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Scuola e media - Servizio del 18/03/99 

Simulazioni educative

di Tommaso Russo

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Imparare le scienze su Internet
di
Elena Capparelli

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Simulazioni Vrml per bambini
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Elena Capparelli


simulatore di anestesieQualsiasi attività può essere oggi appresa attraverso la simulazione, cioè attraverso un sistema che riproduce una situazione concreta in un contesto predeterminato e "protetto", al riparo cioè dai problemi e dagli imprevisti che possono accadere nella realtà.

Ma le simulazioni permettono molte altre cose in tanti campi differenti dalla medicina - in Inghilterra ad esempio è stato progettato un simulatore di anestesie, ai simulatori di volo usati nei corsi di addestramento dei piloti oppure ai corsi di preparazione degli astronauti, prima di partire per una missione.

simulatore di voloC'è però da chiederesi se attraverso le simulazioni si impara davvero o se comunque restano pur sempre delle prove generali cui seguirà inevitabilmente una "prima" dal vero? Una cosa è certa: le simulazioni stanno cominciando ad imporre un ripensamento del modo tradizionale di costruire un percorso educativo.

Ma cos’è e come funziona una simulazione a scopi didattici?
Il biologo Tomaz Amon ha realizzato un breve programma che ci aiuta a capire la struttura e la funzione dei vari componenti delle cellule.
Un grosso cilindro rosso, che si sposta su e giù, tra le due strutture lineari verdi e gialle, rappresenta una proteina.
Si tratta di una proteina che ha la funzione di trasportare materiale da una parte all’altra della cellula.Action of motor proteins
Attraverso la simulazione in tre dimensioni è possibile esplorare questa ed altre sezioni della cellula. In questo modo una lezione di biologia di difficile comprensione, diventa un gioco.

Questa potenzialità di costruire modelli e di visualizzarli è certo molto utile in campo scientifico.
Tuttavia, dal punto di vista dell’educazione, non c’è il rischio che questo tipo di simulazioni educative portino ad un impoverimento dell’immaginazione e della creatività?
Lo abbiamo chiesto a Howard Gardner professore di didattica e psicologia ad Harvard: Howard Gardner
"E’ molto importante capire che la tecnologia è solo uno strumento, niente di meno e niente di più. Ho una penna qui. Essa è uno strumento. Posso usare la penna per scrivere un sonetto, come Shakespare o Dante. Posso anche usare la penna per cavare un occhio a qualcuno. E’ solo uno strumento. E i computer possono essere usati per manipolare le persone o per liberarle. I computer possono essere usati per insegnare alla gente nello stesso noioso modo rigoroso in cui si è insegnato per moltissimi anni, o possono essere usati per insegnare in modi molto nuovi. Ovviamente, vorrei che le tecnologie fossero usate nei modi che liberano gli individui, che consentono loro un maggiore accesso alle cose rispetto al passato. Lasci che usi me stesso come esempio. Ho una intelligenza musicale piuttosto forte, ma non una particolare intelligenza spaziale. Dunque, quando ero a scuola mi venne chiesto di cercare di immaginare una figura in tre dimensioni e come essa veniva trasformata. La cosa era molto difficile da fare nella mia testa. Ora io posso creare un’immagine sullo schermo del computer e girarla tutto intorno, facendo così, davanti a me, quello che dovevo fare nella mia testa. Dato che sono migliore nella intelligenza musicale, se ascolto una fuga, per esempio, la quale ha in essa un tema, posso sentire nel modo in cui il tema viene trasformato o preso da un’altra voce. Posso farlo con le mie orecchie. Ma se non fossi stato in grado di farlo con le mie orecchie, avrei potuto prendere un registratore, registrare la fuga, separare le voci, seguirne una da una parte all’altra del pezzo; e di nuovo la tecnologia mi avrebbe aiutato a fare quello che non sono in grado di fare nella mia testa".

Le potenzialità creative connesse alla costruzione di mondi virtuali si esplicano soprattutto nella rete Internet. Il merito è anche del linguaggio Vrml, ovvero il Virtual Reality Modeling Language, con cui si costruiscono mondi virtuali. Le simulazioni più comuni sono quelle sulla struttura degli atomi e su altri processi invisibili.

Quindi le simulazioni, in diversi casi, servono a superare alcune limitazioni: alcuni vincoli materiali e mentali. Ad esempio, possono servire a far vedere ciò che è invisibile come gli atomi, o come i neuroni del nostro cervello.
Anche per questo motivo, la simulazione può servire ad insegnarci concetti complessi. Attraverso un processo di interazione e visualizzazione è infatti possibile visitare mondi fino a poco tempo fa inaccessibili ai non addetti ai lavori.

