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Tema del 12 maggio 2000

La stampa nell'era digitale

Giornalismo online

La diffusione del Web ha cambiato e sta cambiando profondamente i media e l'informazione tradizionale

di Antonio Leonardi, Michele Alberico, Elena Capparelli

Il mondo del giornalismo è stato uno dei primi a essere investito dal ciclone di Internet. E probabilmente era prevedibile che andasse così, visto che il Web è nato proprio come grande mezzo per lo scambio di informazioni. Ma che il ciclone sia tanto potente da mettere addirittura in discussione la sopravvivenza della figura del giornalista?"Viva Internet, abolirà i giornalisti", è il titolo di un articolo di Repubblica apparso recentemente, e riprende una provocazione lanciata nientemeno che dal direttore generale della Rai, Pierluigi Celli, durante un convegno a Bologna. La battuta ha, naturalmente, sollevato la reazione assai negativa di buona parte dei giornalisti e delle organizzazioni della stampa. Anche se per la verità ha raccolto anche qualche commento positivo. Comunque, polemiche a parte, la frase di Celli indica la profondità e la portata della "rivoluzione Internet" nel giornalismo.

Mentre i primi esperimenti per sfruttare il Web per la pubblicazione di notizie consistevano in sostanza dell'inviare in Rete le pagine dei giornali cartacei, ben presto il giornalismo online ha preso strade autonome e i siti Web delle testate classiche si sono ampliati e arricchiti di contenuti e servizi pensati solo per le versioni digitali. La tendenza ha coinvolto via via testate sempre più grandi e prestigiose, anche quelle apparentemente più tradizionaliste. Come il francese "le Monde", noto in tutto il mondo per la sua autorevolezza e serietà, un quotidiano talmente austero che nelle sue pagine fino a poco tempo fa non venivano pubblicate fotografie. E anche ora compaiono con il contagocce. Quasi nessuna immagine sulla carta, dunque, ma un sito Web sì: "le Monde Interactif". Ecco come il direttore Alain Giraudo descrive la sua nuova creatura digitale:

"È stata una grande rivoluzione. Io faccio giornalismo da trent'anni, e quando ho cominciato a esercitare questa professione i principali strumenti del giornalista erano un foglio di carta, una matita, inchiostro, forbici e colla: il lavoro consisteva infatti nel ritagliare dispacci e incollarli su fogli di carta per inviarli al redattore capo affinché li mandasse in macchina e ne facesse un giornale stampato. L'informatica e la digitalizzazione del processo d'informazione hanno completamente rivoluzionato la situazione, anzitutto per quanto concerne il modo in cui si produce e si dà un formato all'informazione, e poi anche per come vi si accede. Per un giornalista, Internet rappresenta oggi la possibilità di doppiare la boa del ventunesimo secolo. In generale, Internet sta lentamente modificando quasi tutti i tipi di rapporti sociali, i flussi economici, e l'informazione che è anch'essa un flusso come gli altri. Al momento, questa è strutturata dagli editori in un sistema che viene definito classico, ossia: stampa scritta, radio e televisione. Sono canali estremamente solidi e articolati con grandi potenzialità di attrarre clienti, ma sui quali l'interattività è limitatissima. Su Internet c'è interattività e soprattutto la possibilità di ottenere una diffusione totale".

Naturalmente quella che proviene da fonti giornalistiche tradizionali o comunque da siti di tipo dichiaratamente giornalistico è solo una piccola frazione delle informazioni e delle notizie che circolano sul Web. Esagerando forse un po' si potrebbe dire che bello di Internet è che un po' tutti possono trasformarsi in giornalisti e pubblicare qualcosa da offrire al pubblico: webzine curate da appassionati che trattano di ogni argomento possibile, siti di pettegolezzi, di cosiddetta contro informazione, siti irriverenti, goliardici…e via pubblicando online.

Come spesso accade nel mondo digitale i confini tra l'informazione ufficiale, quella che fino a ieri passava appunto per i giornali e le televisioni, e quella parallela che viaggia sul Web sono spesso assai labili. Ma allora, in questa esplosione di informazioni e di fonti a cui attingere, che fine fanno i giornalisti, diciamo così, "veri"? Prova a dare una risposta Vittorio Zucconi, una delle grandi firme di Repubblica che ha sempre collaborato molto attivamente anche con la versione digitale del quotidiano:

