Il grande crack
Il grande crack. Un titolo che si riferisce
evidentemente al crollo del mercato borsistico tecnologico
dell'ultimo anno. Uno scivolone iniziato a marzo 2000 che a poco a
poco si è trasformato in una slavina senza pietà, che ancora non
si è fermata, e ormai procede parallelamente a una seria minaccia
di recessione in America (con tutte le conseguenze sui mercati
mondiali). Probabilmente sono stati i piccoli investitori a subire
le perdite più dolorose, grazie al, o meglio per colpa del boom del
fenomeno del trading online.
Un anno vissuto pericolosamente
Se fosse un film, quest'ultimo anno della New Economy lo
potremmo chiamare un anno vissuto pericolosamente, vedere il grafico
dell'indice Nasdaq per credere. Dopo i fasti della scorsa primavera
in cui tutto era "web oriented" e tutte le società erano
a suffisso "dot.com", un'era felice in cui il NASDAQ, il
simbolo della nuova economia legata alla Rete, arrivava oltre i
5.000 punti e il nostro Nuovo Mercato vedeva crescere
vertiginosamente indici e matricole, in breve tempo si è invece
imposta la legge che potremmo chiamare del "meno due
terzi" (-2/3), a tanto infatti ammontano in media i cali sia
del Nasdaq, ora viaggia sui 1900/2.000 punti, sia dei listini
tecnologici europei, compreso quello italiano. Ma il listino è una
sorta di media di migliaia di aziende. Alcune hanno perduto molto di
più, e fra queste anche simboli della net economy come Cisco,
Amazon, Oracle, Intel, Yahoo, e anche le star nostrane: Tiscali,
e.Biscom, i.Net, Finmatica. In generale molte delle 41 società a
listino nel Nuovo Mercato sono sotto i livelli di collocamento. L'annus
horribilis della new economy ha visto chiudere almeno 210 società
dot.com, di cui oltre il 60% ha ceduto nel trimestre nero di fine
anno del Nasdaq. Il 75% di queste società erano dedite al B2C, il
business to consumer, cioè vendevano all'utente finale. Insomma
dall'euforia al cimitero delle dot.com il passo è stato
rapidissimo: se volete portare i fiori andate al sito
www.webmergers.com c'è l'elenco dei defunti tecnologici. Forse
tutto questo era prevedibile, ora sono in molti a dirlo. E domani
allora cosa succederà alla New Economy?
In Italia
In Italia le cose sono cominciate un po' più a rilento
com'era naturale che fosse, ma dopo il boom del nuovo mercato e di
alcuni titoli in particolare, molte società importanti per
l'economia della rete si trovano nel listino principale e nel mib30.
Solo per fare due nomi, StMicroelectronics e Telecom. In Italia la
sfida che il successo borsistico della new economy ha comportato per
l'informazione è cresciuta molto proprio in questi mesi, a
prescindere dai destini altalenanti o meno. Di fatto la finanza, la
borsa, sono diventati fatti culturalmente rilevanti; prima chi
scriveva o parlava di queste cose lo faceva con un interlocutore
esperto e numericamente non molto rilevante, ora il pubblico
interessato, anche perché utente, è molto aumentato.
E ora?
La New Economy ha portato in borsa insieme alle tante nuove società
quotatesi anche tanti nuovi risparmiatori che prima sceglievano
investimenti più stabili, come i titoli di stato. Ora la new
economy ha bisogno dei capitali dei milioni di risparmiatori per
sovvenzionare i crescenti costi della continua innovazione, e i
risparmiatori vorrebbero un buon guadagno dalla nuova era economica
legata alla rete. Ma niente dopo l'iniziale euforia sembra essere
più cosi certo: alcuni ritornano a titoli tradizionali da old
economy, altri aspettano e si guardano intorno cercando informazioni
nelle decine di supplementi economici dei quotidiani e dei
settimanali, nelle rubriche televisive e naturalmente nella Rete.
Con la voglia di far soldi cresce forse anche la necessità di una
cultura economica e a chi fa informazione spetta il compito sia di
produrre un'informazione chiara e non legata, nel migliore dei casi,
alle euforie momentanee dei mercati sia di non additare solo sogni
di ricchezza immediata, ma di far capire che dietro la new economy
c'è un modo nuovo di usare le tecnologie che ha già cambiato, e in
futuro lo farà ancora, la vita di tutti noi, che si faccia trading
ondine o meno.
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