Corso 3 - Fare musica con il computer

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Modulo 1: La natura dei suoni
Modulo 2: Il suono digitale
Modulo 3: I computer leggono la musica
Modulo 4: Il computer alla regia del suono

Fare musica con il computer
di Andrea Paladin

 

Prima dispensa

La natura dei suoni

Sommario degli argomenti

  • Introduzione (1)

  • Il suono (2)

  • Le caratteristiche di un suono (3)

  • Il timbro (4)

  • La percezione del suono (5)

  • Dal suono all'elettricità (6)

 
Video

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Esercizi di autovalutazione
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Introduzione

Il nostro breve corso sulla musica e il computer si articola in quattro lezioni: ognuna di esse comprende circa 30 minuti di video, una dispensa come questa, e un modulo di esercizi e di test di autovalutazione, che vi permetteranno di capire se avete assimilato i concetti fondamentali della lezione. 

Lo scopo di queste dispense comunque non è quello di fornire una trattazione completa degli argomenti che si affronteranno ma piuttosto quello di tracciare una panoramica semplice e sintetica che ci consenta di capire i fondamenti della musica e di iniziare ad usare un computer per elaborare i suoni in modo creativo e divertente. 

Chi avesse voglia di approfondire un argomento potrà utilizzare i numerosi link che porteranno verso siti e pagine web, preferibilmente in lingua italiana, che trattano dei temi svolti durante il corso. A questo punto però, prima di iniziare a parlare di musica e di computer, andiamo a conoscere un po' più da vicino il mondo dei suoni.

Il suono

Generalmente, nel linguaggio comune, quando si parla di suono si intende la sensazione psicologica legata all'ascolto. Per descrivere un suono, in effetti, spesso usiamo aggettivi, come ad esempio gradevole oppure fastidioso, che sono legati alla sfera delle nostre emozioni. Ma come possiamo definire in modo più esatto e oggettivo un suono? Per rispondere a questa domanda ci conviene partire dalle origini e quindi, per prima cosa, cercare di capire da dove nasce un suono. Se facciamo un piccolo esperimento e pizzichiamo la corda di una chitarra ci accorgiamo che, in questo caso, il suono è prodotto e nasce proprio dalla vibrazione della corda.



Figura 1 - vibrazione di una corda pizzicata

Per essere più precisi possiamo dire che per vibrazione si intende un movimento oscillatorio di un corpo attorno alla sua posizione di equilibrio come quello mostrato dalla figura precedente. La cosa interessante è che qualsiasi tipo di suono, non solo quello di una corda di chitarra, è prodotto proprio da un fenomeno di questo tipo in cui c'è un corpo, chiamato sorgente del suono, che vibra. Ma come riesce questa vibrazione ad arrivare fino al nostro orecchio per essere percepita? Quello che accade è che, quando un corpo vibra, la sua vibrazione si propaga nell'ambiente circostante sotto forma di un onda di pressione, ed è proprio quest'onda che viene chiamata suono. Per visualizzare questo fenomeno possiamo pensare all'onda che si genera sulla superfice dell'acqua quando agitiamo una mano nel liquido: più la vibrazione della mano è ampia e più sarà alta l'onda che si propaga nell'acqua. Allo stesso modo più è ampia l'oscillazione della corda e più sarà forte il suono che ascolteremo.



Figura 2 - onda di pressione generata nell'aria dalla corda

Da quello che abbiamo appena detto ne deriva che noi possiamo ascoltare un suono solo se esiste un mezzo attraverso il quale la vibrazione del corpo si può propagare e generalmente questo mezzo di propagazione è proprio l'aria che ci circonda. In realtà, però, il suono si propaga in qualsiasi tipo di mezzo, solido liquido o gassoso anche se con velocità diverse, come possiamo vedere nella tabella che segue, da dove si deduce che la velocità del suono cresce con la densità del mezzo in cui si propaga.

MEZZO VELOCITÀ
 (metri al secondo)
Aria 331
Acqua 1450
Piombo 1230
Ferro 5130
Granito 6000

Tabella 1 - la velocità del suono in alcuni materiali

Anche l'attenuazione che subisce il suono - ovvero la diminuzione del suo volume mentre viaggia - dipende dalla densità del mezzo di propagazione e infatti per esempio, nell'acqua un suono si può percepire ad una distanza molto maggiore che nell'aria.

Le caratteristiche di un suono

Se andate a guardare su un qualsiasi libro di musica vedrete che il suono si definisce usando tre proprietà: altezza, intensità e timbro. Ma cosa rappresentano questi nomi? Per capire come si collegano queste grandezze al suono ci conviene osservare la forma dell'onda di pressione che nasce da un corpo che oscilla e si propaga nel mezzo circostante. Possiamo rappresentare quest'onda su di un grafico come quello che segue.



