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Tema del 14 aprile 2000

Alla ricerca del nome vincente

Guerre di dominio

Con lo sviluppo commerciale del Web l'importanza di possedere il dominio giusto è cresciuta enormemente

di Antonio Leonardi, Michele Alberico, Elena Capparelli

Negli ultimi tempi la faccenda dei domini Internet, ovvero degli indirizzi dei siti sulla Rete, è finita spesso sui giornali. Il Touring vince la guerra del dominio si legge su Repubblica.it del 21 marzo del 2000, oppure ancora: La Commissione europea ha creato un nuovo "dominio" per tutti i siti Internet dell'Unione. Bruxelles lancia "eu" firma Web di Eurolandia. Sarà operativo tra poche settimane. E infine: AAA.com sito libero cercasi nella Rete.

Attualmente il dominio non è più solo un indirizzo da digitare nel browser per collegarsi a un sito, ma è un fattore fondamentale per ogni impresa online. Avere un dominio azzeccato, facile da ricordare, che faccia presa sul pubblico, può segnare la differenza tra il successo e il fallimento.

A complicare la faccenda, c’è il fatto che, nel mondo senza frontiere del Web, la probabilità di omonimia, cioè che due società vogliano legittimamente usare lo stesso dominio, si moltiplicano.

Le parole e le sigle sono moltissime, ma non infinite. E la probabilità che qualcuno abbia già occupato, per così dire, il dominio che ci interessa è sempre più alta. Gli esperti discutono su come risolvere questo problema da parecchio tempo. Una proposta è di introdurre nuove estensioni accanto ai vecchi .com, o .org che ormai sono sovraffollati. Oltre alla Commissione Europea, che sta discutendo l’introduzione dei domini .eu, si sono sentite altre proposte come .web, o .kids per i siti per i bambini, .info per i siti d’informazione e così via.

La situazione dunque tra organizzazioni nazionali ed internazionali è un po’ confusa e riflette il fatto che l’essenza stessa della Rete non prevede un’autorità centrale. Siccome Internet si è sviluppato in buona parte negli ambienti accademici, spesso proprio delle istituzioni accademiche si sono trovate a gestire di fatto questi problemi. In ogni caso, chiunque lo desideri, ora, può registrare un dominio anche direttamente dalla Rete.

Uno dei motivi per cui i domini sono quasi esauriti è che attorno a questi preziosi indirizzi Web si è scatenato un vero mercato. Vi sono persone che hanno registrato decine di migliaia di domini: parole vere, parole di fantasia, nomi probabili e improbabili. Interi dizionari sono stati registrati. E chi vuole poi utilizzare uno di questi domini deve pagare prezzi che ormai sono miliardari. Il dominio business.com è stato recentemente venduto per 7,5 milioni di dollari. E il record potrebbe essere battuto. La trattativa per aggiudicare network.com si gioca sul filo degli 8 milioni di dollari.

Ma da più parti si sostiene che registrare domini di società note per poi rivenderli sia un comportamento ai limiti dell’illegalità. È quello che gli anglosassoni chiamano cybersquatting; una pratica resa possibile dal fatto che tutti gli enti di registrazione non si occupano affatto di verificare se una persona abbia o meno il diritto di registrare un certo nome ma ragionano invece con la logica del primo arrivato primo servito. Questa pratica, specie negli States, ha sviluppato una polemica furiosa e da tempo si sta pensando a porvi dei rimedi legislativi.

Esiste però un problema ulteriore sul quale è ancora più difficile trovare una soluzione. Finché si discute di un marchio è più o meno facile decidere chi ne detiene i diritti. Tutt’altra questione è decidere chi ha il diritto a detenere un nome di dominio che è un nome proprio, un cognome o addirittura un nome di battesimo.

Facciamo una prova in Rete per vedere se qualcuno ha registrato o meno dei nomi propri. Andiamo sul sito del nic italiano e consultiamone il database. Prima di tutto cerchiamo Massarini.it.  Massarini.it risulta un dominio già registrato, registrato da un certo Claudio Trionfetti di Terni per promuovere un negozio di caccia, pesca e sport.

Vediamo altri nomi di MediaMente. Se cerchiamo i nomi dei nostri autori Elena Capparelli e Michele Alberico risultano entrambi registrati, ma a sorpresa sono stati registrati dalla stessa persona. Luisella Garau di Olbia. Cerchiamo allora il nome di un noto giornalista che si occupa di nuove tecnologie: Enrico Pedemonte dell’Espresso. Stesso risultato. Nome registrato anche stavolta da Luisella Garau. E stessa sorte è toccata a Luca Niki Grauso Fraioli, Massimo Miccoli, giornalisti anche loro e Stefano Passigli sottosegretario all’innovazione tecnologica. Anche lui finito nella Rete di Luisella Garau. Cercando il numero di telefono e chiamando Luisella Garau, risponde una voce che dice: “Buongiorno, segreteria di Niki Grauso”.

In Italia, Niki Grauso è stato tra i primi imprenditori a intuire le potenzialità commerciali del Web e ha investito 15 miliardi per registrare a suo nome ben 70 mila domini di tipo .it. E pare addirittura altri 45 miliardi per quasi 500 mila domini di altro tipo. Insomma, come la vicenda Grauso insegna, la battaglia dei domini è lontana dall'essere conclusa.

 

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