Il
mondo del giornalismo è stato uno dei primi a essere investito dal
ciclone di Internet. E probabilmente era prevedibile che andasse
così, visto che il Web è nato proprio come grande mezzo per lo
scambio di informazioni. Ma che il ciclone sia tanto potente da
mettere addirittura in discussione la sopravvivenza della figura del
giornalista?"Viva Internet, abolirà i giornalisti", è il
titolo di un articolo di Repubblica apparso recentemente, e riprende
una provocazione lanciata nientemeno che dal direttore generale della
Rai, Pierluigi Celli, durante un convegno a Bologna. La battuta ha,
naturalmente, sollevato la reazione assai negativa di buona parte dei
giornalisti e delle organizzazioni della stampa. Anche se per la
verità ha raccolto anche qualche commento positivo. Comunque,
polemiche a parte, la frase di Celli indica la profondità e la
portata della "rivoluzione Internet" nel giornalismo.
Mentre
i primi esperimenti per sfruttare il Web per la pubblicazione di
notizie consistevano in sostanza dell'inviare in Rete le pagine dei
giornali cartacei, ben presto il giornalismo online ha preso strade
autonome e i siti Web delle testate classiche si sono ampliati e
arricchiti di contenuti e servizi pensati solo per le versioni
digitali. La tendenza ha coinvolto via via testate sempre più grandi
e prestigiose, anche quelle apparentemente più tradizionaliste. Come
il francese "le Monde", noto in tutto il mondo per la sua
autorevolezza e serietà, un quotidiano talmente austero che nelle sue
pagine fino a poco tempo fa non venivano pubblicate fotografie. E
anche ora compaiono con il contagocce. Quasi nessuna immagine sulla
carta, dunque, ma un sito Web sì: "le Monde Interactif".
Ecco come il direttore Alain Giraudo descrive la sua nuova creatura
digitale:
"È
stata una grande rivoluzione. Io faccio giornalismo da trent'anni, e
quando ho cominciato a esercitare questa professione i principali
strumenti del giornalista erano un foglio di carta, una matita,
inchiostro, forbici e colla: il lavoro consisteva infatti nel
ritagliare dispacci e incollarli su fogli di carta per inviarli al
redattore capo affinché li mandasse in macchina e ne facesse un
giornale stampato. L'informatica e la digitalizzazione del processo
d'informazione hanno completamente rivoluzionato la situazione,
anzitutto per quanto concerne il modo in cui si produce e si dà un
formato all'informazione, e poi anche per come vi si accede. Per un
giornalista, Internet rappresenta oggi la possibilità di doppiare la
boa del ventunesimo secolo. In generale, Internet sta lentamente
modificando quasi tutti i tipi di rapporti sociali, i flussi
economici, e l'informazione che è anch'essa un flusso come gli altri.
Al momento, questa è strutturata dagli editori in un sistema che
viene definito classico, ossia: stampa scritta, radio e televisione.
Sono canali estremamente solidi e articolati con grandi potenzialità
di attrarre clienti, ma sui quali l'interattività è limitatissima.
Su Internet c'è interattività e soprattutto la possibilità di
ottenere una diffusione totale".
Naturalmente
quella che proviene da fonti giornalistiche tradizionali o comunque da
siti di tipo dichiaratamente giornalistico è solo una piccola
frazione delle informazioni e delle notizie che circolano sul Web.
Esagerando forse un po' si potrebbe dire che bello di Internet è che
un po' tutti possono trasformarsi in giornalisti e pubblicare qualcosa
da offrire al pubblico: webzine curate da appassionati che trattano di
ogni argomento possibile, siti di pettegolezzi, di cosiddetta contro
informazione, siti irriverenti, goliardici…e via pubblicando online.
Come
spesso accade nel mondo digitale i confini tra l'informazione
ufficiale, quella che fino a ieri passava appunto per i giornali e le
televisioni, e quella parallela che viaggia sul Web sono spesso assai
labili. Ma allora, in questa esplosione di informazioni e di fonti a
cui attingere, che fine fanno i giornalisti, diciamo così,
"veri"? Prova a dare una risposta Vittorio Zucconi, una
delle grandi firme di Repubblica che ha sempre collaborato molto
attivamente anche con la versione digitale del quotidiano:
"Credo
che quella del giornalista, essendo la seconda professione più
vecchia del mondo subito dopo la prostituzione, o per lo meno
contemporanea, sia una professione che non sarà mai estirpata. Il
problema è mettersi d'accordo su cosa vuol dire giornalista. Il
giornalista chi è? È quello che commenta, quello che racconta,
quello che va a trovare le notizie, quello che elenca. Certamente la
figura del giornalista come "demiurgo", come interprete
unico ed esclusivo della realtà globale, è già finita da un pezzo.