Figura 3 - grafico di un onda sonora

Se osservate la figura vi accorgete che un onda sonora è caratterizzata dal fatto che una stessa forma si ripete periodicamente. L'altezza di un suono, chiamata più comunemente frequenza, è proprio l'inverso del tempo che dura ogni ripetizione, che, a sua volta, viene chiamato il periodo dell'onda. L'onda sonora in figura, per esempio, ha un periodo che dura 1/100 di secondo e quindi una frequenza pari a 100 oscillazioni al secondo. L'unità di misura della frequenza si chiama Hertz, o in breve Hz, e quindi questa frequenza vale 100 Hz. Ma come possiamo sentire la frequenza di un suono? Niente di più facile! Più un suono è acuto e più la sua frequenza cresce. Per dare un po' di numeri considerate che una frequenza minore di 200 Hz è un suono basso mentre una frequenza maggiore di 800 Hz è un suono acuto. Ma ascoltiamo qualche esempio.

Suono a 110 Hz
Suono a 220 Hz
Suono a 1000 Hz

 

Come avrete capito dagli esempi, le note che esegue uno strumento sono caratterizzate proprio dal loro valore di frequenza. Un La suonato al centro del pianoforte, per esempio, ha una frequenza di 440 Hz mentre il La successivo vale esattamente il doppio, ovvero 880 Hz.

Nota La di Pianoforte (220 Hz)
La successivo (440 Hz)

 

Passiamo ora alla seconda proprietà di un suono, l'intensità. Come potete immaginare con questo nome si intende l'ampiezza di un suono, il suo volume. Ma come si misura questa volume? Così come per la frequenza esiste un'unità di misura ad hoc, gli Hertz, anche in questo caso per misurare l'ampiezza di un suono si usa un unità particolare chiamata Decibel, e quando usiamo questa unità facciamo riferimento proprio alla sensibilità dell'udito: un suono appena percepibile infatti ha un ampiezza di 0 decibel - abbreviato in Db - mentre un suono spacca timpani ha un ampiezza di 120 Db. Ma diamo qualche altro esempio tra questi due estremi:

Decibel  Condizione ambientale
140 Soglia del dolore
120 Clacson potente, a un metro
100 Interno della metropolitana
80 Strada a circolazione media
70 Conversazione normale, a un metro
60 Ufficio commerciale
40  Biblioteca
20 Studio di radiodiffusione
0 Soglia di udibilità

Tabella 2 - Ampiezza sonora (Decibel)

Ed ora vediamo qualche sito su cui possiamo trovare qualche informazione in più su quanto abbiamo detto:

http://www.racine.ra.it/ungaretti/labscie/acustica.htm a questo indirizzo, per esempio, la scuola media statale "Ungaretti" di Solarolo (RA) descrive, in un percorso a esperimenti, le basi dell'acustica;

http://www.atnet.it/lstron/fisica/oscill/sim01.htm qui, invece, possiamo trovare un laboratorio di fisica virtuale con delle ottime animazioni che descrivono il comportamento di un onda sonora e anche, per i più volenterosi, le equazioni matematiche che la descrivono.

Il timbro

L'ultima, e più complessa, caratteristica di un suono è chiamata timbro. Possiamo dire che il timbro rappresenta la carta di identità del suono. Per convincersene facciamo suonare, per esempio, ad un violino e a un pianoforte la stessa nota alla stessa ampiezza. Questi due suoni quindi avranno la stessa altezza, la stessa intensità ma un timbro, e quindi un identità, differente.

Nota La di Pianoforte (440 Hz) 
Nota La di Violino (440 Hz)

 

 

Figura 4 - Grafico dell'onda di pressione generata
 da un piano e da un violino

Come vedete la forma dell'onda è molto diversa nei due casi e si sarebbe tentati di affermare che è proprio lei la responsabile del timbro. Ma purtroppo questo non è del tutto esatto. In effetti ci possono essere delle forme d'onda che appaiono differenti ma hanno lo stesso suono. A prima vista potrebbe sembrare di essere arrivati in un vicolo cieco, ma in realtà una via di uscita esiste e la scoprì nel 1701 il francese Sauveur. Questo scienziato, studiando le vibrazioni di una corda, intuì che qualsiasi suono in realtà è formato da una somma di onde elementari chiamate sinusoidi o armoniche. E questa scoperta venne formalizzata, verso la fine del '700, dal matematico J. B. Fourier che ne ricavò un celebre teorema che porta il suo nome. 