Il rapporto sempre più frequente fra computer e didattica ha visto, nel contesto italiano, il moltiplicarsi di iniziative che propongono una nuova impostazione metodologica all’universo apprendimento. Le simulazioni educative, ossia l’utilizzazione della realtà virtuale come strumento educativo, presuppongono senza dubbio un’adeguata preparazione pedagogica, di colui che forma al virtuale.

All’Università di Cassino si sta sperimentando un progetto di Ateneo Virtuale.
Francesco Maria Battisti, responsabile dell’iniziativa ce ne ha spiegato le linee guida:
"E’ molto importante il passaggio dalla bidimensionalità al tridimensionale. Quest’ultima dimensione offre infatti una maggiore libertà operativa, sia a chi impara, sia a chi insegna.
Ci sono due tipi di apprendimento: uno di natura intellettiva, cognitiva e l’altro psicomotorio. Direi che la simulazione e la realtà virtuale facilitano ambedue i tipi di apprendimento, sia quello cognitivo bypassando determinati passaggi logici e quindi arrivando immediatamente al nucleo centrale della comprensione; sia quello psicomotorio per quanto riguarda l‘aspetto cognitivo da sintesi che è necessario operare quando uno deve decidere di fare una determinata azione".

Considerando l’apprendimento come un processo psichico di acquisizione della realtà che è continuo nel tempo, all’interno del progetto di Ateneo sulla Realtà Virtuale portato avanti dall’Università di Cassino, è previsto anche un corso di teoria e organizzazione della scuola, ad hoc per gli insegnanti allo scopo di introdurli allo spazio tridimensionale, attraverso una forma di apprendimento denominata: "learning by doing", ossia imparare facendo.
Nell’Ateneo inoltre è stato attivato un corso di lezioni di sociologia virtuale cui partecipano 200 studenti di cui il 10% è fuori sede. Il corso è diviso in tre moduli principali e vi si accede da un’entrata virtuale.
A differenza dei videogiochi, che non permettono interventi personali tranne quelli previsti dal protocollo di esecuzione del gioco, le tecnologie virtuali danno la possibilità di manipolare l’oggetto, di intervenire in maniera autonoma e creativa, senza percorsi precostituiti, costituendo dunque uno strumento in grado di cambiare i modi di comunicazione, elaborazione e apprendimento delle conoscenze.

di Antonia Moro

Le simulazioni didattiche possono naturalmente essere utilizzate in modo che i destinatari siano in un certo senso stimolati all’apprendimento con il gioco. Questo accade specialmente con le simulazioni costruite su misura per i bambini da cui non si può certo pretendere un’attenzione costante su argomenti "scolastici" per periodi di tempo molto lunghi.

Ma c’è anche chi parla degli aspetti negativi delle simulazioni per l’apprendimento. Una simulazione, da un certo punto di vista, semplifica la realtà, la schematizza. Chi impara attraverso le simulazioni, ad esempio, si trova all’interno di un ambiente protetto, privo di rischi reali. In questo contesto potremmo certo chiederci se non ci sia la possibilità di perdere il senso di responsabilità.Anna Oliverio Ferraris

Secondo Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell’età evolutiva presso l’Università di Roma "La Sapienza" non ci sono controindicazioni dal punto di vista della socializzazione perché c'è sempre un gruppetto di bambini intorno al computer quando c’è un computer in classe "a meno che il bambino lo utilizzi da solo in casa e ci trascorra ore e ore e abbia il valore di una fuga dalla realtà, come può capitare a volte, o perché ha dei problemi personali o perché si abitua. Il rischio che il bambino corre con i videogiochi - ha detto la Ferraris - è che si abitua ad avere tante gratificazioni, piccole soluzioni che gli danno molta soddisfazione e allora può, se esagera, preferire questo tipo di gratificazioni a quelle che può avere nel mondo reale che  diventa più complicato se confrontato con i risultati che può avere nei videogiochi. E quindi i bambini al computer vanno sorvegliati".

Insomma, ormai, le simulazioni sono entrate a far parte della nostre vite. Eppure, se da un lato alcuni processi di apprendimento sembrano favoriti da questo tipo di strumenti, d’altro lato si impone una sempre maggiore consapevolezza della differenza tra modelli da una parte e realtà dall’altra. Sarebbe tuttavia auspicabile che i due metodi di insegnamento, quello tradizionale, basato sulla descrizione dell’esperienza e quello legato alle tecnologie che permettono di sperimentare le situazioni direttamente, anche se si tratta di realtà riprodotte, si potessero integrare e potenziare a vicenda.

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