Quello che resterà sarà probabilmente un giornalista capace di
mediare, non a caso noi apparteniamo al mondo dei media, tra una
quantità di informazioni eccessive e l'utente finale. Io
personalmente trovo che, al contrario, la figura del giornalista
appunto, del mediatore, sia una figura che acquisterà sempre più
importanza e valore, non più come qualcuno che parla il "Latinorum"
delle vecchie chiese e della vecchia Chiesa Cattolica, ma che parla la
lingua di tutti. E però serve da "Virgilio" in un mondo
certamente troppo grande per essere navigato da solo. Inoltre il
produttore di informazione comunque esiste, il Web non è un giardino
incantato nel quale le notizie sbocciano da sole. Del resto sono
sempre esistiti fogliacci, tabloid, diffusori di informazioni cattive,
pessime, tendenziose e ideologicamente inquinate. E la gente ha dovuto
imparare a sfogliarli, a leggere il giornale. Non abbiamo forse ancora
imparato a leggere il Web. Impareremo anche che il Web è uno
strumento nel quale a nostro rischio e pericolo dobbiamo muoverci.
Tanto più ci muoveremo tanto più correremo rischi tanto più avremo
però immense possibilità che una volta non avevamo. Insomma
parliamoci chiaro anche gli aeroplani cascano ogni tanto, ma nessuno
si sognerebbe mai di abolire il volo".
Un
altro degli effetti importanti che l'avvento del Web ha avuto sul
mondo dell'informazione è la velocità. Un quotidiano è in edicola
una volta al giorno, un telegiornale può essere trasmesso alcune
volte nell'arco di una giornata, ma una pagina Web può essere
aggiornata anche ogni cinque minuti con gli avvenimenti più recenti.
Un giornale online può insomma diventare una sorta di edizione
straordinaria permanente. Non solo, con il Web anche il pubblico ha
avuto accesso a fonti di informazioni che erano tradizionalmente
riservate ai giornalisti, come i dispacci delle agenzie di stampa che
prima arrivavano solo nelle redazioni e che ora sono invece in buona
parte disponibili quasi in contemporanea anche in Rete.
Un
ulteriore aspetto notevole nato dal matrimonio tra giornalismo e
Internet è la personalizzazione. Nessuno di noi è interessato a
tutte le notizie pubblicate su un giornale o annunciate alla Tv.
Ciascuno ha i propri gusti e i propri interessi. Le tecnologie
digitali permettono di confezionare pacchetti informativi su misura
per ciascun utente. I giornali smettono di essere mezzi di
comunicazioni di massa per diventare mezzi di comunicazione personali.
Già qualche anno fa Nicholas
Negroponte, fondatore del Medialab
dell'Mit
e tra i massimi esperti del mondo digitale, aveva scritto che il
giornale del futuro si sarebbe intitolato "Daily Me",
"Il mio quotidiano". E qualcosa che assomiglia molto al
"Daily Me" è arrivato anche in Italia, come ad esempio,
E-Day che è stato lanciato su Web nelle scorse settimane.
Dunque
la rivoluzione dei bit ha cambiato e continuerà probabilmente a
cambiare il lavoro dei giornalisti. Ma a volte qualcuno smorza un po'
gli entusiasmi e lancia qualche avvertimento. Giorgio Bocca, per
esempio, altra grande firma del quotidiano la Repubblica e del
settimanale l'Espresso, ha spesso scritto articoli piuttosto critici
nei confronti del mondo digitale:
"Perché
ho assunto un atteggiamento critico? Perché, facendo il giornalista,
per alcuni mesi ho assistito a questo disordinato e quasi fanatico
'movimento di ammirazione' per Internet che straripava in tutte le
pagine. Ho visto dei miei colleghi dare per certo che Internet e
l'informatica fossero una grande rivoluzione, un grande beneficio e
allora mi sono messo ad osservare questo mondo un po' più da vicino e
mi sono accorto che, come tutte le cose dell'uomo, ha delle parti
buone e delle parti cattive e che soprattutto è ridicolo pensare che
questo "granello di sabbia" che gira in un universo
sconosciuto sia una scoperta sensazionale: mandare le notizie su un
video. Non mi pare che risolva i problemi del mondo. C'è una pretesa
dalla modernità di dare all'uomo delle mutazioni e delle informazioni
nettamente superiori alla sua capacità di riceverle. Perché un uomo
riesce a stento a leggere un giornale in un giorno. Questa pretesa che
tutto il mondo debba comunicare con lui è qualcosa di superiore alle
sue forze".
Nella
discussione sugli effetti dell'incontro tra il giornalismo e la Rete
forse emerge anche una componente, per così dire, generazionale: da
un lato coloro che ricordano con nostalgia l'odore dell'inchiostro
fresco quando i giornali uscivano dalle rotative, dall'altro una nuova
generazione di professionisti cresciuti assieme al mondo digitale. In
ogni caso non è detto che queste due anime non possano presto
incontrarsi. Magari per merito della e-paper, la carta elettronica, e
del suo e-ink, l'inchiostro elettronico. Si tratta di una carta
speciale che stanno mettendo a punto, naturalmente, nei laboratori del
Medialab. Assomiglia in tutto alla carta normale, ma ha la
particolarità di poter essere stampata e ristampata più volte.
Sembra fatta apposta per pubblicarci un giornale. Si usa una volta, e
il giorno dopo, anziché usarla per incartare il pesce, come si diceva
un tempo delle pagine dei vecchi quotidiani, ecco che può tornare in
tipografia per un'edizione fresca fresca.
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