Usando questo teorema si vede che il timbro di un suono in effetti dipende dalla quantità e dall'ampiezza delle sinusoidi che contiene così come il sapore di una pietanza dipende dagli ingredienti che usiamo per prepararla. Quindi, così come possiamo descrivere una pietanza attraverso la lista dei suoi ingredienti, allo stesso modo possiamo caratterizzare un suono specificando le sinusoidi che lo formano. Questa lista degli ingredienti di un suono ovvero delle sinusoidi che lo compongono, si chiama spettro. Ma come si legge lo spettro di un suono? Se osservate la figura seguente, che rappresenta uno spettro, potete osservare che sull'asse orizzontale sono rappresentate, in ordine crescente, le frequenze delle armoniche che compongono il suono, mentre, l'ampiezza di ognuna di queste armoniche è rappresentata dall'altezza della riga che la rappresenta.



Figura 5 - Lo spettro

E ora per sentire con le nostre orecchie cosa rappresenta lo spettro di un suono, ascoltiamo prima il suono dell'organo e poi le cinque armoniche che lo compongono, una per una, dalla più bassa alla più acuta, come nel disegno della figura 5.

Organo + armoniche

Se volete saperne di più sullo spettro e sull'importanza che riveste nel mondo della musica e dei suoni potete recarvi sul sito http://nts.csrf.pd.cnr.it/biblos/spettro-sonoro.htm della "Biblioteca Umanistica Virtuale degli Organi di Ricerca del CNR" dove troverete tutte le informazioni che vi possono servire su questo argomento.
Alla pagina http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk/~history/Mathematicians/Fourier.html  invece potrete trovare una breve biografia di Fourier (in inglese).

La percezione del suono

Un suono, come abbiamo visto nel caso della corda di una chitarra, è un'onda di pressione che parte da un oggetto che vibra e si propaga nell'aria circostante. Per poter percepire quest'onda sonora l'uomo utilizza l'orecchio, un organo complesso ed estremamente sensibile. Ma non tutte le vibrazioni possono essere percepite dal nostro orecchio e infatti, per esempio, noi non riusciamo a sentire il suono di un fischietto per cani perché la sua onda sonora ha una frequenza maggiore dell'intervallo in cui l'orecchio è sensibile.

Teoricamente, infatti, il nostro orecchio è in grado di ascoltare un suono solo se la sua frequenza è compresa tra i 20 e i 20.000 Hertz. Ma perché diciamo teoricamente? In realtà, in effetti pochissimi individui sono in grado di ascoltare in un intervallo così ampio. Molto più spesso la massima frequenza che riusciamo ad ascoltare non è maggiore di 16.000 Hz. Per fare un piccolo test, vogliamo provare ad ascoltare un suono a 15.000 Hz, che si trova ai margini acuti della soglia uditiva, per vedere se riusciamo a sentirlo?

Suono a 15.000 Hz

 



Figura 6 - E = orecchio esterno, 
M = orecchio medio, I = orecchio interno

Ora che abbiamo stabilito l'intervallo di frequenze che possiamo ascoltare, può essere interessante cercare di capire come funziona il nostro orecchio. Per vederlo partiamo dalla porta di ingresso, una membrana elastica e sensibile che viene chiamata timpano. Il suono, o meglio l'onda di pressione che penetra nel condotto, si infrange contro il timpano che oscilla impercettibilmente - qualche decimo di millimetro - seguendo le variazioni di pressione dell'onda sonora. Il movimento del timpano viene poi amplificato e trasferito tramite tre ossicini, che formano una specie di snodo meccanico, ad un organo chiamato coclea o chiocciola per la sua caratteristica forma a spirale.



Figura 7 - Il timpano, gli ossicini e la coclea

La chiocciola è l'organo più delicato e complesso del nostro apparato uditivo. Il suo compito è quello di convertire le vibrazioni meccaniche che giungono dagli ossicini in impulsi elettrici che verranno inviati al cervello utilizzando il nervo uditivo. Per effettuare questa conversione la chiocciola si comporta come un microscopico analizzatore spettrale contenuto nella nostra testa: il suono infatti, prima di essere inviato al cervello viene scomposto in una somma di armoniche ed è questa scomposizione armonica che noi ascoltiamo.

Il modo in cui noi percepiamo i suoni quindi, oltre che dai nostri gusti musicali, dipende anche e soprattutto dal modo in cui risponde questo sofisticato sistema di conversione, dalle sue caratteristiche. Pensate che esiste una scienza, chiamata psicoacustica, che si occupa proprio dello studio della percezione sonora.

