Tutto
il resto c'è ancora.
Un ultimo slancio verso il futuro: come ti immagini una serata
con i mezzi tecnologici a disposizione da qui a cinque anni, dieci
anni?
Io credo che il futuro noi avremo un abbonamento, come adesso ne
abbiamo con le società telefonica, avremmo un rapporto molto
stretto con un provider, con un portale. Non dovremo più comprare
il televisore, il videoregistratore, il cd player: pagheremo un tot
al mese e ci verrà fornito lo schermo su cui vedremo film,
televisione, ma anche tutto quello che adesso già vediamo nel
computer. Con il computer potremo agire con sistemi di
riconoscimento vocale, potremmo sentire musica, il computer ci
ricorderà che musica ci piace ascoltare e ce ne potrà sottoporre
di nuova. Sarà questa la nuova battaglia delle case discografiche o
degli editori: fare in modo che il pezzo venga proposto. Potremo
sentire la musica che ci piace, ci verranno sottoposte musiche nuove
a seconda dei nostri gusti e per ogni cosa pagheremo una specie di
bolletta del telefono. Non avremo più bisogno di supporti. Chi
vuole il supporto potrebbe addirittura forse tornare con qualche
sistema a stamparsi il buon vecchio vinile.
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