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Software libero, la democrazia vale una rivoluzione

Georgia Garritano

Roberto Di Cosmo, docente di informatica all'Università di Parigi VII, spiega perché la pubblica amministrazione dovrebbe preferire i programmi open source

Quali vantaggi economici offre l'impiego del software libero nella pubblica amministrazione? È possibile quantificare il risparmio per lo Stato?

L'amministrazione pubblica, e lo Stato in generale, è un utilizzatore di informatica molto particolare, ha delle esigenze specifiche. Deve garantire la confidenzialità dei dati, la loro persistenza a lungo termine e la sicurezza. Nello stato attuale delle conoscenze dell'informatica l'unico modo per raggiungere tali obiettivi è utilizzare dei software open source, cioè dei sistemi nei quali tutti i segreti di fabbricazione e tutte le specifiche necessarie per utilizzarli, esaminarli e modificarli sono disponibili. Ciò, purtroppo, non è quello che avviene nel software d'ufficio che la gente usa abitualmente ma nel caso della pubblica amministrazione si tratta di un'esigenza fondamentale e in molti paesi del mondo, e anche in Italia, si sta cominciando a comprenderlo. Da un punto di vista puramente economico, con l'impiego di software libero si hanno dei vantaggi enormi rispetto all'acquisto di licenze di software proprietario. In Corea, pochi mesi fa, il governo ha deciso di rimpiazzare un quarto di tutte le installazioni basate su Windows con installazioni basate su Linux e ha dichiarato che risparmierà l'80 per cento sui costi della gestione delle soluzioni informatiche. Per fare, poi, un esempio più vicino a noi, in Francia il ministero delle Finanze ha sostituito un terzo dei suoi server con software proprietari con sistemi basati su Linux, anche in questo caso con un'enorme economia di scala.

Quali sono i vantaggi del software libero in termini di sicurezza?

Deve essere chiaro che in informatica se si dispone soltanto di un programma eseguibile e non del programma sorgente necessario a produrre l'eseguibile è estremamente difficile capire quello che un programma fa realmente. Facciamo l'esempio della posta elettronica, uno degli strumenti oggi più usati al mondo sia nel pubblico che nel privato: se si invia un messaggio contenente dati confidenziali e si vuole essere sicuri che non venga copiato e spedito a qualcuno che non dovrebbe riceverlo, l'unico modo è poter guardare nel codice sorgente del programma. Se non si dispone del sorgente non si può essere sicuri che da qualche parte, nelle migliaia o milioni di linee di codice del programma, non ci sia qualche linea con l'istruzione di fare una copia del messaggio prima che venga criptato.

E i vantaggi dal punto di vista dell'efficienza?

Bisogna considerare che nel mondo dell'informatica c'è la necessità di adattare il software a esigenze specifiche e di correggere gli errori. Se si dispone del codice sorgente - come succede nel software libero - è possibile intervenire e apportare modifiche direttamente senza attendere che l'impresa che ha fabbricato il software difettoso voglia magnanimamente correggerne i difetti. Nel caso di uno Stato, è facile immaginare cosa potrebbe accadere se si scoprisse un difetto di sicurezza fondamentale a causa del quale informazioni riservate venissero messe a disposizione del mondo intero su Internet e si dovesse aspettare mesi prima che l'azienda produttrice correggesse l'errore: sarebbe inaccettabile.

Il software libero tutela la proprietà intellettuale?

Si sente dire che il software libero sarebbe contrario alla proprietà intellettuale. È un errore profondo: il software libero protegge la proprietà intellettuale, è coperto da una licenza che rientra perfettamente nel quadro dei diritti d'autore, come ad esempio la licenza Gpl, largamente usata. L'autore sceglie questo tipo di licenza e la licenza protegge la libertà del codice: nessuno impone a un autore di software di scrivere software open source. Il software libero non ha niente a che fare con Napster: in nessun caso ha lo scopo di permettere il pirataggio di software commerciale. Al contrario, protegge il software commerciale perché permette di avere delle alternative che possono essere liberamente copiate con l'accordo dell'autore senza bisogno di fare copie pirata di programmi commerciali troppo costosi da acquistare.

L'abbattimento dei costi reso possibile dall'open source potrebbe facilitare l'ammodernamento amministrativo dei paesi in via di sviluppo?

