Il nostro breve corso sulla musica e il computer si articola in
quattro lezioni: ognuna di esse comprende circa 30 minuti di video, una dispensa
come questa, e un modulo di esercizi e di test di autovalutazione, che vi
permetteranno di capire se avete assimilato i concetti fondamentali della
lezione.
Lo scopo di queste dispense comunque non è quello di fornire
una trattazione completa degli argomenti che si affronteranno ma piuttosto
quello di tracciare una panoramica semplice e sintetica che ci consenta di
capire i fondamenti della musica e di iniziare ad usare un computer per
elaborare i suoni in modo creativo e divertente.
Chi avesse voglia di approfondire un argomento potrà utilizzare
i numerosi link che porteranno verso siti e pagine web, preferibilmente in
lingua italiana, che trattano dei temi svolti durante il corso. A questo punto
però, prima di iniziare a parlare di musica e di computer, andiamo a conoscere
un po' più da vicino il mondo dei suoni.
Generalmente, nel linguaggio comune, quando si parla di suono si
intende la sensazione psicologica legata all'ascolto. Per descrivere un suono,
in effetti, spesso usiamo aggettivi, come ad esempio gradevole oppure
fastidioso, che sono legati alla sfera delle nostre emozioni. Ma come possiamo
definire in modo più esatto e oggettivo un suono? Per rispondere a questa
domanda ci conviene partire dalle origini e quindi, per prima cosa, cercare di
capire da dove nasce un suono. Se facciamo un piccolo esperimento e pizzichiamo
la corda di una chitarra ci accorgiamo che, in questo caso, il suono è prodotto
e nasce proprio dalla vibrazione della corda.
Figura 1 - vibrazione di una corda pizzicata
Per essere più precisi possiamo dire che per vibrazione si
intende un movimento oscillatorio di un corpo attorno alla sua posizione di
equilibrio come quello mostrato dalla figura precedente. La cosa interessante è
che qualsiasi tipo di suono, non solo quello di una corda di chitarra, è
prodotto proprio da un fenomeno di questo tipo in cui c'è un corpo, chiamato
sorgente del suono, che vibra. Ma come riesce questa vibrazione ad arrivare fino
al nostro orecchio per essere percepita? Quello che accade è che, quando un
corpo vibra, la sua vibrazione si propaga nell'ambiente circostante sotto forma
di un onda di pressione, ed è proprio quest'onda che viene chiamata suono. Per
visualizzare questo fenomeno possiamo pensare all'onda che si genera sulla
superfice dell'acqua quando agitiamo una mano nel liquido: più la vibrazione
della mano è ampia e più sarà alta l'onda che si propaga nell'acqua. Allo
stesso modo più è ampia l'oscillazione della corda e più sarà forte il suono
che ascolteremo.
Figura 2 - onda di pressione generata nell'aria dalla corda
Da quello che abbiamo appena detto ne deriva che noi possiamo
ascoltare un suono solo se esiste un mezzo attraverso il quale la vibrazione del
corpo si può propagare e generalmente questo mezzo di propagazione è proprio
l'aria che ci circonda. In realtà, però, il suono si propaga in qualsiasi tipo
di mezzo, solido liquido o gassoso anche se con velocità diverse, come possiamo
vedere nella tabella che segue, da dove si deduce che la velocità del suono
cresce con la densità del mezzo in cui si propaga.
MEZZO |
VELOCITÀ
(metri al secondo) |
Aria |
331 |
Acqua |
1450 |
Piombo |
1230 |
Ferro |
5130 |
Granito |
6000 |
Tabella 1 - la velocità del suono in alcuni materiali
Anche l'attenuazione che subisce il suono - ovvero la
diminuzione del suo volume mentre viaggia - dipende dalla densità del mezzo di
propagazione e infatti per esempio, nell'acqua un suono si può percepire ad una
distanza molto maggiore che nell'aria.
Se andate a guardare su un qualsiasi libro di musica vedrete che
il suono si definisce usando tre proprietà: altezza, intensità e timbro. Ma
cosa rappresentano questi nomi? Per capire come si collegano queste grandezze al
suono ci conviene osservare la forma dell'onda di pressione che nasce da un
corpo che oscilla e si propaga nel mezzo circostante. Possiamo rappresentare
quest'onda su di un grafico come quello che segue.
Figura 3 - grafico di un onda sonora
Se osservate la figura vi accorgete che un onda sonora è
caratterizzata dal fatto che una stessa forma si ripete periodicamente.
