13 Luglio 2001



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La deprivatizzazione della scienza

Scriveva Heidegger, contro ogni senso comune, che la tecnica domina e determina la scienza. L'attuale organizzazione planetaria del sapere sembra dar ragione al filosofo tedesco, e solo per questo già ci si potrebbe innervosire. Alla fine della II° guerra mondiale gli scienziati governavano ancora la tecnica: Oppenheimer passo la bomba atomica ai russi, scongiurando la III° guerra mondiale e riaffermando il diritto del "sapiente" a governare i risultati, anche più estremi del suo sapere. Oggi il gesto di Oppenheimer non sarebbe più possibile: la scienza è l'organizzazione di un sapere collettivo, in cui l'organizzazione prevale su sapere "individuale". Con la diffusione dell'informatica la scienza si è fatta macchina, il lavoro tecnico-scientifico si è oggettivato in una serie complessa di procedure, sistemi, apparati di comunicazione, non dissimilmente da come la macchina meccanica aveva a suo tempo oggettivato e piegato il lavoro artigiano in lavoro di fabbrica. Certo la resistenza degli "intellettuali autonomi" è forte. Lotteranno fino a forme estreme di "luddismo cognitivo" prima di soccombere all'alienazione del proprio prodotto, che qui coincide come in un pessimo film di fantascienza con lo stesso "io pensante", con la mente, che, come ricordava Bifo, non è solo intelletto ma anche emozioni. La storia del III° millennio si svolgerà probabilmente in uno scenario dove "la rivolta emozionale" sarà la "revolté logique". Vi è un ulteriore pericolo inavvertito. La mente essendo per oltre tre quarti non cognitiva, ma strutturata secondo le regole dell'inconscio, una sorta di apparato bicamerale che dialoga in un linguaggio per molti versi ancora scionosciuto, non è riducibile, se non al prezzo di un enorme semplificazione, quasi una ampuitazione dolorosa, a processi gestibili da macchine. Collegare la mente alla macchina può generare "mostri" ben più temibili dei mutamenti genetici della pecora "Dolly". Un vecchio film di fantacienza "Il Pianeta Proibito" evocava uno scenario simile, analogo alla Tempesta di Shakespeare. Calcolatori inauditi elaboravano e costruivano in connessione diretta col cervello, ed elaboravano anche i "mostri dell'Id", creando figure aggressive e invincibili. E' questo il nuovo territorio del conflitto. E, nonostante i pessimismi di rito, mi sembra che il "Popolo di Seattle, almeno nelle sue varianti meno integraliste, lo abbia capito, e opponga la socializzazione dei saperi alla privatizzazione della conoscenza. Con anche qualche fondamento di diritto: non essendo stati brevettati il teorema di Pitagora, quello di Euclide e la teoria degli ifinitesimali di Leibniz, solo per fare un esempio, come sono brevettabili i passi successivi di un sapere che è e resta una funzione sociale? Nei prossimi anni vedremo se il piccolo rancoroso professore tedesco aveva purtroppo ragione o se ci sapettano avventure più interessanti per la conoscenza e la vita

Sbanco@hotmail.com