"Credo che quella del giornalista, essendo la seconda professione più vecchia del mondo subito dopo la prostituzione, o per lo meno contemporanea, sia una professione che non sarà mai estirpata. Il problema è mettersi d'accordo su cosa vuol dire giornalista. Il giornalista chi è? È quello che commenta, quello che racconta, quello che va a trovare le notizie, quello che elenca. Certamente la figura del giornalista come "demiurgo", come interprete unico ed esclusivo della realtà globale, è già finita da un pezzo. Quello che resterà sarà probabilmente un giornalista capace di mediare, non a caso noi apparteniamo al mondo dei media, tra una quantità di informazioni eccessive e l'utente finale. Io personalmente trovo che, al contrario, la figura del giornalista appunto, del mediatore, sia una figura che acquisterà sempre più importanza e valore, non più come qualcuno che parla il "Latinorum" delle vecchie chiese e della vecchia Chiesa Cattolica, ma che parla la lingua di tutti. E però serve da "Virgilio" in un mondo certamente troppo grande per essere navigato da solo. Inoltre il produttore di informazione comunque esiste, il Web non è un giardino incantato nel quale le notizie sbocciano da sole. Del resto sono sempre esistiti fogliacci, tabloid, diffusori di informazioni cattive, pessime, tendenziose e ideologicamente inquinate. E la gente ha dovuto imparare a sfogliarli, a leggere il giornale. Non abbiamo forse ancora imparato a leggere il Web. Impareremo anche che il Web è uno strumento nel quale a nostro rischio e pericolo dobbiamo muoverci. Tanto più ci muoveremo tanto più correremo rischi tanto più avremo però immense possibilità che una volta non avevamo. Insomma parliamoci chiaro anche gli aeroplani cascano ogni tanto, ma nessuno si sognerebbe mai di abolire il volo".

Un altro degli effetti importanti che l'avvento del Web ha avuto sul mondo dell'informazione è la velocità. Un quotidiano è in edicola una volta al giorno, un telegiornale può essere trasmesso alcune volte nell'arco di una giornata, ma una pagina Web può essere aggiornata anche ogni cinque minuti con gli avvenimenti più recenti. Un giornale online può insomma diventare una sorta di edizione straordinaria permanente. Non solo, con il Web anche il pubblico ha avuto accesso a fonti di informazioni che erano tradizionalmente riservate ai giornalisti, come i dispacci delle agenzie di stampa che prima arrivavano solo nelle redazioni e che ora sono invece in buona parte disponibili quasi in contemporanea anche in Rete.

Un ulteriore aspetto notevole nato dal matrimonio tra giornalismo e Internet è la personalizzazione. Nessuno di noi è interessato a tutte le notizie pubblicate su un giornale o annunciate alla Tv. Ciascuno ha i propri gusti e i propri interessi. Le tecnologie digitali permettono di confezionare pacchetti informativi su misura per ciascun utente. I giornali smettono di essere mezzi di comunicazioni di massa per diventare mezzi di comunicazione personali. Già qualche anno fa Nicholas Negroponte, fondatore del Medialab dell'Mit e tra i massimi esperti del mondo digitale, aveva scritto che il giornale del futuro si sarebbe intitolato "Daily Me", "Il mio quotidiano". E qualcosa che assomiglia molto al "Daily Me" è arrivato anche in Italia, come ad esempio, E-Day che è stato lanciato su Web nelle scorse settimane.

Dunque la rivoluzione dei bit ha cambiato e continuerà probabilmente a cambiare il lavoro dei giornalisti. Ma a volte qualcuno smorza un po' gli entusiasmi e lancia qualche avvertimento. Giorgio Bocca, per esempio, altra grande firma del quotidiano la Repubblica e del settimanale l'Espresso, ha spesso scritto articoli piuttosto critici nei confronti del mondo digitale:

"Perché ho assunto un atteggiamento critico? Perché, facendo il giornalista, per alcuni mesi ho assistito a questo disordinato e quasi fanatico 'movimento di ammirazione' per Internet che straripava in tutte le pagine. Ho visto dei miei colleghi dare per certo che Internet e l'informatica fossero una grande rivoluzione, un grande beneficio e allora mi sono messo ad osservare questo mondo un po' più da vicino e mi sono accorto che, come tutte le cose dell'uomo, ha delle parti buone e delle parti cattive e che soprattutto è ridicolo pensare che questo "granello di sabbia" che gira in un universo sconosciuto sia una scoperta sensazionale: mandare le notizie su un video. Non mi pare che risolva i problemi del mondo. C'è una pretesa dalla modernità di dare all'uomo delle mutazioni e delle informazioni nettamente superiori alla sua capacità di riceverle. Perché un uomo riesce a stento a leggere un giornale in un giorno. Questa pretesa che tutto il mondo debba comunicare con lui è qualcosa di superiore alle sue forze".

Nella discussione sugli effetti dell'incontro tra il giornalismo e la Rete forse emerge anche una componente, per così dire, generazionale: da un lato coloro che ricordano con nostalgia l'odore dell'inchiostro fresco quando i giornali uscivano dalle rotative, dall'altro una nuova generazione di professionisti cresciuti assieme al mondo digitale. In ogni caso non è detto che queste due anime non possano presto incontrarsi. Magari per merito della e-paper, la carta elettronica, e del suo e-ink, l'inchiostro elettronico. Si tratta di una carta speciale che stanno mettendo a punto, naturalmente, nei laboratori del Medialab. Assomiglia in tutto alla carta normale, ma ha la particolarità di poter essere stampata e ristampata più volte. Sembra fatta apposta per pubblicarci un giornale. Si usa una volta, e il giorno dopo, anziché usarla per incartare il pesce, come si diceva un tempo delle pagine dei vecchi quotidiani, ecco che può tornare in tipografia per un'edizione fresca fresca.

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