L'altezza di un suono, chiamata più comunemente frequenza, è proprio l'inverso
del tempo che dura ogni ripetizione, che, a sua volta, viene chiamato il periodo
dell'onda. L'onda sonora in figura, per esempio, ha un periodo che dura 1/100 di
secondo e quindi una frequenza pari a 100 oscillazioni al secondo. L'unità di
misura della frequenza si chiama Hertz, o in breve Hz, e quindi questa frequenza
vale 100 Hz. Ma come possiamo sentire la frequenza di un suono? Niente di più
facile! Più un suono è acuto e più la sua frequenza cresce. Per dare un po'
di numeri considerate che una frequenza minore di 200 Hz è un suono basso
mentre una frequenza maggiore di 800 Hz è un suono acuto. Ma ascoltiamo qualche
esempio.
Suono a 110 Hz |
|
Suono a 220 Hz |
|
Suono a 1000 Hz |
|
Come avrete capito dagli esempi, le note che esegue uno
strumento sono caratterizzate proprio dal loro valore di frequenza. Un La
suonato al centro del pianoforte, per esempio, ha una frequenza di 440 Hz mentre
il La successivo vale esattamente il doppio, ovvero 880 Hz.
Nota La di Pianoforte (220
Hz) |
|
La successivo (440
Hz) |
|
Passiamo ora alla seconda proprietà di un suono, l'intensità.
Come potete immaginare con questo nome si intende l'ampiezza di un suono, il suo
volume. Ma come si misura questa volume? Così come per la frequenza esiste
un'unità di misura ad hoc, gli Hertz, anche in questo caso per misurare
l'ampiezza di un suono si usa un unità particolare chiamata Decibel, e quando
usiamo questa unità facciamo riferimento proprio alla sensibilità dell'udito:
un suono appena percepibile infatti ha un ampiezza di 0 decibel - abbreviato in
Db - mentre un suono spacca timpani ha un ampiezza di 120 Db. Ma diamo qualche
altro esempio tra questi due estremi:
Decibel |
Condizione ambientale |
140 |
Soglia del dolore |
120 |
Clacson potente, a un metro |
100 |
Interno della metropolitana |
80 |
Strada a circolazione media |
70 |
Conversazione normale, a un metro |
60 |
Ufficio commerciale |
40 |
Biblioteca |
20 |
Studio di radiodiffusione |
0 |
Soglia di udibilità |
Tabella 2 - Ampiezza sonora (Decibel)
Ed ora vediamo qualche sito su cui possiamo trovare qualche
informazione in più su quanto abbiamo detto:
http://www.racine.ra.it/ungaretti/labscie/acustica.htm
a questo indirizzo, per esempio, la scuola media statale "Ungaretti"
di Solarolo (RA) descrive, in un percorso a esperimenti, le basi dell'acustica;
http://www.atnet.it/lstron/fisica/oscill/sim01.htm
qui, invece, possiamo trovare un laboratorio di fisica virtuale con delle ottime
animazioni che descrivono il comportamento di un onda sonora e anche, per i più
volenterosi, le equazioni matematiche che la descrivono.
Il timbro
L'ultima, e più complessa, caratteristica di un suono è chiamata timbro.
Possiamo dire che il timbro rappresenta la carta di identità del suono. Per
convincersene facciamo suonare, per esempio, ad un violino e a un pianoforte la
stessa nota alla stessa ampiezza. Questi due suoni quindi avranno la stessa
altezza, la stessa intensità ma un timbro, e quindi un identità, differente.
Nota La di Pianoforte (440
Hz) |
|
Nota La di Violino (440
Hz) |
|
Figura 4 - Grafico dell'onda di pressione generata
da un piano e da un violino
Come vedete la forma dell'onda è molto diversa nei due casi e si sarebbe
tentati di affermare che è proprio lei la responsabile del timbro. Ma purtroppo
questo non è del tutto esatto. In effetti ci possono essere delle forme d'onda
che appaiono differenti ma hanno lo stesso suono. A prima vista potrebbe
sembrare di essere arrivati in un vicolo cieco, ma in realtà una via di uscita
esiste e la scoprì nel 1701 il francese Sauveur. Questo scienziato, studiando
le vibrazioni di una corda, intuì che qualsiasi suono in realtà è formato da
una somma di onde elementari chiamate sinusoidi o armoniche. E questa scoperta
venne formalizzata, verso la fine del '700, dal matematico J. B. Fourier che ne
ricavò un celebre teorema che porta il suo nome.
