Mercoledi' 25 aprile 2001

Revisione testi a cura della redazione internet di MediaMente

Il grande crack

L'avevo detto io…
Intervista a M.Mandel

TheStreet.com, un modello per l'informazione finanziaria

È dura ma l'Europa tiene…

Cari manager, rimboccatevi le maniche

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È dura ma l'Europa tiene…

Roberto Masiero, presidente IDC, una delle più grandi società di consulenza e analisi strategica e finanziaria, ritiene che tale crisi possa essere paragonata al crollo del mercato dei PC nella metà degli anni Ottanta. Bisogna imparare la lezione. Ma, intanto, l'Europa è la locomotiva del mercato mondiale

È scoppiata la bolla speculativa: dal suo punto di vista, cosa è successo e perché?

Sicuramente negli ultimi 24 mesi abbiamo assistito alla formazione e poi allo scoppio di una bolla speculativa nel mondo di Internet. Non bisogna però confondere quello che è stato il crack, ovvero il crollo dei costi delle aziende Internet, con le tendenze di medio-lungo periodo degli investimenti della net economy. Bisogna ricordare che se il Nasdaq è crollato improvvisamente nel corso di pochi mesi da 5000 a 1500, gli investimenti in infrastrutture Web e in commercio elettronico rimangono, d'altra parte, l'area portante degli investimenti che sono destinati ad essere trainanti per l'economia mondiale nel corso dei prossimi 10 anni.

Lei ha paragonato il boom del Nasdaq al boom che avvenne negli anni Ottanta nel mercato dei Personal Computer.

Il nostro mestiere è di essere un po' la memoria storica dell'Information Technology. All'inizio dell'era dei Personal Computer, 17 anni fa, i costi delle prime aziende di PC subirono lo stesso trend: un'ascesa estremamente rapida e poi un crollo altrettanto travolgente. Dopo questo crollo le vendite dei PC si ripresero e nel corso dei successivi 10 anni aumentarono di 6 volte perché corrispondevano alle esigenze strutturali di sviluppo della prima fase dell'economia dell'informazione. L'importante è la lezione che deriva da tutto questo. Secondo noi, gli investimenti della net economy si riprenderanno e, secondo le nostre previsioni, ci attendiamo che gli investimenti passeranno da 500 miliardi di dollari a oltre 2000 miliardi di dollari entro il 2005.

Quali potrebbero essere i trend del prossimo futuro che tireranno la ripresa?

Si tratta di trend che si proiettano in un periodo piuttosto lungo. Ci sono certamente delle difficoltà importanti nel prossimo futuro, ma credo che le cose che faranno decollare il mercato dopo questo periodo di difficoltà saranno il wireless e la fibra perché il mercato ha bisogno di mobilità e di banda. Queste opportunità si declineranno ovviamente in maniera diversa: mercati diversi determineranno sistemi di opportunità diverse. Ad esempio, negli USA c'è molto cavo installato quindi c'è già un mercato pronto a veicolare una quantità di contenuti multimediali; dall'altra parte, in Europa, c'è moltissimo wireless - in Italia c'è massimo numero di telefonini in Europa - con un mercato indubbiamente più pronto allo sviluppo di applicazioni mobili.

Ha una visione relativamente ottimista?

Noi abbiamo dei modelli previsionali molto complessi. In sintesi, tutto dipende da cosa succederà in generale dell'economia americana. Sostanzialmente noi lavoriamo su un'ipotesi secondo la quale il tasso di crescita del GDP negli Stati Uniti decrescerà dal 5% nel 2000 al 2% nel 2001: sulla base di questa previsione, che non è ancora tecnicamente depressione, prevediamo che il tasso di crescita del mercato IT negli USA diminuirà dall'11% al 7%; quello dell'Europa rimarrà sostanzialmente stabile tra il 12%-11%; quello mondiale, quindi, dovrebbe stabilizzarsi intorno al 9%. Se però il tasso di crescita del GDP americano scendesse sotto l'1%, a condizione che l'Europa tenga, parleremmo di tassi di crescita che potrebbero essere del 4-5% nell'IT negli USA, e di circa il 7% a livello mondiale.

È dura?

È dura, perché l'Europa in tale contesto sarebbe l'unico mercato che tiene. La "vecchia" Europa già in questo momento è la locomotiva, vale a dire il miglior mercato mondiale, grazie al quale anche i risultati delle aziende americane oggi tengono, almeno parzialmente.

Allora, bisogna investire nella borsa europea?

Per quanto riguarda questo aspetto, le dinamiche finanziarie in Europa indubbiamente non hanno un impatto così diretto rispetto all'economia reale. I mercati europei stanno tenendo piuttosto bene, quindi senz'altro direi che in termini di economia reale l'Europa sta meglio. Ciò che mi preoccupa sono altri fatti: innanzi tutto, le grandi multinazionali stanno reagendo alla crisi tagliando corto, anche in Europa, particolarmente a livello dei head quarter; l'altro aspetto preoccupante è questa ventata di razionale pessimismo che rischia di avere delle conseguenze gravi. Mi chiedo se è possibile che le decisioni nell'ambito del mercato dell'IT, un abito così serio e così razionale, almeno teoricamente, vengano prese in base al "sentiment", un "sentiment" negativo che non ha nessuna base rispetto all'andamento dei mercati europei e rischia di espandersi e di determinare un obiettivo allargamento di tendenze recessive dagli USA anche al nostro continente.

Che sensazione ha avuto dell'informazione finanziaria in Italia?

Credo che si trattasse di problemi obiettivamente difficili. In realtà si trattava di valutare delle aziende che non avevano un passato ed operavano in un mercato il cui futuro era difficilmente prevedibile. All'interno di questo contesto era difficile applicare gli strumenti tradizionali.

Cosa pensa della posizione di Micheal Mandel?

Penso che ci sia anche un business nell'esagerare le cose. Credo che Mandel giochi molto bene il suo ruolo di "guru della depressione", ma in realtà la situazione è più complessa.

IDC