Certamente e, in effetti, è proprio nei paesi in via di sviluppo che in questo periodo si assiste a una moltiplicazione di iniziative che incentivano l'uso del software libero nella pubblica amministrazione. Per fermarci alle ultime, per esempio in Brasile in una decina di regioni sono passate leggi che addirittura obbligano la pubblica amministrazione a utilizzare esclusivamente software libero. Forse questo è un eccesso ma l'analisi dei costi delle licenze e dei cambiamenti delle politiche sulle licenze delle più grandi compagnie mostra che è diventato proibitivo per i paesi in via di sviluppo spendere fondi preziosi in valuta pregiata per pagare del software che, in fin dei conti, come emerge dall'esperienza comune, funziona male, è pieno di virus, ha problemi di sicurezza e va rinnovato ogni anno.

La maggiore efficacia è garantita dal fatto che più persone possono collaborare a migliorare il prodotto. Ciò può comportare anche delle controindicazioni, delle difficoltà nel trovare soluzioni standard? Quali sono i limiti da superare?

Se mi permettete un'analogia politica io vedo il software libero come un modello democratico e il software proprietario come un modello dittatoriale o totalitario. Se il dittatore è "buono", sceglie al vostro posto e prende buone decisioni, va "bene" ma se è "cattivo". Quanto alla democrazia, invece, un migliaio di anni di storia sociale insegna che, in fondo, è il male minore perché, anche se difendere la libertà costa, è l'unico modo per mantenere il controllo su quello che succede. Nel mondo del software è la stessa cosa. Se il proprietario è un buon proprietario, che produce il software che volete, vi conviene pagare. Se il proprietario fa software di cattiva qualità, che non risponde alle vostre esigenze, e cerca di farvi pagare sempre di più non potete fare altro che cercare di liberarvene, fare una piccola rivoluzione, passare al mondo democratico del software libero, pagandone le conseguenze, cioè facendo uno sforzo per cercare la soluzione più aderente alle vostre esigenze. La libertà non è gratuita ma costa meno cara delle soluzioni dittatoriali.

Il modello open source può realisticamente diffondersi anche in settori produttivi diversi dal software?

Ci sono delle iniziative che cercano di riprendere alcuni aspetti della filosofia dell'open source dell'informatica e di portarli in altri domini ma nel caso dell'informatica l'open source è particolarmente adatto perché è un mondo in cui non si può fare un programma utile senza usare centinaia o migliaia di pezzi di altri programmi. Nel caso dell'arte, in un certo senso, questa filosofia esiste già: il diritto di citazione è accettato, anche se in piccola parte. Nel caso del software libero questa accettazione è generalizzata: si può riprendere tutto per fare dei programmi migliori. Un movimento che ha delle analogie con quello del software libero esiste anche nel mondo dell'educazione, per la documentazione e i supporti dei corsi, ma il suo sviluppo probabilmente richiederà più tempo.

Graham Lawton, giornalista di "New Scientist" esperto in tecnologie, scrive in un recente articolo sul copyleft che "per i programmatori, la fama dovuta a un contributo riuscito è la migliore ricompensa". È abbastanza? Non c'è il rischio, in un sistema come quello della new economy che esaspera il concetto del denaro come principale (se non unico) indicatore del valore attribuito al lavoro, di svalutare alcuni tipi di attività?

In realtà, neanche gli stipendi dei programmatori nel mondo proprietario sono elevati come si crede: a guadagnare molto sono soprattutto i livelli manageriali. Nel mondo dell'open source oltre alla retribuzione reale c'è per il programmatore una retribuzione morale che viene dalla soddisfazione, dall'orgoglio di vedere il proprio programma utilizzato da milioni di persone che lo riconoscono superiore non grazie al marketing dell'impresa per cui lavora ma grazie alla qualità del software che scrive. Infatti, mentre nel caso del software proprietario si può vedere come funziona ma non come è scritto, nel caso del software libero è possibile vedere se è stato scritto bene o male. Comunque, tra i programmatori open source ci sono persone che lavorano per imprese che li pagano per scrivere software libero e persone che non sono pagate per i programmi che scrivono, ad esempio ingegneri che usano i loro weekend per partecipare a lavori che li interessano o studenti che si fanno conoscere collaborando a progetti di dimensioni mondiali. Per esempio, nel caso del server Apache, la sua estensione multilinguale è stata scritta da uno studente della Scuola Normale di Parigi. Non è solo il denaro ciò che muove i programmatori del software libero.