Usando questo teorema si vede
che il timbro di un suono in effetti dipende dalla quantità e dall'ampiezza
delle sinusoidi che contiene così come il sapore di una pietanza dipende dagli
ingredienti che usiamo per prepararla. Quindi, così come possiamo descrivere
una pietanza attraverso la lista dei suoi ingredienti, allo stesso modo possiamo
caratterizzare un suono specificando le sinusoidi che lo formano. Questa lista
degli ingredienti di un suono ovvero delle sinusoidi che lo compongono, si
chiama spettro. Ma come si legge lo spettro di un suono? Se osservate la figura
seguente, che rappresenta uno spettro, potete osservare che sull'asse
orizzontale sono rappresentate, in ordine crescente, le frequenze delle
armoniche che compongono il suono, mentre, l'ampiezza di ognuna di queste
armoniche è rappresentata dall'altezza della riga che la rappresenta.
Figura 5 - Lo spettro
E ora per sentire con le nostre orecchie cosa rappresenta
lo spettro di un suono, ascoltiamo prima il suono dell'organo e poi le cinque
armoniche che lo compongono, una per una, dalla più bassa alla più acuta, come
nel disegno della figura 5.
Organo + armoniche |
|
Se volete saperne di più sullo spettro e sull'importanza che
riveste nel mondo della musica e dei suoni potete recarvi sul sito http://nts.csrf.pd.cnr.it/biblos/spettro-sonoro.htm della "Biblioteca Umanistica Virtuale degli Organi di Ricerca del CNR"
dove troverete tutte le informazioni che vi possono servire su questo argomento.
Alla pagina http://www-groups.dcs.st-and.ac.uk/~history/Mathematicians/Fourier.html invece potrete trovare una breve biografia di Fourier (in inglese).
La percezione
del suono
Un suono, come abbiamo visto nel caso della corda di una
chitarra, è un'onda di pressione che parte da un oggetto che vibra e si propaga
nell'aria circostante. Per poter percepire quest'onda sonora l'uomo utilizza
l'orecchio, un organo complesso ed estremamente sensibile. Ma non tutte le
vibrazioni possono essere percepite dal nostro orecchio e infatti, per esempio,
noi non riusciamo a sentire il suono di un fischietto per cani perché la sua
onda sonora ha una frequenza maggiore dell'intervallo in cui l'orecchio è
sensibile.
Teoricamente, infatti, il nostro orecchio è in grado di
ascoltare un suono solo se la sua frequenza è compresa tra i 20 e i 20.000
Hertz. Ma perché diciamo teoricamente? In realtà, in effetti pochissimi
individui sono in grado di ascoltare in un intervallo così ampio. Molto più
spesso la massima frequenza che riusciamo ad ascoltare non è maggiore di 16.000
Hz. Per fare un piccolo test, vogliamo provare ad ascoltare un suono a 15.000 Hz,
che si trova ai margini acuti della soglia uditiva, per vedere se riusciamo a
sentirlo?
Suono a 15.000 Hz |
|
Figura 6 - E = orecchio esterno,
M = orecchio medio, I =
orecchio interno
Ora che abbiamo stabilito l'intervallo di frequenze che possiamo
ascoltare, può essere interessante cercare di capire come funziona il nostro
orecchio. Per vederlo partiamo dalla porta di ingresso, una membrana elastica e
sensibile che viene chiamata timpano. Il suono, o meglio l'onda di pressione che
penetra nel condotto, si infrange contro il timpano che oscilla
impercettibilmente - qualche decimo di millimetro - seguendo le variazioni di
pressione dell'onda sonora. Il movimento del timpano viene poi amplificato e
trasferito tramite tre ossicini, che formano una specie di snodo meccanico, ad
un organo chiamato coclea o chiocciola per la sua caratteristica forma a
spirale.
Figura 7 - Il timpano, gli ossicini e la coclea
La chiocciola è l'organo più delicato e complesso del nostro
apparato uditivo. Il suo compito è quello di convertire le vibrazioni
meccaniche che giungono dagli ossicini in impulsi elettrici che verranno inviati
al cervello utilizzando il nervo uditivo. Per effettuare questa conversione la
chiocciola si comporta come un microscopico analizzatore spettrale contenuto
nella nostra testa: il suono infatti, prima di essere inviato al cervello viene
scomposto in una somma di armoniche ed è questa scomposizione armonica che noi
ascoltiamo.
Il modo in cui noi percepiamo i suoni quindi, oltre che dai
nostri gusti musicali, dipende anche e soprattutto dal modo in cui risponde
questo sofisticato sistema di conversione, dalle sue caratteristiche. Pensate
che esiste una scienza, chiamata psicoacustica, che si occupa proprio dello
studio della percezione sonora.
Se siete incuriositi dalla psicologia percettiva e alle sue
applicazioni vi consiglio di visitare il sito http://www.cens.polito.it/demartin/Contenuto/Monografia_su_mp3/Psicoacustica.htm
Se invece volete conoscere un po' più in dettaglio come
funziona il nostro apparato uditivo e, in particolare, la chiocciola, vi
suggerisco un ottimo sito italiano che si trova all'indirizzo http://www.sissa.it/bp/Cochlea/italian/coclea.htm.
