Etici o non etici: qual è la differenza?
Cos'č una banca etica? Cosa la differenzia da
una banca tradizionale? Ne parliamo con Pietro Sella, responsabile
della Divisione Internet di Banca Sella
Si parla da più parti di finanza etica, ma qual è
la differenza tra gli strumenti offerti da istituzioni come la Graamen
Bank e i fondi etici offerti dalle banche tradizionali?
Il principale esempio, a cui fa riferimento il libro di Muhammad
Yunus, "Il Banchiere dei Poveri" (Ed. Feltrinelli), è
la banca che dà i soldi a qualcuno che grazie a questi soldi
passa dalla povertà assoluta ad un ingresso in economia.
In Bangladesh, ad esempio, 100 dollari bastano per comprare una
mucca: con una mucca si produce il latte e si incomincia a far qualcosa
per uscire dalla povertà. L'altro riferimento etico sono
invece i prodotti etici distribuiti da tutte le banche, non solo
da una banca etica: ad esempio, un fondo di investimento che destina
i propri finanziamenti solo ad aziende che non abbiano caratteristiche
non etiche, vale a dire che siano coinvolte in commercio di droga,
nel traffico di armi che sono i più scontati, ma anche l'inquinamento
o la non corretta applicazione degli statuti dei lavoratori o lo
sfruttamento dei minori in paesi lontani, che invece sono comportamenti
non etici di aziende più difficili da individuare. Anche
la banca non etica ha un concetto etico, ma la banca etica è
specializzata e destina parte delle risorse economiche, a scelta
sia del cliente che dell'azienda, ad attività che rigettano
discriminazioni razziali, pornografia, violazione dei diritti umani
e tante altre cose. Esistono anche prodotti offerti da ogni tipo
di banca che le cui commissioni che normalmente trattiene la banca,
vengono destinate in parte ad iniziative eticamente positive.
Esiste una sorta di concorrenza in questo settore tra banche
tradizionali e banche etiche?
Certamente, ma questo rappresenta proprio il lato positivo, nel
senso che le banche etiche, i prodotti etici hanno saputo diffondersi
come prodotti normali, cioè senza attingere a risorse di
tipo statale o di finanziamento, ma semplicemente stando sul mercato.
In questo caso, la concorrenza positiva è tanto maggiore
quanto è maggiore la richiesta dei clienti e la sensibilità
della clientela a questo tipo di prodotti. Negli Stati Uniti, ad
esempio, il 13% delle risorse finanziarie è destinata ad
attività di tipo etico, in Inghilterra il 9% e in Italia
purtroppo solo l'1%, ma il segnale è positivo.
Come si fa a controllare che questi fondi siano effettivamente
devoluti a delle iniziative di carattere sociale?
È molto difficile un tale controllo perché in realtà
oggi è difficile distinguere tra etico e non etico in moltissime
attività. I metodi, però, sono sostanzialmente due:
il primo fa riferimento alla società stessa che più
è seria e trasparente cioè rende nota la sua attività,
più è controllabile e quindi non può permettersi
in sostanza di agire in maniera non etica. Il secondo elemento è
che esistono sempre più dei soggetti che di mestiere esaminano
e controllano l'eticità di un soggetto.
Banca Sella ha mai fatto partire iniziative in questo campo?
Più d'una. Le cose più nuove e più interessanti
da citare sono forse delle carte di credito che man mano che si
spende o man mano che per il commerciante accetta una transazione
con una carta di credito, destinano sempre maggiori fondi a prodotti
finanziari etici; o offriamo obbligazioni etiche, in cui la banca
e il risparmiatore decidono di destinare una parte dell'interesse
a qualcosa di etico. Però, per una banca privata come la
nostra, l'arma principale è principalmente il comportamento
etico in quanto garantisce nel lungo periodo la possibilità
di acquistare la fiducia dei clienti. Se la banca dà i soldi
a chi li merita, finanziando iniziative valide, è l'attività
più etica in assoluto.
Banca
Sella
Per saperne di pių:
Muhammad Yunus, "Il Banchiere dei Poveri" (Ed. Feltrinelli)
Economia
ed Etica
Speciale
Finanza Etica su Il Sole 24 Ore
|