Le opportunità di Internet
Abbiamo incontrato don Franco Mazza, segretario
dell'Ufficio della CEI per le Comunicazioni Sociali, per capire
quali sono i vantaggi e le opportunità che Internet offre alla
chiesa cattolica, e sembra quasi che la Rete sia lo strumento
naturale di divulgazione del Verbo…
Nella Conferenza Episcopale Italiana spesso si affrontano
problemi legati ad Internet.
Già Giovanni Paolo II, nel 1990, aveva indicato una via di
impegno a coniugare e collaborare a individuare nuovi percorsi e
sentieri anche educativi con la cultura del computer.
Ma nessuno poteva aspettarsi Internet già nel 1990.
Certo, ma la Chiesa non ha mai chiuso nessuna opzione di
approfondimento e di discernimento anche nei processi di
acculturazione. Credo che un'altra tappa fondamentale sia stata
"Aetatis Novae", nel 1991, che introduce l'idea che essere
nella società dei media non si tratta solamente di utilizzare i
media, ma di coniugare nuovi linguaggi e nuove modalità di
interazione e di comunicazione. È indubbio che altri documenti,
come quello dell'anno scorso sull'etica della comunicazione,
introducono un dibattito serrato sulle opportunità della Rete.
Lei è stato l'organizzatore di un recente convegno sulle
opportunità educative di Internet. Dal punto di vista religioso,
cosa è emerso?
Innanzi tutto siamo riusciti a togliere quell'interrogativo al
termine dello slogan "Internet come ambiente educativo".
Il convegno ci ha dato l'esatta sensazione e percezione che quello
che ha detto il Papa era già presente all'interno della comunità e
molte sono le esperienze e i progetti che volgono i passi per un
impegno educativo. In questo convegno si è presa in considerazione
la domanda degli adulti: una domanda a volte di smarrimento, a volte
anche di entusiasmo in alcune situazioni di grande fecondità
intellettuale e culturale; la domanda di come essere educatori oggi
rispetto ad uno scenario che è cambiato e rispetto a anche dei
soggetti che chiedono altro.
Le dispiacerebbe approfondire il tema della formazione alle
nuove tecnologie all'interno della chiesa cattolica?
Un obiettivo importante di questo convegno è stato quello di
individuare, innanzi tutto, un impegno alla formazione: credo che
formare operatori della Rete, operatori della comunicazione e coloro
che individuano la pedagogia di un'interazione tra persone secondo
il linguaggio della Rete, ecco debba essere veramente un impegno
prioritario. Una seconda acquisizione, da questa giornata di studio,
è stata quella di non chiudere le opportunità soltanto in alcuni
scenari. La Rete ci insegna un'esperienza di creatività, la
possibilità di partecipare a diversi progetti, di essere in rete di
avere una biblioteca senza pareti, di essere in un territorio
sconfinato, dove c'è una modalità diversa di apprendimento e di
docenza. Si tratta di diventare allo stesso tempo fruitori ed
educatori di un'esperienza in fieri.
La Chiesa non è sempre stata aperta di fronte alle novità…
Bisogna spendere una parola positiva rispetto ad una Chiesa che
coniuga secondo il suo tempo anche diverse forme di
evangelizzazione. In ogni tempo la chiesa ha scelto di vivere
un'esperienza di comunicazione. Certamente ci sono in ogni tempo,
come in ogni realtà, delle voci di contrapposizione, di allarmismo;
a volte ci sono, come direbbe Eco, degli "apocalittici",
altre volte degli "integrati". Si tratta di individuare
due verbi nella sua testimonianza: la capacità di armonizzare e di
selezionare in ogni tempo ciò che può essere utile per il cammino
della comunità.
Secondo Giorgio Girardet, "i giovani non possono
avvicinarsi alla spiritualità attraverso Internet, perché è uno
strumento troppo impersonale". È d'accordo?
Dai dati della Rete, emerge che 200 mila siti esprimono una
domanda di spiritualità: allora credo che la Rete sia un luogo,
così come ogni territorio, dove le persone esprimono le loro
vocazioni le loro speranze e forse anche i loro dubbi, i loro
orizzonti. È indubbio che se nella Rete non c'è nessuno che
ascolta queste domande, non ci potrà mai essere mai un dialogo
fecondo sulla ricerca di Dio.
Secondo lei, c'è una sorta di ricerca spirituale individuale?
Non metterei in contrapposizione la domanda singola di
spiritualità o di religiosità ad un'esperienza di fede espressa in
gruppo. La vita di fede ha una tensione personale, ma al tempo
stesso non può non essere anche una comunicazione con altri. Quindi
ci sono dei momenti necessari di un percorso solitario in assoluta
semplicità, in assoluto silenzio, mentre ci sono momenti in cui il
bisogno è di esternare, comunicare e condividere.
Come riassumerebbe l'esperienza della Rete della comunità
cattolica?
C'è un criterio base fondamentale, a mio avviso, che è quello
di raccogliere il linguaggio della Rete e tentare con creatività di
trasferirlo anche in un progetto diversificato. Il linguaggio della
Rete esprime quattro momenti fondamentali: informare, il bisogno che
troviamo nella maggior parte dei siti; comunicare, le chat, le
mailing list sono l'esperienza di questa voglia di interazione; la
modalità di lavorare insieme, di costruire in rete e quindi la
dimensione della cooperazione, cioè dell'essere in rete per
progettare insieme. Dietro questi verbi possiamo anche rintracciare
verbi familiari alla vita ecclesialistica; nell'espressione
dell'oggi si direbbe essere in comunione. Quindi credo che questo
sia possibile e ha bisogno di pionieri.
Dio è anche in Internet?
La certezza che Dio parli anche oggi ci attesta che Dio può
parlare in qualsiasi luogo, in qualsiasi territorio. Se Internet è
un territorio altro rispetto a quello che quotidianamente viviamo
nell'interazione interpersonale, credo che sia un territorio altro
da esplorare, da visitare, da conoscere, da esplorare.
Se Gesù ricomparisse nel 2001, userebbe Internet?
Credo che fondamentalmente sceglierebbe un gruppo di persone,
come 200 anni fa, per portare il suo messaggio. Questo gruppo di
persone, in ogni epoca e in ogni tempo, sono portati a esprimere
nella cultura di quel tempo e di quell'epoca il messaggio essenziale
del Regno di Dio: Dio è amore e Dio presenta anche oggi la sua
visibilità.
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