Ma a cosa serve sapere tutte queste cose sulla percezione del
suono? Innanzitutto per capire la relazione che intercorre tra il suono come
fenomeno fisico e la sensazione che si prova durante l'ascolto e poi perché
conoscendo i meccanismi percettivi è possibile sviluppare delle applicazioni
come ad esempio la famosa codifica MP3, che utilizzano questa conoscenza per
riuscire a comprimere un file di suoni e fare si che noi li possiamo scaricare
da Internet in minuti anziché ore.
La codifica MP3 in effetti si basa proprio sul funzionamento
dell'orecchio ed infatti riesce ad eliminare dalla musica solo quelle
informazioni che il nostro orecchio non è in grado di percepire. In ogni caso,
se volete saperne di più su MP3 e sui principi della codifica psicoacustica,
potete andare sul sito http://www.tesre.bo.cnr.it/Services/Local/Beta/bs019598/0198/b198appr.htm
dove troverete una risposta a tutte le vostre domande oltre che una panoramica
sui principali programmi che si utilizzano per suonare e registrare i file MP3.
Dal suono
all'elettricità
Ora che abbiamo visto cos'è un suono e come siamo in grado di
percepirlo, prima di iniziare a parlare di bit e di computer ci conviene
esaminare come si converte un suono in un segnale di corrente. In effetti è
proprio questa trasformazione che ha consentito l'ingresso della musica nelle
nostre case attraverso radio, registratori e dischi, e ancora oggi è necessario
passare attraverso la conversione dal suono ad un segnale elettrico, prima di
digitalizzare questo segnale elettrico e trasformarlo in bit da far leggere al
computer. Per capire come avvenga questa trasformazione tra suono e elettricità
dobbiamo per prima cosa esaminare i due dispositivi che ci consentono di passare
dal mondo dei suoni, fatto di onde di pressione che si propagano nell'ambiente,
al mondo dei segnali elettrici che viaggiamo su fili di rame e dispositivi
elettronici. Questi due dispositivi si chiamano microfono e altoparlante. Il
funzionamento del microfono simula quello dell'orecchio umano, che trasforma
l'energia del segnale sonoro in energia meccanica attraverso la membrana del
timpano. Anche nel microfono infatti c'è una membrana che vibra e,
successivamente, l'energia meccanica di questa vibrazione viene trasformata in
energia elettrica, tenendo conto della velocità o dell'ampiezza dello
spostamento della membrana, usando un componente elettrico chiamato
condensatore. Nel caso dell'altoparlante, invece , è una membrana di cartone a
forma di cono che si occupa di generare nell'aria circostante le onde di
pressione che giungeranno al nostro orecchio. Per poter oscillare seguendo le
variazioni del segnale elettrico questo cono è collegato ad una bobina
elettromagnetica che però, per essere messa in movimento richiede un segnale
elettrico di potenza sufficientemente alta (qualche decina di Watt). Per
raggiungere questa potenza si usa un dispositivo chiamato amplificatore.
Figura 8- L'altoparlante
Una descrizione più approfondita di come funzionano questi
dispositivi, comunque, si può trovare sul sito http://www.cfnt.provincia.si.it/corsi/segnali_audio_video/acustica.htm.
La trasformazione di un suono in un segnale elettrico è un operazione
fondamentale in campo musicale. Un segnale elettrico, ad esempio, può essere
memorizzato su di un nastro magnetico e riascoltato in qualsiasi momento, oppure
può essere trasmesso via radio. Dal punto di vista delle applicazioni musicali,
inoltre, si può considerare la possibilità di trasformare il segnale elettrico
che rappresenta il suono applicando i cosiddetti effetti, come ad esempio la
simulazione del riverbero di un ambiente o la distorsione del suono di una
chitarra elettrica.
Oppure si può generare ex-novo un segnale elettrico oscillante
e poi trasformarlo in un suono, come facevano i vecchi sintetizzatori. Vi
ricordate il famosissimo Moog?
Oggi i musicisti amano ancora questi suoni elettrici, che adesso
vengono chiamati analogici per distinguerli da quelli digitali, che sono
generati dai computer, ed esistono numerosi siti per gli appassionati dei vecchi
sintetizzatori, come quello che vedete nella figura seguente.
Figura 9 - Un sintetizzatore analogico
All'indirizzo http://www.vintagesynth.com
per esempio c'è un vero e proprio museo virtuale dove potrete trovare
informazioni e foto su questi dinosauri della musica che oggi, grazie alla
musica Tecno, stanno vivendo una seconda giovinezza e fanno ballare milioni di
persone.
|