Se siete incuriositi dalla psicologia percettiva e alle sue applicazioni vi consiglio di visitare il sito http://www.cens.polito.it/demartin/Contenuto/Monografia_su_mp3/Psicoacustica.htm

Se invece volete conoscere un po' più in dettaglio come funziona il nostro apparato uditivo e, in particolare, la chiocciola, vi suggerisco un ottimo sito italiano che si trova all'indirizzo http://www.sissa.it/bp/Cochlea/italian/coclea.htm.

Ma a cosa serve sapere tutte queste cose sulla percezione del suono? Innanzitutto per capire la relazione che intercorre tra il suono come fenomeno fisico e la sensazione che si prova durante l'ascolto e poi perché conoscendo i meccanismi percettivi è possibile sviluppare delle applicazioni come ad esempio la famosa codifica MP3, che utilizzano questa conoscenza per riuscire a comprimere un file di suoni e fare si che noi li possiamo scaricare da Internet in minuti anziché ore.

La codifica MP3 in effetti si basa proprio sul funzionamento dell'orecchio ed infatti riesce ad eliminare dalla musica solo quelle informazioni che il nostro orecchio non è in grado di percepire. In ogni caso, se volete saperne di più su MP3 e sui principi della codifica psicoacustica, potete andare sul sito http://www.tesre.bo.cnr.it/Services/Local/Beta/bs019598/0198/b198appr.htm dove troverete una risposta a tutte le vostre domande oltre che una panoramica sui principali programmi che si utilizzano per suonare e registrare i file MP3.

Dal suono all'elettricità

Ora che abbiamo visto cos'è un suono e come siamo in grado di percepirlo, prima di iniziare a parlare di bit e di computer ci conviene esaminare come si converte un suono in un segnale di corrente. In effetti è proprio questa trasformazione che ha consentito l'ingresso della musica nelle nostre case attraverso radio, registratori e dischi, e ancora oggi è necessario passare attraverso la conversione dal suono ad un segnale elettrico, prima di digitalizzare questo segnale elettrico e trasformarlo in bit da far leggere al computer. Per capire come avvenga questa trasformazione tra suono e elettricità dobbiamo per prima cosa esaminare i due dispositivi che ci consentono di passare dal mondo dei suoni, fatto di onde di pressione che si propagano nell'ambiente, al mondo dei segnali elettrici che viaggiamo su fili di rame e dispositivi elettronici. Questi due dispositivi si chiamano microfono e altoparlante. Il funzionamento del microfono simula quello dell'orecchio umano, che trasforma l'energia del segnale sonoro in energia meccanica attraverso la membrana del timpano. Anche nel microfono infatti c'è una membrana che vibra e, successivamente, l'energia meccanica di questa vibrazione viene trasformata in energia elettrica, tenendo conto della velocità o dell'ampiezza dello spostamento della membrana, usando un componente elettrico chiamato condensatore. Nel caso dell'altoparlante, invece , è una membrana di cartone a forma di cono che si occupa di generare nell'aria circostante le onde di pressione che giungeranno al nostro orecchio. Per poter oscillare seguendo le variazioni del segnale elettrico questo cono è collegato ad una bobina elettromagnetica che però, per essere messa in movimento richiede un segnale elettrico di potenza sufficientemente alta (qualche decina di Watt). Per raggiungere questa potenza si usa un dispositivo chiamato amplificatore.



Figura 8- L'altoparlante

Una descrizione più approfondita di come funzionano questi dispositivi, comunque, si può trovare sul sito http://www.cfnt.provincia.si.it/corsi/segnali_audio_video/acustica.htm. La trasformazione di un suono in un segnale elettrico è un operazione fondamentale in campo musicale. Un segnale elettrico, ad esempio, può essere memorizzato su di un nastro magnetico e riascoltato in qualsiasi momento, oppure può essere trasmesso via radio. Dal punto di vista delle applicazioni musicali, inoltre, si può considerare la possibilità di trasformare il segnale elettrico che rappresenta il suono applicando i cosiddetti effetti, come ad esempio la simulazione del riverbero di un ambiente o la distorsione del suono di una chitarra elettrica.

Oppure si può generare ex-novo un segnale elettrico oscillante e poi trasformarlo in un suono, come facevano i vecchi sintetizzatori. Vi ricordate il famosissimo Moog?

Oggi i musicisti amano ancora questi suoni elettrici, che adesso vengono chiamati analogici per distinguerli da quelli digitali, che sono generati dai computer, ed esistono numerosi siti per gli appassionati dei vecchi sintetizzatori, come quello che vedete nella figura seguente.



Figura 9 - Un sintetizzatore analogico

All'indirizzo http://www.vintagesynth.com per esempio c'è un vero e proprio museo virtuale dove potrete trovare informazioni e foto su questi dinosauri della musica che oggi, grazie alla musica Tecno, stanno vivendo una seconda giovinezza e fanno ballare milioni di persone.